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Sistema e struttura della violazione penale

Nel documento Elementi di filosofia giuridico-penale (pagine 133-137)

2. Il reato

2.4. Sistema e struttura della violazione penale

La parola sistema, «l’unità di un insieme di conoscenze sotto una stessa idea» (Kant), designa l’insieme ordinato e completo di conoscen- ze scientifiche su di un oggetto o una specie di oggetti omogenei.

Così come esistono differenti sistemi del Diritto penale, così ce ne sono anche nel sottosistema della teoria del reato. La diversità si spiega, poiché ciascun sistema è presieduto da idee distinte. A seconda che

l’idea prescinda dai contenuti dell’oggetto o piuttosto segua questi e cerchi di unificare la loro molteplicità sotto una comune rappresenta- zione materiale, in altre parole, a seconda che il criterio logico che li ispira sia formale o trascendentale, si otterranno altrettanti sistemi del reato.

Formali sono i sistemi deduttivi e classificatori. Il sistema deduttivo è un sistema di giudizi (assiomi o principi) e del loro sviluppo attraver- so un processo di conclusioni o teoremi. La sua metodologia è di sintesi o determinazione. Il classificatorio è un sistema di concetti e delle loro induzioni. Mediante una serie di giudizi divisori di sussunzione, si su- bordina ad un concetto un gruppo di altri concetti come sue specie e sottospecie, fino a raggiungere un concetto supremo, minimo nel conte- nuto, ma massimo in estensione, dal quale si possono contemplare tutti i concetti specifici del sistema, convenientemente classificati e coordi- nati38. Entrambi i sistemi sono logico-formali, poiché si limitano a ordi-

nare il pensiero secondo fondamento e conseguenza, genere e specie. Parimenti, esiste un sistema categoriale o logico-reale, attento alle cose stesse, solo che le scompone in categorie e materiali, intendendo per categorie non modi di essere di un ente, bensì modi di sistemazione del nostro intelletto.

Poi, c’è il sistema teleologico, che ordina i concetti secondo fini e mezzi, considerando i primi determinanti per i secondi. Quando i fini non sono pure cause psicologiche, bensì fini valorizzati, appare il si- stema di valore, nel quale l’unità delle conoscenze è ottenuta, non da un’idea pura, una categoria o qualche passaggio logico di massima

38 La classificazione opera nei concetti che si legano in una relazione logica di su-

bordinazione, come per il particolare di fronte allo specifico e questo di fronte al gene- rico; la coordinazione, invece, riguarda i concetti individuali appartenenti allo stesso concetto specifico, o i vari concetti specifici appartenenti ad uno stesso concetto generi- co. Entrambe le disposizioni logiche si osservano ancora, rispettivamente, nella relazio- ne dei tipi criminosi speciali rispetto a quello di base – classificazione delle specie su- bordinate ad un genere –, ed in quella di essi tra loro – coordinazione per sussidiarietà. Questo è uno dei molti settori della Dogmatica penale in cui continua a funzionare la divisione in senso logico.

astrazione, bensì da un valore, dispiegato architettonicamente in oggetti apprezzati39.

Infine, il sistema didattico cerca di rendere visibile il sistema invisi- bile, la trama interna delle nozioni, esponendola al profano un po’ per volta e parte per parte, nella forma di uno schema. Come insegna Rad- bruch, questi sistemi possono combinarsi tra loro e dare vita ad un si- stema classificatorio e categoriale, deduttivo e teleologico, etc., e pre- sentarsi, inoltre, provvisti di un sistema didattico.

A seconda dell’enfasi che si ponga nel lavoro classificatorio, dedut- tivo e categoriale, da un lato, o nella teleologia e valutazione dei con- cetti, dall’altro, si otterranno sistemi di predominio formalista, finalisti o valutativi.

Il sistema del reato della Dogmatica definita classica fu classificato- rio e categoriale. La sua base era il concetto generico di azione, calcato sulle scienze naturali, da cui procede verso le note che la distinguono come azione punibile. La visione naturalista dell’atto si condisce con l’assegnazione dell’illecito alla parte esterna e obiettiva del reato, men- tre la colpevolezza appare nel suo aspetto soggettivo o interno.

Il passaggio da questo sistema verso un altro di taglio teleologico si compie con Beling e la nozione di tipo, la cui realizzazione doveva rimpiazzare l’atto nel suo ruolo di pietra angolare del reato; ma Beling esitò a compiere questo passo, contrariamente ai neokantiani Mayer e Radbruch, ai quali dobbiamo l’inizio dello studio della violazione pena- le dal punto che egli suggerì. Il sistema neoclassico inaugurato da que- sti è categoriale e valutativo. Nel suo segmento categoriale, sviluppa il Diritto penale come parte del concetto di Diritto e dei concetti fonda- mentali contenuti in esso. In particolare, il concetto di illecito è ottenuto tramite una precisazione ogni volta più raffinata del concetto generale e unitario di illecito nella Filosofia del Diritto. A sua volta, l’elaborazione sulla base dei fini valorizzati cerca di comprendere il Diritto penale come un intento di realizzazione dell’idea di Diritto.

39 Questo sistema può presentare contraddizioni, qualora il suo oggetto mostri giu-

dizi di valore incompatibili tra loro; ma queste stesse contraddizioni, con lo sforzo che richiede l’intento di risolverle, garantiscono l’apertura del sistema a nuove conoscenze. Invece, è impossibile formare un sistema a partire da una rete di problemi. Un sistema così sarebbe una contraddizione di per sé (Canaris).

Qui, tuttavia, sorge una divisione tra i seguaci del sistema neoclassi- co. Il neokantismo cercò la costruzione teleologica dei concetti parten- do dalla nozione del bene giuridico. Siccome i beni giuridici possiedo- no sempre un sostrato materiale, e dato che neppure esiste una separa- zione radicale tra i piani dell’essere e del dover essere, i penalisti di questa corrente filosofica desistettero dall’aspirare ad una normativiz- zazione radicale dei concetti giuridici. Anzi, riconobbero che la materia della scienza giuridica è una realtà preformata da concetti prescientifici o derivanti da scienze diverse dalla Dogmatica, il cui compito consiste nel realizzare con essi una elaborazione concettuale di secondo grado: ciò significa riferirli ad un certo valore. Così si spiega la natura dell’atto criminoso per questi autori, i quali vi assegnano il valore proprio della tipicità, ma senza sottrarvi la sua base psicofisica. Per questo, inoltre, essi inclusero elementi normativi nei tipi, componenti soggettive nel- l’antigiuridicità e ingredienti oggettivi nella colpevolezza, anche se senza sciogliere quest’ultima, ora aperta verso la realtà sociale che ha circondato il soggetto agente, dal dolo e dalla colpa, unica via per pre- servare la radice psicologico-emozionale e volitiva dell’operare umano. Al contrario, il successivo sistema teleologico-funzionale, che si au- toproclama continuatore del neokantismo, normativizza da cima a fon- do la struttura del reato, impiegando a tal fine la teoria penale preventi- va, alla quale attribuisce il ruolo di decidere se in un caso dato si pre- sentano gli elementi del reato e, di conseguenza, la responsabilità cri- minale. Questa tendenza, ogni giorno più generalizzata nella Dogmatica presente, ha come logica conclusione la trasformazione del sistema, che passa da sistema teleologico ad un altro di tipo categoriale limitato alle condizioni mentali necessarie per poter imputare un fatto al suo autore, prima ancora che alle condizioni reali di ciò che egli ha commesso. In altre parole, si preoccupa più del giudice che dell’autore.

Infine, il sistema finalista è categoriale, ma invertito. Non già la ma- teria disciplinata dal Diritto deve adeguarsi al pensiero giuridico, bensì il pensiero giuridico deve piegarsi di fronte alla materia. Questa materia neppure consiste in un substrato fisico o psichico. Il suo posto è occu- pato da categorie materiali, essenze, strutture logiche della realtà, come l’indole finalista dell’azione, la differenza tra autore e complice e la colpevolezza intesa come coscienza dell’antigiuridicità. Queste catego-

rie permisero al sistema finalista di soggettivizzare l’antigiuridicità, normativizzare la colpevolezza e, in fondo, presentarci una sistematiz- zazione permanente, chiusa e di valore universale, similmente alla teo- ria dell’imputazione dei giusnaturalisti di un tempo.

Nel documento Elementi di filosofia giuridico-penale (pagine 133-137)