1.2 I Disability Studies
1.2.5 Disability Studies Italy
L’approccio italiano si distingue nel contesto internazionale per essere principalmente rivolto all’ambito educativo che ci vede in posizione più avanzata rispetto ai Disability Studies in Education398 proprio in virtù del processo di evoluzione in ottica inclusiva compiuto dalla scuola nel nostro Paese399. Infatti, l’approccio dei Disability Studies in Education vede concentrare il proprio dibattito sul superamento dell’ottica specialistica e quindi delle scuole speciali come forma di esclusione400 anche là dove sono collocate all’interno di scuole ordinarie. Questo escamotage viene infatti adottato da alcuni Paesi nel tentativo di dare una risposta positiva al Rapporto di ricerca sull’integrazione dei disabili in Europa401 che contiene l’indicazione precisa di compiere modifiche dei sistemi di istruzione in quegli stati che non hanno politiche educative inclusive, facendo inoltre emergere la non comparabilità di dati a livello internazionale in relazione a diverse concezioni categoriali tra Paesi in mancanza di un quadro di riferimento univoco402.
396 Cfr R. Medeghini Introduzione, in R. Medeghini, Norma e normalità. Riflessioni e analisi
critica per ripensare la disabilità, cit., pp. 11-38.
397 http://erikengdahl.se/autism/isnt/index.html cons. 26/05/2016. All’interno del sito possiamo
ritrovare la definizione in lingua originale “Neurotypical syndrome is a neurobiological disorder characterized by preoccupation with social concerns, delusions of superiority, and obsession with conformity”.
398 Uno specifico ambito di studi afferente ai Disability Studies, si veda, S. D’alessio, Disability
studies in education: implicazioni per la ricerca educativa e la pratica scolastica italiane, cit.
399 Cfr. R. Medeghini, S. D’Alessio, G. Vadalà, Disability studies e inclusione, in R Medeghini, et
al., Disability Studies. Emancipazione, inclusione scolastica e sociale, cittadinanza, cit., pp. 191-227.
400 Cfr. S. D’alessio, Disability studies in education: implicazioni per la ricerca educativa e la
pratica scolastica italiane, cit.
401 Cfr. C. Meijer, V. Soriano, A. Watkins (a cura di), Special needs education in Europe, cit. 402 Cfr. L. De Anna, A. Covelli, La pedagogia speciale nelle istituzioni internazionali. Gli
I Disability Studies Italy concentrano la propria riflessione intorno all’inclusione scolastica partendo proprio dal concetto di inclusione stesso che per lungo tempo è stato considerato come un sinonimo di integrazione. Così, a differenza dell’integrazione, il costrutto dell’inclusione “non pone l’accento sugli alunni con disabilità ma su come questi ultimi vengano resi disabili da strutture, organizzazioni e metodologie deficitarie, incapaci cioè di fornire una risposta adeguata alla diversità della popolazione”403. Con questa rinnovata visione sono i contesti, i meccanismi, i sistemi a dover essere modificati e non più semplicemente adattati per favorire la presenza di un alunno con disabilità. Siamo di fronte alla necessità di una totale metamorfosi che mette allo scoperto il nodo centrale della questione, ovvero l’idea di scuola che vogliamo: se destinata alla normalità, all’interno della quale si agisce in relazione alla norma e dove l’alunno con disabilità necessariamente non partecipa ad azioni di misurazione della stessa ma comunque si accoglie adattando ciò che è possibile, oppure pensata, progettata, programmata, organizzata e gestita per la ‘normale diversità’, dove la disabilità non sarà altro che una tra tante diversità404.
È attorno a queste tematiche che si muove il gruppo GRIDS – Gruppo di Ricerca Inclusione e Disability Studies405 all’interno del quale si annoverano vari ricercatori tra i quali ricordiamo R. Medeghini, S. D’Alessio, G. Vadalà e E. Valtellina406. Il gruppo di ricerca raccoglie i propri lavori in pubblicazioni di volumi e nella rivista Italian Journal of Disability Studies407. È inoltre attivo, presso l’Università Roma Tre, il Laboratorio di Ricerca per lo Sviluppo dell’Inclusione Scolastica e Sociale e dei Disability Studies coordinato da F. Bocci.
Questi studiosi hanno dato vita ad un Convegno Internazionale dal titolo ‘Disability Studies & Inclusive Education’ svoltosi presso l’Università degli Studi Roma Tre il 30 e 31 maggio 2017 a cui hanno partecipato, oltre ai suddetti studiosi,
organismi internazionali e l’educazione inclusiva, cit.
403 S. D’alessio, Disability studies in education: implicazioni per la ricerca educativa e la pratica
scolastica italiane, cit., p.70.
404 Cfr. R. Medeghini, S. D’Alessio, G. Vadalà, Disability studies e inclusione, cit. 405 http://gridsitaly.net/, cons. 05/06/2017.
406 Al seguente link è possibile visionare una breve biografia degli autori http://gridsitaly.net/chi-
siamo/, cons. 05/06/2017.
407 http://www.edizionianicia.it/store/content/category/13-italian-journal-of-disability-studies,
autori di fama internazionale come D. Goodley e il panorama italiano si è arricchito grazie alla presenza della filosofa F. Monceri.
Dobbiamo all’impegno di questi studiosi se anche nel nostro Paese è stato possibile avviare la divulgazione dei Disability Studies. I motivi di questa timida diffusione in Italia possono essere ricercati nel forte radicamento della cultura del paradigma medico-individuale, nell’influenza della visione assistenzialistica propria della lettura cattolica della disabilità e nell’influenza che i sistemi istituzionali hanno avuto in relazione al dibattito sulla disabilità408. Il nostro Paese inoltre, non è impegnato come gli altri dell’Unione a superare le logiche di separazione dei percorsi educativi in quanto solo lo 0.96% dei bambini con disabilità frequenta contesti educativi speciali409. L’EADSNE – European Agency for Development in Special Needs Education ci consegna un quadro dettagliato aggiornato in cui emerge che, in relazione all’educazione inclusiva, non esiste una scelta culturale e politica unidirezionale tra i paesi membri dell’Unione, ma permangono tre distinti approcci che vedono gli alunni con disabilità frequentare scuole ordinarie in contesti inclusivi, speciali in scuole ordinarie e speciali in scuole speciali. L’Agenzia, tramite il proprio rapporto, stimola i paesi membri verso l’adozione di sistemi scolastici inclusivi e fornisce una serie di dati che mettono ben in luce le differenti policy e la diversa distribuzione degli alunni con disabilità all’interno delle diverse tipologie di scuole individuate. In Svezia tutti gli alunni con disabilità frequentano contesti speciali in scuole speciali mentre in Germania si scende al 78.7%; in Francia si registra un’ulteriore leggera flessione fino al 74.7% di cui il 78.9% in contesti speciali posti in scuole ordinarie; nel Regno Unito i contesti speciali si attestano al 50.7% di cui il 15.2% posti in scuole ordinarie e dobbiamo scendere nella classifica fino alla Finlandia per poter incontrare un dato che scenda ulteriormente fino al 45.5% di cui il 69.9% in scuole ordinarie410. Così, se l’approccio dei Disability Studies in Education risulta essere nel Regno Unito e in altri Paesi europei propulsore del superamento delle logiche di separazione, necessariamente gli studi dei Disability Studies Italy risultano diretti verso altri ambiti di approfondimento
408 Cfr. R. Medeghini, W. Fornasa (a cura di), L’educazione inclusiva. Culture e pratiche nei
contesti educativi scolastici: una prospettiva psicopedagogica, cit.
409 Cfr. European Agency for Development in Special Needs Education, Special Needs Education
Country Data 2012, European Agency for Development in Special Needs Education, Odense, 2012.
410 Dati elaborati in relazione al rapport European Agency for Development in Special Needs
e, in questa particolare fase, risultano essere da stimolo e guida per una riflessione critica sui linguaggi, sulle culture, sulle politiche e sulle pratiche che, nel nostro Paese, stentano a diventare inclusive. Se infatti la normativa vede il nostro paese detentore di una propria via all’inclusione scolastica, le persone con disabilità vengono ancora viste attraverso la lente del deficit che rischia di sostituirsi alla messa a fuoco del soggetto come persona. In questa fase quindi i Disability Studies Italy sono il motore pulsante dell’inclusione vista come un processo e non un fine411 e la loro disseminazione può fungere da stimolo per innescare riflessioni critiche sull’educazione inclusiva e sul concetto di inclusione in generale.
L’approccio critico all’educazione inclusiva e l’impegno degli esponenti dei Disability Studies Italy ci forniscono una definizione sintetica di inclusione che, secondo R. Medeghini
si rivolge a tutte le differenze senza che queste siano definite da categorie e da criteri deficitari; critica l’egemonia del modello biomedico individuale; tende a superare ogni forma di discriminazione e di esclusione sociale, istituzionale e educativa; richiede un cambiamento del sistema culturale e sociale esistente per permettere la partecipazione attiva e piena di tutti; contrasta i processi di omogeneizzazione, creando le condizioni per la libera scelta ed espressione di tutti; richiede contesti in grado di rispondere alle differenze di tutti, eliminando le barriere sociali, culturali, economiche e istituzionali disabilitanti; richiede inoltre di superare l’egemonia di un linguaggio abilista e normativo, restituendo la voce al pensiero delle persone con disabilità e alle loro azioni; colloca la sua riflessione e il suo processo di analisi anche all’interno dei giochi di potere e delle politiche412.
Questa definizione ci fornisce tutti gli elementi per poter analizzare la realtà dell’inclusione, con particolare riferimento a quella scolastica, attraverso uno sguardo critico. R. Medeghini, S. D’Alessio e G. Vadalà rintracciano le origini dell’uso del termine ‘inclusione’ in Italia agli inizi di questo secolo, usato come sinonimo del termine ‘integrazione’ e con l’intento di espandere la platea a cui si rivolge, passando dai soli alunni con disabilità alla categoria più ampia dei bisogni educativi speciali413. Gli stessi autori ricordano che, dopo un iniziale interessamento verso questo nuovo termine, si preferisce ritornare all’uso, tutto italiano, di ‘integrazione’ fin quando, a poco a poco, si giunge ad un uso sinonimico dei due termini e a quella che viene
411 Cfr. T. Booth, M. Ainscow, Index for Inclusio. Developing learning and participation in
schools, CSIE, Bristol, 2011.
412 R. Medeghini, Uscire dall’inclusione? L’inclusione scolastica tra problematizzazione,
ambiguità e normalizzazione, cit., p. 220.
definita ‘convivenza forzata’414. Recentemente il termine ‘inclusione’ sembra aver preso il sopravvento su quello di ‘integrazione’ senza però una reale corrispondenza con il suo significato415 e, mentre di solito si utilizza questo termine senza attribuirgli il giusto significato, R. Medeghini, che molto si è interrogato sul suo reale significato, giunge addirittura a sostenere la necessità del superamento dell’uso del termine stesso416.
Gli esponenti dei Disability Studies Italy si interrogano, riflettono e mettono in discussione il sistema ritenendo che, riferendosi alle riflessioni di R. Slee e J. Allan417, “la questione dell’oggi è che cosa facciamo per mettere in crisi e superare la cultura e le pratiche costruite sulla norma da cui si generano le categorizzazioni e la dissimulazione dell’esclusione. Uscire dall’inclusione significa distaccarsi dall’ambiguità delle definizioni e dei suoi significati per orientarsi a un pensiero sistemico, a scelte e prassi culturali, politiche, educative e didattiche in grado di affermarla”418.
Dopo aver riflettuto sullo sviluppo dell’educazione inclusiva, nel capitolo successivo, vedremo come la gestione della scuola necessiti di un’autonomia e una Leadeship intenzionalmente dirette verso l’inclusione.
414 Cfr. Ivi.; R. Medeghini, Uscire dall’inclusione? L’inclusione scolastica tra problematizzazione,
ambiguità e normalizzazione, cit.
415 Cfr. Ibidem.
416 Cfr. R. Medeghini, Uscire dall’inclusione? L’inclusione scolastica tra problematizzazione,
ambiguità e normalizzazione, cit., p. 224.
417 Cfr. R. Slee, J. Allan, Excluding the Included. A Recognition of Inclusive Education.
International Studio, in «Sociology of Education», 11(2), 2001, pp. 173-191.
2 Verso la gestione inclusiva della scuola: autonomia
scolastica e Leadership per l’inclusione
Le esperienze di questi ultimi anni sembrano suggerire orientamenti o, in ogni caso, attese da parte del mondo della scuola, riconducibili a due categorie utili all’analisi di contesti organizzativi: quella degli ‘elementi pilota’, cioè degli elementi, soggetti, risorse e processi, che pilotano e orientano il cambiamento e delle ‘leve’, cioè degli strumenti, delle azioni, delle strategie che si considerano prioritari per la realizzazione del cambiamento419.
In questa visione l’autonomia scolastica appare fornire nuovi ‘elementi pilota’ e nuove ‘leve’ per promuovere il cambiamento delle istituzioni scolastiche e la figura del dirigente scolastico acquisisce sicuramente una rilevanza strategica in questo processo.
P. Romei ritiene che, nel processo di cambiamento attraverso l’autonomia delle scuole, gli approcci e la cultura tradizionale da soli non bastino: questo perché l’autonomia riguarda principalmente la ridistribuzione di compiti e poteri tra centro e periferia e ciò comporta per le scuole la necessità di disegnare assetti strutturali capaci di sostenere la propria azione progettuale. La dimensione interessata in prima battuta è quella organizzativa e gestionale e, se non si dispone di un apparato organizzativo gestito in modo adeguato, non solo non si progetta, ma non è nemmeno possibile produrre le idee e le ipotesi pedagogiche e didattiche sulle quali impostare percorsi formativi rinnovati420. D’altra parte, così come sostenuto dallo stesso autore, l’impresa scolastica è un’impresa collettiva che richiede pertanto un forte investimento sugli insegnanti, va conseguentemente riservata una specifica attenzione alla dimensione organizzativa e gestionale dell’azione collettiva se si vuole garantire ad essa affidabilità, sistematicità e nuove prospettive421. Per questo va superata l’idea di considerare tale dimensione come estranea alla professionalità docente. In particolare, gli insegnanti dovrebbero considerare la necessità dell’istituzione scolastica di poter disporre, per essere efficace, di una struttura capace di orientare e incorporare l’esperienza dei singoli, facendola diventare patrimonio e memoria istituzionale, base per un’identità
419 Cfr. S. M. Hronec, Segni vitali. Come utilizzare gli indicatori di prestazioni di qualità, tempo e
costo per tracciare il futuro della vostra azienda, Franco Angeli, Milano, 1995.
420 Cfr. P. Romei, L’organizzazione come trama, Cedam, Padova, 2000. 421 Cfr. Ivi.
unitaria che duri nel tempo; in particolare di una componente dirigenziale, imperniata non solo sul dirigente ma anche su ruoli intermedi, posti a coordinamento delle unità incaricate dei vari momenti dell’azione collettiva422.
Utilizzando ancora l’idea degli ‘elementi pilota’ e delle ‘leve’ nel nostro ambito d’interesse, ossia la ricerca di quali siano gli approcci culturali, le politiche gestionali e le pratiche organizzative che rendono un’istituzione scolastica inclusiva, e mantenendo saldo l’approccio dei Disability Studies, l’elemento pilota principe risulterà essere la stessa inclusione scolastica che guida e orienta il processo verso il perseguimento della qualità dell’inclusione stessa e le leve saranno le culture, le politiche e le pratiche che il contesto scolastico saprà considerare per la realizzazione dei cambiamenti necessari per imboccare la via che porta verso l’inclusione.
Fatta questa breve premessa, non resta che ricercare quali siano gli strumenti, le strategie, le normative e le teorie a cui un’istituzione scolastica, e in primis il suo dirigente, può far riferimento nel tentativo di attivare percorsi di cambiamento verso un’inclusione di qualità che interessi l’intera comunità scolastica.