Conclusioni I risultati indicano il permanere di immissioni di composti butilstannici biodisponibili
STUDIO, CARATTERIZZAZIONE E MONITORAGGIO SULLA CONTAMINAZIONE DA COMPOSTI ORGANOSTANNICI: ALTRI PROGETTI
3. PREVENZIONE E MITIGAZIONE DEGLI IMPATTI
3.2 IMPLEMENTAZIONE DELLA DIRETTIVA 2000/60/CE
3.2.1 La Direttiva Quadro sulle acque: il Piano di Gestione come strumento per il governo e la tutela della risorsa idrica
Tratto da:
FOCARDI, A. BONOMETTO, A. BARBANTI, A. FEOLA, G. PINESCHI, M. VALENTE, R. BOSCOLO. “La direttiva quadro sulle acque: il piano di gestione come strumento per il governo e la tutela della risorsa idrica”. Atti della XXVI Giornata dell’Ambiente - Accademia dei Lincei, in stampa.
Attività svolta nell’ambito:
- della Convenzione di Ricerca tra Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Teritorio e del Mare e ICRAM “Programma di studio in materia di salvaguardia e riqualifi cazione del territorio e della laguna di Venezia” del 04/08/2004 e successiva integrazione del 03/08/2005 - Scheda Tecnica N. 2 - Attività di coordinamento e supervisione tecnica degli strumenti di pianifi cazione e programmazione della Laguna di Venezia;
- della Convenzione tra APAT e ICRAM “Direttiva 2000/60/CE - Salvaguardia di Venezia - Danno ambientale” del 09/10/2007, attività 1 - Collaborazione per le attività dell’APAT di supporto tecnico alla Direzione Qualità della Vita in relazione all’attuazione della Direttiva 2000/60/CE per le acque di transizione.
La Direttiva 2000/60/CE, recepita dalla normativa nazionale attraverso il D.Lgs 152/06, istituisce un quadro per l'azione comunitaria fi nalizzata alla protezione delle acque superfi ciali (interne, di transizione, marino costiere) e sotterranee. Uno dei principi portanti della Direttiva è rappresentato dalla gestione integrata delle risorse idriche a scala di Distretto Idrografi co, costituito da uno o più bacini idrografi ci e dalle rispettive acque sotterranee e costiere, che rappresenta pertanto l'unità fi sica di riferimento per l'implementazione della WFD (Water Framework Directive) sul territorio.
Ogni Stato Membro deve pubblicare entro il 2009 il Piano di Gestione del Distretto Idrografi co (art.13 Direttiva 2000/60/CE), che rappresenta lo strumento di governo di tutti gli aspetti legati alla tutela dei corpi idrici. Questo strumento pianifi catorio ha l'obiettivo di gestire le risorse idriche sulla base dei confi ni idrologici (e non amministrativi) al fi ne di raggiungere un obiettivo almeno buono di qualità dei corpi idrici, di favorire un controllo unitario dello stato di qualità e di garantire maggiore coerenza e coordinamento negli interventi, compresa la verifi ca della loro attuazione ed effi cacia.
Il D.Lgs 152/06 suddivide il territorio nazionale in Distretti Idrografi ci (art. 64), per ognuno dei quali viene istituita una Autorità di Bacino Distrettuale. La struttura dell'Autorità di Bacino è defi nita all'art. 63 del D.Lgs. 152/06.
Il Piano di Gestione (art.117 D.Lgs. 152/06) viene inserito nel contesto pianifi catorio italiano come stralcio del Piano di Bacino distrettuale (art. 65 D.Lgs 152/06), dovendo quest'ultimo considerare, oltre alla tutela dei corpi idrici, anche altri aspetti della pianifi cazione del territorio, quali la difesa del suolo e il rischio idrogeologico. Oltre a questi strumenti, di competenza dell'Autorità di Bacino Distrettuale, la normativa italiana prevede, a carico di ciascuna Regione, l'elaborazione del Piano di Tutela, che costituisce un piano di settore del piano di Gestione (art.121 D.Lgs.152/06). Il Piano di Gestione è pertanto, ai sensi della normativa italiana ed europea, lo strumento principale di governo dei bacini idrografi ci per tutti gli aspetti inerenti la tutela degli ambienti acquatici, la gestione delle risorse idriche e la regolamentazione di ogni loro forma d'uso.
I contenuti del Piano di Gestione (allegato VII della Direttiva e allegato 4 parte A del D.Lgs.152/06) vengono di seguito brevemente elencati:
Fase conoscitiva
• descrizione generale delle caratteristiche del Distretto;
• sintesi delle pressioni e degli impatti delle attività umane sui corpi idrici; • elenco e rappresentazione delle aree protette;
• mappa delle reti di monitoraggio; Fase strategica
• elenco degli obiettivi ambientali per tutti i corpi idrici; Fase di programmazione/attuazione
• repertorio di eventuali programmi o piani più dettagliati (sottobacini, settori); • sintesi dei programmi di misure;
• sintesi delle misure adottate in materia di informazione e consultazione pubblica; • elenco delle autorità competenti;
• procedure per ottenere la documentazione e le informazioni di base.
Parte integrante del Piano di Gestione è il Programma di Misure, che costituisce lo strumento operativo e propositivo del Piano, i cui contenuti sono riportati nell'allegato VI della Direttiva e nell'allegato 11 del D.Lgs 152/06. Le misure contenute in tali programmi sono suddivise in due categorie: misure di base e misure supplementari.
Per misure di base si intendono gli interventi o le azioni previste dalla precedente normativa europea (es. Direttive “Nitrati”, “Trattamento acque refl ue urbane”, “Habitat”, ecc.) e quindi già in corso di attuazione o quantomeno in progettazione. Le misure supplementari (non facoltative) sono invece quelle misure necessarie per integrare le misure di base, qualora le prime non siano suffi cienti a raggiungere i nuovi obiettivi di qualità ambientale fi ssati dalla Direttiva 2000/60/CE.
Percorso logico per l’elaborazione del Piano di Gestione
Per fare chiarezza sui diversi aspetti inerenti l’elaborazione del Piano di Gestione, si riporta brevemente il percorso logico che porta dall’individuazione del Distretto Idrografi co al programma di misure e quindi all’elaborazione del piano stesso.
Come detto in precedenza, l'unità fi sica di riferimento per il governo delle risorse idriche e per la pianifi cazione degli interventi necessari per la loro gestione e tutela è il Distretto Idrografi co, costituito da uno o più bacino idrografi ci e dalle rispettive acque sotterranee e costiere.
All'interno del Distretto le acque sono divise in 7 “categorie”: acque sotterranee, fi umi, laghi, acque di transizione, acque marino-costiere, corpi idrici artifi ciali e fortemente modifi cati. A loro volta le categorie sono suddivise in “tipi”, secondo una classifi cazione tipologica i cui criteri sono defi niti a livello nazionale da un regolamento del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in emanazione. Questo passaggio è di fondamentale importanza, in quanto le condizioni di riferimento per la classifi cazione dello stato ecologico dei corpi idrici sono tipo-specifi che (vedi par. 3.2.2).
L'ultimo elemento della zonizzazione interna al Distretto Idrografi co è rappresentato dal “corpo idrico”, elemento distinto e signifi cativo di acque superfi ciali, unità fi sica di riferimento per la classifi cazione dello stato ecologico. Corpi idrici appartenenti ad uno stesso tipo possono essere suddivisi in relazione alle pressioni ed agli impatti che su essi insistono, al fi ne di una corretta classifi cazione del loro stato.
Ai fi ni della classifi cazione dello stato ecologico la Direttiva individua gli elementi biologici da considerare per ciascuna categoria e gli elementi chimici, chimico-fi sici e morfologici a sostegno degli stessi. Lo stato ecologico è quantifi cato mediante l'EQR (Ecological Quality Ratio), rappresentato per ciascun elemento di qualità biologica dal rapporto tra i dati misurati nell'attività di monitoraggio ed il corrispondente valore nella condizione di riferimento (Borja e Muxika, 2007; Orfanidis et. al, 2003; Sfriso et al., 2007). Il sistema nazionale di classifi cazione dovrà individuare le soglie numeriche per la defi nizione delle classi “suffi ciente, buono, elevato”.
Per ciascun corpo idrico individuato nel Distretto Idrografi co dovranno essere fi ssati, congruentemente a quanto previsto dalla Direttiva e dalla normativa nazionale, gli obiettivi ambientali. L'obiettivo generale indicato dalla Direttiva è il non deterioramento dei corpi idrici e il raggiungimento dello stato buono entro il 2015. Nel caso di corpi idrici fortemente modifi cati l'obiettivo è il buon potenziale ecologico, defi nito come una approssimazione del massimo potenziale ecologico raggiungibile. Per specifi ci corpi idrici, inoltre, possono essere fi ssati obiettivi ambientali meno rigorosi o richieste delle deroghe temporali, qualora il conseguimento dello stato buono entro il 2015 non sia tecnicamente fattibile o esageratamente oneroso (art. 4 Direttiva 2000/60/CE - art.76 e 77 D.Lgs. 152/06). Per le aree protette, ivi compresi i corpi idrici a specifi ca destinazione d'uso, nel caso siano previsti specifi ci obiettivi, si applicano quelli più rigorosi.
Dal confronto tra lo stato dei corpi idrici e gli obiettivi fi ssati, si individuano eventuali miglioramenti e misure necessari per il loro raggiungimento, tenendo presente quanto già previsto da altri piani vigenti.
Tutti questi elementi, dalla caratterizzazione del Distretto Idrografi co alla defi nizione della rete di monitoraggio, degli obiettivi e dei programmi di misure, vanno a comporre il Piano di Gestione.
Il Piano di Gestione per il “Sistema Venezia”
Il percorso logico per la redazione del Piano di Gestione evidenzia come ci sia un nuovo approccio nella defi nizione degli obiettivi ambientali, basati sulla classifi cazione dello stato ecologico, oltre che sullo stato chimico. Partendo da tale classifi cazione le autorità competenti defi niscono le azioni e gli interventi necessari per garantire la tutela e il ripristino dei corpi idrici. Da questo deriva la necessità e l'opportunità di rafforzare signifi cativamente il legame tra le conoscenze scientifi che in campo ambientale e le scelte operative di gestione e tutela del territorio, ovvero tra Università, Enti ed Istituti di ricerca e le Amministrazioni centrali e locali. Inoltre, nel caso specifi co di Venezia, questo nuovo approccio nella defi nizione degli obiettivi di qualità diventa una opportunità per riorganizzare e sfruttare al meglio, oltre che dal punto di vista scientifi co anche da quello operativo - decisionale, il vasto bagaglio di informazioni conoscenze e dati derivanti da molti anni di studi e monitoraggi.
La Direttiva prevede criteri comuni per la valutazione della qualità dei corpi idrici, tramite un processo di intercalibrazione dei sistemi di classifi cazione dello stato ecologico, nel quale si prospetta un ruolo centrale per la laguna di Venezia. Infatti, per l'ecoregione mediterranea tale processo di intercalibrazione è coordinato, nell'ambito delle acque di transizione, da ISPRA (ex ICRAM) e la laguna di Venezia - bacino meridionale è inserita nel registro dei siti di intercalibrazione.
Il Distretto Idrografi co e il “Sistema Venezia”
Il “Sistema Venezia” (vedi Figura 3-2-1), comprendente il bacino scolante, la laguna di Venezia, il tratto di mare antistante e le rispettive acque sotterranee, è compreso nel Distretto Alpi Orientali (art.64 D.Lgs.152/06, in revisione). La sua specifi cità, derivante dalla presenza di un ambiente tanto importante quanto delicato quale la laguna di Venezia, rende auspicabile per tale Bacino Idrografi co una attenzione e una tutela particolari. Nella Direttiva e nel D.Lgs.152/06 è previsto che i Piani di Gestione dei Distretti Idrografi ci possano essere integrati, redatti ed approvati per sottobacini; il “Sistema Venezia” potrebbe pertanto essere governato come sottobacino del Distretto Alpi Orientali e il Piano di Gestione del “Sistema Venezia” costituirebbe un piano stralcio del Piano di Gestione di tale Distretto. Questo non escluderebbe comunque la necessità di considerare le interazioni tra il “Sistema Venezia” e i bacini limitrofi , connessi idrologicamente da interventi antropici, come diversioni fl uviali o altre opere di regolazione del fl usso. Inoltre, i confi ni idrologici individuati per le acque superfi ciali interne possono non corrispondere a quelli delle acque sotterranee e della zona marino-costiera, per la quale si individuano dei limiti convenzionali (es. per il “Sistema Venezia”, dalla foce del Sile alla foce del Brenta). Questo evidentemente richiede, parallelamente ad una pianifi cazione focalizzata sul sottobacino, una visione globale e una gestione coordinata anche su più ampia scala.
La gestione delle acque, ivi compresa la laguna di Venezia, sulla base di confi ni idrologici rappresenta pertanto la base concettuale per la corretta gestione del territorio e la corretta applicazione della Direttiva 2000/60/CE. D'altronde come la gestione dell'ambiente lagunare sia strettamente connessa a quella del suo bacino a monte e del mare antistante è cosa nota. Basti pensare alle storiche deviazioni dei fi umi da parte della Serenissima o alla costruzione delle dighe foranee, con relativo avanzamento del litorale del Cavallino, a Nord della bocca di Lido. Ma senza andare lontano nel tempo, è suffi ciente pensare al Piano Direttore, con interventi sul bacino scolante al fi ne di ridurre il carico di nutrienti recapitati in laguna di Venezia e i relativi rischi di eutrofi zzazione. La pianifi cazione a scala di bacino rende possibile anche la regolazione di sinergie e confl itti tra i vari aspetti di tutela e utilizzo della risorsa idrica, sia sotto l'aspetto qualitativo che quantitativo, permettendo anche la progettazione di interventi a più ampio respiro, come la ricreazione di zone umide di transizione e la reimmissione di acque dolci nelle zone interne della laguna, con effetti positivi da un punto di vista ambientale, ma anche con una riduzione dell'infi ltrazione salina e quindi con vantaggi per le zone agricole.
La laguna di Venezia per le sue peculiarità è uno degli ambienti in cui attività antropiche e fragilità dell’ecosistema necessitano di una attenta regolazione e integrazione. Attualmente i diversi aspetti della tutela dell’ambiente sono regolati da una moltitudine di norme, ordinanze e piani settoriali, che fanno riferimento a varie autorità con diverse competenze sia territoriali che tematiche.
Al fi ne di una corretta applicazione della Direttiva al “Sistema Venezia” e per perseguire effi cacemente gli obiettivi da essa defi niti, è necessario che tutti gli strumenti di pianifi cazione esistenti o in corso di
predisposizione inerenti la tutela dei corpi idrici (ad esempio Piano Direttore 2000, Piano Regionale di Tutela delle Acque, Piano Generale degli interventi di salvaguardia, Master Plan delle Bonifi che di Porto Marghera, ecc.) confl uiscano armonicamente all’interno del Piano di Gestione, come parte integrante del Piano stesso, come parte del programma di misure, oppure come piani stralcio per determinate problematiche o settori. Ciò richiede il coordinamento e la compartecipazione di tutti gli Enti territoriali, ciascuno per le rispettive competenze.
Figura 3-2-1. Il Distretto Alpi Orientali e il “Sistema Venezia”.
Il Piano di Gestione deve pertanto rappresentare il contenitore e la regia di tutte le azioni di tutela ambientale previste nel “Sistema Venezia” e ad esso devono riferirsi tutti i piani di settore esistenti e di prossima redazione.
Inoltre, per il raggiungimento degli obiettivi ambientali e per una corretta e reale tutela dei corpi idrici, è necessario armonizzare con il Piano di Gestione anche quei piani che, con differenti ambiti e fi nalità, regolano la gestione del territorio e delle attività produttive, interagendo quindi con la qualità delle risorse idriche e con il loro uso (come, ad esempio, il Piano per la Gestione delle Risorse Alieutiche, il PALAV, i Piani regolatori comunali, le diverse ordinanze ministeriali, il Piano Portuale, ecc.).
In Figura 3-2-2 si evidenzia come nell'ambito della gestione della risorsa idrica ci sia una articolata interazione tra i diversi piani che regolano, a vario titolo, l'assetto del territorio, gli aspetti urbanistici, le attività socio-economiche e la tutela qualitativa e quantitativa delle acque.
Parte integrante del Piano di Gestione è il Programma di Misure, comprendente sia le misure di base che le misure supplementari.
Nel “Sistema Venezia”, in seguito alle leggi speciali, sono stati attuati svariati interventi per l’inversione del degrado, la tutela e il ripristino dei corpi idrici. Alcuni di questi interventi derivano dall’attuazione di quanto previsto in specifi ci piani (es. Piano Direttore 2000, Progetto generale degli interventi per l’ arresto e l’inversione del degrado lagunare del 1993), altri sono stati inseriti all’interno di Accordi di Programma,
dimostrando l’effi cacia del coordinamento tra diverse autorità e competenze nel gestire temi complessi quali la bonifi ca, il dragaggio e la gestione di sedimenti inquinati, in sinergia con la tutela della risorsa idrica e la rivalutazione, anche urbanistica, del territorio.
Figura 3-2-2. Esempi di interazione tra diversi piani e ordinanze che regolano la gestione e l’uso della risorsa idrica nel territorio del “Sistema Venezia”.
Alla luce di tali esperienze e della nuova normativa, europea e nazionale, appare evidente la necessità di coordinare le azioni di tutela e di governo del territorio all'interno di un unico Piano di Gestione al fi ne di:
valutare il risultato degli interventi attuati
-
stimare i miglioramenti indotti dalle misure in programma
-
defi nire gli obiettivi in linea con la normativa nazionale ed europea
-
individuare le misure supplementari necessarie e provvedere, di conseguenza, all’aggiornamento dei
-
piani di settore.
Per garantire il raggiungimento degli obiettivi di tutela, ed in particolare di salvaguardia dello stato ecologico, il Piano di Gestione deve prevedere e tenere in debito conto i possibili scenari futuri di sviluppo e mutamento del territorio. Sviluppo urbano, nuove infrastrutture, cambiamenti climatici, sono quindi alcune delle condizioni da considerare prioritariamente per la gestione futura della risorsa idrica sotto l’aspetto qualitativo e quantitativo.