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La rilevanza dell’avvio dell’azione penale

Ulteriore punto di novità rispetto alla precedente formulazione concerne, come condizione necessaria, l’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero in sede di indagine o la sussistenza di un rinvio a giudizio del giudice per l’udienza preliminare. Questa condizione assume una notevole importanza in quanto subordinando l’indeducibilità del costo ad una preventiva valutazione e condivisione dell’ipotesi di reato da parte del Pubblico Ministero o del giudice si evita che la

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F. TUNDO, Indeducibilità dei costi da reato: i difficili rapporti fra processo penale e tributario, in Corr. Trib., 2012, n. 22, p. 1684.

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F. TUNDO, Indeducibilità dei costi da reato: i difficili rapporti fra processo penale e tributario, in Corr. Trib., 2012, n. 22, p. 1684. L’autore ritiene che la società, non essendo parte del processo penale, non necessariamente ne conosce le dinamiche.

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trasmissione della notizia di reato sia finalizzata ad avviare un accertamento tributario 130.

Nella previgente versione del richiamato comma 4-bis vi era il dubbio interpretativo che la sanzione indiretta dell’indeducibilità potesse trovare applicazione solo dopo la condanna penale, cioè dopo l’accertamento da parte del giudice penale della responsabilità dell’autore del reato, oppure anche prima di tale momento, fermo restando la possibilità che qualora fosse emersa l’insussistenza del reato, l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto riconoscere la deducibilità di quei costi che era stata in precedenza negata. È proprio all’Amministrazione finanziaria che veniva affidato il compito di valutare, in via anticipata rispetto all’intervento del Pubblico Ministero, la rilevanza penale del comportamento del contribuente. Rimaneva, tuttavia, compito del giudice penale di accertare la sussistenza degli elementi soggettivi ed oggettivi dell’illecito.

In fase di conversione di legge è stato posto un emendamento che prevede che “Non sono ammessi in deduzione i costi e le spese di beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 424 del codice di procedura penale ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato previsto dall’articolo 157 del codice penale”.

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A. MANZITTI – M. FANNI, L’indeducibilità dei <<costi da reato>>: quando la soluzione

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È opportuno chiarire che l’emissione del decreto ai sensi dell’articolo 424 del codice di procedura penale 131 è successivo all’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero. Una “lettura garantista”, cosi come definita dalla dottrina 132

, indurrebbe a ritenere sufficiente l’azione del Pubblico Ministero ogni volta che non sia prevista l’udienza preliminare 133

. Se questa fosse la lettura corretta, comporterebbe il subordinare della contestazione di indeducibilità dei costi ad un duplice esame: quello del Pubblico Ministero e quello del giudice dell’udienza preliminare. Sarebbero esclusi i casi in cui l’udienza preliminare non è stata ritenuta necessaria dal legislatore per la manifestazione di alcune prove evidenti del reato ovvero per volontà dell’imputato che abbia prediletto un rito più celere, spesso caratterizzato da sconti in termini di pena.

Tuttavia la disposizione prevede in via eccezionale che l’indeducibilità possa essere comunque contestata nel momento in cui l’udienza si concluda con una sentenza di non luogo a procedere basata sull’avvenuta prescrizione del reato. In questa ipotesi l’indeducibilità verrebbe contestata solo sulla base della richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico Ministero.

In altre parole, dopo che l’atto o l’attività sono qualificati come delitto non colposo in sede di avvio dell’azione penale, l’indeducibilità dei costi non può essere

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Si può verificare ad esempio quando il giudice dell’udienza preliminare attribuisce una diversa qualificazione al reato, che a differenza di quanto definito dal Pubblico Ministero, acquisisce rilevanza ai fini dell’indeducibilità; da A. BORGOGLIO, I chiarimenti del Fisco sulla nuova

disciplina dei costi da reato, in Il fisco, 2012, n. 33, p. 5395. 132

A. MANZITTI – M. FANNI, L’indeducibilità dei <<costi da reato>>: quando la soluzione

genera (potenziali) nuovi problemi, in Corr. Trib., 2012, n. 25, p. 1902. 133

Ad esempio nei casi di citazione diretta a giudizio, decreto penale di condanna o giudizio direttissimo.

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messa in discussione se non quando si perviene ad uno stato di “qualificazione” negativa attraverso una sentenza di proscioglimento 134.

Tale interpretazione, però appare in contrasto con la parte della norma in esame che disciplina il diritto al rimborso. Quest’ultimo, infatti, sorge anche in presenza di una “sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 del codice di procedura penale”. L’articolo 425 del codice di procedura penale presuppone che il contribuente sia chiamato a corrispondere delle somme nel periodo intercorso fra la richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico Ministero e l’udienza preliminare. In altre parole presuppone che l’Agenzia delle entrate abbia emesso l’avviso di accertamento nel quale si contesta l’indeducibilità del costo già al momento dell’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero 135

. Come è possibile osservare tale interpretazione appare contrastante con quella precedentemente fornita, in base alla quale l’Agenzia delle entrate non potrebbe contestare il costo fino all’esame positivo della richiesta inoltrata dalla pubblica accusa da parte del giudice per l’udienza preliminare.

Quanto fino ad ora esaminato mette in evidenza la volontà del legislatore di attribuire al giudice penale la verifica del presupposto di applicazione del nuovo regime, esplicabile dalla “qualificabilità” come delitto non colposo dell’atto o attività ai quali sono riconducibili i costi pretesi come indeducibili. In tal senso altresì, appare evidente la volontà del legislatore di privare il giudice tributario del

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A. CARINCI, La disciplina sui costi da reato abbandona il doppio binario tra giudizio

tributario e giudizio penale, in Corr. Trib., 2013, n. 1, p. 65. L’autore specifica fra le sentenze di

proscioglimento, la sentenza definitiva di non luogo a procedere, la sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’articolo 530 c.p.p. o la sentenza di definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’articolo 529 del c.p.p.

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A. MANZITTI – M. FANNI, L’indeducibilità dei <<costi da reato>>: quando la soluzione

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potere di verificare la sussistenza dei presupposti di applicazione del regime di indeducibilità, al quale residua solo l’esame del parametro del “diretto utilizzo” .

Ci sono, tuttavia, ipotesi in cui è inevitabile attribuire al giudice tributario il potere di conoscere, in via incidentale, la sussistenza o meno del requisito della “qualificabilità” dell’atto o attività come delitto non colposo. Questa ipotesi è riscontrabile nel caso in cui il processo penale si chiuda constatando l’intervenuta prescrizione del reato, ai sensi dell’articolo 157 del codice penale.