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L’art. 67duodecies del Codice del consumo, disciplinante il diritto di recesso104 , conferisce al consumatore il diritto di recedere unilateralmente dal contratto per la prestazione di servizi finanziari stipulato a distanza con un professionista, “senza penali”105

e “senza specificare il motivo”, assoggettando tale facoltà solamente ad un limite temporale entro il quale egli deve manifestare la propria volontà in tal senso106.

104 Il lavoro di coordinamento e sistemazione attuato con il d.lgs. 206/2005 (il cd. “Codice del consumo”)

ha fatto sì che il legislatore accorpasse la disciplina del recesso di cui al d.lgs. 50/1992 e al d.lgs. 185/1999 prevedendo un termine di 10 giorni lavorativi variamente decorrenti, ed infine, che prevedesse un termine – sempre di 10 giorni lavorativi – per esercitare il diritto di recesso anche nel caso di acquisto di una multiproprietà, che decorre dalla data di conclusione del contratto. In materia di pacchetti turistici, non esiste all’interno del Codice e della disciplina di settore una norma dedicata appositamente al recesso, nel senso che esso è previsto in più articoli, quale forma di reazione all’inadempimento o alle modifiche del contratto, tanto è che si ritiene in questo caso non si tratti di diritto di ripensamento, ma di un recesso per giusta causa. Così, R. GIAMPETRAGLIA, Il diritto di

recesso nel codice del consumo, in Notariato, 2007, p. 80. In dottrina si è sempre dibattuto sulla

qualificazione e/o natura giuridica del recesso di protezione, considerato figura particolare non assimilabile al recesso tradizionale. Quest’ultimo è atto unilaterale di scioglimento di un rapporto contrattuale già esistente, normalmente, concepito come immutabile e non unilateralmente indissolubile (artt. 1372 e 1373 c.c.): il recesso, perlomeno come recesso legale, richiede normalmente una giusta causa o un giustificato motivo, e solo eccezionalmente, in riferimento a contratti tipici di durata è ammissibile un recesso ad nutum; mentre il recesso di pentimento è piuttosto una possibilità di “revoca” concessa al consumatore della sua precedente dichiarazione contrattuale, nei confronti della controparte. Tale “revoca” non richiede alcuna giustificazione e non prevede alcuna penalità e/o indennizzo. Non è allora casuale che la legislazione comunitaria, matrice del diritto di pentimento così come penetrato nel nostro ordinamento, abbia sempre utilizzato termini anche diversi da quello di recesso per indicare il concetto di jus se poenitendi (come ad esempio, diritto di rescindere” il proprio impegno, di cui alla direttiva 85/577/CEE). In tal senso N. ZORZI GALGANO, Lo jus se poenitendi

del consumatore, in Vita notarile, 2007, p. 576. Resta il fatto che l’istituto, soggetto com’è alla sola

volontà dell’acquirente, avrebbe forse meritato una diversa denominazione (“diritto di ripensamento”?) che ne connotasse la funzione di consegnare alla parte debole del rapporto l’occasione di meglio ponderare l’acquisto ed – eventualmente – di ripensarlo. A tal proposito, M. DONA, op. cit., p. 129. 105

L’espressione “senza penali” non deve essere valutata in senso stretto, ossia con specifico riferimento all’art. 1382 c.c., ma deve intesa in senso molto più ampio ed atecnico, riferendosi a qualunque conseguenza patrimoniale negativa per il consumatore a seguito dell’esercizio del recesso. Così G. De CRISTOFARO, Contratti aventi ad oggetto “servizi finanziari” stipulati a distanza e tutela dei

consumatori: il d.lgs. 19 agosto 2005, n. 190, di recepimento della direttiva 2002/65/CE (Seconda parte), in Studium iuris, 2006, p. 385.

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Il testo del decreto ha dato ovviamente attuazione all’ultima versione della direttiva, quella proposta dalla Commissione nel luglio 1999 ed approvata in via definitiva nel settembre 2002. Il livello di protezione dei consumatori sarebbe stato minore se, in assenza delle pressioni del Consiglio e del Parlamento europei, nonché del Comitato economico e sociale, fosse prevalsa la linea inizialmente concepita dalla Commissione nell’ottobre 1998, fondata sull’utilizzo di due strumenti: a) l’attribuzione al consumatore di un periodo di riflessione di almeno due settimane, durante il quale le condizioni contrattuali devono essere ritenute valide ed impegnative solo per il fornitore, prima della definitiva conclusione del contratto (warming up period), e che consente al consumatore la serenità necessaria a comparare le diverse offerte ed esaminare attentamente il contratto prima di dare il suo consenso; b) il riconoscimento di un diritto di recesso successivo alla conclusione del contratto, azionabile però solo a condizione che, durante il periodo di riflessione, il fornitore avesse indicato in modo incompleto le condizioni contrattuali ovvero avesse indotto in modo sleale il consumatore alla conclusione del

Il recesso di pentimento, inizialmente introdotto nei contratti nei quali il particolare contesto della comunicazione tra le parti rendeva più debole la posizione di una delle due, di recente, ha ampliato in maniera significativa la propria area di operatività. L’istituto in parola è divenuto ormai un rimedio fondamentale per la parte consumatrice, che le consente, appunto, di recedere dal contratto entro un breve termine dalla conclusione, a prescindere da qualunque presupposto giustificante o anche con il solo obiettivo del recesso; tale facoltà può configurarsi con certezza come uno dei pilastri imprescindibili della negoziazione fuori sede (per i contratti negoziai i fuori dai locali commerciali, gli artt. 4 ss., d.lgs. n. 50/1992; per i contratti a distanza, l’art. 5, d.lgs. 185/1999; per i contratti di vendita di prodotti finanziari offerti fuori sede o con tecniche di comunicazione a distanza, già l’art. 30, comma 6, d.lgs. 58/1998)107.

contratto. Nella versione attuale la previsione di un periodo di riflessione antecedente alla conclusione del contratto è stata sostituita con il diritto del consumatore a ricevere informazioni preliminari estremamente dettagliate, insieme ad un diritto di recesso non più condizionato, ma avente al contrario portata generale. Così osserva U. PLACANICA, La commercializzazione a distanza di servizi

finanziari alla luce del d.lgs. 190/2005 e della legge 262/2005, op. cit., p. 480.

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V. ROPPO, Il contratto del duemila, Torino, 2005, p. 28. Si è peraltro osservato che sarebbe superficiale ricondurre la ratio sottesa al diritto di recesso alla mera esigenza di tutelare il consumatore nelle ipotesi in cui versi in uno stato di debolezza psicologica, giacché nei contratti a distanza (differentemente da quanto accade nella vendita fuori dai locali commerciali) l’effetto sorpresa non gioca un ruolo significativo, e tanto meno nella negoziazione telematica; infatti, il consumatore telematico è in condizione di procurarsi tutte le informazioni necessarie e comparare le varie offerte, e la tecnica impiegata gli dà, di norma, la possibilità di operare una scelta più ponderata e consapevole rispetto alle potesi di cd. vendita aggressiva. Occorre invece tenere presente che le caratteristiche della negoziazione per via telematica sono la speditezza velocità, e che nella specie lo jus poenitendi è calato, appunto, in un modello di contrattazione che dà priorità alla celerità piuttosto che alla certezza (anche perché spesso il consumatore non ha piena padronanza strumento utilizzato). Deve quindi concludersi che a beneficiare dell’attenuazione della portata del principio secondo il cui il contratto ha “forza di legge tra le parti” non è il solo consumatore, giacché lo jus poenitendi agevola gli operatori commerciali nell’attività di “cattura” del consenso del contraente “debole”, il quale presterà il consenso con maggiore tranquillità proprio perché consapevole della possibilità di rimuovere unilateralmente il rapporto. Così, F. GRECO, Profili del contratto del consumatore, in Studium iuris, 2007, p. 311. Si afferma in dottrina che il diritto di recesso si risolve in un vantaggio per la collettività in virtù dell’incremento degli scambi che con esso vengono a stimolarsi. Inoltre il diritto di recesso incentiva la competizione tra le imprese, le quali sono indotte a migliorare la qualità dei loro prodotti e dei loro servizi, così incidendo favorevolmente sullo stesso rapporto impresa-consumatore. In tal senso si veda G. GRISI, Lo jus poenitendi tra tutela del consumatore e razionalità del mercato, in Riv. critica dir. priv., 2001, p. 602; F. MASTROROSA, M.P. SERRA, op. cit., p. 88; G. GRISI, Jus poenitendi e tutela del consumatore, a cura di Ricciuto, Il contratto telematico, in Trattato Galgano, XXVII, Padova, 2002, p. 177 ss. In senso critico, invece, si è da altri osservato che il vantaggio che l’investitore ricava dal diritto di recesso ha scarsa consistenza, soprattutto se si consideri che la protezione può essere attuata attraverso strumenti ben più efficaci, come: la tipizzazione degli intermediari ed il loro assoggettamento a precise regole di comportamento; la vigilanza sull’osservanza di quelle regole; la garanzia patrimoniale degli intermediari, i quali sono chiamati a rispondere verso il cliente anche per l’operato dei promotori (F. CARBONETTI, Lo jus poenitendi nell’offerta fuori sede di prodotti

Il consumatore può esercitare il diritto di recesso incondizionatamente e senza costi, e soprattutto, senza che il fornitore possa esperire nei suoi confronti alcuna pretesa risarcitoria, indennitaria o di altra natura.

Il diritto di ripensamento si configura, quindi, come uno strumento di autotutela particolarmente efficace, esercitabile a prescindere da una giusta causa e senza penali. La possibilità di liberarsi dal vincolo contrattuale consente, durante il termine di riflessione, di valutare con maggiore consapevolezza l’impegno assunto, considerato anche il forte tecnicismo che caratterizza la fornitura di servizi finanziari e l’elevato valore economico che di frequente contraddistingue tali operazioni108.

Lo scioglimento del vincolo contrattuale per effetto del recesso comporta, oltre che l’obbligo del pagamento del servizio reso, l’obbligo delle parti di restituire quanto ricevuto prima del recesso in esecuzione del contratto.

Gli obblighi restitutori a carico del consumatore e del fornitore sono individuati all’art. 67ter decies, co. 4° e 5°, i quali prevedono che: a) il fornitore, entro un termine di 15 giorni dal giorno in cui egli riceve la comunicazione di recesso, è tenuto a rimborsare al consumatore tutti gli importi da questo versatigli in conformità del contratto a distanza (ad eccezione, ovviamente, dell’importo dovuto per la parte di servizio resa di cui al 1° comma); b) il consumatore, entro un termine di 15 giorni dall’invio della comunicazione di recesso, debba pagare al fornitore il corrispettivo di cui al 1 ° comma, e restituirgli qualsiasi bene o importo che abbia da lui ricevuto.

4. Caratteristiche peculiari delle nullità in tema di commercializzazione a