• Non ci sono risultati.

I diritti derivanti dalla legge, dal contratto individuale, dagli usi aziendali e dal contratto collettivo

La responsabilità solidale di cedente e cessionario

2.4.2. I diritti derivanti dalla legge, dal contratto individuale, dagli usi aziendali e dal contratto collettivo

In aggiunta a tutti i diritti di cui sopra, i lavoratori soggetti al trasferimento d’azienda conservano altresì i diritti derivanti dalla fonte collettiva. Ed infatti, riprendendo quanto sopra anticipato, il terzo comma dell’art.2112 c.c. sancisce che «il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento». Tale norma, di base, rappresenta una riprova di quanto esplicitato dal primo comma che, ancora una volta, assicura ai lavoratori la conservazione di tutti i diritti scaturenti dal rapporto di lavoro e quindi indubbiamente anche di quelli di fonte collettiva. Dunque, al contratto collettivo viene conferita una specie di ultrattività che gli permette di dispiegare i propri effetti anche nei confronti del cessionario, un soggetto in realtà svincolato dallo stesso. infatti, si evince che «dovrà concludersi che la permanenza, a trasferimento avvenuto, della previgente disciplina collettiva, non può che essere frutto di una espressa disposizione di legge cui va riconosciuta una portata largamente innovativa...»204. Tuttavia, a differenza di quanto accade nei contratti individuali, si precisa che l’obbligo cui è soggetto il cessionario di garantire i trattamenti dai previgenti contratti collettivi è circoscritto a un determinato arco temporale: la disposizione afferma che gli stessi dovranno essere applicati fino alla naturale data di scadenza dei relativi contratti. Tale obbligo deve tuttavia coordinarsi con la possibile applicazione da parte del cessionario di un diverso contratto collettivo, anche prima della scadenza, in conformità a quanto previsto da entrambe le direttive comunitarie e successivamente recepito anche nella normativa

le modifiche apportate alla normativa italiana per l’attuazione della direttiva n. 98/50/CE, in Dir. rel. ind., 2001, p. 266;

203 C. DE MARCHIS, Aspetti vecchi e nuovi del trasferimento d’azienda alla luce del decreto legislativo 2 febbraio 2001 n.18, in Riv.giur.lav., 2001, I, p. 132

204 Cfr. R. ROMEI, Il rapporto di lavoro nel trasferimento d’azienda, op.cit., pp. 189 e ss. e in particolare p. 194

interna di cui all’art. 2112 c.c. successivamente alla novella arrecata dal D.lgs. 18/2001, la norma precisa che «L’effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti del medesimo livello»205 . Con la possibile sostituzione del contratto collettivo con altri contratti applicabili all’azienda dell’acquirente, il legislatore comunitario, e poi quello nazionale, ha voluto adattare due diverse necessità, quella di garantire, per quanto possibile, la stabilità del rapporto di lavoro nei suoi contenuti, impedendo il verificarsi di complessi cambiamenti per il lavoratore; dall’altro quella di approvare un’uniformazione del rapporto al regime collettivo in atto nell’impresa acquirente206. Si tratta in realtà di una previsione soggetta a diverse critiche. A prima vista, potrebbe porsi in contrasto con quanto disciplinato nel primo comma art.2112 c.c., il quale dispone che «in caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano». Volendo però seguire l’interpretazione prevalente e maggiormente conforme al tenore letterale della norma e senz’altro al fine della tutela dei lavoratori, bisogna chiarire che il richiamo ai contratti collettivi “applicabili” dal cessionario, fornisce la conferma di una regolamentazione non preesistente e quindi che i lavoratori trasferiti conservano il contratto collettivo applicato dal cedente fino alla sua scadenza e, si aggiunge, «salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario»207. E ‘appena il caso di notare che vi è una forte discrepanza dell’operare del principio di conservazione nei confronti dei diritti di fonte individuale e a quelli di fonte collettiva. La ragione di tale distinzione è da ricercare nel fatto che, ovviamente, il cessionario subentra nei confronti del cedente solo nei contratti individuali e non certamente nei contratti collettivi, con la derivata impossibilità di fissare nei primi le previsioni contenute nei secondi. Infatti, la cristallizzazione delle clausole del contratto collettivo adottato dall’alienante produrrebbe il paradosso di obbligare l’acquirente all’applicazione di due contratti collettivi contemporaneamente, uno dei quali

205 U. CARABELLI, Alcune riflessioni sulla tutela dei lavoratori nei trasferimenti d’azienda: la dimensione individuale, Relazione presentata al XII Seminario internazionale di Pontignano, organizzato dall'Associazione Italiana di Diritto del Lavoro e Sicurezza Sociale a Pavia nei gg. 26-30 settembre 1994, in Riv. it. dir. lav., 1995, I, pp. 57 e ss.; F. SANTORO PASSARELLI, Trasferimento d’azienda e rapporto di lavoro, op.cit., pp. 71 e ss.; A. MAGNO, La nuova disciplina del trasferimento d’azienda, in Dir. lav., 1991, I, p. 147; F. LUNARDON, Avvicendamento delle discipline collettive e continuità del rapporto di lavoro, in Mass. giur. lav., 1999, p. 1142;

206 R. FOGLIA, Trasferimenti d’azienda ed effetti sui rapporti di lavoro, in Mass. Giur.lav., 1991, p.334

207 M. AIMO, Le garanzie individuali dei lavoratori, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1999, p.847

insuscettibile di subire modificazioni in peius208. Del resto, appare del tutto condivisibile che i diritti dei lavoratori non possono essere oggetto di modifiche a causa del trasferimento, mentre possono certamente esserlo come conseguenza della successione temporale delle fonti normative (contratto collettivo e legge).

2.5.Gli obblighi procedurali di cui all’art. 47, L. n. 428/1990

L’art.47 della l.n.428/1990, dando attuazione alla Direttiva 187/1977/CE, ha introdotto nel nostro ordinamento, in ipotesi di trasferimento d’azienda o di un suo ramo, precisi obblighi di informazione e consultazione sindacale. Pertanto, conformemente a quanto previsto dal diritto comunitario, il legislatore nazionale aggiunge alla tutela individuale già garantita dall’art.2112 c.c. anche quella collettiva209. Il recepimento di tali prescrizioni comunitarie ha determinato un rilevante potenziamento della tutela collettiva per i lavoratori coinvolti nel processo circolatorio del complesso aziendale. Il legislatore comunitario, infatti, nel tentativo di concretizzare un bilanciamento tra i diversi e coincidenti interessi in gioco nelle vicende traslative dell’impresa, ha voluto così

ingrandire e fortificare il campo di intervento dell’azione sindacale, prescrivendo ai soggetti coinvolti nell’operazione limiti procedurali e sostanziali finalizzati a orientare le parti verso la contrattazione collettiva, reputata la sede più adeguata alla mediazione e conciliazione tra i rispettivi interessi di cui sono portatori da una parte i lavoratori e dall’altra i datori di lavori. La procedura disciplinata nei primi quattro commi dell’art.47 l.n. 428/90 rientra a pieno titolo nel modello regolativo denominato

“procedimentalizzazione” dei poteri datoriali, attraverso il quale il legislatore condiziona poteri riconosciuti al datore di lavoro, e il cui esercizio è in grado di avere ripercussioni (il più delle volte negative) nella sfera giuridica dei lavoratori dipendenti, sottoponendoli

208 Cfr. Cass. 8 settembre 1999 n. 9545, in Foro it., 2001, I, c. 1261 con nota di F. LUNARDON, Avvicendamento delle discipline collettive e continuità del rapporto di lavoro, in Mass. giur. lav., 1999.

209 A. MARESCA, Gli obblighi di informazione e consultazione nel trasferimento d’azienda, in Dir. rel.

ind., 1992, p. 7 e ss. e in particolare p. 18; R. ROMEI, Il rapporto di lavoro nel trasferimento d’azienda, cit.; L. GUAGLIANONE, Le procedure di informazione e consultazione, in Nuove leggi civ. comm., 1992, p. 631; D. GOTARDI, Legge e sindacato nelle crisi occupazionali, Cedam, Padova, 1995, pp. 45 e ss., R.

SANTAGATA, Gli obblighi di informazione nel trasferimento d’azienda: la giurisprudenza di merito, in Mass. giur. lav., 2000, p. 2; ID. Informazione sindacale e trasferimento d’azienda, nota a Pret. Milano 16 febbraio 1998, in Arg. dir. lav., 1999, p. 517; S. LIEBMAN, Garanzie dei diritti individuali ed autotutela sindacale nel trasferimento d’azienda, in Arg. dir. lav. 1995, II, p. 151, P. PASSALACQUA, Trasferimento d’azienda e ruolo del sindacato, in Dir. lav., 2000, I, p. 531; F. ROTONDI e F. COLLIA, La comunicazione nel trasferimento d’azienda, in Dir. prat. lav., 2001, p. 1226

ad un preventivo controllo da parte dei sindacati, cui vengono attribuiti specifici diritti di informazione, consultazione ed esame congiunto nonché la possibilità di concludere accordi che regolino l’esercizio del potere datoriale. La normativa, riferendosi al modello

“procedimentalizzato”, vuole intendere, nel senso di attribuire ai soggetti collettivi un ruolo meramente “partecipativo” e “proceduralizzato”210 nel senso che il confronto tra le organizzazioni rappresentative dei lavoratori e il datore di lavoro può influire unicamente nella determinazione delle ricadute finali sui rapporti di lavoro, ma non può spingersi fino ad intaccare la libertà delle decisioni imprenditoriali che hanno portato all’operazione traslativa. Si accentua, quindi, come la tecnica della procedimentalizzazione ben si adoperi a mitigare quanto previsto dall’art.41 della Costituzione: è evidente che la partecipazione sindacale ha lo scopo di garantire la posizione dei lavoratori coinvolti nel trasferimento, anche se l’onere imposto al datore di lavoro di osservare le disposizioni riguardo l’iter disciplinato nell’art.47 della l.n.428/90 non può tradursi in una limitazione della sua libertà organizzativa ma può solamente indirizzare le sue scelte verso un risultato condiviso211. La tecnica legislativa appena delineata è stata adottata dal nostro legislatore, in particolare, nella disciplina di istituti legati a fenomeni di crisi aziendale, quali la CIGS o i licenziamenti collettivi, nel tentativo di ottenere la mediazione sindacale sul difficile terreno della distribuzione dei sacrifici inevitabilmente richiesti ai lavoratori.

A tale riguardo si ravvisa una generale tendenza, derivante soprattutto dagli obblighi comunitari, a garantire un coinvolgimento attivo dei lavoratori- attraverso le loro rappresentanze- nelle più importanti decisioni imprenditoriali che possono avere riflessi importanti sulle condizioni economico-sociali degli stessi.

L’utilizzo di tale strumento, anche in relazione al trasferimento d’azienda, è facilmente spiegabile in ragione del fatto che il passaggio dei lavoratori dal cedente ad un nuovo datore di lavoro, in un nuovo contesto economico ed organizzativo, può compromettere le condizioni lavorative e/o prevedere minori prospettive di durata dell’occupazione. Per questo l’informazione e la consultazione preventiva sui motivi del trasferimento, sulle conseguenze di quest’ultimo e sulle potenziali misure previste nei confronti dei lavoratori, rispondono alla funzione di mettere a disposizione del sindacato gli strumenti

210 M.NICOLOSI, Il lavoro esternalizzato, in Collana del Dipartimento di Studi Europei e della Integrazione Internazionale, vol.II, Giappichelli Editore, p. 83.

211C. ZOLI (2004), La procedura di partecipazione sindacale in tema di trasferimento d’azienda, in Dialoghi fra Dottrina e Giurisprudenza, Quaderni di Diritto del Lavoro, vol. 2, Luglio - Dicembre 2004

per vincolare le prerogative datoriali in relazione ad eventuali provvedimenti da impiegare nei confronti dei lavoratori e di adottare quindi la strategia ritenuta migliore per tutelare gli interessi dei lavoratori.

Su questo piano si gioca, quindi, la tutela dei lavoratori sul versante collettivo che si aggiunge alle tutele individuali contenute nell’art.2112 c.c.