• Non ci sono risultati.

Dibattito sui modelli costituzionali: in particolare Jovellanos

PARAGRAFO 3: A) Le Juntas supemas e la nascita della Junta Central; una rivoluzione dal basso nel periodo dell’interregno che porta alla convocazione delle Cortes; B) Dibattito su

B) Dibattito sui modelli costituzionali: in particolare Jovellanos

Sostenitori di un’idea radicalmente innovatrice apparivano certamente alcuni tra i diputados dell’Aragona, di Valencia e della Catalogna, che Jovellanos incontrò a Madrid nei giorni antecedenti la riunione del 25 settembre, anche se Jovellanos cita nella sua Memoria i soli rappresenatanti delle città di Siviglia, Granada e Murcia; la stessa Memoriaci illustra, pur

sommariamente, i temi trattati durante le riunioni preparatorie tenutesi il 23 e il 24 settembre 1808. Questi riguardarono l’approvazione dei poteri comunicados dalle Juntas locali (ovvero il controllo della legittimità sui titoli di partecipazione dei diputados), l’elezione del presidente e del segretario della Junta Central, la formula di giuramento e di insediamento dei membri della stessa; tutto questo avviene nel contesto di un nascente organo che, per meglio radicare il proprio potere, deve lasciare aperto il dibattito e libera la volontà della maggioranza, seppur, come ricordato, la Junta si componesse di membri eletti nelle città che, per tradizione, formavano il novero delle capitali degli antichi regni.

A partire dalle riunioni preparatorie vennero sollevate importanti questioni, in parte già affrontate dai partidarios di Jovellanos: tra queste la limitazione temporale dei poteri dei vocales della costituenda Junta.

In altre parole secondo i rappresentanti di Valencia questo periodo di tempo avrebbe avuto la durata di un anno, mentre secondo i diputados di Granada e Siviglia lo stesso non avrebbe dovuto superare i sei mesi; di maggiore importanza si prospettavano altri punti.

Si formò, da subito, una corrente maggioritaria volta a costituire un Governo accentrato che, in rottura con il passato, prendesse su di sè la sovranità della nazione e fosse legittimato in tal modo a gettare le basi di una ricostituzione dell’unità del regno peninsulare; in senso contrario si alzava la voce delle Juntas di Siviglia, Castiglia, León e Galizia, che propendevano per una Junta centrale che dipendesse dalle Juntas supremas, che, di conseguenza, avrebbero trasferito la propria sovranità solo in parte e a

titolo temporaneo: tale proposta era sostenuta in primo luogo da Siviglia, la cui Junta

manifestava un atteggiamento di diffidenza nei confronti del nascente organo di governo, una volta che le proprie mire egemoniche apparivano frustrate293.

Significativo sono in tal senso le parole che seguono:

293

“Estos dos diputados son precisamente diputados de la Junta Suprema, y como tales no

tienen ni pueden ejercer más autoridad que la que las Juntas Supremas les dieron, y todo lo determinen fuera de esta autoridad o contra ella será ilegal, nulo y no podrá tener efecto alguno”294.

Secondo il brano riportato i componenti della Junta Central godono di poteri non propri, ma delegati, quasi fossero soggetti, per così dire, ad un mandato imperativo; in una parola tali

diputados, due per ogni Junta delle varie capitali dei singoli regni, vengono considerati, per dirla

alla Rousseau, alla stregua di commissari e non rappresenatanti, dal momento che la sovranità continua ad essere radicata in capo alle Juntas supremas.

La nascita della Junta Central Suprema y Gubernativa del Reino rompe dunque con la tradizione, che avrebbe previsto, a norma delle Partidas (2, 15, 2), come modificate da Filippo V nel 1713, la costituzione di un Consejo de regencia; allo stesso tempo i levantamientos, che avevano portato alla rinascita della sovranità, apparivano traditi, dal momento che le Juntas sarebbero state spogliate di importanti prerogative.

Difficile tuttavia affermare se veramente fu un “golpe”, quello verificatosi ad Aranjuez, e fino a che punto vi fu rottura con il precedente regime politico; circa quest’ultimo punto le considerazioni, avanzate per le Juntas supremas, potrebbero essere riproposte in tale sede.

Di certo la Junta Central non trova istituzioni che ad essa assomiglino nella storia spagnola; con tale organo il concetto di nazione comincia a diffondersi, anche se la stessa non può dirsi frutto di un sistema di rappresentanza politico, seppur su base popolare assai ristretta.

Inoltre la stessa Junta era conosciuta a livello nazionale perché vi sedevano uomini dell’antico regime come Jovellanos e Floridablanca.

Altra nota figura era poi rappresenatata da Valdés; nella maggioranza dell’estamiento nobiliare appariva chiaro che la fine di tanti privilegi sarebbe dovuta passare attraverso un dibattito interno a tale estamiento.

Si riscontrava inoltre un gruppo di giuristi di estrazione nobiliare; l’appartenenza all’estamiento ecclesiastico poteva essere vanatata da sei membri, mentre tre sedevano per l’estado general, tra cui Calvo de Rozas, il quale aveva i natali più umili ed esercitava il commercio a Madrid prima

dell’insurrezione contro gli occupanti francesi.

294

La provenienza estamental era destinata dunque a far sentire il suo peso nelle discussioni che animeranno la Junta Central; a riguardo si può affermare come in essa si potessero riscontrare correnti di pensiero politico contrapposte, ma di certo non partidos in senso moderno.

Si può affermare che figure carismatiche potessero raccogliere intorno a sè consensi circa

determinate questioni, come nel caso di Jovellanos, ma ciò non portò mai alla nascita di movimenti strutturati e organizzati mossi da una precisa e delineata linea politica; questo perché, va ancora una volta ricordato, le Juntas, che avevano dato vita a quella Central, erano composte pur sempre da personalità dell’antico regime già appartenenti a istituzioni quali le audiencias e annoveravano, solo in parte minoritaria, rappresentanti dell’estado general o llano.

Tornando al dibattito in seno alla Junta, riunita a Aranjuez, troviamo posizioni conservatrici nel marchese de la Romana e in Palafox, mentre potremmo definire progressiste le idee di Calvo de Rozas, del conte di Tilly e di Valdés; al centro o, se si preferisce, nel novero dei sostenitori di una linea più cauta si possono ricordare Riquelme e Quintanilla.

La costituzione di questo nuovo organo di governo avveniva in uno scenario sacrale: infatti, la mattina del 25 settembre, i diputados si ritrovarono nella sacrestia della cappella reale del palazzo di Aranjuez e, attraverso un rigoroso cerimoniale, si diressero nella cappella stessa dove presero posto tra i banchi.

Dopo la celebrazione della messa pronunciarono giuramento sui vangeli alla presenza del vescovo di Laodicea; dopo il canto del Te Deum i diputados si portarono all’interno del palazzo reale e solo allora Floridablanca dichiarò legittimamente costituita la Junta Central.

Attraverso forme e cerimoniali di un passato che era vissuto fino a poco più di sei mesi prima la Spagna, o almeno la parte libera dall’occupazione francese, si dotava di un organo di governo accentrato, sulla cui radice rivoluzionaria ci si è già soffermati; di certo il quadro legale delle

Partidas appariva infranto.

Il citato testo legislativo prevedeva un Consejo de Regencia nel caso di minore età dell’erede al trono, chiamato a succedere per la morte o l’infermità mentale del predecessore; si poteva prospettare dunque una possibile lettura analogica della disposizione.

Da parte sua Jovellanos, che aveva concepito l’idea di una creazione di una Reggenza e, allo stesso tempo, di una Junta Central destinata ad occuparsi della convocazione delle Cortes, si mostrò scettico riguardo questa operazione interpretativa, anche perché mancava ogni pretendente legittimo al trono, per di più di età minorenne.

Jovellanos era mosso invece dalla realistica convinzione che il potere, in quel frangente difficile della nazione, fosse raccolto nelle mani di pochi, come emerse dalla sessione della Junta Central tenutasi il 7 ottobre; del resto vi era già una base giuridica e una legittimazione politica dei poteri di

una Junta, quella de Gobierno, che ad interim, esercitasse “todas las funciones de la soberanía” secondo il decreto di Ferdinando VII firmato a Bayona il 5 maggio, quando appriva ormai chiaro che il nuovo sovrano, al pari del padre Carlo IV, erano caduti nella trappola del Bonaparte. Con questo decreto Ferdinando VII autorizzava la Junta, creata prima della sua partenza per Bayona, a governare in assenza del re, perché nel suo plenum o per espressione della volontà di alcuni suoi membri, esercitasse le funzioni della sovranità, la cui titolarità, di conseguenza,

continuava a spettare al re; tale base legale della Junta Central poteva essere invocata qualora se ne volesse sottolineare la contnuità istituzionale con quella creata da Ferdinando VII ad aprile.

In realtà tale tesi, come altre, pur autorevolmente invocabili, poteva sembrare foriera di capziosi ragionamenti, dal momento che in tale contesto valeva un’unica regola, non giuridica, ovvero quella per cui necessitas non habet legem, come osservato da Jovellanos nella citata seduta del 7 ottobre. Va inoltre ricordato che il levantamiento del 2 maggio, come i rimanenti nelle altre parti della penisola occupata dalle truppe francesi, aveva segnato una rottura, pur parziale, con l’ordine politico antecedente e il potere della stessa Junta ferdinandea poteva considerarsi ormai tramontato per due ragioni: la prima riguardava l’abdicazione, pur forzata, da parte di Ferdinando VII,

circostanza che portava alla cessazione di ogni organo con poteri delegati che si trovasse a stretto contatto con il sovrano e che fosse legato a questi ratione fiduciae.

Inoltre la Junta ferdinandea si configurava come un organo ad hoc e con competenze che, al momento della sua costituzione, si credevano assai limitate temporalemente; da ultimo l’influenza sempre crescente di Murat sulla Junta, anche grazie al sostegno di Carlo IV, aveva fatto sì che la stessa, solo agli inizi del suo mandato, avesse operato in modo indipedendente da influenze esterne e per conto del re.

Da ultimo pareva poco affidabile ricostituire una Junta, i cui membri, in maggioranza, in ragione del proprio spirito afrancesado, erano divenuti ministri di Giuseppe Bonaparte.

Diversamente il legame tra i rappresentanti delle Juntas supreams locali e quello che rimaneva dell’antico regime era rappresenatato dal Consejo de Castilla, pur non immune da accuse di collaborazionismo con l’occupante; Consejo il quale tuttavia, una volta liberata la capitale, si affrettava a dichiarare nulle le abdicazioni di Bayona (11 agosto).

Da ultimo va poi ricordato che il decreto del 5 maggio, come quello volto alla convocazione delle

Cortes, aveva finalità essenzialmente di difesa della penisola dalle truppe napoleoniche, che, agli

inizi di maggio, dilagavano nei territori della tramontata monarchia borbonica.

Il ruolo della Junta Central avrebbe invece necessariamente interessato attribuzioni diverse da quelle militari, come anche la ripartizione di competenze a livello centrale e locale; una grande novità, che potremmo sì definire di indole rivoluzionaria, fu rappresentata dal fatto che:

“Los vocales que componen la Junta Suprema del Reino, unidos en cuerpo representan a la nación

entera, y no individualmente a la provincia de que son diputados”295.

Il riferimento alla costituzione francese del 1791 appare d’obbligo (art. 7, sez. III, cap. I, titolo III). Parole come nazione e rappresentanza politica in senso moderno demoliscono le fondamenta della costituzione medievale; e si trattava solo dell’inizio.

Il dibattito sulla riforma della costituzione storica si farà ancora più appassionante grazie a Jovellanos, il pensatore ilustrado asturiano.

Tuttavia questi ci avverte come la Junta si presentasse carente di una rappresentatività politica dal momento che “La Junta Central no representa verdadera y propiamente a los reinos”296;

Jovellanos, inoltre, frena gli intenti rivoluzionari che portino ad un radicale stravolgimento della tradizione.

In una parola l’equilibrio tra quest’ultima e riforme di ispirazione (ancora una volta) afrancesada appare precario; Jovellanos avrà modo di ammonire in tal senso:

“Ellas no fueron erigidas para alterar la constitución del reino, ni para derogar sus leyes

fundamentales, ni para alterar la jerarquía civil, militar, ni económica del reino”297.

Dovevano essere dapprima risolte alcune questioni preliminari; le prime furono oggetto, come osservato, di riunioni preparatorie, mentre una volta costituita la Junta Central, eletti il presidente e il segretario della stessa, si affrontò il tema del regolamento interno.

La redazione fu affidata ad una commissione di cinque vocales, tra cui lo stesso Jovellano

(esperienza che riporta nella sua Memoria) ; diversamente non si conoscono i nomi dei rimanenti

vocales, nel cui numero pare non rientrasse Floridablanca.

Tra i vocales vi era inoltre una rappresentanza dell’estamiento privilegiato ecclesiastico; non erano mancate figure ilustradas proveniente da questo ultimo: tra quest’ultimi, guardando al secolo XVIII, spiccava certo la figura di Padre Feijo e va ricordato come per molti altri ilustrados, come Jovellanos, si è parlato di una sincera fede, di una forte pietas religiosa e del tentativo di conciliare fede e ragione.

Non dimentichiamo che lo stesso pensatore asturiano aveva avuto modo di affermare come la fede cattolica fosse insita nella nazione spagnola e, in altre parole, facesse parte della costituzione

295

Pidal, tomo XXXII cit., 397.

296

Memoria cit., 48. 297

storica; tornando ai fatti del 1808, va osservato come, più in generale, la Chiesa cattolica

rappresentasse un potere religioso, ma, soprattutto politico, nella Spagna dell’antico regime: in tal senso Artola acutamente parla di una dualità di istituzioni pubbliche298 .

Più precisamente la missione pastorale era spesso accompagnata da attività di carattere filantropico e da un controllo sull’educazione, spesso impartita, ai massimi livelli, in ambienti ecclesiastici. Il mondo della cultura presentava dunque un’inclinazione, o, quantomeno, un profondo rispetto per la dottrina e i principi della fede romana, anche se non erano mancati tentativi di emancipazione culturale volti a rendere più laiche e più empiriche molte branche del sapere, in particolar modo quelle strettamente scientifiche.

In tal senso va concepita l’espulsione dell’ordine gesuita nel 1767 al fine di secolarizzare

l’istruzione; più in generale l’influenza della Chiesa abbracciava campi più strettamente economici, giacché la stessa, forte di vasti latifondi, spesso incolti, poteva controllare buona parte della vita economica del paese.

Vanno, in proosito, ricordati i molti progetti, sotto il regno di Carlo IV, volti a contrastare il fenomeno della manomorta, come anche, secondo la medesima linea politica, la diffusione dei maggioraschi, che mal si conciliavano con le istanze liberali di circolazione della ricchezza e dei beni nel contesto dei traffici commerciali.

Il potere politico della Chiesa era stato rafforzato dall’Inquisizione spagnola, che, tuttavia lo si ricordi, era stata creata per iniziativa dei Re Cattolici e solo dopo ricevette l’approvazione pontificia; dunque l’Inquisizione non poteva, nel suo agire, considerarsi svincolata dall’autorità civile, anche se tale nesso si mostrò sempre debole e non mancarono i casi in cui l’Inquisizione arrivò a condizionare le istituzioni civili: anzi la stessa presenza di un autonomo centro di potere nella Chiesa cattolica fu d’ostacolo a una sovranità unitaria in capo alla monarchia borbonica nel contesto della costruzione dello stato assoluto.

E nella costituzione gaditana la Spagna sarà proclamata, nel rispetto della propria costituzione storica, uno stato confessionale nel quale nessun altro culto era ammesso (art. 12); tuttavia l’Inquisizione, già formalmente abolita per volontà di Giuseppe Bonaparte, lo fu per mano delle

Cortes gaditane nel 1813.

Per quanto concerne l’estamiento eclesiastico questo si divideva in secolare e regolare: i primi, verso la fine del Settecento, non dovevano essere meno di settantamila, mentre i secondi superavano questa cifra di un 10 %; i primi, nel 1787 erano distribuiti in duemila conventi, appartenevano a quaranta diversi ordini religiosi e, nell’84 % dei casi, si trattava di ordini mendicanti; di

conseguenza i beneficia si raccoglievano in poche mani e spesso in quelle di chierici che si

298

trovavano nelle città, dal momento che nelle zone rurali non era raro imbattersi in una penuria di pastori, i quali, se presenti, conducevano l’apostolato su ampie zone campesinas.

Vi era infine una forte intromissione dell’estamiento nobiliare negli affari di quello ecclesiastico e, in particolare, per quanto riguardava i diritti di riscossione delle rendite; da ultimo, circa il

godimento delle stesse, si ricorda la sproporzione che portava alla formazione di un basso e di un alto clero, sulla scia di quanto avveniva nella Francia negli anni antecedenti il 1789.

Tornando all’erigendo contesto istituzionale del 1808 si è osservato come alla rinascita della sovranità nelle Juntas supremas e in quella Central diede il suo contributo anche l’estamiento ecclesiastico, che molte volte vedeva accomunata la propria sorte con quello nobiliare: del resto molte Juntas si basavano su una composizione sociale originariamente tripartita.

Ma torniamo alle prime vicende della Junta Central e ai lavori per la redazione del Reglamento

para el gobierno interior; Jovellanos, che, come si è osservato, faceva parte dei cinque vocales

incaricati di redigere tale reglamento, vide minoritaria la sua linea politica volta a costituire un organo che governasse ad interim in vista delle riunioni delle Cortes, nelle quali, secondo la tradizione, si dovevano discutere le questioni “graves e arduos” del regno.

Quelle che saranno le Cortes gaditane sarebbero state tuttavia molto diverse per composizione e funzioni da quelle tradizionali, anzi, quasi a paradosso, si sarebbero avvicinate più al modello di quelle afrancesadas di Bayona per la stessa vis costituente che animò le due assemblee.

Prevalse allora la tesi di dotare la Junta Central di poteri più incisivi e il Reglamento vide la luce nella prima settimana di vita della Junta299; in tal modo quest’ultima assumeva un’importante veste decisionale e non si limitava solo a coordinare le Juntas locali o a svolgere attività preparatorie ai fini della convocazione delle Cortes, come auspicato da Jovellanos, che mostrava inoltre timore per una possibile deriva autoriatria della Central.

Questo sarebbe potuto avvenire anche in considerazioni di eventi bellici: era infatti fortemente sentita la possibilità di un ritorno all’attacco delle truppe francesi, cosa che in verità avverrà alla fine dello stesso anno.

L’importanza del Reglamento para el gobierno interior andava ben oltre questioni di carattere procedurale, dal momento che interessava questioni di carattere prettamente costituzionale.

Tale documento, comprendente ottantadue articoli divisi in sette capitoli, mostra ancora una volta il profondo significato delle forme del cerimoniale della Junta Central.

Quest’ultima, secondo il primo articolo del primo capitolo, intitolato “de la Junta en general”, avrebbe goduto degli onori e del trattamento riservati a Ferdinando VII “en cuyo nombre se ha

reunido y gobierna”; di seguito il quarto stabiliva che le sessioni della Junta si sarebbero tenute

299

nelle sale del palazzo reale e il decimo che la Junta avrebbe avuto al suo seguito la guardia degli

alabarderos e della fanteria.

Tali onori non si presentavano fini a sè stessi, ma erano volti a sottolineare l’autorità sovrana della costituita Junta che avrebbe agito in nome del re Ferdinando VII (art. 2); quasi a metafora di quanto ora ricordato, va aggiunto che la sede delle riunioni della Junta Central si trovava, per l’appunto, nel palazzo reale di Aranjuez, che, al pari della sovranità, continuava a spettare alla Corona, ma, allo stesso tempo, la Junta Central rappresentava il nuovo potere “occupante” e “esercitante” la sovranità; la geografia dei luoghi appare dunque significativa.

Se la chiusura della sala di Versailles e la riunione nella sala della Pallacorda da parte del Terzo Stato avevano rappresentato l’occasione dello storico giuramento e l’inizio del vero processo rivoluzionario, ora la Junta Central si ritrova assumere un potere fino ad allora sconosciuto, proprio nelle stanze, quelle del palazzo reale di Aranjuez, dove, fino a pochi mesi prima, la monarchia borbonica, perno dell’antico regime, aveva esercitato le proprie funzioni di governo.

Tornando al Reglamento, va osservato come mancasse, nel primo capitolo, una definizione precisa di poteri della Junta; la stessa era destinata ad operare in un contesto bellico e, di conseguenza, si può affermare come godesse di “pieni poteri” o, quantomeno, di quelli già in parte propri delle

Juntas supremas, che, da parte loro, erano destinate ad essere inevitabilmente inquadrate

nell’ambito di una struttura gerarchica che faceva capo alla Central, sul modello di quello che era stato il rapporto tra Consejo de Castilla da una parte e audencias dall’altra.