Si fa riferimento alle ipotesi della costituzione di un pegno339 o di un diritto di usufrutto340 aventi come oggetto la quota di partecipazione assegnata al socio titolare di diritti particolari. Si pone cioè il problema relativo al destino dei diritti particolari relativi al socio debitore nel caso di pegno, e al nudo proprietario nel caso di usufrutto.
L’art. 2471-bis c.c. stabilisce che «la partecipazione può formare oggetto di
pegno, usufrutto e sequestro». Salvo il caso dell’art. 2471, comma 3, c.c.,
espressamente richiamato dall’art. 2471-bis seconda parte, si rinvia in toto alla disciplina dell’art. 2352 c.c., dettata in tema di s.p.a., in base alla quale le prerogative sociali spettano al creditore pignoratizio o all’usufruttuario. Infatti, l’art. 2352, comma 1, c.c., sancisce che «nel caso di pegno o usufrutto sulle
azioni, il diritto di voto341 spetta, salvo convenzione contraria342, al creditore
337 E della quota comune, infatti, come rileva A. TRICOLI, op. cit., p. 1050 in nota (67), “di divisione si deve parlare (…) anche con riferimento allo scioglimento di un regime di contitolarità della quota”. 338 A. TRICOLI, op. cit., p. 1051, il quale in nota (74) cita il pensiero opposto di D. GALLETTI, Il recesso nelle società di capitali, Milano, 2000, p. 256, il quale ritiene possibile esercitare il recesso
parzialmente anche nel caso di quota indivisibile.
339 Il pegno su quote costituisce un importante strumento di garanzia. Nella prassi ha trovato elevata
diffusione, viene costituto in una notevole diversità di ipotesi, si pensi allo scopo di ottenere un mutuo, oppure su richiesta degli istituti di credito per rilasciare finanziamenti alla società emittente, o ancora, al fine di rafforzare la fiducia da parte dei creditori. Per una disamina dell’istituto si rimanda a L. CALVOSA, Il pegno della partecipazione, in AA. VV., S.r.l. commentario. Dedicato a G. B. Portale, a cura di DOLMETTA A. – PRESTI G., Milano. 2011, p. 414 ss.
340 Sul tema si rimanda a P. PISCITELLO, L’usufrutto della partecipazione, in AA. VV., S.r.l. commentario. Dedicato a G. B. Portale, a cura di DOLMETTA A. – PRESTI G., Milano. 2011, p. 421 ss. 341 L’art. 2352, comma 6, c.c., regola “i diritti amministrativi diversi da quelli previsti nel presente articolo”, quali i “diritti amministrativi diversi dal voto (…) non qualificabili come meri attributi del voto”, (quelli strumentali al medesimo, invece, “non possono che seguirne le sorti”, si pensi al diritto di
convocazione o il diritto di intervento), “si ammette la legittimazione disgiunta”. Così rileva L. CALVOSA, Il pegno della partecipazione, cit., p. 417. L’Autrice si riferisce al caso del “diritto di avere
dagli amministratori «notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione» (art. 2376, comma 2, c.c.), il diritto di esercitare l’azione sociale di responsabilità e di richiedere in via cautelare la revoca degli amministratori (art. 2476, comma 3, c.c.), il diritto di sottoporre argomenti alla decisione dei soci
pignoratizio o all’usufruttuario». Nel caso in cui il voto arrechi pregiudizio alle
ragioni del proprietario, è stato sostenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza, che tale circostanza possa dar luogo ad un’azione risarcitoria, ma non rileva ai fini della validità del voto espresso343.
Di fronte a tale questione - nel caso di diritti particolari - si possono configurare due soluzioni: da un lato, se si condivide la tesi del collegamento oggettivo di tali diritti alla partecipazione, facendo riferimento all’art. 2352, comma 6, c.c., in base al quale «salvo che dal titolo (…) non risulti diversamente, i diritti
amministrativi diversi da quelli previsti nel presente articolo spettano nel caso di pegno o di usufrutto, sia al socio sia al creditore pignoratizio o all’usufruttuario», pertanto, si ricava che i diritti passeranno al creditore
pignoratizio o all’usufruttuario; dall’altro lato se si aderisce alla tesi opposta, per cui i diritti sono collegati alla persona del socio, risaltando il carattere personale, emergono alcune difficoltà. Infatti, la soluzione più radicale affermerebbe che i diritti particolari non spetteranno al creditore pignoratizio o all’usufruttuario, ma restano in capo al socio debitore o al nudo proprietario. Tali considerazioni, tuttavia, per quanto corrette, non tengono in considerazione il ruolo economico che tali diritti potrebbero avere ai fini della costituzione del pegno o dell’usufrutto. A tal fine pare opportuno rilevare che qualora la partecipazione sociale contenesse diritti particolari, apparirebbe più vantaggiosa per il creditore pignoratizio e per l’usufruttario, infatti, il primo concederà il credito più facilmente, e il secondo otterrà un’entità più redditizia. Per quanto detto, è peraltro evidente che questo renderebbe più agevole la trattativa volta alla costituzione di pegno o di usufrutto. Tali considerazioni, tuttavia, per quanto
(art. 2479, comma 1, c.c.), il diritto di sollecitare l’adozione in forma assembleare delle decisioni sociali (art. 2479, comma 4, c.c.), il diritto di impugnare le decisioni dei soci sia assembleari sia extra- assembleari (art. 2479-ter c.c.), il diritto di impugnare le delibere consiliari (qualora si ammetta l’applicazione analogica dell’art. 2388, comma 3, c.c.), il diritto di presentare la denuncia al tribunale
ex art. 2409 c.c. (ove lo si ritenga applicabile alla s.r.l.)”. Nello stesso senso si veda P. PISCITELLO,
L’usufrutto della partecipazione, cit., p. 424.
342 Come rileva L. CALVOSA, Il pegno della partecipazione, cit., p. 416, in tal caso, “il diritto di voto può attribuirsi o al creditore pignoratizio o al socio debitore o, purché non contestualmente, anche a entrambe le suddette parti, con la precisazione, in quest’ultima eventualità, degli oggetti su cui ciascuna di esse è chiamata ad esprimersi”.
343 Di tale avviso M. MAGRI, La riforma del diritto societario ed il pegno su quote: tra innovazione e continuità, in Riv. not., 2003, II, p. 1436; L. CALVOSA, Il pegno della partecipazione, cit., p. 416; P.
corrette, devono essere collocate nell’ambito della società, e dobbiamo pertanto chiederci chi è il soggetto legittimato ad esercitare tali diritti verso la società e in quale modo la garanzia pignoratizia e l’usufrutto siano opponibili alla stessa344. Per quanto riguarda, viceversa, il rapporto con gli altri soci, la questione appare più complicata. Gli altri soci potrebbero non condividere che una decisione riguardante la nomina dell’amministratore oppure il diritto di veto circa il compimento di determinate operazioni sia trasferito ad un soggetto estraneo. Allo stesso tempo potrebbe non avere interesse alla questione se il diritto particolare riguardasse il maggior utile o un privilegio patrimoniale, dal momento che, la posizione degli altri soci non subirebbe alcun cambiamento. Dalle considerazioni svolte emerge una duplice soluzione distinguendo in base alla differente prospettiva riguardante il contenuto dei diritti particolari345.
Sarebbe auspicabile un’espressa previsione346 della sorte dei diritti particolari in caso di costituzione di pegno o di usufrutto.
344 A. SANTUS – G. DE MARCHI, op. cit., p. 105, rilevano che non emerge nessuna difficoltà in ordine
all’opponibilità alla società, “in quanto non pare sussistere alcuna differenza dal caso di costituzione di
pegno o usufrutto su una quota priva di collegamento con «particolari diritti»”.
345 Di tale avviso sono A. SANTUS – G. DE MARCHI, op. cit., p. 105-106, i quali rilevano che “se si tratta di diritti inerenti all’amministrazione, la vicenda della garanzia pignoratizia o dell’usufrutto non può né deve comportare alcuna modifica quanto ai rapporti con la società e con gli altri soci: è il socio debitore o nudo proprietario che eserciterà i «particolari diritti» a lui attribuiti, senza quindi alcuna differenza rispetto ad altro socio titolare di analoghi o identici diritti (si tratterà, semmai, di stabilire come il socio debitore – o anche terzo garante – o nudo proprietario risponderà verso il creditore garantito o l’usufruttario per scelte o decisioni che arrecano pregiudizio alla posizione giuridica ed economica di questi). Se, viceversa, a venire in considerazione sono i «particolari diritti» in tema di distribuzione di utili, verificato che comunque la posizione degli altri soci e della società non subisce alcun pregiudizio rimanendo la stessa immutata, nulla si oppone a ipotizzare che, contrariamente ai «particolari diritti»in tema di amministrazione, questi diritti in tema di distribuzione di utili possano formare oggetto di pegno o di usufrutto con effetti sia verso la società che verso i soci”.
Gli Autori aggiungono che potrebbe “essere introdotta una via d’uscita che si fonda sulla
differenziazione che corre tra i diversi ambiti in cui opera la fattispecie”. Sviluppando la tesi del
collegamento soggettivo si potrebbe differenziare in base ai rapporti esterni e interni. “Nei rapporti
esterni – tra il socio debitore o nudo proprietario e la società – tutto rimane immutato: è il socio che esercita i «particolari diritti» a lui attribuiti, qualunque natura essi abbiano. Così gli altri soci non subiranno alcun pregiudizio, e la società non si dovrà preoccupare della legittimazione all’esercizio di tali diritti.
Nei rapporti interni – tra il socio debitore o nudo proprietario e il creditore pignoratizio o usufruttuario, verso i quali sarà tenuto a un comportamento improntato alla correttezza e alla buona fede, riconoscendo agli stessi i benefici economici che i «particolari diritti» gli attribuiscono”.
Tale impostazione è stata criticata da A. TRICOLI, op. cit., p. 1056, affermando che “una tale
ricostruzione, oltre che artificiosa e non ancorata al diritto positivo, risulta essere eccessivamente farraginosa e servirebbe solo da deterrente per l’applicazione degli istituti in esame”. Secondo l’Autore
sarebbe “necessaria una disciplina statutaria che regoli le varie ipotesi di usufrutto o sequestro delle
partecipazioni”.
346 Tuttavia, R. SANTAGATA, I diritti particolari dei soci, cit., p. 306, dubita della validità di una
Nel silenzio del legislatore e dell’atto costitutivo, è stato opinato che relativamente ai “diritti amministrativi particolari (…) il creditore pignoratizio
possa divenire titolare solamente di quei particolari diritti specificativi del diritto di voto già a lui riconosciuto (es.: diritto di nomina degli amministratori). Al contrario, i particolari diritti non connessi alla causa di garanzia sottesa al pegno (es.: diritto ad essere nominato amministratore o diritto di esprimere il proprio gradimento in caso di cessione delle quote) sono generalmente considerati come attributi della persona del socio e, in quanto tali, destinati a rimanere di sua esclusiva spettanza, salvo che all’unanimità ne sia ammesso il trasferimento ai sensi dell’art. 2468, comma 4, c.c.”347.
Per quanto riguarda i diritti particolari riferiti agli utili, l’art. 2352 c.c. tace, pertanto, si è ritenuto che fossero attribuiti, “salvo patto contrario, direttamente
al titolare del pegno”348, applicando l’art. 2791 c.c. relativo al «pegno di cosa fruttifera». Secondo un’altra opinione, relativa al caso di usufrutto, “non può
escludersi che l’attribuzione di una particolare partecipazione agli utili trovi la sua giustificazione nelle caratteristiche personali del socio”349. E, qualora si
tratti di poteri di gestione, è stato sostenuto che spettino all’usufruttuario, il quale sarà soggetto alla responsabilità di cui all’art. 2476, comma 7, c.c.350
Secondo un’altra opinione, sempre in mancanza di una diversa disciplina pattizia, è stato asserito che “i diritti particolari permangano in capo al socio (debitore o
presupposto soggettivo di tali diritti e, “in specie, l’impossibilità di attribuirli a terzi”. Dato che “il loro
interesse non sarebbe incompatibile con l’istanza del socio alla conservazione del valore della partecipazione sociale”, senza distinzione fra diritti di natura amministrativa o patrimoniale. L’Autore,
inoltre, riferendosi alla «convenzione contraria» di cui all’art. 2352, comma 1, c.c., ritiene che questa possa essere intesa nel senso di lasciare il “diritto di voto in capo al socio, non già accrescere i poteri
amministrativi dell’usufruttuario e del creditore pignoratizio”. Infine, relativamente ai diritti
amministrativi diversi dal voto, di cui all’art. 2352, comma 6, c.c., rileva come “fra questi è ragionevole
ricomprendere i diritti amministrativi c.d. minori, non certo ipotizzar una titolarità congiunta di penetranti diritti particolari dei soci”.
347 Così L. CALVOSA, Il pegno della partecipazione, cit., p. 417.
348 Si veda L. CALVOSA, Il pegno della partecipazione, cit., p. 417-418. L’Autrice osserva come questo “si rivela funzionale ad una corrispondente riduzione” del debito del socio, e, allo stesso tempo, “per la società è del tutto indifferente il soggetto a cui riconoscere dividendi”.
349 P. PISCITELLO, L’usufrutto della partecipazione, cit., p. 425.
350 Come rileva P. PISCITELLO, L’usufrutto della partecipazione, cit., p. 425, che osserva, come in tal
caso “l’obbligo di amministrare dell’usufruttuario si traduce nel potere-dovere di partecipare alla
nudo proprietario), il quale deve però esercitarli in modo tale da non pregiudicare le ragioni del creditore pignoratizio o dell’usufruttuario”351.
Pare senz’altro lecita352 una clausola statutaria che subordini l’esistenza dei diritti particolari a una condizione risolutiva delineata dal verificarsi delle suddette ipotesi di pegno e usufrutto. Così, i diritti particolari si estinguerebbero subordinatamente al realizzarsi della costituzione di pegno o di usufrutto353.