• Non ci sono risultati.

Orwell e l’interpretazione di Dickens

L’analisi dell’opera dickensiana e della testimonianza storica in essa espressa, non può non rinviare all’esigenza di decifrarne politicamente il messaggio e comprenderne la sostanza. In fondo la scrittura, i giornali e le conferenze erano gli strumenti tramite i quali il romanziere voleva far sentire la sua voce e influenzare il mondo con il suo contenuto, che assumeva così una rilevanza sociale e, dunque, politica. «Qualsiasi scrittore, e in primo luogo qualsiasi romanziere, ha un suo «messaggio» che ne influenza l’intera opera fin nei minimi particolari. Tutta l’arte è propaganda. Né lo stesso Dickens né buona parte dei romanzieri vittoriani si sarebbero mai sognati di negarlo. D’altro canto, non tutta la propaganda è arte. […] Dickens è uno di quegli autori di cui vale la pena appropriarsi. Lo hanno fatto i marxisti, i cattolici e, soprattutto, i conservatori. Ora viene da chiedersi: appropriarsi di cosa?»330.

In questo commento di George Orwell c’è una chiave di lettura tanto più meritevole di considerazione in quanto si intreccia con l’interpretazione che un altro grande scrittore inglese, George Gissing, ha dedicato all’opera dickensiana

In una lunga monografia pubblicata nel 1898, Gissing offre un’immagine completa della narrativa e della personalità dell’autore vittoriano, analizzando vari aspetti della sua opera, da quelli strettamente estetici e letterari (stile, personaggi, humor e pathos) a quelli legati agli eventi biografici e al periodo

330 G. Orwell, Charles Dickens, in C. Dickens, Tempi Difficili, cit., pp. 372-373.

115

storico dell’autore. L’importanza di Gissing negli studi dickensiani sta nel fatto che egli è stato uno dei primi a dare un’interpretazione sociologica del pensiero di Dickens, offrendo una critica di tipo moderna che in parte anticipa la lettura d’ispirazione marxista331. Il libro si articola in dodici capitoli ma uno in

particolare, il decimo intitolato The Radical, cerca di definire il pensiero politico del romanziere inglese.

Da parte sua, Orwell, nel 1940 pubblicò all’interno del volume Inside the

Whale, un saggio su Dickens, in cui prendeva spunto proprio dal capitolo The Radical per cercare di interpretare il messaggio politico del romanziere. Orwell

non si discosta molto dalla ricostruzione (sia letteraria che di più specifico contenuto) di Gissing, chiamandolo direttamente in causa a sostegno del suo discorso. Entrambi sono d’accordo nel considerare Dickens uno dei più importanti romanzieri della storia e nell’elogiare le sue doti artistiche, ma esprimono al contempo la necessità di fare chiarezza proprio sul tema della politica. Contestano, infatti, che l’analisi di Dickens rimane sempre su un piano generale di denuncia, giusto la tendenza ad osservare i problemi della realtà piuttosto che rintracciarne le cause o proporre riforme applicabili332. In particolare, entrambi accusano Dickens di costruire personaggi, che se pur con dei tratti caratteriali forti e dettagliati, sono statici e isolati dall’ambiente circostante, come se non fossero influenzati da specifiche condizioni sociali333.

Di qui la comune definizione di un Dickens moderato: nonostante criticasse la società contemporanea, egli non voleva nessun sovvertimento delle gerarchie tradizionali. «La verità è che in Dickens il giudizio sulla società è quasi esclusivamente di tipo morale. Da qui l’assenza totale di proposte costruttive in qualunque passo della sua opera. Dickens attacca la legge, il governo

331 M. T. Chialant, Dickens, Gissing e Orwell, Ist. Univ. Orientale, Napoli, 1969, pp. 6-7. 332 G. Gissing, op. cit., p. 65.

116

parlamentare, l’istruzione e quant’altro, senza mai indicare esplicitamente alternative […]. Non manifesta apertamente di voler sovvertire l’ordine costituito né sembra convinto che in tal caso le cose sarebbero molto diverse»334. Nonostante il romanziere accusasse direttamente molte istituzioni

(come il Parlamento, il mercato e il sistema finanziario, l’apparato giudiziario etc..) e puntasse il dito contro la legislazione e l’amministrazione pubblica dell’epoca (per esempio la New Poor Law e il sistema carcerario, l’organizzazione dell’istruzione scolastica, il funzionamento degli orfanotrofi e le condizioni di vita negli slum), ciò a cui egli aspirava era semplicemente un ordine sociale senza soprusi.

Uno dei concetti che trapela con maggior forza dai suoi romanzi è «l'odio per la tirannia»335, per il potere arbitrario e assoluto che persegue i suoi interessi

calpestando le vite delle persone più umili. Ma a ciò non si accompagna un’analisi e uno studio puntuale delle dinamiche economiche, politiche e sociali che caratterizzavano un periodo tanto turbolento come quello della rivoluzione industriale. Gissing e Orwell addebitano questi limiti alla totale ignoranza di Dickens in campo storico, che non gli permetteva di inquadrare le dinamiche più generali del processo di cambiamento336; detto con le parole

di Orwell, Dickens «ha un’idea molto vaga di come va il mondo»337. La sua

capacità di trattare temi universali come i sentimenti e le passioni non era, infatti, affiancata da un’eguale abilità nell’analizzare elementi reali come il lavoro, come i rapporti produttivi ed economici determinati dall’organizzazione sociale e di governo338.

Dickens mancava di consapevolezza politica e di coscienza di classe, non

334 G. Orwell, op. cit., p. 361. 335 Ivi, p. 364.

336 G. Gissing, op. cit., p. 64. 337 G. Orwell, op. cit., p. 365. 338 Ivi, p. 366.

117

conosceva veramente il mondo operaio e nulla o quasi sapeva dell’esistenza di movimenti politici: per questo i suoi personaggi non erano animati da alcun spirito di rivolta339. Di qui la conclusione comune ai due che Dickens è incompetente rispetto alle reali condizioni del proletariato industriale e profondamente disinteressato nei confronti della lotta di classe. Non è un caso che solo in Hard Times egli abbia trattato il rapporto tra padroni e lavoratori, e che anche in questo romanzo industriale Dickens condivida semmai una tendenza filocapitalista, perché, come ha osservato Orwell, «l’assunto definitivo del libro è che i capitalisti dovrebbero essere più umani, non che gli operai dovrebbero ribellarsi. Bounderby è un prepotente e un pallone gonfiato e Gradgrind per principio non vede al di là del proprio naso, ma se fossero migliori il sistema funzionerebbe in maniera accettabile; questo, almeno, è l’assunto di base. Ed è anche tutto quel che si riesce a cavare da Dickens in fatto di critica sociale, a meno di non voler leggere per forza quello che non c’è»340. E anche Gissing osserva come i personaggi più umili non sono affatto

animati da spirito di rivolta: «un'omissione più evidente dai suoi libri […] è quello del lavoratore in guerra con il capitale. Questa grande lotta, in corso davanti a lui per tutta la vita, non ha trovato posto nello schema della sua narrativa»341. Nei suoi romanzi Dickens costruisce dei personaggi che soffrono

sotto la tirannia come vittime passive quasi ignare della loro condizione, mai vengono rappresentati lavoratori in lotta per il pane, i diritti e la libertà. L’esempio più palese in tal senso è la figura di Stephen Blackpool, un semplice modello di mitezza operaia, colpito da disgrazie sempre più gravi e totalmente indifferente rispetto al conflitto di classe esistente342.

La riluttanza di Dickens verso la politica in generale e la sua più specifica

339 G. Gissing, op. cit., p. 70. 340 G. Orwell, op. cit., p. 362. 341 G. Gissing, op. cit., p. 66. 342 Ivi, pp. 66-67.

118

ostilità sia per i partiti sia per il movimento sindacale si intrecciavano con la mancanza di fiducia nelle masse e nel proletariato, «qualcosa che, di tanto in tanto, si solleva come un mare, distrugge e faceva danni (soprattutto a se stessa) e poi tornava a calmarsi»343. La paura per la furia del mob è messa in risalto

sia da Gissing che da Orwell, là dove essi sottolineano che, come qualsiasi borghese, Dickens considerava la rivoluzione e le ribellioni spontanee come uno dei mali peggiori. La mancanza di consapevolezza politica si riflette dunque nel fatto che Dickens non desiderava il rovesciamento dell’ordine sociale inglese, bensì auspicava un’organizzazione “più umana” ed egualitaria, che permettesse ad ogni classe di svolgere il proprio ruolo all’interno di una società organicamente strutturata. Secondo Dickens, chi deteneva il potere avrebbe dovuto governare illuminato dalle virtù dell'integrità morale e del senso di giustizia, ascoltando la voce del popolo e impegnandosi paternalisticamente per alleviare le sofferenze delle classi povere344. Ne è prova la presenza, in tantissimi romanzi, dell’uomo ricco e generoso che pone rimedio alle mancanze della società: «il rimedio universale è la bontà del singolo»345. L’atto caritatevole e generoso delle classi “superiori” diventa la soluzione per eliminare le condizioni più degradanti della vita contemporanea. Gissing e Orwell, che invece si sono sempre dichiarati contrari alla politica del filantropismo (incapace di offrire un aiuto alle masse sfruttate, al più nascondendo alcune conseguenze dello sfruttamento), affermano, invece, che l’appello dickensiano a una presunta bontà della natura umana evidenzia il senso di colpa dell’autore, responsabile giacché appartenente alle classi privilegiate346.

Dickens, come afferma Orwell, è il contrario di uno scrittore proletario. Infatti,

343 C. Dickens, Tempi Difficili, cit., pp. 189-190. 344 G. Gissing, op. cit., p. 66.

345 G. Orwell, op. cit., p. 363.

119

la classe che l’autore meglio descrive è quella a cui apparteneva, la piccola- medio borghesia commerciale cittadina, e la morale che esprimeva si basava sui valori che questa classe incarnava nella nuova età vittoriana347. Il giudizio conclusivo è quindi che Dickens è un’artista, un riformatore non rivoluzionario, integrato nella classe cui apparteneva sfruttando la posizione sociale che era riuscito a raggiungere. Come dice Gissing: «Non era lui stesso un brillante esempio di self-made man?»348.

«In ogni suo attacco contro la società, Dickens sembra voler auspicare un mutamento della psiche piuttosto che della struttura. Non ha senso costringerlo a sposare […] una dottrina politica»349. L’insofferenza del romanziere per ogni

forma di ingiustizia sociale e la sua distanza dalle ideologie politiche, unite alle formidabili doti artistiche, gli permisero non solo di essere accessibile ad un pubblico proletario, ma anche di avere una risonanza tale da pretendere di influire sulle decisioni della classe governante. Dickens, dunque, rappresenta la figura dell’intellettuale impegnato che agisce all’interno di un sistema di cui soffre le contraddizioni: da scrittore borghese qual era, poteva conoscere meglio e quindi portare più a fondo la sua critica personale alle istituzioni e ai (dis)valori della società contemporanea350.

347 G. Orwell, op. cit., p. 365. 348 G. Gissing, op. cit., p. 66. 349 G. Orwell, op. cit., p. 364. 350 Ivi, pp. 368-369.

120

5 Dickens oggi

L’opera di Dickens affascina tutt'oggi, dopo quasi 150 anni dalla sua scomparsa, lettori di tutto il mondo. I suoi romanzi meritano ancora attenzione non solo per la loro importanza letteraria e le innovazioni apportate al genere romanzesco, ma anche per la capacità dell’autore di riprodurre luoghi, soggetti e modi di vita talmente dettagliati da rimanere nella mente come ritratti ben distinti della sua epoca. Leggere Dickens è come fare un tuffo nel passato e respirare l’atmosfera dell’epoca vittoriana. All’interno dell’opera del romanziere è contenuto un intero universo di figure umane, di donne, uomini, anziani e bambini che, nella loro varietà, racchiudono le esperienze e le vite della moltitudine anonima di persone che subivano le contraddizioni sociali dell’Inghilterra del ‘800. Non solo, ma i personaggi creati da Dickens rappresentano l’individuo nelle sue passioni più intime, esprimendo i sentimenti e le debolezze dell’animo umano. Difatti, l’aspetto storico dell’avvento dell'industrializzazione e del sistema capitalistico non può essere separato dal piano esistenziale: l’acuirsi delle contraddizioni sociali per Dickens andava di pari passo con l’emergere di quei “disvalori” che prendevano forma nell’individualismo di stampo liberale. L’avarizia e la perfidia, come l’onestà e la generosità, sono i tratti estremizzati che contraddistinguono i suoi personaggi: i caratteri stereotipati assumono una valenza concreta nel momento in cui riflettono, più in generale, i reali aspetti negativi e positivi dell’essere umano.

121

il nuovo sistema industriale degradava gli individui, distruggeva in loro ogni principio comunitario e ogni capacità creativa, a partire dall’immaginazione. In questo senso, la critica dickensiana assume un valore maggiore nel momento in cui riesce a mettere a nudo le durissime condizioni di vita in cui furono costrette milioni di persone: coloro che subivano le conseguenze più strazianti dello sviluppo di un sistema di potere che aveva designato come suoi princìpi assoluti proprio il materialismo e l’egoismo estremo. La forte empatia verso queste classi disagiate portò Dickens a mettersi in prima fila nella denuncia delle ingiustizie nate in seno alla nuova società industriale.

Lo studio della letteratura dickensiana non a caso ha contribuito a individuare nelle principali contraddizioni sociali causate dalla rivoluzione industriale e, più in generale, nelle profonde trasformazioni del XIX secolo, il terreno su cui maturò un’esperienza di vita slegata da un’ideologia politica specifica ma contraddistinta da una singolare sensibilità.

La figura del romanziere vittoriano incarnava la condizione di chi, pur legato a uno status privilegiato, mostrava perplessità rispetto all’evolversi delle strutture sociali, produttive e politiche contemporanee. La critica di Dickens tendeva a porre l’attenzione sulle profonde diseguaglianze economiche e sulle ingiustizie sociali, sulla totale arbitrarietà delle istituzioni e sulle devastanti conseguenze ambientali dell'industrializzazione.

Allo stesso tempo, l’ambiguità di Dickens rispetto ai processi storici di cui è stato testimone mostra non solo l’incapacità di analizzarne l’origine, ma anche la difficoltà, per chi viveva nel pieno della rivoluzione industriale, di interpretarne il significato e comprenderne le conseguenze future. Ne è un esempio il giudizio contraddittorio sul progresso tecnico e sulla diffusione della macchina a vapore, considerati da un lato come strumento di oppressione fisica e mentale, e dall’altro utili per un possibile futuro miglioramento delle condizioni di esistenza.

122

In realtà, leggere Dickens oggi permette di mettere in luce le medesime difficoltà di interpretazione dei cambiamenti storici. Nell’epoca contemporanea, in cui il progresso tecnologico e scientifico modifica la realtà a un ritmo sempre più serrato, generando conseguenze dalle proporzioni imprevedibili, non è cambiata solo la struttura produttiva e politica, ma la stessa vita delle persone: il modo di pensare e di agire, le forme e le relazioni sociali sono state stravolte. L’alienazione e l’apatia, l’insicurezza e l’omologazione dominano le società occidentali, dove ogni aspetto dell’esistenza è stato mercificato e il consumismo dilagante imbriglia le prospettive personali.

Le iniquità e le ingiustizie che caratterizzano la società odierna, figlia della rivoluzione industriale inglese, rendono la denuncia di Dickens valida ancora oggi, offrendo spunti critici per comprendere con maggior consapevolezza il mondo che ci circonda. Le contraddizioni verso cui il celebre romanziere puntava il dito, hanno sì cambiato forma, ma riproducono la medesima sostanza. La distruzione degli ecosistemi, lo sfruttamento e l’impoverimento delle popolazioni, l’impero dell’economia politica e della finanza sono alcuni dei problemi che, nell’era della globalizzazione, hanno assunto ancora più forza ed estensione.

Oggi che queste contraddizioni si palesano lontane dall’occidente, sarebbe riuscito Dickens a comprendere le forme odierne dello sfruttamento industriale e le iniquità sociali ormai globalizzate? Come avrebbe considerato la digitalizzazione delle relazioni sociali e l’appiattimento di ogni personalità davanti a schermi sempre più interattivi? E come avrebbe reagito all’inquinamento dei mari e della terra, alla deforestazione e all’estinzione di centinaia di specie animali e vegetali?

123

6 Bibliografia

Documenti correlati