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Capitolo 2. La prima fase della ricerca

2.8. Le interviste

2.8.4. Disabilità, disturbi, difficoltà: quali etichette?

Durante tutte le interviste è stato chiesto agli insegnanti di descrivere sia genericamente il contesto classe, sia in particolare gli alunni. Tutti i docenti hanno spontaneamente parlato dell’atmosfera, delle sfide didattiche- educative, della relazione con gli allievi e tra gli allievi, delle difficoltà riscontrate e delle conquiste raggiunte. Nessuno ha parlato di disabilità. Eppure, in tutte le loro classi sono presenti LSA e quindi condizioni (considerate46) di disabilità. Indipendentemente dalla concezione culturale- educativa del concetto di disabilità, questo significa che la totalità degli intervistati ha scelto o non ha sentito l’esigenza, di parlarne: per affrontare il tema, infatti, abbiamo abbiamo dovuto chiedere espressamente della presenza degli LSA e, dalla risposta sempre affermativa, abbiamo potuto soffermarci, riascoltando con attenzione le registrazioni in un secondo momento, sullo sguardo degli insegnanti su disabilità e/o su particolari situazioni di difficoltà.

Riportiamo, quindi, a titolo esemplificativo, quattro estratti, con l’obiettivo non di svolgere una critica sulle conoscenze degli insegnanti in merito al concetto di disabilità – che, come anticipato, assume una definizione piuttosto confusa e di certo non corrispondente a quella internazionalmente riconosciuta proposta dall’ONU (UN, 2006) – ma di esplorare come questi si approcciano a disabilità/difficoltà. Avendo già trattato delle problematiche ritenute più comuni, come i generici problemi di

46 Come abbiamo precedentemente accennato nella fase introduttiva, la definizione del concetto di disabilità nella cultura scolastica maltese non è ancora completamente definito e comprende, come comproveremo anche in questo paragrafo, sia situazioni di reale disabilità (UN, 2006), sia situazioni di diverso e vario grado di difficoltà e/disturbo.

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comportamento o la mancanza di attenzione e di motivazione, abbiamo colto questa occasione per esaminare se esistono altre, più specifiche, categorizzazioni di difficoltà.

R: Do you have children with disabilities in your class?

I: No, only speech problems… I think I have 3 or 4. One of them is more severe then the others, sometimes you don’t even understand what he’s saying.

R: Does they have LSAs?

I: A shared LSA47, yes yes. (1MC/2-3) (39)

I: He’s level is like year 1 student, so he cannot write, speak… R: Does he have a disability?

I: But it’s just intellectual disability, not physical. (9BZi/9) (40) R: Do you have LSAs?

I: I have one but she is in charge of two. One of them [children] is very very weak, he doesn’t know even the numbers, he knows 1 till 5 numbers…

R: Does he have a statement of disability?

I: No, he’s not disabled, but I think he has mental problems, you know…

R: But does he have any certificate?

I: There’s a… there’s a psychological report… another problem is that they don’t send him to school. After Christmas I haven’t seen him. […] The other one also have some mental problems. The other one is not that bad. He knows some basic things, but his father left him when he was very young, his mother works long hours and he’s been raised with his grandfather… and his grandfather is a bit mental. He follows his grandfather because he lives with him. […] He loves the lights, he always says that he wants to work in gardens… He says things that do not make sense with the other subjects in class, you know. […] He’s year 2 level and he is in year six. So he’s behind. (6SC/3-5) (41)

47 Gli LSA possono essere “shared” o “full time”/“one to one”: nel primo caso un LSA può avere in carico due o tre bambini contemporaneamente; nel secondo caso, ha in carico un solo bambino e si tratta quindi di situazioni ritenute più difficili.

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I: One of them [LSAs] is shared, the other one is full time, one to one. The shared [the children followed by a shared LSA] they have slight traces of autism but they’re managing to keep up quite well with the rest of the children […] they are quite good. They sort of need some pushing and they have difficulties in Maltese because usually children with autism have difficulties… they’re better in English, but they have slight difficulties in Maltese. Sometimes they have difficulties for expressing themselves, but they’re coping very well. And then the one who is full time has speech difficulties and sort of learning difficulties over all. (4MZ/3) (42)

La mancanza di chiarezza di definizione di disabilità e/o specifiche difficoltà appare evidente da questi brevi scambi dialogici in cui, nei primi due, gli insegnanti “svicolano” di fronte alla domanda, rispondendo in modo estremamente conciso e, negli ultimi due, gli insegnanti si dilungano in descrizioni delle caratteristiche familiari, individuali e di apprendimento degli alunni. Queste due attitudini rispecchiano ciò che è emerso dallo studio di tutte le interviste, ma sottolineiamo che più della metà delle risposte si avvicinano agli ultimi due estratti, piuttosto che ai primi.

In generale, quello che abbiamo notato – anche dall’analisi delle descrizioni delle classi e degli alunni – è una tendenza a non categorizzare gli studenti entro “etichette” predefinite: forse perché gli alunni sono già “suddivisi” per livelli? O perché i docenti non hanno una conoscenza teorica su disabilità/disturbi/difficoltà approfondita? In ogni caso, questo li porta a delineare un quadro del contesto classe complessivo invece che soffermarsi sugli alunni “più difficili”. Inoltre, a richiesta, scelgono di riportare alcune caratteristiche dell’alunno invece che definirlo attraverso un solo aspetto. Anche nel caso dei due bambini con tracce dello spettro autistico (slight

traces of autism) – unico “specific label” utilizzato in tutte le interviste

condotte con docenti di classe – gli insegnanti hanno, poi, specificato varie peculiarità degli alunni, senza limitarsi alla definizione di “autistico”. Gli unici altri, rari casi in cui sono emerse “categorie di difficoltà” – ossia, “ADD”, “AD/HD”, “EBD” (Emotional Behavioural Disorder), “selective

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mutism” o “dyslexia” – sono stati, e sempre a seguito di richiesta, nei

dialoghi con gli insegnanti di nurture group e complementary class, ossia con docenti che si occupano, nello specifico, di questi disturbi e difficoltà. Ovviamente conveniamo che parlare di “mental problems”, “speech

difficulties”, “low development”, “learning difficulties” risulta piuttosto

generico (generic label) – e, quindi, plausibilmente non esaustivo ed efficace nella comprensione della situazione di disagio e nella strutturazione di strategie educativo-didattiche adeguate (Taylor, Hume, Welsh 2010; Riddick, 1995) –, ma riconosciamo la positività insita nel non racchiudere gli studenti con difficoltà in categorie di problemi: una positività che, nelle parole di tutti gli insegnanti intervistati, prende forma in uno sguardo che preferisce soffermarsi sulla globalità della classe o del gruppo e sulle molteplici peculiarità di ciascun alunno.