Capitolo 3: Interni trecenteschi: testimonianze sulla vita veneziana 57
3.3 Moda e legami commerciali 78
È ben noto come Venezia per tutto il corso della sua storia sia stata caratterizzata da rapporti in gran parte commerciali, ma non soloError! Bookmark not defined., con luoghi molto diversi tra loro, che contribuirono a rendere la città, secondo i criteri dell’epoca, cosmopolita.
La presenza di mercanti stranieri in città e le continue partenze dei Veneziani verso nuove rotte commerciali avevano infatti contribuito al diffondersi di merci e fogge peculiari legate ad una specifica provenienza geografica, che diventarono in alcuni casi vere e proprie mode.
È necessario quindi distinguere tra due casi: i mercanti che al ritorno dai loro viaggi portavano con sé per ricordo oggetti legati a terre e popoli lontani, e il commercio con il conseguente uso di particolari tipologie di beni divenute di “moda”.
Vista l’epoca in esame, esempio per eccellenza del primo caso è chiaramente la figura di Marco Polo.
Sebbene i Veneziani fossero familiari con i lunghi viaggi verso Oriente, Marco è il più celebre tra quelli che si spinsero così lontano, grazie specialmente alla narrazione delle sue imprese ne “Il Milione”.
Nell’analisi dell’inventario legato alla sua problematica esecuzione testamentaria176, appaiono evidenti i “souvenirs” provenienti dalle sue avventure.
Questi pochi oggetti, a differenza di altri legati in ogni caso ai suoi viaggi, non erano destinati al commercio, ma sono da intendersi come ricordi o, come saranno definiti in epoca successiva mirabilia.
Ecco quindi comparire tra i suoi beni una tavola d’oro grande “de comandamento”, interpretata come una delle tavole che il Gran Khan avrebbe dato ai Polo come lascia passare. Tavole simili figurano anche nel testamento di Matteo Polo, zio del Viaggiatore, che le descrive in modo più preciso come “tabule de auro que fuerunt magnifici Chan tartarorum”177.
176 V. appendice, Marco Polo (eredi), già pubblicato da Bartolomeo Cecchetti in La vita dei veneziani nel 1300, 1885
[1980], pp. 123-129, e altri.
177 G. O
Il metallo di cui era composto questo oggetto è testimonianza di grande attenzione da parte del Khan verso i Polo, che scelse quindi di dare loro la più preziosa delle tavole, esistenti anche in argento e ferro, preferendo la tipologia riservata alle missioni più importanti178.
Altro oggetto proveniente dall’Oriente, ma non destinato al commercio è la bocheta, un copricapo di origine mongola in prezioso tessuto lavorato in oro e ornato con piume, pietre e perle179. Tale copricapo, originariamente chiamato boghta, era probabilmente simbolo di potere e indossato unicamente da membri della famiglia regnante.
Conservato per lo stupore che doveva aver creato è inoltre il “sacchetto di pelo che (è) della bestia”, ricordo di un animale particolare visto durante i suoi viaggi: lo yak180. Come abbiamo visto, sebbene le avventure del Viaggiatore restino incomparabili, Marco non fu certo l’unico, ne il primo Veneziano a compiere tali lunghi viaggi in Asia. Per quei mercanti che si allontanavano dalle mude commerciali protette dalla Serenissima, non è semplice ricostruire la rotta percorsa.
Le carte di colleganza, documenti a garanzia degli accordi commerciali181, raramente si dilungano nel fornire spiegazioni sul tragitto che il navigatore avrebbe dovuto affrontare, sia per tutelare la segretezza di eventuali nuovi percorsi commerciali, sia per assicurare a chi si assumeva il rischio del viaggio maggiore libertà di scelta sulle traiettorie più efficaci182.
I viaggi in Persia, India e Cina non appaiono diversi da quelli verso il Vicino Oriente, ne erano anzi il naturale prolungamento se le condizioni diventavano favorevoli183. Una vicenda meno conosciuta rispetto a quella dei Polo è il viaggio in Persia del mercante veneziano Pietro Viglioni (o Vioni), che fece testamento nel 1263 a Tabriz184. Proprio il suo testamento ci fa capire quanto all’epoca fosse ancora raro un viaggio di questo tipo, data la difficoltà che il mercante ebbe nel trovare un conterraneo che potesse fargli da testimone nella redazione del documento.
178D. J
ACOBY, Marco Polo, his close relatives, and his travel account: some new insights, in “Mediterranean
historical review”, vol. 21, n. 2, dicembre 2006, p. 203.
179D. J
ACOBY,Marco Polo, his close relatives, and his travel account: some new insights, op. cit., p. 203.
180R. ALMAGIÀ,Marco Polo, in “Nel VII centenario della nascita di Marco Polo”, Venezia, 1955, p. 37.
181Si noti che nell’inventario di Marco Polo sono presenti due sacchi di carte di colleganza, probabilmente accordi
commerciali che il Viaggiatore aveva stipulato in vecchiaia come parte stanziale dell’accordo, senza quindi prendersi in prima persona il rischio dello spostamento.
182U. T
UCCI,Mercanti veneziani in Asia lungo l’itinerario poliano, in “Venezia e l’Oriente”, a cura di L. Lancillotti,
Firenze 1987, p. 307.
183U. T
UCCI,Mercanti veneziani in Asia lungo l’itinerario poliano, op. cit., p. 308.
184 B. C
ECCHETTI,Testamento di Pietro Vioni veneziano fatto a Tauris (Persia) MCCLIV, X dicembre, in «Archivio Veneto», 26, 1883, pp. 161-165.
Non vi è dubbio però che in pochi anni le cose siano cambiate completamente: nel 1324 i mercanti veneziani a Tabriz erano 11, e in città vi era un console veneziano stabile185. Tali viaggi infatti si moltiplicheranno, non soloError! Bookmark not defined. verso Costantinopoli, la Tana, e le altre mete consuete, ma anche verso l’Estremo Oriente, il “Catai” e l’India186. È proprio tra la fine del 1200 e la metà del secolo successivo che i percorsi terrestri verso l’Oriente conoscono il loro maggiore sviluppo, bruscamente interrotto a quell’epoca dal frazionamento dell’impero mongolo e dalla sua crisi in Cina, che favorì il ritorno di questi luoghi nella dimensione fantastica dell’immaginario. Questa chiusura comporterà un cambiamento anche nella figura del mercante che andrà via via abbandonando le avventure in terre lontane limitandosi a organizzare gli scambi attraverso una rete di commissionari187.
Nella sentenza riguardante l’eredità di Marco Polo, a differenza di questi pochi ricordi, sono molto più numerosi i beni che, nonostante la provenienza “esotica”, riflettono gli interessi commerciali di Venezia, e che possono essere rintracciati anche in altri inventari, sia come merci ancora invendute che come oggetti realmente presenti nelle abitazioni private.
Le spezie, i profumi e la seta rivestono certamente un ruolo chiave negli scambi, ma i mercanti importavano molto altro, come prodotti finiti derivanti dalla lavorazione dei tessili e dei metalli preziosi.
Proprio tra gli oggetti del Viaggiatore compaiono oggetti d’importazione immediatamente riconoscibili per la descrizione che ne viene data in associazione alla provenienza.
Nei documenti raccolti in questa ricerca, solamente quello di Marco Polo presenta beni provenienti dalla Cina, ossia delle “pezze” di zendado, tessuto serico leggero, simile al taffetà188, indicato come “catai”, quindi cinese189.
Altro riferimento è ad un ornamento, un varnimento alla tartaresca, tipologia ripresa come decorazione nella descrizione di tre coperteError! Bookmark not defined. “a
185 R. A
LMAGIÀ,Marco Polo, cit., p. 33. (pp. 24-49).
186 Si veda a tal proposito il caso di Marco Soranzo, che nel 1338 si recò a Dehli secondo quanto riporta il documento
che riguarda la suddivisione degli utili tra gli eredi pubblicato in R.S. LOPEZ,Venezia e le grandi linee
dell’espansione commerciale nel secolo XIII, in “Storia della civiltà veneziana”, Firenze 1979, I, pp. 362-385.
187 U. T
UCCI,Mercanti veneziani in Asia lungo l’itinerario poliano, op. cit., p. 321.
188 D.D
AVANZO POLI, Abiti antichi e moderni dei veneziani, Vicenza 2001, p. 194. S.v. “cendal”.
lavorieri tartaresci”, citate nel lungo elenco di preziosi tessili d’arredo presenti in casa Polo190.
Spesso quindi, nella redazione degli inventari post mortem, notiamo alcune tipologie di oggetti che, attraverso l’utilizzo di semplici aggettivi di provenienza, esprimono un’assimilazione a modelli stranieri. Tali informazioni, se non sono sufficienti per esprimere con certezza una reale provenienza da paesi lontani, erano valide all’epoca per la corretta comprensione delle caratteristiche di quel bene a livello o di decorazione o di fabbricazione, che dovevano essere almeno ispirate a tipologie straniere.
Compaiono così negli inventari: stoviglie “alla damaschina”191, coperteError!
Bookmark not defined. “alla franzesca”192, pelliError! Bookmark not defined. di Fiandra193, tabarri di Firenze194, cinture “alla todesca”195 e altri oggetti importati da luoghi più o meno lontani a rendere più vario il panorama delle fogge veneziane.
Spesso non si è in grado di comprendere in modo profondo tali tipologie e quali fossero le caratteristiche che ne determinavano la distinzione come oggetti provenienti da un non sempre preciso “altrove”.
I riferimenti geografici, inoltre, non sono sempre univoci, tendono infatti ad associarsi a diversi beni.
Se in alcuni casi la derivazione da una tipologia è palese, in altri è più complesso distinguere tra gli aggettivi che richiamano la produzione delle materie prime e tutto ciò che invece riguarda la lavorazione, la decorazione o la reale importazione di questi beni da paesi stranieri.
La più grande varietà si ha nei riferimenti ad oggetti alla moda di Francia, che comprendono stoffe, mobili, e anche beni d’argento:
Item chavezo I de mezalana vergada de Franza grossorum VI lo brazo. Braza III et dimidio a Chabriel de Tomado. Grossorum XXVII196
190 V. appendice, Marco Polo (eredi).
191 V. appendice, Michele Contarini, “chandeler damaschini piçoli 12, chandelieri damaschini 2, chandelieri
damaschini cho pe I, choncha damaschina I”.
192 V. appendice, Marco Giustinian, “item banchal I francesco a larma braça VII”. 193 V. appendice, Bertuccio Da Pesaro, “Item pelle I grisa de Flandra”.
194 V. appendice, Paolo Barbo, “Item me drapi da vestir, varnaçon et gonella et tabaro da Florença forado de bolpe et
de teste de veri”.
195 V. appendice, Marco Giustinian, “item I çentura darçento fata ala todescha”. 196 V. appendice, Bertuccio Da Pesaro.
II banche de tole ala franzescha197
Item una carpeta francisca investita de tella viridi [...] Item sex banchalia francisca
Item due cuppe de argento cum pedibus inauratis cum smaldis coopertis ad opera francisca198
[…] cocleariis XVI arçenti laboratis ad franciscam […]199
Item Ia bancha francesca a dona Cecilia Erizo lire soldos denariorum 7 grossorum 16 monete […]
Item Ia bancha francesca a ser Marco Da Mosto lire soldos denariorum 7 grossorum 16 monete […]
Item Ia bancha a la francesca a dona Beruza Contarini lire soldos denariorum 7 grossorum 16 monete […]
Item bancha Ia ala francesca a Berto de Bernardo vale grossorum 5 parvi 26 oro soldos denariorum 6 grossorum 24 monete200
Item cuslieri IIII darçento ala francesca trovadi in uno scrigneto die XX mazo.201
Il riferimento più frequente è senza dubbio alla bancha, una panca che doveva avere delle caratteristiche tipicamente francesi oggi impossibili da rilevare rispetto a quella che doveva essere una panca di produzione veneziana.
Nei documenti raccolti tale associazione con la moda francese ricorre ben 7 volte, su 25 citazioni dell’oggetto. Generalmente su questo mobile era presente una coperta, chiamata banchal, citata però con riferimento alla Francia soloError! Bookmark not
defined. 2 volte su 44202. In 3 casi questo tipo di coperta è citata come proveniente dalla
197 V. appendice, Nicolò Bocasio. 198 V. appendice, Francesco Dandolo. 199 V. appendice, Tommaso Zane. 200 V. appendice, Donato Contarini. 201 V. appendice, Pietro Soranzo.
202 Sono state conteggiate le occorrenze e non il numero di oggetti reale. Spesso in una stessa descrizione sono
“Chatellogna”203, ma in tutte le altre occorrenze per questi oggetti non vi sono riferimenti geografici.
Diverso è il caso invece delle stoffe, dove vi è più frequentemente una derivazione a livello di materie prime, con la menzione di diversi luoghi dove lana e seta erano prodotte e lavorate, o ancora con il riferimento a decorazioni tipiche o tipi di prodotti finiti.
Il riferimento alla Francia è in questo caso per le stoffe di “mezzalana”, importate anche dalla più vicina VeronaError! Bookmark not defined.204. Da TripoliError!
Bookmark not defined. proveniva una stoffa particolarmente pesante e robusta, adatta
a mantelliError! Bookmark not defined. e cappe205, da Firenze una tela leggera206, dalla Germania la tela tedesca, della quale non sappiamo le caratteristiche peculiari207, da Alessandria una stoffa pesante per fare coperteError! Bookmark not defined.208. Per quanto riguarda le decorazioni sono nominati più volte i decori alla tartarescaError!
Bookmark not defined.209, non necessariamente provenienti dall’Oriente, ma certamente ispirati a decorazioni che in epoca contemporanea verrebbero definite “ad arabeschi”.
Dall’Oriente provengono anche i numerosi oggetti definiti “alla damaschina” 210, si tratta generalmente di manufatti in metallo più o meno prezioso decorati ad agemina211, con una lavorazione quindi ad incisione dove spesso vengono inseriti e ribattuti dei filamenti di metallo a contrasto di colore. Oltre a candelieri, conche di rame, secchi e baciliError! Bookmark not defined., tale provenienza si trova utilizzata in due inventari in collegamento anche con oggetti in vetro212, a testimoniare la possibilità di riferirsi a diversi materiali.
Vista la compresenza di oggetti in vetro e di oggetti metallici “ad ovra damaschina” nell’inventario di Michele Contarini, non sembra verosimile ipotizzare un diverso uso
203 V. appendice, Alvise Bembo, Pietro Soranzo. 204 V. appendice, Bertuccio da Pesaro.
205 V. appendice Filippo Marcello, Marino Raguseo, Paolo Barbo, Sara Badoer, Paolo Pasqualigo, Andrea Erizzo. 206 V. appendice, Paolo Barbo, Bertuccio da Pesaro.
207 V. appendice, Pietro Soranzo. 208 V. appendice, Zanetta Polani.
209 V. appendice, Marco Polo, Pietro Soranzo.
210 V. appendice, Niccolò Da Carrara, Bertuccio Grimani, Giacomo Soia, Alvise Bembo, Cristoforo Suliman, Michele
Contarini.
211 Per una descrizione della tecnica si veda Le tecniche artistiche, a cura di C. Maltese, Milano 1981, pp. 195-196. 212 V. appendice, Bertuccio Grimani, Michele Contarini.
del termine, appare più corretto pensare al riferirsi ad una tipologia decorativa simile, chiaramente applicata ad un altro materiale.
Ultimo luogo citato dagli inventari è la “Romania”, termine usato all’epoca per indicare un generico Oriente europeo assimilabile, come influenza culturale, all’antico Impero Romano d’Oriente213.
Gli oggetti cui si riferiscono con questa definizione sono delle sedie, definite come “cathedre”, che dovevano quindi presentare una struttura più importante di una comune “cadegla”.
A mio avviso è bene invece non tenere conto dell’indicazione delle tre “bisaccie di Romania” presenti nell’inventario di Marco De Inzegneri. Nella cantina di Marco sono presenti infatti alcune botti di vino di Romania, tale descrizione potrebbe quindi essere collegata al contenuto della bisaccia e non all’oggetto in sè.