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INTEGRAZIONE DI FONTI NATURALISTICHE E SCIENTIFICHE PER LA DESCRIZIONE DEI CAMBIAMENTI INTERCORSI NELLA COMUNITÀ ITTICA

POPULATIONS DEL MEDITERRANEO E MAR NERO: “LE INTERAZIONI TRA UOMO ED AMBIENTE NEL MEDITERRANEO DALL’EPOCA ROMANA AL XIX

1.4.7 INTEGRAZIONE DI FONTI NATURALISTICHE E SCIENTIFICHE PER LA DESCRIZIONE DEI CAMBIAMENTI INTERCORSI NELLA COMUNITÀ ITTICA

DELL’ADRIATICO SETTENTRIONALE NEGLI SCORSI DUE SECOLI

Tratto da: FORTIBUONI T., GIOVANARDI O., LIBRALATO S., RAICEVICH S., SOLIDORO C. Integrating historical naturalists’ descriptions and statistical-scientifi c data to describe changes in fi sh assemblages over the last two centuries in the Northern Adriatic Sea (Mediterranean). ICES Annual Science Conference, Halifax (Canada), 22-26 Settembre 2008, http://www.ices.dk/products/CMdocs/ CM-2008/CM2008.pdf.

Introduzione

Si va sempre più consolidando, grazie ad un’ampia letteratura scientifi ca in merito, la consapevolezza che molti ecosistemi che conosciamo oggi sono molto diversi dal loro stato naturale (Jackson et al., 2001; Pinnegar et al., 2002; Lotze and Milewski, 2004; Lotze, 2005; Rosenberg et al., 2005; Sáez-Arroyo et al., 2005; Lotze et al., 2006; Ainsworth et al., 2008). Per quanto riguarda gli ecosistemi marini, la pesca è considerata la principale causa dei cambiamenti che hanno avuto luogo: attraverso la rimozione selettiva e il sovra-sfruttamento di specie, infatti, gli equilibri ecologici tra organismi viventi sono stati mutati con conseguenze non ancora del tutto chiare (Jackson et al., 2001). La rimozione dei grandi predatori (squali, tonni, delfi ni, foche), ad esempio, fi no alla cosiddetta “estinzione ecologica” (perdita del ruolo ecologico legata ad un’eccessiva rarefazione delle specie), sembra infatti la causa di una serie di effetti a cascata che infl uenzano vari livelli della rete alimentare e di conseguenza il funzionamento degli ecosistemi. I grandi predatori esercitano un controllo demografi co sulle proprie prede, sia attraverso la loro rimozione diretta a scopi alimentari, sia infl uenzando il loro comportamento (e di conseguenza la loro distribuzione spaziale) inducendo la necessità di mettere in atto strategie anti-predatorie (Bruno e O’Connor, 2005; Ferretti

et al., 2008; Heithaus et al., 2008). La pesca è un’attività esercitata da molti secoli, quindi ha avuto un

ruolo importante nell’evoluzione e nei cambiamenti a lungo termine di popolazioni e ecosistemi marini. Diventa perciò fondamentale, per capirne gli effetti e per raggiungere l’obiettivo di una gestione sostenibile delle risorse alieutiche, affrontare studi che prendano in considerazione ampi periodi di tempo. In questo contesto l’ecologia storica gioca un ruolo fondamentale e si propone come una disciplina che nasce dalla sintesi ed integrazione di diversi approcci, quello scientifi co e quello storico (Holm, 2003; Anderson, 2006). La metodologia si basa sulla ricerca, catalogazione e analisi statistica di dati e informazioni che descrivano lo stato delle popolazioni marine e il loro sfruttamento su ampia scala temporale. L’Alto Adriatico rappresenta un caso studio estremamente interessante, sia per la ricchezza di fonti storiche disponibili, sia per la sua importanza ecologica (si tratta di uno dei bacini più produttivi e più sfruttati dell’intero Mediterraneo), sia perché l’attuale stato è il risultato di secolari interazioni uomo-ambiente.

La mancanza di dati quantitativi rappresenta la principale diffi coltà nello studiare le dinamiche delle popolazioni marine su ampia scala temporale (Jackson et al., 2001). È quindi necessario avvalersi di altre fonti

per inferire informazioni utili per descrivere e comprendere queste dinamiche. La ricerca, catalogazione ed analisi di dati storici diventa così un’esigenza imprescindibile, così come l’elaborazione di nuove metodologie che permettano di integrare dati di natura diversa (ad esempio dati qualitativi, semi-quantitativi o quantitativi) e con una risoluzione spaziale e temporale non omogenea (Palomares et al., 2006; Palomares and Heymans, 2006; Anderson, 2006). In questo articolo sono stati analizzati ed integrati due diversi database, uno che contiene informazioni di tipo semi-quantitativo, l’altro quantitativo, con lo scopo di studiare attraverso macrodescrittori ecologici i cambiamenti delle popolazioni ittiche dell’Alto Adriatico negli ultimi due secoli (XIX e XX).

Dataset

Il primo database contiene le informazioni riportate in 36 documenti prodotti da biologi e naturalisti che lavorarono a Venezia e nell’Impero Austro-Ungarico, che coprono un periodo che va dal 1818 al 1956. Si tratta di cataloghi delle specie presenti nell’Alto Adriatico corredati da illustrazioni, informazioni sulla biologia ed ecologia delle specie, e da una defi nizione della loro frequenza. Le nozioni riportate si basano su rilievi fatti presso i mercati ittici e i porti, interviste ai pescatori, osservazioni dirette su pescherecci e analisi delle collezioni di Musei di Storia Naturale. Questi documenti descrivono un totale di 394 specie ittiche, defi nite seguendo la nomenclatura dell’epoca. La prima fase di analisi ha previsto, quindi, l’aggiornamento dei nomi delle specie secondo la nomenclatura moderna, attraverso testi moderni di tassonomia (Tortonese, 1956, 1970, 1975) e database on line (Fishbase, ww.fi shbase.org). La lista delle specie è stata controllata accuratamente escludendo dal database 139 specie: specie d’acqua dolce (es.

Cyprinus carpio carpio, Rodeus amarus), specie esotiche riportate erroneamente (probabilmente perché

viste presso i mercati ittici, come ad esempio il merluzzo atlantico Gadus morhua), specie citate da meno di 5 autori (specie accidentali) e specie non esistenti (errori nell’attribuzione del nome delle specie, ad es.

Laeviraja morula e Notidanus barbarus, dimorfi smi sessuali etc.). Le citazioni relative alla frequenza delle

specie (es. endemico, piuttosto raro, abbastanza abbondante) sono state formalizzate secondo una scala semi-quantitativa a 5 livelli (molto raro, raro, comune, molto comune, non defi nito). Le osservazioni sono state raggruppate in periodi di 25 anni (1800-1825, 1826-1850, 1851-1875, 1876-1900, 1901-1925, 1926-1950) per rendere più omogenea la serie storica (Fig. 1.4.6), dal momento che il numero di specie descritte da ciascun autore presentava un’elevata variabilità.

Fig. 1.4.6 - Numero di specie descritte nei diversi periodi di 25 anni. Dopo il 1850 il numero di specie descritte aumenta, probabilmente come conseguenza di una progressiva conoscenza delle comunità ittiche legata ad un miglioramento delle tecniche di navigazione e di pesca e alla conseguente possibilità di esplorare nuovi habitat (acque profonde, mare aperto ecc.).

Il secondo database comprende le statistiche di sbarcato dei principali mercati ittici/aree di pesca dell’Alto Adriatico (Venezia, Chioggia, Trieste, Fiume e litorale austriaco) (Faber, 1883; Levi Morenos, 1916; D’Ancona, 1926, 1949) dal 1874 al 2000, e contiene dati quantitativi (espressi in chilogrammi) per le specie vendute. Le statistiche di pesca forniscono informazioni sulle specie commerciali e, sebbene con alcune limitazioni intrinseche di cui tener conto (aree cui sono riferite, sottostima delle specie non commerciali, scarsa accuratezza, aggregazione di specie), sono comunemente utilizzate per inferire informazioni sulle popolazioni marine, sotto l’assunto che le proporzioni tra le specie commerciali rispecchino la situazione in mare (Pauly et al., 1998; Pinnegar et al., 2002; Libralato et al., 2004). I dati di sbarcato sono stati aggregati in periodi di 25 anni (1876-1900, 1901-1925, 1926-1950, 1951-1975,

1976-2000) per renderli confrontabili con i dati dei naturalisti, e sono stati espressi come percentuale relativa di ciascuna specie per tenere in considerazione l’elevata variabilità inter-annuale degli sbarcati.

Integrazione tra dati semi-quantitativi e quantitativi

Integrando questi due database è stato possibile descrivere con la stessa metrica le popolazioni ittiche nel corso di due secoli, e valutare mediante indicatori la presenza di cambiamenti nelle comunità. Come base per l’integrazione sono stati utilizzati i venticinquenni in cui erano disponibili sia i dati dei naturalisti (semi-quantitativi) che i dati di sbarcato (quantitativi) (1876-1900, 1901-1925, 1926-1950). Il primo passaggio è stato calcolare le curve di frequenza cumulata, per ciascun venticinquennio, delle classi semi-quantitative dei naturalisti (molto raro, raro, comune, molto comune) e dei dati di sbarcato. Successivamente sono stati individuati i limiti (percentili nei dati di sbarcato corrispondenti alle frequenze cumulate delle classi semi-quantitative) per suddividere i dati di sbarcato in 4 classi, le cui distribuzione di frequenza fossero esattamente le stesse dei dati semi-quantitativi (Figura 1.4.7).

a) b)

Fig. 1.4.7 - Integrazione tra dati semi-quantitativi (naturalisti) e quantitativi (sbarcato). Come base per l’integrazione sono stati utilizzati i periodi di sovrapposizione dei due database, si riporta il caso 1876-1900 come esempio. a) Frequenza cumulata delle classi semi-quantitative di “abbondanza percepita” (naturalisti); b) Frequenza cumulata dei dati di sbarcato. Il calcolo dei percentili dei dati di sbarcato corrispondenti alle frequenze cumulate delle classi semi-quantitative permettono di individuare 4 classi le cui frequenze sono le stesse delle classi semi-quantitative.

Per ciascun periodo di sovrapposizione sono stati quindi calcolati per i dati di sbarcato i limiti delle classi corrispondenti alle categorie semi-quantitative (Tab. 1.4.2).

Classi semi-quantitative di “abbondanza percepita”

Classi dei dati di sbarcato (%)

1876-1900 1901-1925 1926-1950

Molto raro < 0.0000 < 0.0016 < 0.0028

Raro 0.0000 < x < 0.0175 0.0016 < x < 0.0118 0.0028 < x < 0.0110 Comune 0.0175 < x < 15.5063 0.0118 < x < 1.3520 0.0110 < x < 10.6112 Molto comune 15.5063 < x < 20.1818 1.3520 < x < 18.7983 10.6112 < x < 18.3775

Tab. 1.4.2 - Classi dei dati di sbarcato (espressi come percentuali) corrispondenti alle classi semi-quantitative dei naturalisti per ciascun periodo di sovrapposizione.

In questo modo è stato possibile esprimere i dati di sbarcato con la stessa metrica utilizzata dai naturalisti, convertendo ciascun dato quantitativo in una delle categorie molto raro, raro, comune e molto comune. Per verifi care la bontà della conversione si sono confrontati i dati ricostruiti con quelli osservati nei periodi di sovrapposizione. Il primo risultato dell’integrazione è stato, dunque, allungare fi no al 2000 la serie storica dei naturalisti.

Cambiamenti a lungo termine della comunità ittica

Per descrivere i cambiamenti della comunità ittica le specie sono state raggruppate in relazione ad alcune caratteristiche ecologiche ricavate dal database on line Fishbase (classi tassonomiche: pesci cartilaginei/ pesci ossei; lunghezza massima; habitat: demersale, pelagico, batidemersale, batipelagico, bentopelagico, fondale roccioso; gruppo funzionale: piccoli, medi, grandi1 demersali/pelagici) (Figg. 1.4.8 a-l). Gli

andamenti temporali sono stati analizzati separatamente per i due database, quello che comprende tutte le specie descritte dai naturalisti (255 specie, periodo 1800-1950), e quello che deriva dall’integrazione tra dati semi-quantitativi e i dati quantitativi, che comprende solo le specie per cui si hanno informazioni quantitative (specie commerciali) (115 specie, periodo 1800-2000). Sono stati, quindi, calcolati gli andamenti temporali dell’incidenza relativa (espressa come percentuale) di ciascun gruppo all’interno della comunità. Si è, inoltre, calcolato il livello trofi co medio della comunità in ciascun venticinquennio. Per effettuare queste analisi è stato necessario attribuire un peso numerico a ciascuna classe semi-quantitativa, per calcolare il contributo delle singole specie. Dal momento che gli estremi delle classi dei dati di sbarcato - corrispondenti alle classi semi-quantitative - seguono un andamento che si avvicina ad un’esponenziale, si è deciso di attribuire 4 pesi che seguissero una scala esponenziale con base 2, ovvero: molto raro = 2; raro = 4; comune = 8; molto comune = 16. Di seguito sono riportati i risultati.

Classi tassonomiche

a) b)

Lunghezza massima

c) d)

Fig. 1.4.8 - Andamenti temporali dell’incidenza di diversi gruppi ecologici. Le specie sono state raggruppate in funzione delle loro caratteristiche ecologiche e sono state pesate attribuendo a ciascuna classe nominale di “abbondanza percepita” un peso secondo una scala esponenziale con base 2. a) incidenza delle classi tassonomiche pesci ossei/cartilaginei, 255 specie, periodo 1800-1950; b) incidenza delle classi tassonomiche pesci ossei/cartilaginei, 115 specie, periodo 1800-2000; c) incidenza di gruppi di specie individuati in base alla loro taglia massima (Lmax, cm), 255 specie, periodo 1800-1950; d) incidenza di gruppi di specie individuati in base alla loro taglia massima (Lmax, cm), 115 specie, periodo 1800-2000. [continua]

Habitat

Gruppo funzionale

g) h)

Livello trofi co

i) l)

Fig. 1.4.8 - Andamenti temporali dell’incidenza di diversi gruppi ecologici. Le specie sono state raggruppate in funzione delle loro caratteristiche ecologiche e sono state pesate attribuendo a ciascuna classe nominale di “abbondanza percepita” un peso secondo una scala esponenziale con base 2. e) incidenza di gruppi di specie individuati in base all’habitat in cui vivono, 255 specie, periodo 1800-1950; f) incidenza di gruppi di specie individuati in base all’habitat in cui vivono, 115 specie, periodo 1800-2000; g) incidenza di diversi gruppi funzionali, individuati in funzione della taglia massima (Lmax, cm) e dell’habitat delle specie, 255 specie, periodo 1800-1950; h) incidenza di diversi gruppi funzionali, individuati in funzione della taglia massima (Lmax, cm) e dell’habitat delle specie, 115 specie, periodo 1800-2000; i) livello trofi co medio della comunità, 255 specie, periodo 1800-1950; l) livello trofi co medio della comunità, 115 specie, periodo 1800-2000. [fi ne]

Discussione

I risultati ottenuti hanno evidenziato come nel periodo considerato vi siano alcuni segnali di cambiamento della comunità ittica dell’Alto Adriatico. In particolare si è evidenziata una diminuzione dell’incidenza dei pesci cartilaginei (squali e razze) rispetto ai pesci ossei (sarde, sgombri, pagelli etc.). I pesci cartilaginei, in genere, hanno caratteristiche biologiche ed ecologiche che li rendono particolarmente vulnerabili alla pesca e ai disturbi antropici, come ad esempio le elevate dimensioni (che ne aumentano la catturabilità), il basso tasso riproduttivo e il raggiungimento tardivo della maturità sessuale. Si è osservata, inoltre, una generale diminuzione dell’incidenza di specie di taglia elevata (ad esempio grandi demersali e grandi pelagici). Specie di taglia elevata sono in genere maggiormente vulnerabili alla cattura e, dato il loro valore commerciale, sono state sfruttate intensamente da secoli. Sono inoltre specie k-strateghe, che presentano un basso tasso riproduttivo e raggiungono tardi la maturità sessuale, caratteristiche che le rendono vulnerabili al sovra-sfruttamento (Pauly et al., 1998; Jennings et al., 1999; Fromentin, 2003; Dulvy et al., 2004; Dulvy and Reynolds, 2002). Parallelamente si è osservato un declino del livello trofi co della comunità ittica. Questo andamento può essere legato alla diminuzione dei grandi predatori che si trovano all’apice della rete alimentare e al conseguente aumento delle loro prede di livello trofi co più basso (fenomeno ampiamente documentato in altre aree e messo in relazione al sovra-sfruttamento delle risorse) (Pauly et al., 2001; Pauly and Palomares, 2005; Pinnegar et al., 2002).

Si tratta di risultati preliminari, che necessitano approfondimenti analitici, ma che rappresentano un segnale di cambiamento in linea a quanto osservato in altre aree in cui lo sforzo di pesca ha modifi cato gli equilibri ecologici degli ecosistemi marini, esercitando un controllo selettivo sulle specie.

In conclusione questo approccio metodologico, che prevede l’integrazione di diverse tipologie di informazione per descrivere i cambiamenti delle popolazioni marine su ampia scala temporale, è risultato ampiamente soddisfacente e questo articolo pone le basi da cui partire per investigare ulteriori aspetti relativi a come e perché le popolazioni marine dell’Alto Adriatico sono cambiate negli ultimi due secoli.

1.4.8. ANALISI DELLO STATO DELLE RISORSE ALIEUTICHE DELL’ALTO ADRIATICO

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