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IL “DIRITTO AD UN CIBO ADEGUATO” DAVANTI AI GIUDIC

5. Il diritto al cibo nella giurisprudenza: alcuni case study

Definito così il quadro giuridico internazionale e nazionale, nonché i rispettivi profili di criticità, si vorrebbe ora proporre una breve ricognizione del diritto al cibo e delle sue declinazioni nella giurisprudenza internazionale. A tal fine, verranno illustrati alcuni case study, i quali – a sommesso avviso di chi scrive – permettono di comprendere le diverse istanze che storicamente soggiacciono alla faticosa elaborazione giurisprudenziale di un diritto che, per quanto intuitivamente scontato e immediatamente evidente, appare ancora troppo debole sul piano giuridico-positivo.

Il primo caso degno di nota consiste in una decisione del Tribunale Federale Svizzero risalente al 199630. La vicenda riguarda tre fratelli cechi,

presenti sul territorio svizzero con lo status di rifugiati e senza alcun mezzo di sostentamento. Non erano infatti in grado di lavorare in quanto non disponevano né del permesso di lavoro né dei documenti necessari per poter lasciare il Paese. Ciononostante, la loro richiesta di assistenza alle autorità cantonali di Berna era stata rigettata. La Corte Federale ha riconosciuto che l’art. 12 della Costituzione rappresenta il fondamento per un’istanza di assistenza e quindi anche per il riconoscimento del diritto all’alimentazione. Pertanto i giudici svizzeri, riconoscendo il diritto alle condizioni minime di vita, vi hanno ricompreso la garanzia del soddisfacimento di tutti i bisogni umani fondamentali – e dunque anche quello del cibo – allo scopo di scongiurare le situazioni di estrema indigenza e l’umiliazione della mendicità. A seguito di tale decisione, la Svizzera ha introdotto nel 1999 nella propria Costituzione il diritto all’assistenza in condizioni di indigenza31, che viene a specificare,

30 SWISS FEDERAL TRIBUNAL, references ATF 121 I367, 371, 373 V. = JT 1996 389. 31 Cfr. C. GOLAY, The right to food and access to justice. Examples at the National, Regional

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consolidandole, le previsioni costituzionali già in essere.

Il riconoscimento dei diritti economici, sociali e culturali è altresì pienamente acquisito dalla giovane Costituzione sudafricana, che suggella il definitivo superamento del regime di segregazione razziale in vigore sino al 1991. Il diritto all’alimentazione vi è tutelato da tre differenti articoli: la sezione 27, che riconosce espressamente il diritto al cibo come un diritto sociale (“health, care, food, water and social security”) e le sezioni 28 e 35, recanti una disciplina specifica per le seguenti categorie: rispettivamente “children” e “arrested, detained and accused persons”. Nel 2000 la pronuncia della Corte Suprema nel caso Grootboom v. South Africa32 sancisce la piena giustiziabilità dei diritti

sociali – il diritto all’alloggio, nel caso di specie – stabilendo un parametro di ragionevolezza sul quale misurare l’azione del governo nell’attuazione del diritto invocato. Quale efficace organismo di tutela è successivamente istituita una Commissione dei Diritti Umani, con il mandato di vigilare sul rispetto dell’intero ventaglio dei diritti umani sul territorio dello Stato, attivando a questo fine una raccolta di informazioni sulle azioni intraprese dal governo per dare attuazione – tra gli altri – al diritto all’alimentazione.

Un ulteriore caso a cui si dirige la nostra attenzione si svolge invece in India33.

In questa vicenda il riconoscimento formale del diritto all’alimentazione prende le mosse da un’emergenza alimentare che aveva travolto le popolazioni di vaste regioni dello Stato, colpite da una diffusa siccità. Le autorità nazionali, a livello centrale e periferico, avevano negato al popolo l’accesso alle riserve alimentari stoccate dallo Stato (circa 50 milioni di tonnellate). Era stata in questo caso un’organizzazione non governativa – la People’s Union for Civil Liberties – a presentare una petizione alla Corte Suprema Indiana, nella quale, oltre alla richiesta di accesso alle riserve alimentari motivata dal contesto emergenziale, si avanzava l’istanza di riconoscimento del “diritto all’alimentazione”34 in quanto

tale. In un’ordinanza del 2 maggio 2002 (PUCL v. Union of India and Others), la Corte Suprema ha riconosciuto formalmente il diritto all’alimentazione, assicurandone la giustiziabilità attraverso l’adozione di numerose ordinanze che imponevano obblighi di spesa al governo, il quale – nel giugno del 2009 – approverà infatti il National Food Security Act, fondamento normativo per il

and International Level, FAO, Right to Food Studies, Roma, 2009, 58.

32 The Government of the Republic of South Africa, the Premier of the Province of the Western Cape, Cape Metropolitan Council, Oostenberg Municipality v. Irebe Grootboom and others,

[2000] Case CTT 11/00.

33 PUCL (People’s Union for Civil Liberties) v. Union of India and Others, Petition (Civil) No.

196/2001.

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riconoscimento del diritto all’alimentazione della popolazione indiana35.

Se nel caso indiano l’istanza di tutela promanava da una ONG, nel caso del Canada il giudizio interessa un privato cittadino. La Corte Suprema canadese36

respinge infatti l’istanza della signora Gosselin contro il governo del Quebec per la mancata corresponsione del welfare entitlement negli anni 1984-89, periodo nel quale ella aveva percepito un’indennità sociale di molto inferiore a quella prevista dalla legge canadese per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali della vita. La Gosselin riteneva che tale trattamento integrasse una violazione del diritto alla vita (sez. 7), inibendole di fatto l’accesso a una alimentazione adeguata37. Le istanze della ricorrente erano respinte nei primi gradi di giudizio,

a cui si allineava in un secondo tempo la Corte Suprema del Quebec, negando che gli organi giurisdizionali potessero sostituirsi al legislatore nell’adozione di decisioni di natura economica e sociale. A questa pronuncia si contrapponeva tuttavia la giudice Arbour, Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite dal 2004 al 2008, rivendicando il ruolo del giudice quale interprete qualificato della Carta nonché custode delle libertà fondamentali contro le violazioni legislative e amministrative degli Stati.

L’ultimo caso degno di nota ha interessato la Nigeria38. La vicenda prende le

mosse da un’istanza presentata da molte comunità di Ogoni, le cui risorse (acqua e terra) erano minacciate dalle attività di una compagnia petrolifera composta dalla Nigeria National Petroleum Corporation e dallo stabilimento nigeriano della Shell Corporation. La African Commission on Human and People’s Rights, dopo aver condotto un’indagine in Nigeria, giunge alla seguente conclusione: “Il diritto al cibo comporta che il governo nigeriano non debba né distruggere né contaminare le fonti di cibo. (…) Il governo ha distrutto le fonti di cibo mediante l’azione delle sue forze di sicurezza e della compagnia petrolifera nazionale; ha autorizzato compagnie private a distruggere le fonti di cibo; e, mediante il terrore, ha creato significativi ostacoli alla comunità degli Ogoni che tentava di sfamarsi. (…) Il governo nigeriano viola quindi il diritto al cibo degli Ogoni”39. A ben vedere,

la Commissione Africana non è un organo né giudiziale né quasi giudiziale; tuttavia la Carta africana dei diritti umani ha istituito l’organo giurisdizionale di livello pan africano – la Corte Africana dei diritti umani – che potrebbe giungere alle stesse conclusioni, assicurando così il rispetto del diritto al cibo.

35 S. MOSCATELLI, cit., 113-114.

36 Louise Gosselin v. The Attorney General of Quebec, [2002] 4 S.C.R. 429, 2002 SCC 84. 37 S. MOSCATELLI, cit., 111.

38 The Social and Economic rights action center (Nigerian ONG) e the center for economic and social rights (US ONG) v. Nigeria, sul quale è stata chiamata a pronunciarsi l’African Commission on Human and People’s Rights (155/96) nell’ottobre del 2001.

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