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Sulla base della circolare 32/E dell’Agenzia delle Entrate136 , dall’esercizio dell’azione penale per un delitto non colposo dovrebbero scaturire una serie di sanzioni, penali e tributarie a carico del soggetto imputato. In particolare, in aggiunta alla sanzione penale in caso di condanna al termine del processo in Tribunale, risulterà dovuta anche la sanzione tributaria per infedele dichiarazione relativamente al recupero a tassazione dei costi relativi ai beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento dell’attività delittuosa e la sanzione penale per infedele dichiarazione fiscale, qualora siano superate le soglie di punibilità previste dal D.Lgs. n. 74/2000.

Questo “effetto moltiplicatore” delle sanzioni, cosi come definito dalla dottrina 137 , risulta essere dalla stessa molto criticato poiché emerge una sproporzionata reazione sanzionatoria dell’ordinamento alla commissione di un delitto non colposo che prevede, oltre alla pena per il delitto e alla sanzione

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Circolare 3 agosto 2012, n. 32/E, in banca dati Fisconline. 137

A. VOZZA, Luci ed ombre nella circolare sull’indeducibilità dei costi da reato, in Corr. Trib., 2012, n. 40, p. 3091

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concernente l’indeducibilità dei costi da reato, anche le sanzioni per infedele dichiarazione 138.

A tal ragione, per attenuare le conseguenze sanzionatorie, il contribuente nei cui confronti è stata esercitata azione penale può produrre, se ancora nei termini e qualora non sia iniziato nessun accesso o controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, una variazione fiscale in aumento pari ai costi non deducibili attraverso una dichiarazione integrativa 139. Per l’Agenzia delle Entrate 140, tale dichiarazione integrativa, qualora sia presentata tempestivamente e, comunque, prima dell’avvio di controlli fiscali, comporterebbe, alla stregua di un ravvedimento operoso, la riduzione della sanzione tributaria per infedele dichiarazione ad un ottavo e produrrebbe effetti positivi in relazione al delitto dichiarativo 141. In realtà, fermo restando che il reato si realizzi con la presentazione della dichiarazione infedele, il ravvedimento del contribuente non esclude l’imputazione per il delitto fiscale, ma comporta come circostanza attenuante, ai sensi dell’articolo 13 del D. Lgs. N. 74/2000 una riduzione della pena fino ad un terzo.

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Ai sensi dell’articolo 1 comma 2 del D. Lgs. n. 471 del 1997 il disconoscimento da parte dell’Amministrazione finanziaria dei costi da reato, comporta l’irrogazione della sanzione per dichiarazione infedele dal 100% al 200% della maggiore imposta accertata. Anche sulla base della circolare 32/E dell’Agenzia delle Entrate.

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A. BORGOGLIO, I chiarimenti del Fisco sulla nuova disciplina dei costi da reato, in Il Fisco, 2012, n. 33, p. 5397. L’autore da riferimento all’articolo 2 comma 8 del D.P.R. n. 322/2008 che dispone “ Salva l’applicazione delle sanzioni, le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale

sulle attività produttive e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni”.

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Circolare 3 agosto 2012, n. 32/E, in banca dati Fisconline. 141

A. VOZZA, Luci ed ombre nella circolare sull’indeducibilità dei costi da reato, in Corr. Trib., 2012, n. 40, p. 3091. Il ravvedimento operoso è disciplinato dall’articolo 13 comma 1 lett. b) del D. Lgs. N. 472/1997 che prevede che la sanzione sia ridotta “ ad un ottavo del minimo, se la

regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore”.

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Si tratta, tuttavia, di una soluzione difficilmente praticabile a causa del termine breve previsto per il ravvedimento, in quanto potrebbe essere già decorso nel momento in cui il contribuente viene a conoscenza della richiesta di rinvio a giudizio.

Qualora l’eventuale ravvedimento, mediante dichiarazione integrativa recante una modifica in aumento corrispondente ai costi da reato dedotti nella dichiarazione iniziale, avvenisse dopo la richiesta di rinvio a giudizio, assumerebbe le vesti di un’ammissione di colpevolezza e quindi un’adesione a quanto definito dall’accusa penale. Nel caso in cui, invece, il procedimento penale non fosse ancora iniziato, il ravvedimento potrebbe essere interpretato come un riconoscimento del fatto che i costi sono stati sostenuti per commettere il delitto non colposo. Sono queste le ragioni che hanno spinto la dottrina 142 a ritenere che il ravvedimento non sia lo strumento adeguato per frenare l’effetto moltiplicatore delle sanzioni.

L’Agenzia delle Entrate 143

ha specificato, inoltre, che nell’ipotesi in cui venga a conoscenza dell’esercizio dell’azione penale oltre i termini decadenziali dell’attività accertatrice, qualora l’indeducibilità dei costi sia tale da definire uno dei reati penali tributari per cui sussiste l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale 144

, diventa operativo il

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A. VOZZA, Luci ed ombre nella circolare sull’indeducibilità dei costi da reato, in Corr. Trib., 2012, n. 40, p. 3092.

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Circolare 26 settembre 2005, n. 42/E, in banca dati Fisconline.

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A. BORGOGLIO, I chiarimenti del Fisco sulla nuova disciplina dei costi da reato, in Il Fisco, 2012, n. 33, p. 5397. L’autore fa riferimento all’articolo 43 comma 3 del D.P.R. n. 600/1973 che dispone che “ in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del

codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”. L’autore, inoltre, fa cenno ad un’interpretazione fornita dalla Corte

Costituzionale con la sentenza n. 247/2011 (in banca dati Fisconline) in cui è specificato che l’unica condizione che comporta il raddoppio dei termini è la sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui sorge e dal suo adempimento.

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raddoppio dei termini di accertamento in riferimento all’anno di imposta in cui è stata commessa la violazione.

La soluzione potrebbe essere rinvenuta attribuendo all’indeducibilità dei costi da reato natura sanzionatoria 145. Infatti, se fosse adottata una lettura impositiva della norma, la dichiarazione di un reddito determinato deducendo costi per i quali non è ammessa la deduzione, comporterebbe il necessario intervento da parte dell’Agenzia delle entrate che contesterebbe la violazione di tale norma impositiva. Se, invece fosse considerata la natura sanzionatoria, non emergerebbe la violazione di una norma impositiva tale per cui non sarebbe possibile sanzionare il contribuente per infedele dichiarazione dei redditi, sia in sede tributaria e sia a titolo di reato fiscale.

Facendo un passo indietro, abbiamo accennato che l’Agenzia delle Entrate 146 ha previsto che, con l’atto di accertamento con il quale è recuperato il costo direttamente sostenuto dal contribuente per la commissione del delitto non colposo, possono essere irrogate le sanzioni sulla base dell’articolo 1, comma 2, del D. Lgs. n. 417/1997; inoltre, qualora ne sussistano i presupposti, sarebbe possibile l’imputazione dei delitti in tema di dichiarazione, di cui al D.Lgs, n. 74/2000. Tuttavia, la dottrina 147 ha espresso critiche su tale orientamento poiché, se cosi fosse, la reazione sanzionatoria dell’ordinamento a seguito della commissione di un delitto doloso sarebbe contraria al principio di proporzionalità, specialità e ragionevolezza.

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G. ANDREANI – G. FERRARA, Indeducibilità dei costi da reato e soggettivamente inesistenti:

sanzioni e <<reverse charge>>, in Corr. Trib., 2012, n. 45, p. 3492. Gli autori definiscono norma

impositiva quella che “disciplina la fattispecie imponibile ( il soggetto passivo ed attivo, il

presupposto, la base imponibile, l’aliquota) al fine, in conformità con l’articolo 53 della Costituzione di garantire l’equo riparto della spesa pubblica tra i consociati”. Definiscono, altresì,

norma sanzionatoria quella che “ha riguardo alla commissione di un illecito e regola la modalità

con cui l’ordinamento lo reprime”. Assume, quindi, una funzione afflittiva, in quanto determina un

sacrificio patrimoniale e/o personale in capo all’autore dell’illecito. 146

Circolare 3 agosto 2012, n. 32/E, in banca dati Fisconline. 147

A. CARINCI – D. DEOTTO, Costi da reato, sanzione multipla, in Il Sole – 24 ore, 1° settembre 2012; A. VOZZA, Luci ed ombre nella circolare sull’indeducibilità dei costi da reato, in Corr. Trib., 2012, n. 40, p. 3091

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Infatti, la deduzione in dichiarazione del costo direttamente utilizzato per la commissione del delitto non colposo da luogo a due sanzioni amministrative: a) quella dell’indeducibilità ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del D.L. n. 16/2012 148

; b) quella dell’infedeltà della dichiarazione, sulla base di quanto disposto dall’articolo 1, comma 2 del D. Lgs. 417/97.

In tal senso, emerge il principio di specialità su cui pone le basi il diritto punitivo cioè ne bis in idem, secondo cui la stessa condotta delittuosa non può essere soggetta a plurime sanzioni; inoltre, deve vigere il principio di proporzionalità fra la gravità dell’illecito e la sanzione pecuniaria 149.

Ne deriva che il principio di specialità del ne bis in idem, implica l’applicazione della sola fattispecie speciale sanzionatoria prevista dall’articolo 8, comma 1, rispetto a quella generale prevista dall’articolo 109 del T.U.I.R.

La deduzione di un costo illecito non determina un effetto evasivo, il quanto il contribuente espone in dichiarazione la propria effettiva capacità reddituale composta dall’imponibile al netto dei costi inerenti seppur illeciti; tuttavia appare irragionevole che essa debba essere sottoposta a sanzione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 471/1997, la quale viene irrogata a fronte dell’esposizione in dichiarazione, di un imponibile inferiore a quello effettivamente maturato.

Inoltre l’articolo 8, comma 1 dispone espressamente, in caso di giudicato penale favorevole al contribuente, il diritto di rimborso delle sole imposte nel contempo versate in conseguenza dell’indeducibilità contestata; non è, altresì,

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Si applica la sanzione amministrazione dal 25 al 50 per cento dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi.

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G. ANDREANI – G. FERRARA, Indeducibilità dei costi da reato e soggettivamente inesistenti:

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previsto il diritto di rimborso delle sanzioni pecuniarie. Tale restrizione ha comportato dubbi di costituzionalità in dottrina 150, tale per cui l’Agenzia delle Entrate 151 è intervenuta specificando che debbano essere oggetto di rimborso anche le sanzioni pecuniarie irrogate. In ogni caso, sarebbe possibile esercitare una diversa lettura della norma in base alla quale il rimborso delle sanzioni non è espressamente previsto poiché è legato al fatto che l’articolo 8, comma 1, non consente di cumularne l’irrogazione con la ripresa a tassazione dei costi qualificati indeducibili152.