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La seconda stagione statutaria e regolamentare interna Una delle prime questioni sorte all’indomani della riforma

I Consigli regionali nell’esperienza italiana

2.8 La seconda stagione statutaria e regolamentare interna Una delle prime questioni sorte all’indomani della riforma

costituzionale del 1999 ha riguardato la sussistenza o meno dell’obbligo in capo alle Regioni ordinarie di approvare il nuovo statuto, alla luce dell’innovativo – e sulla carta più ampio – quadro relativo all’autonomia statutaria. Infatti il legislatore di revisione del 1999 non fissa alcun termine, anche ordinatorio, entro cui adottare il nuovo statuto né sanziona espressamente l’eventuale omissione in questo senso126.

In un primo tempo, la tesi secondo la quale la Regione potesse anche optare per il mantenimento in vigore dello statuto del 1971 sembrava confermata dalla Corte costituzionale, laddove rilevava l’assenza di un «onere costituzionale» di revisione degli statuti vigenti e la libera «scelta ascrivibile alla Regione» in relazione a «modalità e tempi di esercizio» della potestà statutaria (sent. n. 304/2002). La stessa Consulta ha poi modificato la propria posizione, affermando che il legislatore costituzionale avrebbe affidato alle Regioni «il compito di modificare ed integrare i precedenti statuti» e, soprattutto, che «l’adeguamento alle modifiche costituzionali e legislative intervenute non può essere rinviato sine die», onde evitare «rischi particolarmente gravi sul piano della funzionalità e legalità sostanziale di molteplici attività delle Regioni» (sent. n. 188/2007)127.

126 Non è escluso che «gli obblighi costituzionali possono risultare non sanzionati e sussistere nel loro dover-essere» e, a ben vedere, una sanzione implicita risiederebbe nel fatto che la disciplina della forma di governo nel periodo transitorio non è espressione dell’autonomia regionale. Così S. MANGIAMELI, La nuova potestà statutaria, cit., 2364. M. OLIVETTI, L’autonomia statutaria tra omogeneità e differenziazione, in Il Piemonte delle autonomie [on line], 1/2014, 38 ss., rileva come l’assetto configurato dalla dettagliata disciplina transitoria di cui all’art. 5 l. cost. n. 1/1999 «rendeva “monchi” gli statuti previgenti», ma era «sostanzialmente idoneo a funzionare»; tuttavia l’assetto era provvisorio e richiedeva alle Regioni di dotarsi di «nuovi statuti» e «nuove leggi elettorali», per cui l’«apertura di una seconda stagione statutaria non era … una mera possibilità di fatto, ma un vero e proprio obbligo costituzionale». Contra R. BIN, Perché le Regioni dovrebbero essere contente, cit., 16, lo statuto è una legge regionale «non necessaria», nel senso che le Regioni avrebbero potuto lasciare in vigore gli statuti del 1971.

127 Infatti è necessario adeguare «l’organizzazione fondamentale della Regione alle modificazioni apportate all’assetto elettorale degli organi regionali di vertice ed al processo di accrescimento delle funzioni regionali», per cui le Regioni dovrebbero sviluppare «attraverso

Ad ogni modo quattordici delle quindici Regioni ordinarie hanno adottato il nuovo statuto secondo l’iter di cui al novellato art. 123, co. 2, Cost., più precisamente:

- Toscana (atto approvato nel luglio 2004, s.m. ll. statutarie nn. 1/2010 e 18/2013); - Lazio (l. statutaria n. 1/2004, s.m. ll. stat. nn. 1/2012 e 1/2013); - Calabria (l.r. n. 25/2004, s.m. ll.rr. nn. 11/2005, 3 e 27/2010, 34/2012); - Puglia (l.r. n. 7/2004, s.m. ll. rr. nn. 9/2012 e 8/2013);

- Piemonte (l.r. stat. n. 1/2005, s.m. ll.rr. stat. nn. 2/2009, 3-4-5/2013); - Liguria (l. statutaria n. 1/2005, s.m. ll. stat. nn. 1/2007 e 1/2013); - Emilia-Romagna (l.r. n. 13/2005, s.m. l.r. n. 12/2009);

- Umbria (l.r. n. 21/2005, s.m. ll.rr. 1/2010, 21-22-23-24-25-26/2013); - Marche (l. statutaria n. 1/2005, s.m. ll. stat. nn. 2/2008 e 3/2013); - Abruzzo (approvato nel settembre 2006, s.m. ll. stat. nn. 1/2012 e 1/2013); - Lombardia (l.r. statutaria n. 1/2008);

- Campania (l.r. n. 6/2009);

- Molise (approvato in seconda deliberazione nel febbraio 2011); - Veneto (l.r. statutaria n. 1/2012).

Sul versante delle Regioni speciali, gli statuti sono quelli del 1948, come modificati da alcune leggi costituzionali successive e in particolare dalla n. 2/2001, e non si è ancora giunti a una loro revisione organica, nonostante siano state avanzate proposte in questo senso, arenatesi però in Parlamento128. Tutte le Regioni speciali e le province autonome di Trento e Bolzano si sono mosse sul piano dell’approvazione di una o più leggi

apposite e complete disposizioni statutarie, le rilevanti innovazioni … in tal modo anche riducendo il rischio dell’assenza di normative adeguate alle novità comunque prodottesi, a tutela della necessaria trasparenza e legalità dell’azione regionale» (sent. n. 188/2007, cons. in dir., § 4). Sulla base di tali considerazioni, l’eventuale ritardo nell’adozione del nuovo statuto non legittima «l’assunzione, da parte del legislatore regionale “ordinario”, di determinazioni normative riservate alla fonte statutaria» (sent. n. 201/2008).

128 La l.r. Sicilia n. 13/2001 ha istituito una commissione speciale per la revisione dello statuto, la cui proposta è stata approvata dall’Assemblea regionale in forma di iniziativa di legge costituzionale e inviata al Parlamento per la prosecuzione dell’iter. Analogamente, l.r. Friuli- V.G. n. 12/2004 (istituzione di una Convenzione regionale per elaborare la proposta di nuovo statuto), l.r. Sardegna n. 7/2007 (istituzione di un’apposita Consulta; v. Corte cost. sent. n. 365/2007); l.r. Valle d’Aosta n. 35/2006 (Convenzione per l’autonomia e lo statuto speciale).

statutarie, disciplinando i diversi oggetti di competenza di tale fonte (forma di governo, sistema elettorale, referendum, iniziativa legislativa)129.

Nonostante la riforma dell’autonomia statutaria risalga al 1999, il percorso di approvazione dei nuovi statuti si è sviluppato a partire dal 2004 nell’arco di quasi un decennio, a volte con evidenti ritardi, basti pensare alla Campania (2009) o a due Regioni che più di altre avevano tenuto alta la bandiera del federalismo (Lombardia nel 2008, Veneto nel 2012). Peraltro l’iter non è stato ancora ultimato in Molise, dove il nuovo statuto attende da mesi di essere promulgato dal presidente della Regione130, ed è appena iniziato in Basilicata, in cui è stata recentemente depositata una proposta di legge attualmente all’esame della I commissione consiliare131.

129 Si vedano ll.rr. Friuli-V.G. nn. 5/2003 (in materia di referendum e iniziativa popolare delle leggi regionali) e 17/2007 (forma di governo e sistema elettorale regionale); ll.rr. Valle d’Aosta nn. 19/2003 (iniziativa legislativa popolare e referendum), 20/2007 (ineleggibilità e incompatibilità del consigliere regionale) e 21/2007 (modalità di elezione del presidente della Regione e degli assessori, mozione di sfiducia, scioglimento del Consiglio); ll.rr. Sicilia nn. 1/2004 (referendum e iniziativa legislativa popolare) e 7/2005 (elezione del presidente della Regione a suffragio universale e diretto e norme per l’elezione dell’Assemblea regionale); ll.pr. Bolzano nn. 11/2005 (iniziativa popolare e referendum), 4/2003, 3/2008 e 5/2013 (elezione del Consiglio della provincia autonoma di Bolzano); ll.pr. Trento nn. 2/2003 (elezione diretta del Consiglio provinciale e del presidente della provincia) e 3/2003 (referendum e iniziativa popolare). Per una panoramica sulle leggi statutarie, M. ROSINI, Le leggi statutarie delle Regioni speciali: uno sguardo alla disciplina dell’istituto referendario, in Osservatoriosullefonti.it, 3/2013, spec. 3 ss. In seguito alla mancata approvazione con referendum, la Corte costituzionale ha annullato l’atto di promulgazione della l.r. Sardegna n. 1/2008 (sent. n. 149/2009), su cui I. CARLOTTO, Il quorum strutturale nel referendum statutario: nota alla sentenza della Corte costituzionale n. 149 del 2009, in Le Reg., 2009, 1089 ss.; recentemente in Sardegna sono state approvate le ll.rr. nn. 1/2013 e 2/2013 (sistema elettorale).

130 In Molise è ancora in vigore lo statuto approvato con l. n. 347/1971. Il nuovo statuto, approvato in seconda deliberazione il 22.2.2011, è stato impugnato ai sensi dell’art. 123 Cost. e nei suoi confronti è stato richiesto referendum su iniziativa della minoranza consiliare. Le censure sollevate dal Governo sono state ritenute infondate dalla Corte costituzionale (sent. n. 63/2012). Nelle more del giudizio il Consiglio ha approvato la l.r. n. 4/2012 che ha “revocato” la deliberazione statutaria del 2011, al mero fine di bloccare l’iter referendario, per poi abrogare la stessa l.r. n. 4/2012 (con l.r. n. 7/2012), stabilendo l’espressa reviviscenza della deliberazione statutaria. Il Consiglio ha poi modificato lo statuto e, a seguito della seconda deliberazione, il testo è stato pubblicato sul BUR del 28.12.2012. Tuttavia, lo statuto non è stato ancora promulgato dal presidente della Regione. Su questa complessa vicenda, M. DELLA MORTE, B. DE MARIA, Scioglimento del Consiglio regionale e nuove elezioni: il caso Molise, in Ist. fed., 2/2013, 535 ss. (spec. 546 ss.); D. CODUTI, L’interminabile, travagliato e assai preoccupante processo statutario molisano, in Riv. Aic, 2012, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.

131 È stata approvata con il procedimento di cui all’art. 123 la deliberazione statutaria n. 448 del 28.5.2013, in modifica del solo art. 32 dello statuto del 1971 (l. n. 350/1971),

I tempi così lunghi, specie se raffrontati alla rapidità con cui nel giro di pochi mesi si concluse la prima stagione statutaria tra il 1970 e il 1971132, non sono casuali e possono essere individuate alcune ragioni, al di là di quelle di ordine politico che esulano da questo lavoro. Innanzi tutto, la riforma del Titolo V della Costituzione si è sviluppata per tappe dal 1999 al 2001 e nella successiva XIV legislatura la “controriforma” prospettata dalla nuova maggioranza parlamentare ha portato nel 2005 all’approvazione di una legge di revisione costituzionale poi respinta dal voto popolare con il referendum del giugno 2006. I «tempi sfalsati» con cui si è proceduto alla modifica del Titolo V e la possibilità che la cornice costituzionale mutasse nuovamente hanno lasciato le Regioni in una posizione di attesa per «veder definito il nuovo quadro dei loro poteri»133.

Inoltre la situazione di incertezza è stata acuita dall’immediata emersione di diversi problemi attuativi e interpretativi del nuovo testo costituzionale, che non hanno certo favorito l’operato delle Regioni sul piano dell’esercizio della potestà stataturia, in riferimento alle modifiche di cui alla legge cost. n. 1/1999, così come della potestà legislativa e delle funzioni amministrative, in relazione alla difficile individuazione dei confini tra competenze statali e regionali di cui alla legge cost. n. 3/2001. Per quanto interessa ai fini dell’argomento in esame, è sul terreno della forma di governo che le Regioni hanno giocato la partita più importante in ordine all’autonomia statutaria e proprio in questo ambito si è assistito a un certo ridimensionamento dei margini di manovra delle Regioni, nonostante l’art. 123, co. 1, Cost. enumeri la «forma di governo» tra le materie statutarie.

La riforma del 1999 ha distinto tra una forma di governo transitoria fino all’entrata in vigore dei nuovi statuti e delle nuove leggi elettorali

riguardante la composizione della Giunta e la riduzione del numero di assessori (da 6 a 4). Il 28.1.2014 è stata depositata la proposta di legge n. 04/20104, recante «Statuto della Regione Basilicata», di iniziativa dei consiglieri regionali componenti l’Ufficio di Presidenza del Consiglio.

132 V. supra in questo capitolo, par. 2.6.

regionali134 e una suggerita alle Regioni in sede di approvazione degli statuti (cd. a regime), individuando comunque una serie di disposizioni costituzionali inderogabili in ordine agli organi (artt. 121, co. 1, e 123, ult. co., Cost.), ai loro ruoli e competenze (art. 121, co. 2, 3, 4), al rapporto di fiducia tra Consiglio e presidente della Giunta (art. 126, co. 2). La forma di governo a regime ha come nucleo forte l’elezione diretta del presidente della Giunta (art. 122, ult. co., primo periodo), attorno al quale ruotano il potere dello stesso di nomina e revoca dei membri della Giunta (art. 122, ult. co., secondo periodo) e il principio per cui il Consiglio regionale e il presidente della Giunta, contestualmente eletti, “cadono” insieme in caso di approvazione della mozione di sfiducia, dimissioni contestuali della maggioranza dei consiglieri, morte, impedimento permanente, dimissioni del presidente (art. 126, co. 3). Si tratta della clausola nota come «aut simul stabunt aut simul cadent» o «governo di legislatura»135, che conduce senza bisogno di ulteriori atti alle dimissioni dell’organo esecutivo e allo scioglimento di quello elettivo, a meno che lo statuto opti per l’investitura indiretta del presidente della Giunta. Infatti lo schema è derogabile, dato che

134 V. art. 5, l. cost. n. 1/1999, i cui capisaldi sono: a) contestualità tra elezione del presidente della Giunta e elezione del Consiglio; b) elezione effettuata ai sensi della l. n. 43/1995 con alcuni correttivi; c) coincidenza tra capilista delle liste e candidati alla presidenza della Giunta; d) elezione del candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti; e) il presidente della Giunta è membro del Consiglio; f) il presidente della Giunta nomina e revoca i componenti della stessa; g) nuove elezioni del Consiglio e del presidente della Giunta in caso di dimissioni, impedimento permanente, morte del presidente o approvazione di una mozione di sfiducia nei confronti dello stesso.

135 L’espressione fu coniata negli anni ’80 (S. GALEOTTI, Un governo scelto dal popolo: il governo di legislatura. Contributo per una grande riforma istituzionale, Milano, Giuffrè, 1984) in un periodo della nostra forma di governo caratterizzata da frequenti crisi governative. La formula non incontrò molto favore tra le istituzioni e per risolvere i problemi della governabilità fu preferita nel 1993 la modifica della legge elettorale in senso maggioritario. La regola del simul stabunt simul cadent è stata invece adottata per gli enti locali con la l. n. 81/1993 ed è a quel modello che ha guardato il legislatore di revisione nel 1999. Peraltro, la nuova forma di governo regionale si inserisce non solo nel solco delle riforme a «tendenza presidenzialistica» dei poteri degli enti locali degli anni ‘90 (così G. LOMBARDI, Forme di governo regionale. Profili storici e comparatistici, in AA.VV., La potestà statutaria regionale nella riforma della Costituzione, cit., 23), ma anche della l. n. 43/1995 («Nuove norme per la elezione dei Consigli delle Regioni a statuto ordinario», in modifica della l. n. 108/1968), il cui art. 8 aveva introdotto una disposizione di stabilizzazione delle coalizioni politico-consiliari (se il rapporto fiduciario tra Giunta e Consiglio entra in crisi nei primi 24 mesi, il quinquiennio di durata in carica del Consiglio è ridotto a un biennio).

il presidente della Giunta è eletto a suffragio universale e diretto, «salvo che lo statuto disponga diversamente» (art. 122, ult. co., Cost.).

Il legislatore di revisione ha in realtà orientato le Regioni verso una determinata forma di governo, limitando sensibilmente l’autonomia delle stesse, dal momento che ha implicitamente escluso una serie di ipotesi, quali la configurazione di un organo esecutivo bicefalo (come nella forma di governo semipresidenziale), la previsione che i componenti della Giunta siano pariordinati (sul modello direttoriale), l’esclusione del rapporto di fiducia tra l’organo legislativo e il presidente della Giunta (come nella forma di governo presidenziale)136. Di fatto le Regioni sono state poste di fronte a un bivio, ossia confermare il modello predefinito negli artt. 121, 122 e 126 ovvero in deroga tornare al vecchio e «impopolare» modello a tendenza assembleare, in cui il ruolo centrale era rivestito almeno sulla carta dal Consiglio137. Non sorprende quindi che i nuovi statuti abbiano seguito la prima strada e, ad oggi, «una è di fatto la forma di governo» delle Regioni138, in cui all’elezione diretta del presidente della Giunta si affianca un rapporto di fiducia imbrigliato nelle maglie del simul simul, al fine di soddisfare l’esigenza di stabilità governativa.

136 A. BARBERA, La forma di governo, cit., 20 ss.; contra G. LOMBARDI, Forme di governo regionale, cit., 36. Si veda anche S. SICARDI, La forma di governo regionale: dall’«uno» (con qualche diversificazione) al «molteplice» (diversamente consentito), in G.F. FERRARI, G. PARODI (cur.), op. cit., 193 ss.

137 A sostegno della tesi per cui il «clima dell’opinione pubblica», nettamente favorevole all’elezione diretta del Presidente della Giunta, sia stato decisivo sulle scelte adottate dalle Regioni, M. OLIVETTI, La forma di governo e la legislazione elettorale: statuti a “rime obbligate”?, in A. D’ATENA (cur.), I nuovi statuti delle Regioni, cit., 84.

138 C. FUSARO, Statuti e forma di governo, in A. CHIARAMONTE, G. TARLI BARBIERI (cur.), Riforme istituzionali e rappresentanza politica nelle Regioni italiane, Bologna, Il Mulino, 2007, 40. L’unica eccezione è rappresentata dalla Valle d’Aosta, dove ai sensi dell’art. 2 della l. stat. n. 21/2007 il presidente della Regione è eletto dal Consiglio regionale fra i suoi componenti a maggioranza assoluta e a scrutinio segreto. Il Consiglio elegge anche gli assessori, su proposta del presidente della Regione, con un’unica votazione a maggioranza assoluta (art. 4). Si vedano anche artt. 5 (mozione di sfiducia costruttiva nei confronti del presidente della Giunta), art. 6 (mozione di sfiducia nei confronti degli assessori), art. 7 (morte, impedimento permanente, decadenza e dimissioni del presidente della Regione e degli assessori), art. 8 (scioglimento del Consiglio regionale). Nel novembre 2007, il referendum propositivo per introdurre l’elezione diretta del presidente della Giunta e degli assessori non ha raggiunto il quorum di partecipazione.

Al tempo stesso non sono mancati tentativi da parte dei legislatori statutari di introdurre alcuni correttivi o soluzioni razionalizzatrici per evitare un eccessivo squilibrio nei rapporti tra Giunta e Consiglio o comunque per adattare il modello alla realtà della singola Regione. La Corte costituzionale ha però mantenuto un orientamento fortemente restrittivo nei confronti della potestas variandi della forma di governo laddove fosse accolto lo schema basato sull’elezione diretta del presidente della Giunta, facendone scaturire conseguenze predeterminate, senza eccezioni, deroghe o disposizioni correttive (in particolare sentt. nn. 304/2002, 2/2004 e 12/2006)139. In altri termini, se la Regione vuole godere di maggiore

139 Così S. CECCANTI, La forma neoparlamentare di governo alla prova della dottrina e della prassi, in Quad. cost., 2002, 107 ss. La sent. n. 304/2002 ha dichiarato l’illegittimità della deliberazione della Regione Marche laddove prevedeva che, fino all’approvazione del nuovo statuto e in deroga all’art. 5 l. cost. n. 1/1999, il vicepresidente della Giunta subentrasse al presidente eletto in via diretta in caso di morte o impedimento permanente. Il fine era evitare lo scioglimento del Consiglio per cause accidentali (così S. MANGIAMELI, La nuova potestà statutaria, cit., 2359; B. CARAVITA, Gravi questioni di interpretazione ed applicazione della legge cost. n. 1 del 1999: la Regione “provoca”, il Governo chiama, la Corte risponderà?, in federalismi.it., 2001), ma ad avviso del collegio la competenza a disciplinare la forma di governo regionale ex art. 123 Cost. non legittima lo statuto a derogare a disposizioni di rango costituzionale, se non nei casi espressamente previsti. La sent. n. 2/2004 ha dichiarato illegittime alcune disposizioni della delibera statutaria della Regione Calabria (tra cui l’elezione diretta e contestuale del presidente e del vicepresidente della Giunta; il subentro di quest’ultimo per cessazione dalle funzioni del presidente per cause diverse dall’approvazione della mozione di sfiducia o dalla reiezione del programma di governo obbligatoriamente sottoposto al voto del Consiglio a inizio legislatura; l’eliminazione del potere del presidente di determinare lo scioglimento del Consiglio regionale con le proprie dimissioni). Anche qui la Corte ha rilevato la violazione degli artt. 122, co. 5, e 126, co. 3, Cost (sulla riduzione degli spazi di manovra delle Regioni imposta dalla pronuncia de qua, v. tra gli altri M. VOLPI, Quale autonomia statutaria dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 2 del 2004?, in federalismi.it, 4/2004; A. RUGGERI, Tendenze della progettazione statutaria, alla luce della sent. 2/2004 della Corte costituzionale, federalismi.it, 10/2004; E. BALBONI, Quel che resta dell’autonomia statutaria dopo il «caso Calabria», in Ist. Fed., 2-3/2004, 467 ss.). La sent. n. 12/2006 ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità dell’art. 46, co. 2, della deliberazione statutaria del 2004 della Regione Abruzzo, nella parte in cui disponeva che il presidente della Giunta dovesse presentare il programma nella prima seduta del Consiglio e, in caso di reiezione, si producessero gli stessi effetti dell’approvazione della mozione di sfiducia; nonché dell’art. 45, co. 3, nella parte in cui disponeva la revoca dell’assessore se sfiduciato dal Consiglio con apposita mozione. La sfiducia individuale viola l’art. 122, co. 5, Cost. perché, se lo statuto opta per l’elezione diretta del presidente della Giunta, ne consegue inderogabilmente che sia quest’ultimo di propria iniziativa a nominare e revocare i membri della Giunta. Oltre a tali pronunce, v. anche sentt. nn. 372/2004, 379/2004, 119/2006, 188/2007, 201/2008. Secondo M. OLIVETTI, La forma di governo e la legislazione elettorale, cit., 128-129, evidenzia lo spazio ridotto a disposizione delle Regioni in materia di forma di governo, chiedendosi quale sia «la ratio di un iter formativo così complesso per un atto avente un contenuto meramente esecutivo e specificativo di una architettura già del tutto delineata in Costituzione».

discrezionalità e spazi di manovra, deve optare per una forma di governo che contempli l’investitura indiretta del presidente della Giunta.

Anche in questo senso può ravvisarsi uno dei motivi per cui Regioni come Lombardia e Veneto hanno addirittura interrotto l’iter statutario nella vana attesa di «tempi migliori» per l’autonomia regionale, giungendo solo di recente e con notevole ritardo all’approvazione del nuovo statuto140.

Detto dei tempi lunghi che hanno caratterizzato la seconda stagione statutaria, la maggior parte dei nuovi statuti prevede che il Consiglio regionale approvi e modifichi il proprio regolamento di organizzazione e funzionamento con una maggioranza speciale e opera numerosi rinvii a tale fonte. Il regolamento è tradizionalmente qualificato come «interno»141 o variamente denominato «regolamento interno di organizzazione e funzionamento» (art. 19 ST. Marche), «dei lavori» (art. 25 ST. Lazio), «Regolamento generale» (art. 33 ST. Lombardia) o più semplicemente «Regolamento» (art. 35 ST. Piemonte, art. 48 ST. Veneto, art. 18 ST. Abruzzo, art. 19 ST. Basilicata). Pur nella disomogeneità delle disposizioni concernenti l’oggetto dei regolamenti assembleari, molti statuti li connettono espressamente all’organizzazione e al funzionamento dei Consiglio142, all’esercizio delle funzioni143, alla programmazione dei lavori e all’organizzazione interna dell’Assemblea144, anche se in qualche caso gli

140 F. PIZZETTI, A. POGGI, Commento allo statuto della Regione Piemonte, Torino, Giappichelli, 2006, 8.

141 Art. 18 ST. Liguria, art. 31 ST. Emilia-R., art. 48 ST. Umbria, art. 22 ST. Toscana, art. 17 ST. Molise, art. 38 ST. Campania, art. 37 ST. Puglia, art. 26 ST. Calabria, art. 4 ST. Sicilia, art. 19 ST. Sardegna, art. 21 ST. Friuli-V.G., art. 31 ST. Trentino-A.A., art. 19 ST. Valle d’Aosta.

142 Art, 35, co. 3, ST. Piemonte, art. 48, co. 2, ST. Veneto; art. 33, co. 1, ST. Lombardia, art. 22, co. 1, ST. Toscana, art. 38 ST. Campania, art. 26, co. 2 e 3 ST. Calabria. Ai sensi dell’art. 48, co. 2, ST. Umbria, «Il Regolamento disciplina l’organizzazione dell’Assemblea legislativa, le modalità di funzionamento dei suoi organi interni e i procedimenti di formazione delle leggi e degli atti consiliari … [e] assicura l’effettivo esercizio delle prerogative dei consiglieri». In Puglia il regolamento disciplina il funzionamento del Consiglio (art. 37, co. 1, ST. Puglia), le regole poste a presidio della qualità dei testi di legge (co. 2) e ulteriori norme cui deve attenersi il procedimento legislativo (co. 3).

143 Art. 4 ST. Sicilia. 144 Art. 18 ST. Liguria.

statuti percorrono la via dell’elencazione esplicita e più precisa, anche se non tassativa, dei contenuti necessari del regolamento145.

Quasi tutti i nuovi statuti prevedono che il regolamento consiliare sia approvato a maggioranza assoluta dei consiglieri146, quorum che si pone in linea di continuità rispetto a quelli previgenti e sulla scia di quanto disposto