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Capitolo 1. Inclusione e Bisogni Educativi Special

1.3. La Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012

1.3.1. Il contesto regionale emiliano-romagnolo: qualche chiarimento

Considerando che la prima parte esplorativa della ricerca è stata svolta in Emilia Romagna, riportiamo alcuni aspetti normativi specifici di questo contesto perché significativi per comprendere la parte di analisi dei dati. Inoltre, vogliamo valorizzare il lavoro svolto dall’Ufficio Scolastico Regionale che, già prima della prima Nota Ministeriale del 27 giugno, il 29 maggio 2013 aveva redatto un documento in riferimento ai due provvedimenti ministeriali appena approvati: aveva infatti rivelato la

necessità di una specifica ed esplicita definizione delle azioni attuate dalle scuole per incontrare i bisogni formativi degli alunni, attuando l’inclusione scolastica ne quadro di diritto allo studio. (Nota prot. 6721/2013, p. 2).

Nella consapevolezza che la scuola è investita da una domanda che

comprende, insieme, l’apprendimento e il saper stare al mondo, la Nota

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che affronta l’argomento dei B.E.S., proponendo gli orientamenti per

l’azione a.s. 2013-2014, in tempismo perfetto, al contrario della un po’

tardiva Nota Ministeriale del 27 giugno, per la stesura del P.A.I. entro i termini stabiliti.

Si delinea così una proposta di lavoro che racchiude le indicazioni essenziali della Normativa vigente offrendone un’interpretazione unitaria strutturata per punti chiave: la revisione dei P.O.F., la realizzazione di modelli prestrutturati delle programmazioni personalizzate, la definizione del P.A.I. e di chi ne cura la redazione, valutazione ed approvazione sono pratiche che stimolano la responsabilizzazione delle istituzioni e del personale scolastico in un’ottica inclusiva.

Il 21 agosto 2013 viene diffusa poi una seconda Nota che offre un punto di vista più ampio e specifico sulla situazione degli alunni con bisogni educativi speciali: da uno sguardo sui momenti chiave del dibattito internazionale, si approfondisce la tematica della personalizzazione dei percorsi di apprendimento/insegnamento e le modalità di trascrizione di questi nel P.A.I. al fine di fornire una base comune di indirizzo alle scuole

della regione: la redazione del P.A.I., inteso come coronamento del lavoro svolto in ciascun anno scolastico e fondamento per l’avvio del lavoro dell’anno scolastico successivo ha la funzione di far riflettere e di

responsabilizzare la comunità docenti.

Nella riflessione collegiale che gli insegnanti devono effettuare per la personalizzazione del curricolo è innanzi tutto necessario:

- identificare i contenuti essenziali delle discipline per garantire la validità del corso di studi e del diploma rilasciato alla fine della scuola secondaria di II grado (se non si tratta di piano differenziato, vedi L. 104/92);

- scegliere obiettivi realistici (cioè che l’alunno possa effettivamente raggiungere);

- scegliere obiettivi significativi (cioè che abbiano rilevanza per lui, anche in vista della vita adulta);

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- scegliere obiettivi razionali, di cui l’alunno possa comprendere e condividere il significato e la rilevanza;

- definire un curricolo funzionale, cioè che miri ai diritti educativi essenziali, per la qualità della vita presente e futura dell’allievo. (Nota prot. 13588/2013, p. 11).

L’elemento di collegialità, da questa Nota in particolare – ma anche dalla Normativa Nazionale, assume particolare valore e attribuisce alla comunità docente la responsabilità fondamentale di garantire agli alunni unitarietà e continuità dell’azione educativa e didattica, nella diffusione condivisa delle strategie metodologiche che, dal confronto collettivo, risultano più efficaci perché capaci di condurre al successo formativo di ogni allievo (ivi, pp. 7- 8). Per attuare questo percorso, i piani personalizzati e l’adattamento dei curricoli risultano strumenti indispensabili, anche se non fanno ancora parte di una consolidata tradizione scolastica: l’Ufficio Scolastico Regionale, ha infatti riscontrato, da un’analisi della stesura dei piani personalizzati per studenti con disturbi specifici di apprendimento, numerose difficoltà nella capacità di insegnanti e collegi di classe di lavorare sul singolo alunno. Perché la generalità degli insegnanti acquisisca questa abilità, questa Nota ricorda quali devono essere i contenuti di una buona programmazione personalizzata:

- la descrizione accurata della situazione dell’allievo partendo dai suoi punti di forza, dalle abilità e dalle capacità presenti […]; - la descrizione dello stile di apprendimento per adattarvi lo stile di

insegnamento;

- l’individuazione delle aree di vocazionalità, cioè degli interessi e delle predisposizioni su cui si può fare leva per facilitare l’apprendimento;

- la segnalazione di eventuali difficoltà o problemi attraverso accurate descrizioni di comportamenti osservabili e dei contesti in cui si realizzano, descritti con precisione;

- la descrizione delle situazioni e delle condizioni che favoriscono le performance positive dell’allievo quanto quelle che ne condizionano negativamente i risultati;

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- l’individuazione degli ambiti di lavoro per l’anno scolastico, degli obiettivi, dei contenuti e dei metodi per raggiungerli;

- le modalità di verifica e di valutazione dell’efficacia del lavoro svolto e l’eventuale modifica degli aspetti che non hanno fornito i risultati sperati (è essenziale comprendere che generiche formulazioni non sono significative se non accompagnate da precise indicazioni sul cosa, quanto, come e perché e rispetto a quali standard previsti) (ivi, p. 11).

È un richiamo all’accuratezza e alla precisione formale e metodologica, che deve essere insita sia nella stesura del piano sia nella riflessione collegiale che la precede e ne consegue: da ricordare che la libertà di insegnamento dei docenti e l’autonomia delle istituzioni offerta alle scuole devono essere intese come responsabilità educativa atta al successo di ogni singolo allievo. A favore di ciò, un approfondimento della Nota riguarda proprio la necessità del personale scolastico di ricevere concrete indicazioni su come identificare, tutelare e assistere gli studenti che si trovano in situazioni

difficili, che manifestano quindi comportamenti-problema, comportamenti

auto ed etero aggressivi, problemi “invisibili” (scarsi interesse e capacità di socializzazione, esasperata timidezza…) o problemi dovuti a difficoltà di apprendimento. L’aspetto culturalmente ed educativamente più insidioso e da evitare è la riduzione delle persone a problema, giudicando le situazioni piuttosto che descriverne gli aspetti: l’osservazione attenta, documentata e trasparente, basata su una stretta relazione sinergica tra scuola e famiglia, è la prima tappa da raggiungere per strutturare un percorso personalizzato valido ed efficace che non tralasci di considerare la matrice comunitaria come elemento rilevante alla base di molte difficoltà scolastiche. Si tratta di avere uno sguardo pedagogico, “uno sguardo e un ascolto attivi, loquaci,

interrogativi, comprendenti, partecipanti, non giudicanti, non “captivi”, non capziosi, non repulsivi” che va coltivato la formazione continua dei docenti, dovere personale di ciascuno (ivi, p. 15).

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In conclusione, l’espressione bisogni educativi speciali non è dunque, apparentemente, una diagnosi, non è una certificazione, non è uno stigma:

è il riconoscimento del fatto che alcuni studenti possono richiedere, nel corso della loro carriera scolastica, per tempi più o meno lunghi, una particolare accentuazione della personalizzazione didattica, che resta fondamentale per ciascuno (ivi, p. 19).

1.4. I Bisogni Educativi Speciali: numeri, prospettive e rischi