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Dipendenza dal Diritto politico

Nel documento Elementi di filosofia giuridico-penale (pagine 52-59)

Con il Diritto politico, il Diritto penale intrattiene il vincolo più rile- vante, tanto che nessun’altra area del Diritto esercita su di esso un’inci- denza davvero paragonabile a questa. Tali rapporti manifestano perfino un’attestazione storica. Il Diritto dello Stato e quello penale costituiva- no in precedenza un solo campo. La successiva differenziazione del se- condo, che intervenne a separarlo dal primo, non impedisce, neppure oggi, «che la trattazione di più di qualche problema del Diritto penale intenda ricordarci che essi, proprio in quanto problemi giuridico-penali, sono al tempo stesso problemi del Diritto dello Stato» (Freudenthal).

In questa sede preme analizzare la ragion d’essere di questi legami, le loro basi metafisiche, più che le modalità della loro manifestazione. Si noti in tal senso che essi collegano il Diritto penale con il Diritto po- litico, non con il Diritto costituzionale, né con la politica di per sé. Il Diritto costituzionale è solo una parte del Diritto politico, benché quella centrale38, essendo codificato per ragioni contingenti in una Costituzio-

ne. Il genere più ampio, invece, cioè il Diritto politico, designa il com- plesso di norme che organizzano la vita politica di un’unità sociale, norme di carattere fondamentale, poiché vi trovano la propria base giu- ridica e validità le altre branche dell’ordinamento. Se si rammenta che esistono paesi privi di Costituzione scritta, senza che per questo manchi loro un’organizzazione giuridico-politica, e che, al contrario, un paese

38 Nelle Costituzioni recenti, specialmente in alcune iberoamericane, come quelle

del Brasile (1988) e della Bolivia (2008), è anche la parte più estesa, sebbene contribui- scano a gonfiarla disposizioni non propriamente politiche, ma civili, giuslavoristiche, penali, ecc. È la manifestazione più visibile dell’odierna «costituzionalizzazione» del Diritto.

può aver codificato il proprio Diritto politico e purtuttavia non disporre di alcuna garanzia dei diritti individuali, ne emerge che ciò che vera- mente conta è attenersi alla realtà precettiva di quest’organizzazione, anziché limitarsi alla sua presentazione esterna, e, dietro di essa, adden- trarsi nella «concezione che riflette o che le conferisce sostanza e la anima» (Rivacoba).

D’altra parte, il Diritto penale non coincide semplicemente con la politica. La frase di Bettiol – «il Diritto penale è una politica» – va inte- sa come egli stesso la spiegò, vale a dire, che senza la comprensione del momento e del mezzo politico in cui nasce ed agisce una legislazione penale, non è possibile neppure comprenderla nella sua portata e nel suo intimo valore. Spesso, comunque, l’interesse immediato dei partiti o la pressione delle circostanze contingenti prevalgono sulle ideologie, di modo che l’azione politica, nell’esercitare il suo compito di configu- rare il Diritto, può allontanarsi dal fondamento filosofico su cui poggia la corrispondente corrente di pensiero o ideologia del gruppo al gover- no. Questo spiega la mancanza di coerenza e le contraddizioni di una simile prassi, così come il carattere altalenante della legislazione penale emersa in tali condizioni.

La ragione profonda dell’influenza dell’ambito politico in quello penale non dipende tanto dal fatto che il Diritto politico crea beni giuri- dici, anche quelli di maggior rilevanza39, la cui tutela richiederebbe sen-

za dubbio l’apparato corazzato che fornisce il Diritto penale. Il fatto è che il Diritto politico, nel tratteggiare e concretizzare una determinata concezione dell’uomo nelle sue relazioni con gli altri, traccia anche la struttura della società, delimita la situazione dell’individuo al suo inter- no e la possibile intensità dell’azione statale a tal riguardo, e condiziona la gerarchia dei beni giuridici. In altri termini, determina il tipo di orga- nizzazione sociale che il Diritto penale deve proteggere, imprimendogli un orientamento ben preciso. Ma per giungere alle concezioni politiche su cui si fonda tale orientamento, occorre considerarne la provenienza a livello assiologico, e quindi, chiamare in causa un frammento dell’idea

39 A cominciare dalla vita e libertà delle persone, che per lo stesso motivo compaio-

no all’inizio della Parte dogmatica delle Costituzioni. In materia di beni giuridici di por- tata politica, non è necessario pensare in primo luogo a quelli di cui è titolare lo Stato.

del Diritto40. Ogni ideologia, ogni programma, anche semplici fini poli-

tici, racchiudono in sé, in modo cosciente o no, una determinazione va- lutativa, un sistema assiologico.

I sistemi assiologici somigliano alle posizioni generali esistenti nel- l’Etica. Da una parte, vi è l’assolutismo valutativo. Dato caratteristico del valore assoluto è la sua validità universale, nata dal suo essere in- condizionato e destinato ad una obbligatorietà senza limiti di spazio, tempo e destinatari. Il suo culmine è l’unità e l’oggettività dei valori. Al contrario, caratteristica del relativismo valutativo è la validità condizio- nata, nonostante che «il condizionamento può essere maggiore o mino- re, e la relatività, quindi, più o meno debole» (M.E. Mayer). Dato che qualsiasi valore relativo è culturale, il relativismo ci offre il panorama di una miriade di valori che pretendono validità allo stesso tempo, seb- bene siano in parte compatibili e in parte contrapposti. Orbene, l’impos- sibilità di verificare scientificamente la verità delle varie concezioni as- siologiche, dinanzi alle quali si può solamente assumere una decisione, non significa che il relativismo debba rinnegare ogni aspirazione asso- luta, che debba convertirsi in scetticismo41. La possibilità stessa della

coesistenza di concezioni differenti presuppone l’eguaglianza essenzia- le degli uomini e, di conseguenza, la tolleranza fra di loro. Ecco perché «il relativismo può tollerare qualsiasi opinione, tranne quella che af- ferma di essere assoluta» e si arroga il diritto di annullare le altre; «rela- tivismo è tolleranza, in generale, tranne che rispetto all’intolleranza» (Radbruch). Preservando questa base inviolabile, il relativismo può inoltre albergare l’ambizione di ordinare i valori, separare quelli peritu- ri e propri di una determinata epoca da quelli che costituiscono una co- stante di ogni tempo e luogo, nonché di individuare al vertice di questa gerarchia un valore supremo e incondizionato.

40 Altri aspetti racchiusi nell’idea di Diritto, intesa come un valore puro, compari-

ranno riguardo al più importante dei principi del Diritto penale (il principio di umanità) e al significato della pena, infra, capitoli V e VII, rispettivamente.

41 «Contro il relativismo si fa valere un argomento basato sul fatto che se nulla è as-

solutamente vero, non lo è neppure il relativismo; ma questa obiezione è più azzeccata contro lo scetticismo», e in questo modo vi controbatte M.E. Mayer nella sua difesa del relativismo critico.

I sistemi assiologici che abbiamo ora abbozzato si riflettono in al- trettante concezioni del Diritto con le corrispondenti ideologie correla- te. Conclusione giuridica del relativismo è una concezione individuali- sta, che pone il Diritto e lo Stato al servizio della persona. Manifesta la propria essenza nella figura del contratto e presuppone come idea del Diritto la certezza giuridica. L’assolutismo, dal canto suo, deriva in condizioni giuridiche superindividualistiche e transpersonali, che con- siderano come soggetto dei fini la collettività (lo Stato, la razza, la na- zione, ecc.). La sua metafora sociale è un organismo nel quale il tutto non esiste a causa delle sue parti, ma le sue membra esistono grazie al tutto; la sua idea di Diritto è il potere.

Anche le ideologie politiche congruenti con queste concezioni giuri- diche essenziali mostrano segni ben definiti. L’individualismo, nel con- templare il Diritto come rapporti tra persone, immagina lo Stato come il frutto di un contratto, affermando a tal riguardo non che gli Stati reali debbano aver avuto origine in esso, ma che lo Stato è tale solo se può essere concepito in ogni momento come il frutto di un accordo libera- mente concluso tra i suoi membri, se si può considerare che ciascuna delle sue disposizioni giuridiche esiste nell’interesse degli individui. Ecco perché il liberalismo, prima che come ideologia – che è contem- poranea – e considerato come tendenza fondamentale del pensiero poli- tico (quella individualista), è stato sempre al servizio dell’umanità, lot- tando contro l’intolleranza e in favore dell’emancipazione del genere umano42.

In materia penale, la mentalità individualista reclama l’eguaglianza degli uomini dinnanzi alla legge, la legalità dei reati e delle pene, la riduzione dell’arbitrio giudiziale, il rispetto del foro interno e del diritto a manifestare liberamente le proprie idee e a dissentire da quelle altrui, la considerazione del reato come un attacco oggettivo contro beni di interesse generale, il carattere personale della responsabilità penale, la proporzione e l’umanità delle sanzioni, e il rifiuto di qualsiasi forma di strumentalizzazione degli indagati, imputati o condannati per fini che vanno al di là di essi. Questi caratteri generali si adattano al cosiddetto Diritto penale liberale, inteso però come un’astrazione analoga ai tipi

ideali o puri descritti da Max Weber nella Sociologia43. Il fatto è che

nella realtà storica del liberalismo penale possono presentarsi linee di- vergenti, sfumature, persino vere e proprie deformazioni. Se il liberali- smo considera l’uomo non come individuo, né all’interno di tipi umani, ma come pura astrazione, sfocia in un individualismo conservatore o di destra, il cui passo successivo è la Scilla di scambiare la sicurezza del- l’individuo con il potere oligarchico, e il Diritto penale liberale con un «Diritto penale del privilegio» (Mantovani). Invece, quando il liberali- smo frammenta l’uomo in tipi umani concreti, più prossimi alla realtà sociale, sorgerà una varietà penale trasformatrice o di sinistra, la cui Cariddi, non meno temibile, è il precipizio dell’«assalto alla ragione», l’amplificazione dei poteri del giudice, la temuta individualizzazione della pena44. Al di là di questo, l’astrazione teorica del liberalismo è

sempre sottoposta ad una pletora di morsi della realtà storica. Per que- sto non v’è mai stato né probabilmente mai vi sarà un Diritto penale liberale puro. Ma costituirebbe una falsificazione dei fatti storici affer- mare che il liberalismo penale, questo affannoso avvicinamento ad una idea, non è mai esistito.

D’altro canto, il superindividualismo e il transpersonalismo trovano un canale politico nell’autoritarismo, il governo basato nel potere di dominio. L’autoritarismo deposita la propria fiducia in quest’ultimo, non nel concetto di autorità. Di conseguenza, limita i diritti politici, che

43 Diritto penale liberale e Diritto penale autoritario (di quest’ultimo parleremo in

seguito), sono paradigmi dotati di un senso culturalmente significativo, per quanto la sua stessa astrazione finisca per allontanarli dalla realtà e per quanto essi servano a conoscerla «nella misura in cui, mediante l’indicazione del grado di approssimazione di un fenomeno storico ad uno o a vari di questi concetti, questi fenomeni vengono con- cettualmente orientati» (Weber). Anche Manuel de Rivacoba utilizza in questo modo i concetti del Diritto penale liberale, totalitario e autoritario, dal quale abbiamo tratto le caratteristiche generali del liberalismo (individualismo) punitivo.

44 Che non è neppure autentica individualizzazione. Prodotto di generalizzazioni na-

turalistiche, l’individualizzazione preconizzata da alcune scuole penalistiche del XIX e XX secolo non ha mai aspirato a cogliere tutte le infinite sfumature della personalità del reo, ma ha inserito quest’ultima all’interno di tipi o archetipi umani suscettibili solo di una certa quantificazione, basata sulla maggiore o minore intensità dei tratti di gruppo in lui presenti, come la sua tendenza a delinquere o il modo in cui ha fatto del reato uno stile di vita.

ostacolano il potere statale; combatte i diritti individuali, poiché debili- tano l’organizzazione che esso cerca di mantenere; si difende da qual- siasi accenno di attacco, perfino delle idee che ritiene possano mettere a repentaglio la sua superiorità. Non è indispensabile soffermarsi su det- tagli ulteriori ai fini di una compiuta caratterizzazione del fenomeno, posto che tutti gli elementi che si potrebbero addurre per completarlo costituiscono un sistema unico. In effetti,

non si deve iniziare domandandosi come si comporterebbero i politici conservatori riguardo a una questione costituzionale o giuridica, poiché adotteranno sempre la decisione che contribuisca a conservare o accre- scere il potere dello Stato45.

Il Diritto penale autoritario riflette perfettamente questo modo di pensare. Non concorda con la legalità dei reati e delle pene, che rappre- senta una limitazione; non simpatizza neppure con l’eguaglianza dei soggetti passibili di essere giudicati dalla legge penale, poiché il suo asse portante è la totalità; persegue la dissidenza e convertirà in reato la manifestazione di pensieri; concentra il suo obiettivo non nell’attacco oggettivo a beni giuridici, bensì nella disposizione interna criminosa o nella pericolosità; punirà con pena gli atti preparatori e tratterà in ugual modo il tentativo e il reato consumato, come negli Unternehmensdelikte che idearono i giuristi nazisti; richiederà all’uomo di rispondere per la sua condotta o il suo percorso di vita, anziché per atti specifici; vedrà nel delinquente un essere inferiore, disadattato, un nemico; infine, au- menterà e renderà sproporzionate e disumane le pene, imponendo loro un timbro di pura difesa della collettività.

La realtà offre tonalità e gradi nel Diritto penale autoritario, sebbene l’asse portante sia sempre lo stesso: il principio di dominazione e la ne- gazione dell’umanità nel diverso. Per questo l’autoritarismo punitivo rischia di distruggere la personalità del Diritto e di diventare un appara- to di potere. Questo è particolarmente evidente nelle forme estreme del- la mentalità autoritaria, quando il suo élan transpersonale, alleato al so-

45 «Per la stessa ragione – continua Mayer – sono sostenitori della pena di morte,

della politica delle armi e delle conquiste mediante guerre: rafforzamento degli stru- menti di potere dello Stato».

stanzialismo filosofico, genera organizzazioni totalitarie. Tuttavia, non è assente neppure nelle varianti meno estreme, siano esse oligarchiche, dittatoriali o tiranniche. Indizi infallibili dell’autoritarismo penale sono la sua fragilità, la tendenza ad assolutizzare il potere, il breve tratto che separa il Diritto penale «del nemico» (o autoritario) dal Diritto penale totalitario, l’inclinazione a negare i rapporti giuridici e a sostituirli con legami di sottomissione o situazioni speciali di dominio. Le democrazie liberali devono prestare attenzione alla comparsa di questi indizi nella loro legislazione, giurisprudenza e dottrina penalistica, poiché la storia, e finanche il presente, dimostrano fin troppo bene come e con quanta facilità possa l’irrazionale impadronirsi della Politica criminale.

CAPITOLO TERZO

L’ENCICLOPEDIA

DELLE SCIENZE CRIMINALISTICHE

Traduzione di Emanuele Corn

Nel documento Elementi di filosofia giuridico-penale (pagine 52-59)