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La Didattica Laboratoriale

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6.5 La Didattica Laboratoriale

La didattica laboratoriale prefigura il docente come un regista-costruttore di percorsi di apprendimento, basati su compiti e progetti da realizzare, nei quali l’alunno opera da protagonista in una dimensione concreta, significativa e collaborativa. Essa, pertanto, si contrappone alla classica “lezione frontale” in cui il docente parla, svolgendo il ruolo di trasmettitore di informazio-ni, e l’alunno ascolta col compito, soprattutto, di memorizzare.

Nel laboratorio si abbandona la logica della ri-produzione del sapere per fare spazio alla ri-costruzione, re-invenzione delle co-noscenze125.

La didattica laboratoriale presuppone una concreta innovazio-ne organizzativa e metodologica in quanto, a differenza della lezione frontale, l’insegnamento basato sulla ricerca e sul fare necessita di diversi spazi e tempi.

Essa non è una novità nel mondo scolastico: ha le sue radici nell’attivismo pedagogico, cioè in autori quali Dewey126 e Frei-net che hanno riflettuto sul ruolo dell’operatività negli appren-dimenti ed hanno evidenziato l’importanza della scoperta per-sonale nella produzione della conoscenza.

Tuttavia127, è stata spesso concepita come un momento se-parato e diverso dalla normale e tradizionale prassi didatti-ca. Nel passato, le discipline che attuavano tale pratica era-no ritenute meera-no importanti e il laboratorio era vissuto come momento di evasione dalla tradizionale routine scolastica.

125 F. FrabboNi, Il laboratorio, Bari, Laterza, 2004.

126 John Dewey negli anni trenta scriveva che nella scuola “tutto è fatto per ascoltare”

e prospettava perciò una scuola nuova dove non ci fossero materiali già pronti pre-parati dall’insegnante da far assimilare agli alunni che li “assorbe” in modo passi-vo, ma una scuola “officina” e “laboratorio” dove l’alunno potesse costruire,creare attivamente, indagare (JohN deWey, Scuola e società, Firenze, La Nuova Italia).

127 cristiNa cuPPi, La didattica laboratoriale, ved.: http://inx.laboratorioformazione.it.index.

Nelle scuole di avviamento professionale, per esempio, il labo-ratorio aveva il compito di tradurre in prassi gli apprendimenti teoretici e di fornire un’esperienza addestrativa e pratico-ope-rativa.

Il laboratorio si è diffuso, in particolare, a partire dagli anni

’70 sull’onda della spinta di rinnovamento–svecchiamento me-todologico e didattico che ha attraversato la scuola italiana, ma non si è trasformato in prassi consolidata e diffusa all’interno dell’organizzazione scolastica. La recente riforma Moratti ha riproposto i laboratori ponendo l’accento sul laboratorio come

“strategia didattica” che non solo favorisce l’apprendimento, ma stimola l’autonomia progettuale della scuola verso la ricerca anche di forme organizzative che vanno oltre il tradizionale gruppo–classe128.

La riflessione sulla didattica laboratoriale si innesta, quindi, all’interno degli studi di matrice costruttivistica che hanno messo in evidenza la necessità di spostare l’attenzione dall’in-segnamento dei contenuti e delle strutture disciplinari alle mo-dalità in cui il soggetto apprende; essa ci mostra come nessu-na conoscenza può essere appresa al di fuori del significato che essa assume per la persona che apprende. Secondo la teoria dell’apprendimento significativo elaborata da Ausubel e ripresa da altri studiosi, tra cui Novak129 il soggetto apprende quando i nuovi saperi sono collegati a conoscenze e concetti già posse-duti, quando, cioè, le nuove conoscenze possono inserirsi nella rappresentazione della realtà che egli ha già elaborato e quan-do attraverso un’attività mentale personale modifica e

ristrut-Se i nuovi saperi sono estranei o poco familiari difficilmente si attiva il processo generativo che conduce al vero apprendi-mento. Questo fenomeno si riscontra spesso a scuola: gli alunni memorizzano, e ripetono anche bene, i saperi scolastici ma non li metabolizzano realmente, così, dopo poco tempo li dimentica-no.

In estrema sintesi, secondo le teorie costruttiviste la conoscen-za:

è il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto;

-

è strettamente collegata alla situazione concreta in cui avvie--

ne l’apprendimento;

nasce dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione in--

terpersonale.

L’apprendimento, inoltre, non va visto solo come un’attività personale, ma come il risultato di una dimensione collettiva d’interpretazione della realtà.

Gli studi sulla dimensione sociale dell’apprendimento hanno evidenziato che si impara dagli altri e insieme agli altri poiché siamo inseriti all’interno di un sistema di relazioni sociali dalle quali impariamo a condividere i significati da attribuire alla realtà

Il costruttivismo pone, quindi, l’accento sul contesto formativo che deve essere predisposto in modo tale da poter offrire una varietà di stimoli e percorsi personalizzati di accesso ai conte-nuti.

La didattica laboratoriale, infatti, consente di creare situazioni di apprendimento che:

privilegiano la costruzione della conoscenza e non la sua ri--

produzione;

presentano compiti autentici;

-

consentono rappresentazioni multiple della realtà;

-

favoriscono la riflessione e il ragionamento;

-

favoriscono la costruzione cooperativa della conoscenza.

-

Il laboratorio, quindi, va inteso come “officina di apprendimen-to” (il termine laboratorio, infatti, deriva da laborare); ma se nel passato il laboratorium era essenzialmente un luogo fisico, specificatamente attrezzato, nel quale si svolgevano attività di tipo artigianale oggi va inteso come un percorso di apprendi-mento che privilegia una metodologia di tipo euristico130. In sen-so lato il laboratorio è, quindi, una metodologia che comporta la presenza di alcune condizioni peculiari:

colui che impara viene messo nella condizione di scoprire le -

cose da solo;

ogni apprendimento deve partire da domande ed svilupparsi -

attraverso l’esperienza.

Nel laboratorio, cioè, si impara a fare ed a pensare.

Oggi il sapere è sempre più identificato con il saper–fare

dalità di insegnamento di tipo trasmissivo-deduttivo: nozioni, concetti venivano studiati quasi sempre solo a livello teorico e raramente verificati nella pratica. Il processo di apprendimento non veniva considerato un processo unitario in cui il pensiero e l’azione procedono sinergicamente.

I problemi e i compiti che la didattica laboratoriale affronta han-no la caratteristica di essere collegati alle modalità di apprendi-mento vicine a quelle che abitualmente l’alunno esperisce nella vita reale: nel laboratorio è possibile attuare una esperienza di apprendimento unitaria, nella quale il sapere teoretico non è disgiunto da quello pratico: l’intelligenza della mano si integra con quella della mente in un rapporto di potenziamento recipro-co. Bruner ha mostrato quanto sia stretto questo legame:

il modo di funzionare della mente dipende a sua volta da-gli strumenti che ha a disposizione. Non si può capire fino in fondo come funziona la mano, per esempio, se non si tiene conto degli attrezzi che usa: un cacciavite, un paio di forbici, o una pistola a raggi laser. E per lo stesso motivo la mente sistematica di uno storico funziona diversamen-te dalla mendiversamen-te del cantastorie classico131.

L’operatività attivata attraverso la didattica laboratoriale è dunque un’operatività cognitiva oltre che manuale: il saper fare attivato nella pratica laboratoriale non promuove solo abilità operative, ma stimola un sapere complesso che abbraccia il sa-pere della mano e quello della mente. Questa consapevolezza consente di evitare il rischio che il laboratorio diventi il luogo del fare fine a se stesso e di considerare il prodotto finale più importante del processo che lo ha generato.

Il laboratorio consente, così, di fare e al contempo di riflettere su quanto si sta facendo; nel laboratorio è possibile

sperimen-131 bruNer, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1997, p.16.

tare, provare e riprovare, cercare le soluzioni, senza l’assillo del tempo e del risultato ad ogni costo: si può sperimentare il fare e il piacere di fare. Nel laboratorio si unisce il fare e il pensare, ma si impara anche a lavorare con gli altri a trovare soluzioni attraverso la discussione e il confronto con gli altri.

Tutto ciò mobilita capacità di pensiero, invenzione, azione, scelta, confronto di idee. La pratica labaoratoriale risulta inol-tre motivante e gratificante per gli alunni perché consente di vedere concretamente il risultato del proprio lavoro, di perce-pire i risultati degli sforzi compiuti. Il frutto del pensiero viene

“esternalizzato” sotto forma di azione e/o prodotto.

Attraverso la didattica laboratoriale è possibile, dunque, rag-giungere i seguenti obiettivi:

superare l’ottica disciplinare e far scoprire l’interdisciplina--

rietà e la multidisciplinarietà;

abituare a cogliere le connessioni tra i saperi, ad affrontare -

un problema da più punti di vista;

utilizzare in modo riflessivo le conoscenze e le abilità perso--

nali;

predisporre un contesto didattico che offre l’opportunità di -

imparare ad applicare;

disporre di uno spazio di creatività e generatività di nuove -

idee;

proporre itinerari formativi significativi per l’allievo;

-

mettere in campo di saperi formali e informali (apprendi--

menti extrascolastici).

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