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Il direttore generale e la funzione di city management

E’ il comma 10 dell’articolo 6 della legge 127/1997 (cd. Bassanini bis) ad aver introdotto nell’ordinamento degli enti locali la figura del direttore generale,in un insieme di interventi finalizzati alla razionalizzazione dei rapporti tra organi di estrazione politica e dirigenza locale, dando continuità alla linea di riforma adottata a partire dalla l. 142/1990.Il disposto dell’articolo 51 bis allora introdotto all’interno della legge n.142 è stato,poi,trasfuso nell’articolo 108 del d.lgs. 18 agosto 2000 n.267,nuovo Testo Unico degli enti locali (TU).

Il nostro legislatore ha voluto,così,far emergere una nuova,innovativa funzione di city management nel inquadramento burocratico-istituzionale

degli enti locali,sulla scia di modelli ed esperienze da tempo sviluppate negli U.S.A. e in molti paesi europei.

Rispetto alla corrispondente figura presente nell’esperienza statunitense,il city manager italiano evidenzia comunque peculiari connotati. Nella nostra realtà esso deve confrontarsi con: a) una incisiva leadership del sindaco,di cui è stato rafforzato non solo l’agire come rappresentante della comunità verso lo Stato e catalizzatore degli interessi locali,ma anche con il ruolo di garante della cittadinanza nei confronti della stessa burocrazia (sia quella comunale che quella regionale o statale); b) una figura senza dubbio restia a cedere spazi come quella del segretario comunale.

Negli U.S.A. il city manager coincide con il responsabile della gestione efficace del governo della città. In genere ,tra i suoi compiti principali ci sono: l’esercizio del controllo/supervisione sopra tutti gli uffici,reparti e servizi,posti sotto la sua giurisdizione; la partecipazione alle riunioni del Consiglio(senza diritto di voto); la responsabilità dei flussi informativi diretti al city Council sul funzionamento,sulle finanze e sui bisogni della citta; l’indicazione di raccomandazioni al sindaco ad al City Council sui passi più appropriati riguardo agli affari ed ai bisogni futuri della città.1

Il varo della figura professionale del direttore generale è uno degli effetti dell’evoluzione verso modelli amministrativi fortemente indirizzati alla gestione locale .Nel solco dell’affermazione del principio di sussidarietà,gli enti locali assumono ormai il ruolo di principali soggetti promotori dello sviluppo economico e sociale di un territorio.

Gli anni Novanta (con la legge sulle autonomie locali e le varie Bassanini) hanno fatto da spartiacque tra due culture amministrative: prima era sufficiente la corretta e rigorosa messa in atto delle leggi e la professionalità 1 (cfr Balboni,E, City manager e sistemi di governo politico e amministrativo delle città , in “Regione e

da perte degli amministratori nell’ utilizzare in modo corretto le risorse a loro assegnate, oggi viene quasi imposto agli amministratori di ottimizzare le risorse disponibili,elaborando soluzioni strategiche volte alla salvaguardia della competitività delle singole comunità e al perseguimento dei risultati prefissati.

Più che di introduzione del city manager sarebbe più giusto parlare di nascita e sviluppo “del city management, cioè di attività capace di gestire la città,indotta dalle innovazioni legislative e improntata sul perfezionamento continuo dei risultati raggiunti e sulla puntuale verifica della loro validità economica. In questo iter,il city manager si svolge il ruolo di elemento propulsore,particolarmente attento rispetto ai temi come: l’innovazione e il cambiamento,chiamato a contribuire a questa attività.2

La figura del direttore generale nasce,inoltre,dalla consapevolezza dell’accresciuta valenza economica,tecnologica e di servizio acquisita dagli enti locali,circostanza che abbisogna sempre più spesso un ruolo di direzione di tipo unitario.

Questa esigenza è particolarmente sentita,ad esempio,per la promozione e l’ implementazione negli enti locali, della cultura e degli strumenti direzionali(come per esempio il controllo di gestione oppure i moduli di programmazione/pianificazione e alla gestione per progetti).

Non è solo un problema che riguarda la professionalità manageriale,ma anche un problema che riguarda l’approccio al ruolo,che si traduce in disponibilità all’assunzione del rischio,flessibilità operativa che consenta di riorientare continuamente le attività svolte,attitudine a valutare in termini di costi e benefici le opportunità che si presentano per l’ente.3

2 Di Paolo,M, I City manager visti da vicino. Indagine a campione sulla figura e il ruolo del Direttore generale negli enti locali, in www.forumpa.it

3 Rubini, G,Cambiamento ed innovazione negli enti locali: il ruolo del dirigente generale , in “Aziende pubblica” n. 1-2, 1998, p.128

Alla scelta del legislatore ,del 1997,siamo arrivati tramite la sperimentazione,in alcuni Comuni di dimensioni medio-grandi, in particolare nel centro nord,di figure in parte analoghe all’attuale city manager.Ciò utilizzando la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato ex art.

51,comma 5, l. 142/1990 per testare nuovi ruoli dirigenziali o innovative

professionalità.

Il Comune di Bologna già nel 1990 aveva avviato l’assunzione di un direttore operativo,con contratto a termine di diritto privato,mentre si era conclusa in modo più drammatico la quasi contemporanea iniziativa attuata dal Comune di Genova, nel quale è stata annullata la disposizione che istituiva,in sede statuaria,una più compiuta figura di direttore generale.

Nelle suddette esperienze,già l’utilizzo del termine “direttore operativo” evocava in modo abbastanza diretto la subordinazione di tali figure ad altro referente. Quest’ultimo nel contesto normativo precedente alla legge 127/1997,era,di regola,si concretizzava nella figura del segretario comunale. La nomina del direttore operativo non era finalizzata a contrastare il ruolo e i poteri del segretario,così come determinati dalla legge. Le esperienze di Direzione Operativa hanno, tuttavia,finito manifestare la mancanza di un intreccio tra dimensione organizzativo/gestionale e dimensione politico/istituzionale (intreccio che caratterizza,invece,la figura del city manager).

La scelta di relegare le funzioni del direttore operativo alla sfera gestionale è stata alla base dello scarso successo riscontrato in molti casi. E’,infatti, evidente che all’interno degli enti locali l’innovazione organizzativa e gestionale può essere conseguita nella misura in cui si pretende una dialettica costruttiva tra politica ed amministrazione: proprio l’esperienza dei direttori generali,dal 1997 ad oggi, dimostra come i due piani siano interdipendenti e

come l’innovazione gestionale si concretizzi laddove i confini tra politica ed amministrazione siano definiti in maniera chiara e riconoscibile da tutte le figure in questione. Un bilancio a distanza di qualche anno evidenzia la presenza costante di dubbi e incertezze di fondo sulle coordinate del qualificato ruolo dirigenziale che dovrebbe essere svolto dai city manager. A livello dottrinale,si è manifestata l’esigenza,di puntare su una nuova figura di dirigente generale dell’ente,che sicuramente non potrà identificarsi con la figura tradizionale del segretario comunale,ma forse nemmeno con quella costruita in modo troppo avventato del direttore generale.4