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L’ultima fase della produzione narrativa di Dickens fu caratterizzata da una maggior insofferenza rispetto alle ingiustizie prodotte dalla società moderna, ovvero una maggior consapevolezza rispetto ai mali del mondo, producendo un cambiamento che si muoveva di pari passo al mutare dell’intera realtà. L’evoluzione della visione creativa, caratterizzata da una molteplicità di prospettive, mostra la capacità dell’autore di impersonarsi nella condizione di vita di diversi status sociali. In questo modo, la letteratura di Dickens appare non solo come un sintomo della sua condizione psicologica, ma anche il mezzo stesso con cui egli apprende, crea se stesso e, in qualche modo, modifica la sua vita171.

Infatti, proprio nell’ultima parte della sua carriera sembra affiorare un senso di rifiuto nei confronti di una società che sembrava ormai inesorabilmente in rotta verso la totale distruzione di tutti i valori morali più genuini. In particolare, a partire da Bleak House fino ad Our Mutual Friends, affiora dalle sue pagine una sempre maggior sofferenza, una sorta di “nichilismo” che sembra aver raggiunto una condizione di totale disfattismo rispetto a qualsiasi possibilità di

cambiamento di una società profondamente ingiusta172.

Prendendo in considerazione l’intera produzione narrativa di Dickens come

171 J. H. Miller, op. cit., p. IX.

172C. Pagetti, Vivere e morire a Londra, in C. Dickens, Il Nostro Amico Comune, cit., p. VIII.

62 una sorta di testimonianza storica, culturale e sociale della metà del ‘800 inglese, proprio Hard Times e Our Mutual Friend assumono, per motivi diversi, una particolare rilevanza. Il primo poiché offre a livello descrittivo una profonda messa in discussione del sistema industriale e delle condizioni di vita che produce; il secondo in quanto si pone come una più ampia fotografia della società vittoriana nel suo complesso, mostrando anche la maggior maturità dello scrittore nel direzionare la propria critica, qui incentrata sull’indifferenza e sulla superficialità delle classi più ricche, direttamente responsabili dello sfruttamento e delle sofferenze del resto della popolazione173.

Partendo da una visione retrospettiva, proprio Our Mutual Friend (pubblicato tra il 1864 e il 1865), la sua ultima opera compiuta (The Mystery of Edwin

Drood restò infatti incompleto a causa della morte dello stesso autore),

permette di comprendere meglio l’evoluzione del romanziere, sempre più caratterizzata da una visione oscura e amara dell’esistenza, tale da poter inserire il romanzo nella categoria del dark novel174. La cupezza che traspare dall’opera di Dickens è stata associata al più generale contesto pessimista che caratterizzava la fase centrale della cultura vittoriana, ma, allo stesso tempo, è stata considerata anche conseguenza dello sguardo più critico attraverso il quale l’autore inquadrava la realtà, all’interno del suo sforzo verso un maggior impegno sociale175.

«La tempesta passò, la luna lottò con le nubi veloci e il disordine sfrenato che regnava lassù rendeva trascurabili i meschini tumulti nelle strade. Non che il vento avesse spazzato tutti gli schiamazzatori in luoghi appartati, come aveva fatto con la grandine che si ammucchiava ancora dovunque era riuscita a rifugiarsi; ma era come se il cielo avesse assorbito la città e la notte fosse tutta

173 R. Runcini, Illusione e paura nel mondo borghese, cit., p. 87.

174 D. Izzo, La poetica del disincanto: lettura di Our Mutual Friend, in M. T. Chialant - C. Pagetti, La città e il teatro, cit., p. 231.

63 sospesa nell’aria»176.

In particolare questo romanzo è stato collocato tra il novel realistico, caro alla tradizione vittoriana, e il romance fantastico e avventuroso, con l’obiettivo di mettere in risalto la capacità creativa dell’autore nel riprodurre e rigenerare gli eventi della vita quotidiana, prendendo spunto dalle molteplici attività umane che davano vita alla City177. L’intera opera è avvolta da un forte senso di negatività: «appena si trovò sotto il cielo fosco, le parve che un’atmosfera di tenebre e di delitto le piombasse addosso»178. L’autore, tramite il dark novel, cerca di rappresentare una condizione di sospensione tra la vita e la morte, tra la spontaneità naturale degli individui e l’artificialità dei meccanismi narrativi, di cui appunto trasuda il complicato e sfilacciato intreccio narrativo di Our

Mutual Friend179. Un soliloquio di John Harmon racchiude l’intima malinconia del protagonista e l’atmosfera tetra che traspare da alcune pagine del romanzo: «È una sensazione che pochi mortali hanno provato: quella di guardare dentro un cimitero, in una notte tempestosa e pensare di non occupare più un posto tra i vivi, alla stessa stregua di quei morti […]. Uno spirito, che, un tempo fu un uomo, se vagasse non riconosciuto fra i mortali, non potrebbe sentirsi più solo e straniero di me»180.

Più in generale, un filone di critica dickensiana avvicina l’opera ad altri due grandi romanzi che vanno a interessare gli ultimi dieci anni di produzione letteraria dell’autore: Bleak House (1852-1853) e Little Dorrit (1855-1857). In questa “trilogia” sono stati rintracciati dei tratti comuni, quali per esempio l’utilizzo del mistero come punto chiave della trama e lo svolgersi di eventi

176 C. Dickens, Il Nostro Amico Comune, cit., p. 201.

177C. Pagetti, Vivere e morire a Londra, in C. Dickens, Il Nostro Amico Comune, cit., p. XIII.

178 C. Dickens, Il Nostro Amico Comune, cit., p. 92. 179 Ivi, p. XVII.

64 tragici e drammatici, ovvero alcune scelte tecnico-stilistiche181.

Dopo il clamoroso successo registrato con la pubblicazione di David

Copperfield nel 1850, Dickens riprese la sua attività di romanziere con Bleak House nel 1852, arrivando a pubblicare fino al 1860 addirittura un romanzo

l’anno (senza considerare i Racconti di Natale e altri scritti minori confluiti in

The Uncommercial Traveller). Nel 1859, all’avvio del nuovo periodico «All the Year Round» si aggiunse la redditizia ma estenuante serie di letture che,

unite ad alcuni gravi problemi familiari – oltre che sentimentali– influirono sulla sua attività di romanziere. Infatti, Dickens ebbe qualche difficoltà a portare a termine A Tale of Two City e solo con grande sforzo, spinto dall’esigenza di sostenere le vendite del periodico, riuscì a completare la pubblicazione di Great Expectations nel 1861, il quale, per il successo ottenuto, assicurò la definitiva affermazione della sua rivista. A causa di quanto detto, Dickens fu costretto a diradare i tempi di composizione dei suoi romanzi: passarono tre anni prima che comparisse la prima puntata di Our Mutual

Friend e altri quattro dalla conclusione di quest’ultimo perché iniziasse la

stesura di The Mistery of Edwin Drood.

Difatti, negli anni si è sviluppata una tanto ampia quanto contrastante critica dell’autore e della sua ultima fase narrativa. Our Mutual Friend è stato, fra tutti i romanzi di Dickens, quello che ha portato alla luce le opinioni più discordanti. La valutazione di questo romanzo da una parte è diventata una critica all’ultima parte di carriera dell’autore, visto da alcuni studiosi come un romanziere le cui capacità narrative erano allo stremo e che continuava nella sua opera esclusivamente per mantenere prospere le vendite; dall’altra, ha comportato una più generale rivalutazione non solo della singola opera, ma dell’intero lavoro dell’autore.

181 F. M. Casotti, Il Ventaglio di Lady Tippins. Our Mutual Friends di C. Dickens, Il Segno Edictrice, Verona, 1984, p. 11.

65 La verità è che vi è stata, dagli anni quaranta del ‘900, una svolta negli studi di critica alla narrativa dickensiana, segnata da una pubblicazione di Edmund Wilson intitolata Dickens: The two Scrooges. Il saggio intendeva prendere in esame i giudizi negativi espressi nei decenni precedenti, per ridare al romanziere inglese il giusto riconoscimento, esaltando le sue capacità artistiche e di critico sociale. Secondo Wilson l’arte di Dickens stava proprio nel riuscire a cogliere i nuovi aspetti di una realtà sociale sempre più complessa e inquietante e, dunque, difficile da decifrare narrativamente182. Questo punto di vista comportò, in particolare, anche una rivalutazione di Our Mutual

Friend, poiché cercava di reinserire l’autore all’interno delle sue vicende

umane e nel drammatico contesto dei cambiamenti socio-politici legati al primo periodo dell’era industriale183.

In linea di massima, furono soprattutto i critici statunitensi di stampo marxista a celebrare l’importanza letteraria di Our Mutual Friend, analizzando la condanna severa e irriducibile di Dickens alla società vittoriana. Il critico marxista T. A. Jackson, tracciando il cammino di Dickens, piccolo borghese, verso la simpatia per le masse, individuò proprio nei romanzi della maturità e, soprattutto, in Our Mutual Friend, il suo atto di accusa più diretto ed efficace contro il capitalismo e il modo di vita della società borghese: «contrasti di classe, antagonismi di classe, odio di classe, disprezzo di classe si intrecciano nel tessuto più profondo di Our Mutual Friend»184.

In generale, porre Dickens all’interno della categoria dei romanzieri sociali

182 E.Wilson, Dickens: The two Scrooges, in The Wound and the Bow in Seven Studies in

Literature, Houghton Mifflin Company, Cambridge, 1941, p. 1.

183 Ivi, p.75.

184 T. A. Jackson, Charles Dickens: The Progress of a Radical, H. H. Publishers, New York, 1971, p. 204. Tuttavia, proprio la mancanza di un’approfondita conoscenza dell’epoca vittoriana ha portato alcuni intellettuali a radicalizzare la figura di Dickens, cogliendo esclusivamente la sua contrapposizione alle istituzioni e alla società del tempo; vedi, F. M. Casotti, op. cit., p. 28.

66 comportò una visione del romanzo libera da pregiudizi. Ciò permise che il giudizio positivo si spostasse dal piano dei contenuti al piano della struttura e della composizione del testo, con riguardo alla complessità della trama e alla costruzione psicologica dei personaggi, ritenute punti essenziali per comprendere la visione dell’autore. Così, Our Mutual Friends diventava sempre più l’affresco tangibile di una realtà sociale intrisa dei valori borghesi incastonati tra immagini e simboli nel grande quadro della Londra vittoriana185.

Un contributo fondamentale in tal senso è stato lo studio J. H. Miller che, tralasciando ogni parallelo con le opere precedenti, sottolineava la portata innovativa che proprio l’ultimo romanzo aveva nella narrativa dickensiana: per la prima volta Dickens aveva abbandonato la ricerca di unità strutturale e tematica e, minando le basi della tradizione del romanzo realistico inglese, aveva cercato di ritrarre le vicende umane nei meandri di un cupo e torbido

agglomerato urbano della Londra caput mundi186.

Our Mutual Friend, nella sua complicata e macchinosa struttura narrativa,

rimane un romanzo originale rispetto alle precedenti opere di Dickens, seppur ne mantenga alcuni aspetti stilistici e ne evolva altri: per esempio il racconto del mistero, già ampiamente utilizzato in precedenza (come in Oliver Twist o in Little Dorrit), diventa in Our Mutual Friend la base su cui si intrecciano tutte le vicende e l’atmosfera predominante di tutto il romanzo. Considerata all’interno della narrativa dickensiana, si tratta di un testo sperimentale in cui l’autore cercò di adattare un genere di narrativa popolare, come il racconto

185 Ivi, p. 25.

186 J. H. Miller, op. cit., p. 293. Per avere una visione più chiara possibile della raccolta narrativa di Dickens, è necessario avere uno sguardo complessivo sul suo intero lavoro e considerarlo a partire dal fatto che è rimasto incompiuto, come d'altronde è rimasta tale la sua ultima opera. Studiosi come Casotti, pongono, dunque, l’accento sull’importanza di saper collocare Our Mutual Friend non all’inizio o alla fine di un ciclo narrativo, bensì nell’ambito di un elaborato e cosciente processo evolutivo del suo autore; vedi F. M. Casotti, op. cit., p. 31.

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detective, alle esigenze di una struttura molto complicata e ricca di simbolismi,

in una dimensione quasi terrificante e pervasa d’angoscia e incubi187.

Questa ricostruzione positiva dell’opera dickensiana era appunto in risposta alle critiche che, nei decenni successivi alla pubblicazione di Our Mutual

Friends, avevano etichettato l’autore come un semplice intrattenitore popolare

il cui successo era legato soltanto al passato della sua fama. A tale stregua, proprio l’ultimo romanzo sarebbe l’esempio più palese dell’affievolirsi dell’impulso creativo: una storia complicata, ricca di avvenimenti misteriosi e stupefacenti colpi di scena, ma trascinata con un inverosimile e apparentemente sbrigativa conclusione delle vicende. Dickens, insomma, si sarebbe proposto di scrivere un lavoro impegnativo e difficile che poi non sarebbe stato in grado di portare a termine a causa della sua crisi come romanziere, travisando così la trama e ricorrendo a facili effetti e colpi di scena che hanno ridimensionato il disegno iniziale; tutto ciò a solo vantaggio della popolarità del romanzo e dell’andamento delle vendite di «All the Year

Round»188.

Nel 1865, in una recensione su «The Nation», Henry James fu il primo a scagliarsi contro Dickens, estendendo la sua critica negativa anche ad altri lavori: «Our Mutual Friend è, per la nostra percezione, il più povero dei lavori di Dickens. Ed è povero non con la scarsità derivante da un momentaneo disagio, ma da una stanchezza permanente. Esso manca d’ispirazione. È sembrato che Dickens, negli ultimi dieci anni, fosse stato inequivocabilmente costretto a scrivere: Bleak House era forzato; Little Dorrit era affannoso; il presente lavoro è scavato come con una vanga e un piccone»189. In definitiva,

James accusava Dickens di aver costruito un romanzo deprimente e

187 Ivi, pp. 30-31. 188 Ivi, p. 41.

189 H. James, Henry James's revew on Our Mutual Friends, in “The Nation”, dicembre 1865.

68 superficiale, in cui i personaggi erano delle semplici figure statiche e passive190: «i personaggi menzionati non hanno nulla a che vedere con

l’umanità nel suo complesso. Che mondo sarebbe il nostro, se il mondo di Our

Mutual Friend ne fosse un riflesso onesto! Infatti una comunità di eccentrici è

impossibile»191.

E non diversamente Gissing riteneva l’intreccio troppo complicato, tale da rendere al lettore difficile la comprensione degli sviluppi dei vari personaggi; inoltre una conclusione risolta con sofisticati trucchi e coincidenze, secondo l’intellettuale inglese, non dava seguito all’impressionante genialità dell’autore dimostrata nei romanzi precedenti: «Nessuno dei suoi libri è così aperto a essere accusato di noiosa superficialità come Our Mutual Friend [….]. Una trama dipendente da ogni sorta di circostanze fantastiche, si svolge con triste elaborazione e sicuramente non delizia nessuno»192.

Ancora, a inizio ‘900, Chesterton affermava che Dickens, con la sua ultima opera, si era definitivamente affermato come scrittore popolare per accontentare i gusti del suo pubblico, abbandonando così l’atteggiamento da intellettuale impegnato che l’aveva contraddistinto in alcune opere precedenti, in cui, oltre a specifiche scelte stilistiche, sembrava aver intrapreso una più efficace critica sociale. Chesterton definì il titolo dell’ultima opera dickensiana addirittura illetterato193. È un fatto che, in generale, i giudizi più negativi

sull’ultima opera dickensiana, si sono limitati a confrontare la trama e i personaggi dell’ultimo romanzo con quelli precedenti194.

Alla luce di queste diverse considerazioni, sembra utile dare spazio a una

190C. Pagetti, Vivere e morire a Londra, in C. Dickens, Il Nostro Amico Comune, cit., p. XII.

191 H. James, op. cit., p. 2.

192 G. Gissing, Charles Dickens: a critical study, Blackie & Son, Londra, 1898, p. 59. 193 G. K. Chesterton, Charles Dickens. A critical study, New York, Dodd Mead & Company,

1906, pp. 158-159.

69 valutazione specifica di Our Mutual Friend, cogliendo i vari aspetti che all’autore premeva mettere in risalto, senza relegare la sua ultima opera alla svogliata e frettolosa attività di pubblicazione e, allo stesso modo, senza slegarla totalmente dai suoi lavori precedenti.

Al riguardo ci sono due punti che, nella critica a Our Mutual Friend e, più in generale, all’ultimo periodo di Dickens, meritano di essere obiettati: la mancanza di unità della trama e la conclusione a “lieto fine” (sbrigativa e risolta come in una fiaba). Per quanto riguarda il primo punto, Our Mutual

Friend è realmente un intreccio frammentato, un racconto spezzettato di una

storia multipla che si svolge sullo scenario di una società sconnessa. La verità è che la stessa struttura del testo sembra voler riflettere la visione della realtà che aveva l’autore: un mondo in cui il senso di unità è ormai stato disgregato, dissolto in mille particelle che si muovono impazzite, così come sono frammentate le storie dei personaggi e i loro stessi stati d’animo195.

L’accostamento di brevi parti di storie diverse che poi vanno ad intrecciarsi, ad interrompersi per poi nuovamente ricongiungersi, crea un’impressione di disorientamento e disconnessione che neanche la progressiva ricomposizione della trama riesce a dissipare totalmente. I personaggi stessi, in vario modo, cercano una loro unità esistenziale, scissi nel proprio io, senza un controllo sulla propria vita, inseriti in un turbinio di eventi il cui nesso più profondo è incomprensibile, come fossero marionette in mani altrui196.

Lo studioso statunitense J. H. Miller commenta così questo aspetto: «Il narratore rispetta la particolarità irriducibile di ogni personaggio o gruppo. La tecnica strutturale di base del romanzo è la completa trasformazione di tono e di scenario di capitolo in capitolo. Our Mutual Friend, ancor più di Bleak

House, potrebbe essere paragonato a un collage cubista. La sua struttura è

195 D. Izzo, La poetica del disincanto: lettura di Our Mutual Friend, op. cit., p. 222. 196 Ivi, p. 235.

70 formata da un avvicinamento di frammenti incompatibili in uno schema di disarmonia o di reciproca contraddizione»197.

Sul frammento insiste ogni livello del romanzo, dalla spezzettatura della struttura alla variabilità stilistica e sintattica, come si può notare anche dalla molteplicità dei punti di vista utilizzati: lo scrittore riesce a creare un continuo passaggio da una prospettiva esteriore e globale, quella del narratore, a una interiore, legata alle prospettive limitate e angosciose dei singoli198.

La negazione dell’unità è, quindi, un fenomeno talmente essenziale nella struttura narrativa di Our Mutual Friend, che non può essere esclusivamente considerato come un effetto collaterale della scrittura dickensiana, riconducibile all’incapacità dell’autore di sviluppare la trama. La frammentazione nel testo è una “nota dominante”, una scelta consapevole da parte del romanziere, una strategia testuale in grado di esplicare la sua visione del mondo e della letteratura. Per mettere a fuoco la funzione della frammentazione è importante il ruolo di un personaggio presente nell’opera: Mr Venus l’impagliatore.

Mr Venus raccoglie, nella propria lugubre bottega, brandelli differenti, ma accuratamente ordinati e classificati, di vita umana e animale, per arrestarne con alcool e formalina il naturale decadimento cui sono destinate tutte le cose vive. Così si presentava la bottega del signor Venus, disseminata da una miriade di parti anatomiche diverse: «ossa di tipi vari; crani di tipi vari. Un neonato indù, conservato nell’alcool. Idem africano. Preparati in bottiglie di vario genere. Tutto quello che è a portata di mano è in un buono stato di conservazione. […] Pezzi vari di corpo umano. Gatti. Lo scheletro di un neonato inglese. Cani, anatre, occhi di vetro di ogni colore. Un uccello

197 J. H. Miller, op. cit., p. 285.

71 mummificato, epidermidi disseccate di specie diverse […]»199. La sua «arte

senza pari»200 è quella di preservare dall’oblio questi frammenti di vita, ridando

ordine ed unità a ciò che è sconnesso.

Il fatto che la presenza di questa figura non abbia nessuna rilevanza nello svolgimento della trama, rende ancora più chiaro il suo ruolo e il problema centrale di tutto il testo. La sua funzione è proprio quella di ricomporre, con la sua arte di imbalsamatore, i vari pezzetti che ormai non hanno più, di per sé, alcun senso. Allo stesso modo il narratore «rimette insieme sui fili l’intera struttura della società»201, articolandoli secondo la propria logica e abilità, nel

tentativo di riprodurre la vita. Ma la pazienza e la minuziosità dell’artista non potranno mai evadere dall’artificiosità della sua opera e, perciò, non potranno che riprodurre soltanto una parvenza di vita.

La funzione ordinatrice e compositiva sia del narratore sia dell’impagliatore Mr Venus (il cui nome, storpiato, ricorda quello di Venere, la dea della bellezza)202 si può rintracciare anche in un’altra figura del romanzo, Jenny

Wren, la sartina delle bambole. Anche lei usa per materia prima «avanzi e frammenti»203, materiali di scarto, secondo una propria logica compositiva, che riprende dalla realtà le vicende umane, selezionando e piegando alla propria arte ciò che osserva: «noi artisti, che viviamo del nostro gusto, delle nostre trovate, dobbiamo tenere sempre gli occhi aperti»204.

«Io scivolo tra la folla e mi guardo attorno. Quando scorgo una gran dama adatta al mio caso […] la osservo in tutti i particolari, poi corro a casa, taglio

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