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Il dibattito marginale in seno all’Assemblea Costituente in ordine all’organizzazione e al funzionamento dei Consigli regional

I Consigli regionali nell’esperienza italiana

2.3 Il dibattito marginale in seno all’Assemblea Costituente in ordine all’organizzazione e al funzionamento dei Consigli regional

L’Assemblea Costituente si riunì in prima seduta il 25 giugno 1946 e, al fine di consentire la discussione su un progetto organico di Costituzione, nominò una commissione, presieduta dall’on. Ruini e nota come «commissione dei settantacinque» dal numero dei deputati chiamati a farne parte, la quale a sua volta costituì nella sua prima seduta del 20 luglio 1946 tre sottocommissioni per l’elaborazione degli articoli sui diritti e doveri dei cittadini (I), sull’organizzazione costituzionale della nuova Repubblica (II) sui rapporti economico-sociali (III)33.

Dopo una prima fase di studio e discussione sul tema delle Regioni la seconda sottocommissione, anche alla luce dell’emersione di punti controversi e di diverse soluzioni prospettate al suo interno, affidò a un comitato ristretto cd. «dei dieci», presieduto dall’on. Ambrosini, il compito di discutere e formulare un primo progetto di ordinamento regionale.

In seno a tale comitato furono presentate tre diverse bozze e alle proposte del socialista on. Lami Starnuti e del repubblicano on. Zuccarini – caratterizzate rispettivamente da un approccio limitativo ovvero estensivo delle Regioni e delle loro competenze – fu preferita quella del relatore on. Ambrosini, incentrata su un modello di Stato a metà strada tra quello accentrato e quello federale, comunque ben più favorevole all’autonomia regionale di quello infine approvato dalla Costituente34.

Il progetto licenziato dal comitato dei dieci stabiliva che gli organi della Regione fossero l’Assemblea, composta di membri eletti in via diretta il cui numero era rinviato a una legge dello Stato, la Deputazione e il Presidente regionale, entrambi eletti dall’Assemblea (art. 9). L’Assemblea

33 Sulle commissioni che operarono in questa fase, E. BALBONI, Le riforme della pubblica amministrazione nel periodo costituente e nella prima legislatura, in U. DE SIERVO (cur.), Scelte della Costituente e cultura giuridica, Bologna, Il Mulino, 1980, II, 238 ss.

34 Sull’opera di Ambrosini alla Costituente, U. DE SIERVO, Sturzo e Ambrosini, cit., 71 ss.; id., Le Regioni nelle prime proposte di Ambrosini, in Le Reg., 1993, 1253 ss.

avrebbe esercitato la potestà legislativa di competenza della Regione, oltre ai poteri conferiti dalla legge (art. 10), mentre la Deputazione era l’organo esecutivo e il suo presidente avrebbe rappresentato la Regione (art. 11).

In tale schema non vi era traccia della potestà regolamentare di autoorganizzazione del Consiglio (rectius Assemblea) regionale. Su proposta di Ambrosini, il comitato non pubblicò alcun resoconto delle sedute, scelta probabilmente dettata dall’esigenza di non rallentare i propri lavori, ma è comunque lecito supporre che la questione fosse stata affrontata dai dieci deputati. Infatti il progetto Zuccarini prevedeva che l’Assemblea eleggesse il presidente, due vicepresidenti, i segretari e le commissioni permanenti «secondo le norme del suo regolamento interno», che avrebbe determinato «le disposizioni circa l’esercizio delle funzioni spettanti all’Assemblea».

Il lavoro delle tre sottocommissioni procedette separatamente e, prima di giungere al progetto di Costituzione da sottoporre alla commissione dei settantacinque, fu istituito un comitato di redazione cd. «dei diciotto» con il compito di coordinare i diversi schemi in un unico testo organico.

Successivamente all’approvazione da parte della commissione dei settantacinque, il progetto organico fu poi presentato all’Assemblea Costituente nel gennaio 1947. Nella seduta pomeridiana del 16 luglio 1947 furono discussi alcuni emendamenti agli articoli del Titolo dedicato a «Le Regioni e i Comuni», tra cui quello presentato dall’on. Perassi riguardante il funzionamento dei Consigli regionali, che proponeva di esplicitare in Costituzione i quorum delle sedute («le deliberazioni del Consiglio non sono valide se non presentate a maggioranza dei suoi membri, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che sia prescritta una maggioranza speciale») e l’approvazione del regolamento interno («il Consiglio adotta il proprio Regolamento a maggioranza assoluta dei suoi membri»).

Secondo il celebre giuspubblicista, sarebbe stato opportuno inserire in Costituzione questi «principi fondamentali» sul funzionamento dei Consigli regionali, i quali «ripet[evano] testualmente le disposizioni corrispondenti … per quanto concerne le Camere». In seguito all’intervento

di Ruini, che sottolineò come tali disposizioni avessero «evidentemente … valore», ma fossero destinate a «far parte degli statuti regionali, dove saranno accolti principi, che già vigono pel Parlamento nazionale, e sono di evidente giustizia», Perassi ritirò l’emendamento, pur ribadendo come «sarebbe stato forse opportuno farne cenno nella Costituzione»35.

Dunque il tema della potestà regolamentare interna dei Consigli regionali non rimase del tutto estraneo al dibattito in seno all’Assemblea Costituente, ma fu trattato in maniera marginale, rimesso infine alle scelte delle singole Regioni nell’ambito della loro potestà statutaria. L’atteggiamento di self restraint da parte dei Costituenti fu quindi ancora maggiore rispetto a quanto emerso nel dibattito sui regolamenti parlamentari, nonostante il passaggio al nuovo ordinamento costituzionale non avesse messo in discussione l’autonomia organizzativa delle Camere già affermata dallo Statuto albertino. Come esaminato nel capitolo precedente, nel corso dei suoi lavori la seconda sottocommissione respinse la proposta dell’on. Mortati di fissare in Costituzione una compiuta disciplina su natura, efficacia e modalità di approvazione dei regolamenti parlamentari e l’Assemblea Costituente fu molto attenta nel non sottrarre spazio alla libera disponibilità delle Camere in ordine alla loro autodeterminazione36.

35 I resoconti dei lavori della Costituente sono consultabili su www.nascitacostituzione.it. 36 V. supra par. 1.1. Si è detto nel capitolo precedente della continuità del diritto parlamentare tra epoca liberale e repubblicana, che si manifestò anche a livello comunale e provinciale, dato che per l’organizzazione e il funzionamento dei rispettivi consigli restò in vigore il r.d. n. 128/1915, Testo unico della legge comunale e provinciale (v. artt. 125, 127 e 289), per cui i consigli degli enti locali non erano pienamente liberi di autoorganizzarsi. Allo stato attuale, l’art. 38 d.lgs. 267/2000 (Testo unico enti locali) attribuisce al regolamento dei consigli comunali e provinciali, approvato a maggioranza assoluta dei membri, il compito di disciplinare il funzionamento (modalità per la convocazione, presentazione, discussione delle proposte, numero legale per la validità delle sedute) e l’organizzazione (gruppi, commissioni); v. anche art. 40 (prima convocazione del Consiglio), art. 43, co. 3, (sindacato ispettivo dei consiglieri), art. 44, co. 2 (commissioni di indagine), art. 273, co. 6 (fino all’adozione delle modifiche statutarie e regolamentari previste dal testo unico, si applicano le disposizioni degli articoli 125, 127 e 289 del T.U. approvato con r.d. n. 148/1915). Sull’organizzazione e il funzionamento dei consigli comunali e provinciali, F. STADERINI, Diritto degli enti locali, Padova, Cedam, 2009, 162 ss., in particolare su commissioni e gruppi, presidenza e convocazione, modalità di votazione e verbalizzazione. Sull’evoluzione della normativa in ambito di potestà autorganizzativa dei consigli degli enti locali, G. SIRIANNI, I regolamenti delle assemblee regionali, in Amministrazione in cammino, 2007, 5.

La disciplina costituzionale relativa ai Consigli regionali e ai suoi membri nel testo originario della Carta si limita a indicare l’organo tra quelli necessari di ogni Regione insieme alla Giunta e al Presidente della stessa (art. 121, co. 1, Cost.), le funzioni ad esso attribuite (121, co. 2), il presidente del Consiglio e l’Ufficio di Presidenza come organi interni al Consiglio necessari per lo svolgimento dei lavori (122, co. 3), l’insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai consiglieri nell’esercizio delle proprie funzioni (122, co. 4)37, il divieto di ricoprire contemporaneamente la carica di consigliere e quella di parlamentare (art. 122, co. 2), i casi di scioglimento anticipato dell’organo consiliare (art. 126); più in generale, si può ricordare il rinvio alla legge statale – dal 1999 regionale nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale – per la disciplina del sistema di elezione e dei casi di ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri (art. 122, co. 1), nonché l’individuazione tra i contenuti statutari delle «norme relative all’organizzazione interna della Regione» (art. 123, co. 1), formula poi sostituita dall’art. 3 della l. cost. n. 1 del 1999 con il binomio «forma di governo» e «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento».

Si può notare come per il Consiglio regionale fossero ab origine assenti espliciti riferimenti ad alcune prerogative poste tradizionalmente a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza funzionale di ciascun ramo del Parlamento, e indirettamente dei suoi singoli membri, quali il giudizio sui titoli di ammissione (art. 66)38, il divieto di mandato imperativo (art. 67)39,

37 La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi in diversi casi sulla portata di tale prerogativa, si è appoggiata sull’analoga giurisprudenza relativa all’art. 68, co. 1, Cost., in tema di insindacabilità dei parlamentari, ad esempio facendovi rientrare anche comportamenti atipici, quali opinioni espresse a mezzo stampa o in luoghi diversi dalla sede consiliare, purchè riconducibili all’attività funzionale del consigliere. Sul punto, cfr. sentt. nn. 81/1975, 69/1985, 70/1985, 391/1999, 392/1999, 76/2001, 276/2001, 221/2006, 195/2007; più recentemente, sent. n. 332/2011.

38 Art. 17, co. 1, l. n. 108/1968, rinviò alle norme del regolamento consiliare le modalità di convalida dell’elezione dei propri componenti

39 Sul divieto di mandato imperativo v. art. 1, co. 5, l. n. 108/1968, ai sensi del quale «I consiglieri regionali rappresentano l’intera Regione senza vincolo di mandato», poi ripreso da art. 4, co. 1, lett. c), l. n. 165/2004.

l’immunità penale (art. 68, co. 2 e 3), l’indennità (art. 69) e l’autonomia regolamentare interna (art. 64). Ad ogni modo, su quest’ultimo aspetto gli statuti delle Regioni speciali – quindi leggi statali di rango costituzionale – disposero sulla falsariga di quanto previsto per le Camere dall’art. 64, co. 1, Cost.40, così come i primi statuti delle Regioni ordinarie, secondo la strada tracciata dal legislatore statale ordinario nel 1953.

40 Art. 4 ST. Sicilia, art. 19 ST. Sardegna, art. 19 ST. Valle d’Aosta, art. 25 ST. Trentino-A.A., art. 21 ST. Friuli-V.G.

2.4 La costituzione e il funzionamento degli organi regionali: il