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Dinamica delle risorse

1.3 Finanza pubblica

1.3.2 Dinamica delle risorse

Nel 2008 le entrate totali sono aumentate dell’1,0 per cento, con un netto ral-lentamento della crescita rispetto al 2007 (+6,4 per cento); la loro incidenza sul Pil è risultata pari al 46,6 per cento, con un leggero calo rispetto al 46,9 per cento dell’anno precedente (Figura 1.24).

2005 2006 2007 2008 2005 2006 2007 2008 Italia 48,2 48,7 47,9 48,7 43,8 45,4 46,4 46,0 Austria 49,9 49,4 48,7 48,7 48,2 47,7 48,0 48,2 Belgio 52,2 48,5 48,3 49,9 49,4 48,7 48,1 48,6 Cipro 43,6 43,4 42,9 44,0 41,2 42,2 46,4 44,9 Finlandia 50,3 48,7 47,3 48,4 52,9 52,6 52,5 52,5 Francia 53,4 52,7 52,3 52,7 50,4 50,4 49,6 49,3 Germania 46,8 45,3 44,2 43,9 43,5 43,8 44,0 43,8 Grecia 43,3 42,2 44,0 44,9 38,1 39,1 40,1 40,0 Irlanda 33,7 34,0 35,7 41,0 35,4 37,0 35,9 33,8 Lussemburgo 41,6 38,6 37,2 40,7 41,6 39,9 40,8 43,3 Malta 44,7 43,7 42,6 45,3 41,8 41,2 40,4 40,6 Paesi Bassi 44,8 45,6 45,3 45,5 44,5 46,2 45,6 46,4 Portogallo 47,6 46,3 45,8 45,9 41,6 42,3 43,1 43,2 Spagna 38,4 38,5 38,8 40,5 39,4 40,5 41,0 36,6 Slovacchia 38,2 36,9 34,4 34,9 35,4 33,5 32,5 32,7 Slovenia 45,3 44,6 42,4 43,6 43,8 43,3 42,9 42,7 Uem 47,3 46,6 46,1 46,6 44,8 45,3 45,4 44,7 Bulgaria 39,3 36,5 41,5 37,4 41,2 39,5 41,5 39,0 Danimarca 52,8 51,6 51,0 51,7 57,8 56,6 55,4 55,4 Estonia 34,0 34,2 35,5 40,9 35,5 37,1 38,2 37,9 Lettonia 35,6 38,2 35,9 39,5 35,2 37,7 35,5 35,5 Lituania 33,3 33,6 34,9 37,2 32,8 33,1 33,9 34,0 Polonia 43,4 43,8 42,1 43,0 39,1 39,9 40,2 39,2 Regno Unito 44,1 44,2 44,0 47,7 40,8 41,6 41,4 42,3 Repubblica Ceca 45,0 43,8 42,6 42,4 41,4 41,2 42,0 40,9 Romania 33,5 35,3 36,6 38,5 32,3 33,1 34,0 33,1 Svezia 55,2 54,1 52,5 53,1 57,2 56,5 56,3 55,7 Ungheria 50,1 51,9 49,7 49,8 42,3 42,7 44,8 46,5 Ue27 46,9 46,3 45,7 46,8 44,4 44,9 44,9 44,5 Spese Entrate PAESI

Tavola 1.29 - Totale delle spese ed entrate delle amministrazioni pubbliche nei paesi dell’Ue (a) - Anni 2005-2008 (valori percentuali sul Pil)

Fonte: Eurostat, Euro-indicators (22 aprile 2009)

(a) Secondo la versione del regolamento Ue 1500/2000 il totale delle uscite è al netto degli ammortamenti, del risul-tato netto di gestione e della produzione di beni e servizi vendibili. Secondo lo stesso regolamento il totale delle entrate è al netto degli ammortamenti e del risultato netto di gestione, mentre include la produzione di beni e ser-vizi vendibili.

In deciso rallentamento le entrate

La componente di gran lunga più rilevante delle risorse complessive è rappre-sentata dal prelievo fiscale e parafiscale (entrate di imposte e contributi sociali), che rappresenta circa il 92 per cento delle entrate totali.

La pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) pari a 42,8 per cento, è calata di tre decimi di punto rispetto all’anno precedente (43,1 per cento). Tra le componenti del prelievo fiscale, le imposte dirette sono aumentate del 3,5 per cento, in forte rallentamento rispetto al 2007 (+9,1 per cento), i contributi sociali effettivi sono cresciuti del 4,7 per cento (contro l’8,2 del 2007), mentre le imposte indirette hanno mostrato un calo del 5,1 per cento, con una netta inversione di tendenza rispetto al 2007, quando erano aumentate del 3,1 per cento (Tavola 1.27 e Figura 1.25). I contributi sociali figurativi, che corrispondono a prestazioni for-nite direttamente dalle amministrazioni pubbliche ai propri dipendenti e pesano per l’1 per cento circa del gettito fiscale, nel 2008 hanno registrato una diminu-zione del 2,8 per cento che interrompe la precedente tendenza alla crescita.

La pressione fiscale registrata in Italia è risultata più alta di 2,1 punti percen-tuali rispetto alla media dei paesi dell’area dell’euro e di 2,6 punti percenpercen-tuali in confronto alla media complessiva dell’Ue (Tavola 1.30). Una pressione fiscale più elevata di quella italiana è stata registrata in Danimarca (49,2 per cento), Svezia (47,6), Belgio (45,9), Francia (44,5) e Austria (44,1). I Paesi con pressione fisca-le inferiore al 30 per cento sono Slovacchia (29,2 per cento), Lituania (29, 3), Romania (29,5) e Irlanda (29,8).

ISTAT - RAPPORTO ANNUALE2008

PAESI 2005 2006 2007 2008 Italia 40,4 42,0 43,1 42,8 Austria 43,6 43,1 43,5 44,1 Belgio 46,4 46,0 45,4 45,9 Cipro 35,3 36,2 41,4 40,1 Finlandia 43,9 43,4 42,9 42,6 Francia 45,3 45,6 44,9 44,5 Germania 39,8 40,2 40,5 40,4 Grecia 33,3 33,2 34,1 34,3 Irlanda 31,8 33,2 32,3 29,8 Lussemburgo 38,3 36,5 37,2 39,0 Malta 34,9 34,7 35,7 35,7 Paesi Bassi 38,1 39,4 39,2 39,3 Portogallo 36,0 36,7 37,5 37,5 Spagna 36,5 37,5 38,1 34,0 Slovacchia 31,4 29,3 29,2 29,2 Slovenia 38,7 38,4 38,1 37,7 Uem16 40,6 41,2 41,3 40,7 Bulgaria 34,7 34,0 34,3 33,1 Danimarca 51,7 50,5 49,4 49,2 Estonia 30,7 31,1 32,8 32,4 Lettonia 28,5 29,4 29,8 30,2 Lituania 28,9 30,3 30,4 29,3 Polonia 32,9 33,9 34,7 34,2 Regno Unito 37,4 38,2 37,7 38,2 Repubblica Ceca 36,8 36,5 36,9 36,0 Romania 28,5 29,2 30,0 29,5 Svezia 49,9 49,4 48,7 47,6 Ungheria 37,3 37,0 39,5 40,3 Ue27 40,1 40,7 40,7 40,2

Tavola 1.30 - La pressione fiscale nei paesi dell’Ue - Anni 2005-2008 (valori percentuali sul Pil)

Fonte: Eurostat, Database AMECO Pressione fiscale in

lieve riduzione rispetto al 2007

Alla crescita del gettito delle imposte dirette ha contribuito principalmente l’aumento delle entrate derivanti dall’Irpef (+5,2 per cento), che ha beneficiato della dinamica, ancora positiva in media d’anno, dell’occupazione dipendente, degli effetti di alcuni rinnovi contrattuali e degli aumenti di aliquota delle addi-zionali regionali e comunali. In crescita sono risultate anche le ritenute sugli interessi e sui redditi da capitale (+21,4 per cento), mentre l’Irpeg ha segnato nel 2008 una diminuzione del 4,2 per cento, dopo una crescita di circa il 30 per cento del 2007.

La riduzione delle imposte indirette è, invece, conseguenza degli effetti del peggioramento ciclico dell’attività nell’ultima fase dell’anno, nonché di alcune modifiche normative intervenute per il 2008, con riferimento all’imposta

comu-10 11 12 13 14 15 16 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 0 1 2 3 4 5

Imposte dirette Imposte indirette

Contributi sociali Imposte c/capitale (scala di destra)

Fonte: Istat, Conti economici nazionali

Figura 1.25 - Imposte e contributi sociali - Anni 1998-2008 (valori percentuali sul Pil)

12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47

Quota delle entrate fiscali locali sul prelievo fiscale complessivo

Quota delle entrate fiscali locali sul totale delle entrate locali (scala di destra)

Fonte: Istat, Conti economici nazionali

Figura 1.26 - Decentramento del prelievo fiscale e grado di autofinanziamento delle amministrazioni locali - Anni 1998-2008 (valori percentuali)

Cresce il gettito dell’Irpef

nale sugli immobili (Ici). Il contributo più rilevante è da imputarsi al calo delle entrate relative all’Iva (-4,0 per cento) e all’Irap (-8,5).

Riguardo all’evoluzione del decentramento fiscale, si deve osservare che la quota delle entrate fiscali assegnate alle amministrazioni locali (Figura 1.26) prosegue, fatta eccezione per un leggero rialzo nel 2007, la lenta tendenza alla diminuzione emersa dopo il 2003 (quando aveva toccato un massimo del 16,2 per cento); nel 2008 la quota è scesa al 15,5 per cento. Analoga tendenza mostra il grado di autonomia finanziaria delle amministrazioni locali, misurato dal tasso di autofinanziamento (rapporto fra entrate fiscali ed entrate complessive) che, dopo aver raggiunto il massimo del 46,5 per cento nel 2003, scende per la prima volta dal 2000 sotto il 44 per cento (43,1 per cento nel 2008).

ISTAT - RAPPORTO ANNUALE2008

In calo le entrate da Iva e Irap

2.1 Introduzione

L’analisi che tradizionalmente il Rapporto annuale dedica agli aspetti strutturali del sistema delle imprese si colloca quest’anno in una fase particolarmente delicata. L’esame della situazione congiunturale presentata nel capitolo precedente, infatti, de-scrive il manifestarsi di una fase recessiva profonda, con caratteristiche diverse e più gravi di altre situazioni sperimentate nel dopoguerra. Le ripercussioni della crisi eco-nomica e finanziaria internazionale impattano e impatteranno sull’intero sistema pro-duttivo nazionale, con intensità ed effetti diversi. La presenza di un gran numero di imprese di piccole e piccolissime dimensioni, l’estesa diffusione dell’imprenditorialità, la relativa specializzazione manifatturiera, la varietà delle caratteristiche dimensionali, settoriali e organizzative delle imprese italiane − in sintesi i tratti più caratteristici del-la struttura economica del nostro Paese − individuano altrettante situazioni di poten-ziale vulnerabilità, ma costituiscono al tempo stesso gli elementi fondamentali sui quali fare leva per uscire dalle difficoltà congiunturali.

Sotto questo profilo, l’eterogeneità della popolazione di imprese che coesistono nel sistema produttivo nazionale deve essere analizzata con particolare attenzione, perché fornisce una chiave di lettura importante sia per comprendere le conseguenze della fa-se recessiva su singoli gruppi omogenei di imprefa-se, sia per mettere in luce specifiche aree di rischio.

In quest’ottica, nel capitolo si rinuncia in parte alla consueta osservazione degli aspetti di struttura e di performance economica del sistema produttivo attingendo ai dati statistici consolidati − che, tra l’altro, fanno in gran parte riferimento alla situa-zione del 2006, l’anno di maggiore espansione del ciclo precedente − e si concentra l’attenzione sulle informazioni disponibili per il 2007 e, in parte, per il 2008, in mo-do da rappresentare la configurazione del sistema delle imprese italiane alla vigilia del-la crisi finanziaria del 2008 e alle prime avvisaglie delle sue ripercussioni sull’econo-mia reale.

Questa prospettiva introduce nel capitolo due elementi di novità. Innanzi-tutto, ha condotto alla scelta di accedere, più di quanto avvenisse in passato, al-le possibilità offerte dall’integrazione statistica, a livello di microdati, delal-le infor-mazioni provenienti dalle rilevazioni e dagli archivi dell’Istat con quelle desunte da fonti amministrative. Unitamente ad altre fonti, quali i dati sull’occupazione presenti nella rilevazione su occupazione, retribuzioni e oneri sociali (Oros) e i dati sul commercio estero, è inoltre possibile fornire un’analisi al tempo stesso più aggiornata e più ricca di quanto non fosse consentito in passato. Più aggior-nata, perché si spinge alla fine del 2008, per quanto riguarda le tendenze del-l’occupazione, e al primo bimestre dell’anno in corso per quanto attiene all’ana-lisi delle imprese esportatrici. Più ricca, perché permette una lettura integrata e a più dimensioni di una batteria di indicatori economici e finanziari. In questo

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Capitolo 2

Le realtà produttive tra nuovi

rischi e potenzialità

modo si riesce a cogliere lo stato di salute del nostro sistema produttivo nel pe-riodo immediatamente antecedente la crisi, ponendo particolare attenzione ai fattori strutturali che ne condizionano maggiormente la capacità competitiva nel lungo periodo, quali il modello di specializzazione produttiva, i modelli or-ganizzativi prevalenti, la solidità finanziaria, i margini di gestione e la capacità di persistere sui mercati.

Pertanto, dopo una breve panoramica sulla posizione italiana nel contesto euro-peo, si scende nel dettaglio della nostra struttura produttiva delineando le caratteristi-che strutturali, di performance e finanziarie delle prevalenti forme giuridicaratteristi-che ed esa-minando la dinamica occupazionale nel 2008. Infine, lo studio si sofferma sulla di-namica più recente delle imprese esportatrici valutandone la capacità di resistere sui mercati internazionali anche in relazione alla loro struttura finanziaria.

La documentazione presentata nel capitolo e le analisi che ne discendono descri-vono un sistema produttivo di crescente complessità popolato di soggetti fortemente eterogenei. In un percorso di lettura necessariamente ricco di dettagli, emergono aree di rischio e vulnerabilità (sotto il profilo sia della redditività sia dell’indebitamento), che la fase recessiva ha verosimilmente approfondito ed esteso, accanto ad aree di ec-cellenza, con imprese più dinamiche e con un assetto economico-finanziario partico-larmente solido.

Proprio per cogliere questi aspetti, le analisi sviluppate nel capitolo non si limita-no a osservare i valori medi e le tendenze prevalenti, ma si fanlimita-no carico di dare conto della variabilità che i microdati consentono di individuare: eterogeneità nella struttu-ra delle singole imprese, che si differenziano per destinazione economica dei beni e servizi prodotti, dimensione delle unità produttive, forma giuridica, gestione dei fat-tori di produzione e complessità dell’organizzazione aziendale; eterogeneità delle fon-ti di finanziamento e più in generale della gesfon-tione finanziaria; eterogeneità delle stra-tegie e dei comportamenti sui mercati interno e globale. Queste diversità sono al tem-po stesso una risorsa e un problema. Una risorsa, perché la stessa varietà intrinseca del-la popodel-lazione di imprese che costituiscono il sistema produttivo è una forma di dife-sa dagli effetti negativi della crisi. Un problema, perché la variabilità dei contesti e dei comportamenti produce segnali informativi diversi e talora contraddittori, e dunque difficili da sintetizzare e da interpretare per gli stessi operatori.

Anche dopo aver filtrato le componenti di rumore informativo, le analisi qui pre-sentate confermano che il quadro è profondamente segmentato. Nel complesso, il no-stro sistema produttivo preserva un suo equilibrio, ma si tratta di un equilibrio vul-nerabile, laddove prevalgono dimensioni aziendali ridotte, bassa produttività e spe-cializzazioni produttive esposte al calo della domanda interna e internazionale. Né si può sottovalutare che le crescenti interdipendenze delle imprese tra loro e con il siste-ma finanziario propongono all’attenzione anche il tesiste-ma della capacità di assorbire gli shock associati alla recessione a livello sistemico, cioè della “resilienza” del sistema stes-so, a evitare che le aree di rischio emergenti per gruppi limitati di imprese possano diffondersi e generalizzarsi.