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Capitolo 3: Interni trecenteschi: testimonianze sulla vita veneziana 57

3.2 Differenze di genere attraverso gli inventari 72

     

Pur essendo semplici elenchi di oggetti, tra le molte informazioni che questi inventari mettono a disposizione, ci sono alcuni elementi che fanno riferimento ad aspetti della vita sociale, più che materiale.

È evidente infatti come alcuni beni riportino alla luce abitudini e pratiche legate alla società più che alla casa in sé.

Tra questi è interessante evidenziare alcuni riferimenti al mondo femminile.

La condizione della donna nella società veneziana di ogni epoca ha riscosso da sempre molto interesse tra gli studiosi, proprio per aspetti legati alla capacità giuridica e ad un’autonomia dal mondo maschile impensabile in altre società coeve.

Ciò che emerge da questi documenti è invece la dimensione più intima, familiare, di alcune donne, siano esse mogli, madri o figlie dei testatori, o, come accade in 9 casi160, loro stesse fondatrici di una commissaria.

Non è possibile ridurre tale argomento ad un breve capitolo, ma è necessario almeno un cenno a quanto emerge dalla documentazione in esame.

Prima di tutto va sottolineato come in realtà non si verifichi una sostanziale differenza tra inventari di beni femminili e maschili.

Secondo i testamenti e, di conseguenza, secondo quanto rilevano coerentemente gli inventari, la proprietà dei beni è in via esclusiva del marito. Tutti gli oggetti infatti, indipendentemente da chi li utilizzava sono inseriti tra i beni del padre di famiglia, che ne aveva la completa gestione.

Frequenti sono nei testamenti le disposizioni riguardanti tutti gli oggetti, in particolare panni e gioielli della moglie, alla quale veniva restituita, secondo gli ordinamenti, solamente la dote.

Non necessariamente quindi, l’intestatario dell’inventario o del testamento corrisponde all’effettivo utilizzatore del bene, che viene sovente accompagnato nella descrizione dalla specificazione del proprietario, in modo o chiaramente espresso:

linçoli II da lo leto de Maria161,

o limitato al qualificare l’oggetto, come maschile, femminile o da bambino:

Item varnaçon I da homo cum vulpe162

Item capa Ia de sarça virde con pello da femena163 Item coltra I blanca da fante164.

                                                                                                                         

160 V. appendice, Zanetta Polani, Nicolotta Trevisan, Sara Badoer, Lucia Acotanto, Beriola Trevisan, Agnesina Zen,

Marchesina Boco, Cristina Pontremolo, Marina Macafava.

161 V. appendice, Paolo Barbo. 162 V. appendice, Matteo Bondumier. 163 V. appendice, Pietro Soranzo. 164 V. appendice, Bertuccio Da Pesaro.  

Sono in prevalenza gli abiti a testimoniare la presenza femminile in questi documenti proprio per la consuetudine di differenziare i termini utilizzati che non contengono nel loro significato l’appartenenza ad uno o all’altro sesso.

Quello che preme qui sottolineare quindi, non è il riferimento alla proprietà, ma all’utilizzo del bene.

Oltre agli abiti, alcuni oggetti si riferiscono senza dubbio alla sfera delle occupazioni femminili, dandoci una rappresentazione della dimensione quotidiana della donna. L’inventario di Cristina Pontremolo elenca, per esempio, alcuni strumenti per tessere:

Pro LXXVIII rochelis parvis a siricho et V navexelis ad texendum cum uno cribo […]

Rocchetti per avvolgere il filato di seta e le navicelle, con le più numerose forfese da femina165, ci confermano le tipiche attività femminili del cucito e del ricamo.

Tra i gioielli, appartenenti in prevalenza alla sfera femminile, anche se non in via esclusiva, troviamo la particolare presenza di piccoli pugnali ornamentali,

[…] uno paro cultelorum a domina ad opus relevatum et sfoio albo subtus et una cadenela argenti […]166

Item per I° de corteli da dona fornidi cum la vaçina d’arçento cum Ia cadenela d’arçento167

che a differenza di quelli maschili non vengono definiti come cultelli a ferir, ma vengono descritti proprio nella loro ricchezza di dettagli decorativi, sottolineando l’uso di appenderli attraverso una catenella.

Solamente un altro gioiello appartiene unicamente al mondo femminile, poco rappresentato nei documenti in esame: delle spille ad ago per acconciare e fermare il velo168.

                                                                                                                         

165 V. appendice, Nicolò Bocasio, Alvise Bembo, Pietro Soranzo. 166 V. appendice, Marina Macafava.

167 V. appendice, Marco De Inzegneri.

Alle donne vengono riferiti anche in alcuni casi i mobili-contenitori, come i cofani, proprio in relazione all’usanza di portare, almeno simbolicamente in parte, la dote all’interno di cassoni169.

Pochi sono invece i cenni alla maternità, che si riduce all’elenco degli oggetti necessari per il corredino del nascituro.

È nell’inventario di Marco De Inzegneri che troviamo il maggior numero di oggetti legati ad un neonato, beni che saranno restituiti dalla vedova Beatrice ai Procuratori di San Marco appena sei mesi dopo la morte del marito, dandoci velatamente l’informazione, confermata da altri documenti inseriti nella Commissaria, della morte del piccolo Silvestro170.

Nel corredo erano presenti la culla con il suo materasso e le lenzuola di dimensioni ad essa adeguate, delle coperte, di cui una di pelliccia di agnello, le fasce per il neonato e dei panexelli, una corona per il rosario di ambra, e due cape con bottoni e planete d’argento dorato e smaltato171.

Proprio per la tipologia documentale utilizzata e per la mancanza di una chiara distinzione tra proprietari e fruitori dei beni non è possibile considerare in questi inventari un fondamentale aspetto culturale, ossia la scelta di differenti letture per il mondo femminile. Certamente numerosi sono in questi documenti i libri che generalmente vengono riferiti ad un “pubblico” femminile, come gli Officietti o il Flor de Vertu, ma in nessun caso abbiamo l’indicazione di donne alla lettura di questi volumi.

Sono i testamenti i documenti analizzati in cui emerge più chiaramente la condizione femminile: qui si mette in luce sovente la dimensione dei rapporti familiari. Le attenzioni alla tutela femminile dettate dagli ordinamenti giuridici sono a volte accompagnate da annotazioni che ci riportano alla dimensione affettiva.

Se l’uso di aggettivi che richiamano la tenerezza familiare172 può essere più razionalmente ricondotto ad una seppur rara consuetudine formale, vi sono in alcuni casi in cui i lasciti sono specificati dal testatore a favore delle figlie o delle mogli173.

                                                                                                                         

169 V. appendice, Marco Polo.

170 ASVe, Procuratori di San Marco Misti, Commissarie, b. 66. 171 V. appendice, Marco De Inzegneri.  

172 V. appendice, Filippo Marcello si riferisce alla moglie Beriola come “uxor mea dilecta”. 173 Rimando all’appendice documentaria per maggiori esemplificazioni.

Il testamento di Alvise Bembo, datato al 10 luglio 1395, per esempio, ci lascia chiare disposizioni per tutta la parte femminile della famiglia:

[…] manifesto e confesso e chossi xe la veritade chomo mia muier Marina me deveva dar impromessa lbr vinti de grossi contadi e lbr quaranta de grossi de imprestidi e una soa chaxa che fo de so pare messa in chanareglo deliqual ho habudo pro banco de ser Piero Benedeto lbr XVIIII soldi XII grossi de boni […] e libre XL de grossi de imprestedi e niente plu.

Siche voio le dite libre XVIIII soldi XII de grossi e le dite lbr XL de grossi de imprestidi li debia esser dadi e li lasso e voio che li sia dado anchora del mio proprio ducati trexento doro de boni dener chon condicion che la dieba far seguitade ala mia chomessaria.

Veramente se pro avanti io avesse le do chasse che me fo promesse voio che quelle o la valor de quelle li debia esser dado chomo xe zusto e chon integritade.

Item voio e ordeno che limie chomessary ni limie heriedi possa mai domandar alguna cosa amia suoxera Catharuca Promarin pro spexa nesuna chio li avesse fato pro che chussi li promissi de far quando me aparentie chon ella. Anci voio se la sera viva che li debia esser dado pro li mie chomessary del mio ducati trenta doro.

Item lasso a mia fia Chataruca chela debia esser maridada e choredada quando l’avera anni XIII segondo la mia condicion e pro simel voio che se mia muier Marina vuol vedovar estar con suo fioli abia vito e vestito di mie beni segondo la mia chondicion174.

Ogni testamento quindi si occupa di garantire alla moglie la restituzione della dote e alle figlie una somma di denaro che permetta loro di sposarsi o di essere accettate all’interno di un monastero. Qualsiasi altra disposizione si discosta da quanto stabilito dagli ordinamenti giuridici ed ha un legame con la sfera affettiva che ci è restituita dai documenti solo attraverso suggestioni, lasciando spazio alla nostra immaginazione nel tentativo di giustificare l’inserimento di alcune particolari condizioni nel testamento, come nel caso di Marco Mocenigo che non manifesta particolare fiducia nel genero se

                                                                                                                         

arriva ad escludere il figlio Andrea dall’asse ereditario nel caso in cui non fosse disposto ad accogliere in casa la sorella qualora non potesse più restare “cum viro suo”175.