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L’Agenzia delle Entrate 153

ha precisato che, qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione 154, una sentenza definitiva di non luogo a procedere fondata dalla sussistenza di motivi diversi dalla prescrizione 155, nonché una sentenza definitiva di non doversi procedere 156, venendo meno il presupposto della contestazione sui costi, al contribuente spetta il rimborso delle maggiori imposte versate , degli interessi e delle sanzioni.

Nonostante ciò, in fase di redazione della norma non viene menzionato l’obbligo di restituzione delle sanzioni che il contribuente potrebbe aver pagato in conseguenza della contestazione fiscale. Una possibile interpretazione a tale problema applicativo si realizza mediante il collegamento fra il diritto alla

150

F. TUNDO, Le modifiche a favore del contribuente non fugano dubbi di costituzionalità

sull’indeducibilità dei costi da reato, in Corr. Trib., 2012, n. 28, p. 2138. 151

Circolare 3 agosto 2012, n. 32/E, in banca dati Fisconline. 152

G. ANDREANI – G. FERRARA, Indeducibilità dei costi da reato e soggettivamente inesistenti:

sanzioni e <<reverse charge>>, in Corr. Trib., 2012, n. 45, p. 3492. 153

Circolare 3 agosto 2012, n. 32/E, in banca dati Fisconline. 154

Ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale.

155

Ai sensi dell’articolo 425 del codice di procedura penale.

156

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restituzione e l’estinzione del debito relativo all’imposta. Tuttavia emerge un’obiezione, in quanto in materia tributaria vige un principio generale che non consente la ripetizione delle somme corrisposte in relazione a “rapporti esauriti” 157.

Inoltre, sarebbe incomprensibile, se a seguito dell’esito favorevole del giudizio penale, fosse applicata una sanzione per infedele dichiarazione a fronte di maggiori imposte non più dovute 158. Tale condizione potrebbe verificarsi, ad esempio, qualora il contribuente aderisse ad uno degli strumenti deflattivi previsti dall’ordinamento 159 con riferimento al totale della pretesa o alle sole sanzioni ovvero nelle ipotesi in cui il giudizio tributario pervenga ad una sentenza definitiva prima del termine del procedimento penale. Quest’ultima situazione giuridica potrebbe rivelarsi di frequente manifestazione, in quanto l’articolo 8 comma 1 del D.L. n. 16/2012 ricollega il diritto al rimborso alla sentenza definitiva di assoluzione ed il giudizio tributario, ai sensi dell’articolo 39 del D.Lgs. non prevede fra le cause di sospensione la pregiudiziale penale 160.

È possibile attribuire anche un’altra interpretazione al silenzio del legislatore; nonostante la relazione illustrativa del D.L. 16/2012 cerchi di chiarire che grazie alla nuova formulazione della norma, l’indeducibilità perde la natura di sanzione

157

A. MANZITTI – M. FANNI, L’indeducibilità dei <<costi da reato>>: quando la soluzione

genera (potenziali) nuovi problemi, in Corr. Trib., 2012, n. 25, p. 1904. Gli autori definiscono come esaurito quel rapporto in presenza di un giudicato ai sensi dell’articolo 324 del codice di procedura

civile. Ci sono casi in cui il riferimento è anche alla mancata impugnazione seguita dal versamento delle somme richieste.

158

A. VOZZA, Luci ed ombre nella circolare sull’indeducibilità dei costi da reato, in Corr. Trib. , 2012, n. 40, p. 3092.

159

Fra cui adesioni, conciliazioni, e cosi via.

160

A. MANZITTI – M. FANNI, L’indeducibilità dei <<costi da reato>>: quando la soluzione

genera (potenziali) nuovi problemi, in Corr. Trib., 2012, n. 25, p. 1904. L’articolo 39 del D.Lgs

546/1992 dispone che “il processo è sospeso quando è presentata querela di falso o deve essere

deciso in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti delle capacità di stare in giudizio”. Gli autori specificano che in campo tributario non esiste una

clausola “in bianco” come quella prevista ai sensi dell’articolo 295 del codice di procedura civile, ma la giurisprudenza di Cassazione è intervenuta sul punto stabilendo che la regola indicata dall’articolo 295 è applicabile in ambito tributario ai soli caso di pregiudiziale tributaria.

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impropria, non risulta essere completamente convincente. Infatti, a prescindere da ogni giudizio di valore, alcuni costi resi indeducibili dalla norma potrebbero considerarsi, in senso stretto, inerenti all’attività di impresa tali per cui risulta difficile escludere, in ogni caso la natura di sanzione impropria dell’indeducibilità del costo. Inoltre, la nuova disposizione contiene vari elementi che confermano tale natura, fra cui il principio del favor rei, al quale è fatto riferimento nella disposizione transitoria contenuta nel comma 3 dell’articolo 8 del D.L. 16/2012.

È possibile giungere alla conclusione che la restituzione delle sanzioni non sia prevista espressamente dal legislatore in quanto le sanzioni non sono applicabili a fronte della configurazione già come tale dell’indeducibilità del costo 161.

La dottrina 162 , pur ammettendo che molto probabilmente questa interpretazione non è stata l’intenzione del legislatore, ritiene che sia quella che rende la norma “maggiormente giustificabile in un’ottica di sistema”.

Un’ulteriore questione da affrontare in riferimento sia all’individuazione delle condizioni per la contestazione, sia per quanto concerne il diritto al rimborso si ha con riguardo alla prescrizione 163. La sentenza di non luogo a procedere non impedisce la contestazione di indeducibilità se allegata alla prescrizione del reato; inoltre quest’ultima non ostacola l’eventuale diritto al rimborso ai sensi dell’ultimo capoverso dell’articolo 8 comma 1 del D.L. 16/2012 164

.

161

A. MANZITTI – M. FANNI, L’indeducibilità dei <<costi da reato>>: quando la soluzione

genera (potenziali) nuovi problemi, in Corr. Trib., 2012, n. 25, p. 1904. 162

A. MANZITTI – M. FANNI, L’indeducibilità dei <<costi da reato>>: quando la soluzione

genera (potenziali) nuovi problemi, in Corr. Trib., 2012, n. 25, p. 1904. 163

. MANZITTI – M. FANNI, L’indeducibilità dei <<costi da reato>>: quando la soluzione

genera (potenziali) nuovi problemi, in Corr. Trib., 2012, n. 25, p. 1904. 164

Tale capoverso dell’articolo 8 comma 1 del D.L. 16/2012 dispone che “Qualora intervenga una

sentenza definitiva di assoluzione compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi”.

54

Sulla base del settimo comma dell’articolo 157 del codice penale è prevista la possibilità per l’imputato di rinunciare ad avvalersi della prescrizione. Qualora ciò avvenisse non ci sarebbero problemi in merito e verrebbero applicati i principi fino ad ora esaminati; nel caso in cui, invece, si manifestasse la rinuncia alla prescrizione, al fine di poter decidere sulla indeducibilità o meno del costo, il giudice tributario sarebbe l’unica autorità a dare una propria valutazione in via incidentale ai sensi dell’articolo 2 del D. Lgs. n. 546/1992 165

. Emergono, tuttavia, evidenti difficoltà per il giudice tributario nella valutazione in via incidentale della sussistenza dei presupposti per l’indeducibilità dei costi; nonostante ciò, nell’ipotesi di mancata rinuncia alla prescrizione, risulta ostacolata la possibilità di ottenere il rimborso in tutti i casi in cui il giudizio tributario si sia già concluso in termini negativi ovvero nei casi in cui il contribuente sia ricorso ad istituti deflattivi del contenzioso 166

L’ipotesi il cui il giudizio tributario si concluda prima dell’intervenuta prescrizione penale si verifica frequentemente: l’Agenzia delle entrate deve, da un lato, emettere i propri atti entro un termine decadenziale che potrebbe non corrispondere a quello di prescrizione del reato; dall’altro lato il processo tributario prevede fra le cause di sospensione, ai sensi dell’articolo 39 del D. Lgs, n. 546/1992, le sole ipotesi in cui “sia presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o capacità delle persone”.

165

L’articolo 2, comma 3 del D.Lgs. n. 546/1992 prevede che “ Il giudice tributario risolve in via

incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o sulla capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio”.

166

A. MANZITTI – M. FANNI, L’indeducibilità dei <<costi da reato>>: quando la soluzione

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Capitolo Terzo

SOLUZIONI APPLICATIVE

1. Operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti

Il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, ha introdotto importanti novità anche in tema di annotazione di fatture per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti. La definizione di operazione inesistente è riscontrabile nel D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 che disciplina in modo organico le violazioni penali – tributarie; l’articolo 1 di tale decreto, rubricato “Definizioni”, definisce le fatture o altri documenti per operazioni inesistenti come le fatture o gli altri documenti aventi rilevo probatorio emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o parzialmente o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore rispetto a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi. Un’operazione può essere considerata inesistente oggettivamente o soggettivamente.

L’inesistenza oggettiva è individuata da ogni tipologia di discordanza fra realtà commerciale ed evidenza documentale della stessa 167.

Tale reato è soggetto alla sanzione prevista dall’articolo 2 del D.Lgs 74/2000 rubricato “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, il quale prevede che esso sia considerato commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture

167

A. LATTANZIO, Gli aspetti fiscali e penali della nuova disciplina della (in)deducibilità dei

costi da reato, in Relazione della commissione di studio ”Fiscalità, contenzioso e rapporti con

l’Amministrazione finanziaria” dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Trani, Ottobre 2012

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o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’Amministrazione finanziaria 168

.

Il reato di dichiarazione fraudolenta è configurabile anche nel caso in cui la falsa documentazione venga originata dallo stesso utilizzatore che la faccia emergere come proveniente da terzi 169.

Nel concetto di inesistenza oggettiva sono comprese sia l’inesistenza materiale, sia l’inesistenza giuridica; la prima fattispecie si manifesta in un accordo illegale fra una parte venditrice ed una acquirente, in cui quella venditrice emette fattura per una prestazione di servizi o una cessione di beni, che nella realtà non vengono effettuate. In tale caso il soggetto che compare come acquirente, dopo aver ricevuto la fattura, la registra nella propria contabilità e di conseguenza la detrae ai fini Iva e, qualora il costo rispetti apparentemente il principio di inerenza lo deduce ai fini delle imposte sui redditi. Egli, tuttavia, non procederà all’effettivo pagamento della fattura, in quanto il soggetto venditore provvederà a restituire , dedotto il proprio “provento”, quanto ricevuto dall’acquirente con strumenti non tracciabili. Il venditore, di conseguenza, non provvederà a versare il proprio debito Iva derivante dalla fattura emessa nei confronti dell’acquirente fittizio 170.

168

Differisce dalla fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici prevista dall’articolo 3 del D. Lgs. 74/2000, la quale è configurabile solo nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili; infatti la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti definita dall’ articolo 2 del suddetto decreto, può essere commesso da qualsiasi soggetto obbligato alle dichiarazioni dei redditi o IVA. La sentenza della Cass. , Sez. III pen., 10 novembre 2011, n. 46785 ha inoltre precisato che la fattispecie di cui all’articolo 3 è condizionata ad una soglia dell’imposta evasa e degli elementi attivi sottratti all’imposizione che ne definiscono la configurabilità, in banca dati Fisconline.

169

Cass. Sez III pen., 24 novembre 2011, n. 48498, in banca dati Fisconline.

170

A. LATTANZIO, Gli aspetti fiscali e penali della nuova disciplina della (in)deducibilità dei

costi da reato, in Relazione della commissione di studio ”Fiscalità, contenzioso e rapporti con

l’Amministrazione finanziaria” dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Trani, Ottobre 2012.

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L’inesistenza materiale può essere anche “parziale” qualora le fatture siano emesse a seguito di operazioni “in parte” non realmente effettuate. L’inesistenza giuridica, invece, si verifica quando la fattura viene emessa per un negozio simulato ovvero per un negozio giuridico apparente, differente da quello realmente posto in essere fra le parti.

Ulteriore ipotesi di inesistenza oggettiva si verifica nei casi di sovrafatturazione171 che si realizza quando le fatture emesse a fronte di operazioni realmente effettuate riportano un corrispettivo maggiore di quello pagato, o superiore al valore effettivo dei beni ceduti o dei servizi prestati.

L’operazione soggettivamente inesistente, invece, si realizza nei casi in cui la fattura viene emessa per una prestazione realmente avvenuta, ma che si è manifestata con un soggetto differente rispetto a quello che viene indicato nella fattura che comprova l’effettuazione dell’operazione. Si tratta di una “species di falsità ideologica” che caratterizza un documento emesso ai sensi dell’articolo 21 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 172. In questa fattispecie la falsità ideologica non riguarda la rappresentazione dell’aspetto oggettivo della prestazione indicata in fattura, ma attiene esclusivamente all’ambito soggettivo della stessa.

La definizione di fatture soggettivamente inesistenti è riscontrabile nell’articolo 1, comma 14, lettera a), del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 nel quale è precisato che sono da imputare a tale categoria “le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie (…) che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.

171

Il concetto di sovrafatturazione è riscontrabile nella disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 1, lettera a) del D.Lgs n. 74/2000.

172

F. T. COALOA – D. CONTE, Fatture soggettivamente inesistenti: costi sempre deducibili ma

58

Già in passato la L. 516/1982, la cosiddetta “manette agli evasori”, prevedeva all’articolo 4, comma 1, lettera d), la sanzionabilità penale di tale fenomeno e fu introdotta per la prima volta nell’ordinamento nazionale, con l’articolo 50, comma 4, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l’ipotesi della punibilità in via criminale della condotta di emissione di fatture per operazioni inesistenti 173.

L’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti risulta particolarmente diffuso nelle cosiddette “frodi carosello”. Esse richiedono la presenza di almeno tre elementi: a) è fondamentale il coinvolgimento di tre società, di cui una situata in un altro Paese comunitario rispetto allo Stato membro dove è commessa la frode; b) una delle due società nazionali deve svolgere il ruolo di “cartiera”, non versando l’Iva a debito accumulata in ragione dell’emissione di fatture imponibili relative a cessioni nazionali; c) occorre procedere ad emissione di fatture fra le società stesse, con il formale passaggio dei beni oggetto di compravendita dal fornitore estero alla cartiera e da quest’ultima al destinatario, anche se in realtà la merce viene direttamente trasferita a quest’ultimo 174.

La società “cartiera” è, generalmente priva di consistenza patrimoniale, non svolge alcuna attività economica ed è domiciliata presso un indirizzo fittizio o di comodo; la sua unica funzione è quella di emettere fatture per operazioni inesistenti.

Nella previgente disciplina in merito alle fatture soggettivamente inesistenti si era diffusa una prassi che aveva condotto gli organi accertatori all’emissione di numerose contestazioni. Infatti, l’Agenzia delle entrate ampliava spesso l’ambito di

173

F. T. COALOA – D. CONTE, Fatture soggettivamente inesistenti: costi sempre deducibili ma

per l’IVA va dimostrata la buona fede, in Il Fisco, 2012, n. 38, p. 6191 174

F. ANTONACCHIO, Costi da reato e fatture false: novità legislative ed emergenti criticità, in Il

59

applicazione ricomprendendo anche “i costi la cui rappresentazione documentale fosse inficiata dall’indicazione di soggetti diversi da quelli effettivi” 175

.

La Corte di Cassazione176 con una pronuncia del 2011, è nuovamente intervenuta sulla questione della deducibilità ai fini delle imposte sui redditi dei costi derivanti da operazioni considerate soggettivamente inesistenti, affermando che in ambito di imposizione diretta i costi documentati da fatture soggettivamente inesistenti, purché relative ad operazioni effettive e reali, sarebbero deducibili dal reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 109 del T.U.I.R.

A seguito della modifica intervenuta con il decreto semplificazioni177 tale interpretazione ha perso ogni significato, poiché come già affrontato nei capitoli precedenti, la mera riconducibilità è stata sostituita dal concetto di diretto utilizzo della prestazione o del bene oggetto di costo nel compimento di un reato. In questo senso la nuova formulazione della norma prevede l’indeducibilità solo di quei componenti negativi che si manifestano come “causa e non semplicemente occasione del delitto non colposo” 178 . È reso evidente, quindi, l’estraneità dall’ambito di applicazione della norma in esame delle operazioni descritte in fatture

175

F. T. COALOA – D. CONTE, Fatture soggettivamente inesistenti: costi sempre deducibili ma

per l’IVA va dimostrata la buona fede, in Il Fisco, 2012, n. 38, p. 6191. Gli autori ritengono

innegabile che tali poste negative di reddito siano riconducibili a condotte integranti di fattispecie di reato ed integrino, quindi, i presupposti previsti dal precedente comma 4bis per l’indeducibilità. 176

Corte di Cassazione, sentenza 29 aprile 2011, n. 9537, in banca dati Fisconline. Il caso affrontato dalla sentenza riguarda una “frode carosello” di metalli preziosi. La Cassazione aveva affermato che i costi derivanti da fatture false potevano essere dedotti ai fini delle imposte dirette a condizione che: a) i beni oggetto di compravendita fossero stati realmente acquistati e pagati; b) la fatturazione fosse avvenuta per un importo uguale a quello contabilizzato;c) i costi fossero inerenti all’attività di impresa della società acquirente. Ulteriore requisito posto dalla Cassazione riguardava la dimostrazione della buona fede da parte del contribuente mediante mezzi probatori differenti rispetto all’effettiva disponibilità dei beni acquistati e dall’effettivo pagamento del prezzo.

177

D.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modifiche dalla L. 26 aprile 2012, n.44 in banca dati

Fisconline. 178

B. SANTACROCE – D. PEZZELLA, Il decreto sulle semplificazioni fiscali prova a fare

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inficiate dal punto di vista soggettivo e ciò comporta la loro assoluta deducibilità ai fini delle imposte dirette.

Tali fatture non rappresentano la causa del reato legato alla fatturazione inesistente, infatti il costo non è sostenuto per emettere la fattura stessa, ma rappresenta l’occasione per emetterla 179

. Di conseguenza, in presenza di costi indicati in fatture soggettivamente false non sussiste il rapporto di diretto utilizzo fra il costo ed il reato previsto come presupposto per l’indeducibilità ai sensi del comma 4-bis.

Questa interpretazione è stata accolta anche dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 32/E del 3 agosto 2012 180 che ha riconosciuto la totale irrilevanza ai fini delle imposte dirette dei vizi soggettivi della fattura. La circolare dispone che i costi relativi all’acquisizione di beni o servizi anche se documentati da fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, qualora non siano stati utilizzati per il compimento di reati, sono deducibili. Infatti il costo indicato in fattura non rappresenta quello dei beni o servizi direttamente utilizzati per la commissione del reato stesso.

179

B. SANTACROCE – D. PEZZELLA, Il decreto sulle semplificazioni fiscali prova a fare

chiarezza sull’indeducibilità dei costi da reato, in Corr. Trib., 2012, n. 13, p. 924. 180

Circolare 3 agosto 2012, n. 32/E, in banca dati Fisconline. Nella circolare si legge in merito: “i

costi relativi all’acquisizione di beni o servizi che, ancorché documentati da fatture per operazioni inesistenti, non siano stati utilizzati per il compimento di alcun reato, sono deducibili, ove, ovviamente, ricorrano i requisiti generali di deducibilità dei costi previsti dal testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (…) il costo esposto nella fattura c.d. soggettivamente inesistente non rappresenta, solo per tale motivo, quello dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per la commissione del reato stesso”.

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2. Il nuovo regime sanzionatorio in caso di fatture per operazioni oggettivamente