Carlo Novara
Tra ecologia ed energia vi è una stretta connessione, non sempre verificabile a prima vista. L'errore nel quale si è in-corsi fino a ieri, è di intendere l'ecologia in senso passivo, vale a dire come rime-dio ad una situazione di inquinamento. In realtà i rifiuti non sono soltanto pro-dotti da smaltire in modo che non ar-rechino danno all'umanità, ma sono an-che una autentica miniera di materie prime e di energia. Con un opportuno riciclaggio è possibile recuperare metalli ed altre sostanze vitali, sia grezze che raffinate; molte sostanze organiche pos-sono venire trasformate in fertilizzante o in quello che viene chiamato combu-stibile urbano.
In questa ottica, ormai accettata univer-salmente, si inserisce il problema del risanamento delle acque (che ora ha un adeguato supporto normativo nella leg-ge 319, la legleg-ge « Merli »), uno dei più gravi che gli stati industrializzati abbia-no mai dovuto affrontare e risolvere, pena il graduale avvelenamento di poz-zi, falde acquifere e bacini, con il ri-schio, ormai prossimo, di ingenerare, nel tempo, un processo irreversibile. L'attenzione degli studiosi è dunque ri-volta ai casi macroscopici, alle situazio-ni più allarmanti e complesse: i grandi insediamenti urbani ed industriali. I loro scarichi raccolgono altissime per-centuali di sostanze tossiche, la neutra-lizzazione e il ricupero delle quali ri-chiedono una vasta gamma di procedi-menti spesso incompatibili gli uni agli altri. In ambito regionale, l'esempio del-la città di Torino è il più eloquente. Nel solo depuratore di piazza Sofia, rea-lizzato nel '42, vengono trattati mezzo milione di metri cubi di liquame al gior-no. Come risulta dalla relazione alle-gata al progetto, tale impianto aveva fini esclusivamente industriali. Per
mo-tivi di convenienza economica si limitò al trattamento delle acque di fogna con lo scopo di ricavare il gas che si svi-luppa dalla digestione dei fanghi pri-mari, utilizzati come concime per l'agri-coltura.
In queste acque putride, che rappresen-tano circa l'80% degli scarichi neri del-l'intera area urbana, la sezione ecolo-gica dell'istituto di chimica-fisica della Università, con la collaborazione tecni-ca del Comune e della Siteco, con
l'aiu-to finanziario dell'Unione industriale e della Fiat, ha prelevato 180 campioni nel giro di due anni. Nell'arco di una stessa giornata si sono compiuti fino ad otto prelievi « al fine di individuare possibili correlazioni tra i valori dei pa-rametri analitici ed il momento scelto per l'operazione ».
In uno dei documenti presentati nei quattro « incontri » promossi dall'Uni-versità per rendere pubblici i risultati della ricerca, viene specificato: « il gran numero dei campioni esaminati ha permesso di mettere in evidenza un an-damento del carico inquinante pressoché
indipendente dal giorno di prelievo, fe-stivo o feriale, mentre è emersa una netta caratterizzazione a seconda del-l'ora ». Si deve ancora rilevare che la lunghezza dei tre collettori principali (circa 13 km ciascuno), l'apporto e la ubicazione dei singoli scarichi, la velo-cità del flusso e la variabilità delle por-tate nell'arco delle 24 ore, rendono me-no significativo l'abbinamento dei valo-ri parametvalo-rici ad ogni singola ora. « In altri termini, al momento del prelievo il campione è rappresentativo della qua-lità dell'acqua solo se si tiene conto della miscelazione che si verifica per tutta la lunghezza dei collettori in un arco di tempo valutato fra le tre e le quattro ore: quanto occorre perché l'ac-qua copra la distanza fra l'inizio e il termine del condotto ».
Vediamo, pur senza scendere troppo nei dettagli, i dati ricavati negli esami di laboratorio.
Il primo parametro preso in considera-zione è la temperatura dell'acqua. Di-scretamente omogenea in tutto l'arco dell'anno, varia tra un minimo di
13,4 °C ed un massimo di 19,5 °C. La media si aggira sui 16 °C. Contraria-mente a quanto si potrebbe ritenere, il parametro termodinamico è molto importante in vista « di un successi-vo processo di depurazione biologi-ca » per quanto attiene sia alle con-dizioni di vita della flora batterica sia alla velocità delle reazioni biochimiche. L'esame dell'ossigeno disciolto nel li-quame, « rileva vistose diminuzioni del-la concentrazione già dopo due o tre ore ». L'importanza del rilievo consiste nel fatto che si può presumere una in-tensa attività batterica aerobia. La
con-centrazione di questo gas è condiziona-ta dalla temperatura. L'acqua più fred-da, in linea di massima, è in grado di scioglierne maggiori quantità, parallela-mente diminuisce la velocità della rea-zione di ossidarea-zione biologica. I valori ottenuti variano tra l'I,1 e i 7,2 mg/1. Il limite inferiore desta qualche preoc-cupazione, ma non si può escludere « la presenza momentanea e casuale » di qualche composto riducente di origine industriale.
I valori del pH: oscillano tra il 7 e l'8, lievemente alcalino, simile a quello dell'acqua di rete.
Di particolare importanza appare la de-terminazione degli « estraibili » e dei metalli, le sostanze cioè che caratteriz-zano fortemente gli scarichi. Gli idro-carburi e i grassi, insolubili o solo par-zialmente solubili in acqua, sono di-spersi nella massa fluida reflua, sotto forma di minuscole goccioline, oppure sono dislocati in superficie. Se il liqui-do viene trattato con solventi organici immiscibili, per esempio un idrocarbu-ro in grado di sciogliere i grassi, quali l'etere di petrolio, che possono cosi ve-nire estratti. Separando in seguito il solvente ed allontanandolo per evapo-razione, è possibile pesare le sostanze grasse.
Adottando questo metodo si è osservato che le prime ore della giornata si con-fermano come le meno inquinanti, men-tre, per contro, si sono rilevate punte di massimo « che destano gravi preoc-cupazioni », come i circa 2,8 g/1 in un giorno festivo. Si è trattato di un pre-lievo fortunoso, effettuato con campio-natore a « bocca di superficie ». Questa massiccia quantità (solo in pochi casi gli estraibili hanno fatto registrare valori superiori a 0,5/1), è da attribuirsi vero-similmente a scarichi abusivi di acque di lavaggio di cisterne ed autocisterne (nel periodo invernale '74-'75, partico-larmente acuto). L'ipotesi trova confer-ma nell'alto contenuto di paraffine soli-de, pari al 3 0 % . Si deve tra l'altro te-ner presente che in quel momento, per alcuni impianti di riscaldamento, si completava la sostituzione dell'olio com-bustibile con il gasolio: alcune delle imprese incaricate si liberavano della mistura direttamente nella rete fogna-ria. Le percentuali medie dei principali
E il Po tornerà oasi di svago .
estraibili, si attestano sui seguenti va-lori: esteri, 4 0 % ; paraffine, 22; acidi organici, 21; composti azotati, 7; aro-matici, 3; le perdite sono inferiori al 7 % . Si sta studiando la possibilità di recuperare queste sostanze, in parte « pregiate » (idrocarburi, esteri...), in modo da ottenere benefici economici che compensino le spese di disinquina-mento. Per avere un'idea delle dimen-sioni del problema, basta pensare che ogni giorno, in media a Torino vengono eliminate, attraverso la rete fognaria, oltre 100 tonnellate di grassi e idrocar-buri. In termini energetici, si può rile-vare che corrispondono a 90 tonnellate di olio combustibile in grado di fornire oltre un milione di k W h / g . Ancora una considerazione. L'analisi dettagliata di queste miscele ha evidenziato la presen-za di circa 10 t / g di composti idrocar-burici di indubbia origine industriale, mentre per la restante parte è evidente l'origine civile, come residui alimentari e metabolici, sebbene sia sicuro un cer-to apporcer-to industriale.
I metalli. Attraverso le acque reflue, ogni giorno vengono eliminati oltre mille chilogrammi di metalli, una pic-cola miniera. L'apporto può derivare
da varie attività civili e dalla corro-sione (li manufatti. Non dobbiamo di-menticare che anche le acque piovane, soprattutto quelle di prima pioggia, han-no un alto contenuto di inquinanti sot-tratti all'atmosfera, dovuti ai motori a combustione interna e alle centrali ter-miche. Tuttavia, dopo aver raccolto ul-teriori impurità sui tetti e sul suolo, queste acque vengono convogliate nella rete bianca e defluiscono direttamente nel Po.
Tornando alle acque luride, si è osser-vato che la massima concentrazione di metalli si verifica tra le 12 e le 18, il minimo è nelle prime ore della giornata. L'84% dei metalli sono presenti, in di-verse combinazioni chimiche, in forme insolubili, in qualche modo ancorate a materiale sedimentabile e quindi facil-mente separabili dalla fase liquida, « prevedibilmente inviata al trattamen-to biologico ». Questrattamen-to può spiegare per-ché non si siano riscontrate inibizioni dei processi biochimici, anche dove era-no presenti elevate concentrazioni di metalli tossici. Dallo studio si deduce
che difficilmente questi metalli creeran-no problemi nell'impianto di depurazio-ne biologica. Ma il guaio però è soltan-to rinviasoltan-to al momensoltan-to di utilizzo dei fanghi dove si verifica l'accumulo dei veleni. È evidente che l'impiego in agri-coltura è rischioso.
I contenuti medi dei vari metalli, espressi in milligrammo per litro sono i seguenti. Cadmio, 0,012 mg/1; cromo, piombo e rame, 0,13; ferro, 1,05; man-ganese, 0,049; nichel, 0,09; zinco, 1,21. Un accenno al fango primario. I residui secchi risultano dell'ordine dei 60-80 grammi per litro. La sua composizione è: 65 % di sostanze organiche, 3 5 % di inorganiche. Oltre agli estraibili, so-no presenti: cellulosa e lignine (31%), materiale proteico (7%), materiale non identificato e tracce variabili di altre sostanze ( 8 % ) , ceneri (silice, solfati, fo-sfati, metalli in differenti composti: 3 4 % ) .
Altri dati sono stati acquisiti dall'Unio-ne industriale e dalla Fiat Engidall'Unio-neering, nel corso di una « Indagine conoscitiva sui problemi ecologici industriali e sulle acque di fognatura di Torino presenta-ta ad E 77 ». Sono spresenta-tate visipresenta-tate 1149 aziende (meccaniche 5 5 % , galvaniche 5 % , metallurgiche 5 % , lavorazione pla-stica 5 % e chimiche 4 % ) con oltre 200 mila addetti. Il consumo globale d'ac-qua è di 16,3 milioni di metri cubi al mese, pari ad un consumo medio di
3,25 metri cubi al giorno per dipen-dente (per 25 giorni lavorativi al mese),
15 volte superiore all'uso privato. Va precisato che la maggior parte delle ac-que, utilizzata per refrigerare gli im-pianti, viene espulsa in condizioni di limitato inquinamento, in pratica dilui-sce sia gli scarichi industriali che civili. L'approvvigionamento avviene attraver-so tre fonti: pozzi (76%), acquedotto (20%), fiumi e canali (4%). La situa-zione dal punto di vista della tossicità è la seguente: inquinanti di I categoria, non tossici, sono presenti nel 27% delle aziende; inquinanti di II, tossici non ac-cumulabili, nel 5 9 % ; inquinanti di III, tossici accumulabili, nel 5 % . Tipi di inquinanti: olii emulsionati (35% delle aziende), vernici (14%), detersivi, sol-venti e acidi (11%), sali (5%), cianuri (2,5%). Esistono impianti di depura-zione chimico manuale nel 4,7% delle ditte e chimico automatico nel 5,1%, di decantazione nel 18,7 e di parziale rici-claggio nel 17,4%. Gli scarichi avvengo-no per il 53% in fognatura, per il 10% in pozzo nero, 2 3 % in pozzo perdente, il 14% in acque superficiali.
Fino all'emanazione della legge 319, del 10 maggio 1976, le norme di tutela delle acque si desumevano da quelle riguar-danti la pesca in acque dolci e maritti-me, dalle norme sanitarie e da quelle riguardanti le opere idrauliche e gli im-pianti elettrici. Si creavano gravi
con-flitti di competenza tra i Ministeri al-l'agricoltura e foreste, alla marina mer-cantile, alla sanità e ai lavori pubblici. Con il D.P.R. 10 giugno 1955, n. 987, le Province si sono trovate all'improvvi-so ad essere chiamate in causa in materia di inquinamento. Intorno al '60 il Mini-stero all'agricoltura e foreste ha emana-to una circolare alle Province consi-gliando limiti di accettabilità per gli scarichi delle industrie, ma è rimasto lettera morta. Una seconda circolare, quindici anni più tardi, è del Ministero alla sanità. Nel frattempo, per prima, la Regione Sardegna ha emanato nel '55 una legge concernente la protezione del-le acque pubbliche contro l'inquina-mento. Undici anni più tardi, toccava al Friuli Venezia Giulia, nel '70 al Tren-tino Alto Adige. Nel '74 a breve distan-za l'una dall'altra le due Regioni mag-giormente industrializzate, Piemonte e Lombardia, divulgavano leggi sui crite-ri e limiti di accettabilità degli scacrite-richi civili e industriali in fognature, acque superficiali e lacuali, nel suolo e sotto-suolo. Ancora due circolari nel '71 e nel '73, in cui i valori limite di accetta-bilità non venivano più « consigliati » bensì indicati come « da adottare ». Queste in sintesi le principali direttive che hanno preceduto la legge 319. Su quest'ultima il direttore del Laboratorio chimico provinciale di Torino ha osser-vato che non si può « non rilevare come i tempi di attuazione degli obblighi di adeguamento degli scarichi ai valori li-mite siano assai prolungati nel tempo, né quanto sarebbe stato più opportuno non abrogare ciò che di positivo era stato fatto in materia tenendo soprat-tutto conto che la legislazione avrebbe dovuto rispettare la realtà diversificata delle varie situazioni locali, invece di pretendere di risolvere tutti i problemi dal Piemonte alla Sicilia, con un'unica normativa nazionale, ben diversa da una semplice legge-quadro ».
In via preliminare si può tuttavia osser-vare che la 319 introduce un'unica di-sciplina, valida su tutto il territorio na-zionale, nello stesso tempo abroga le norme che direttamente o indirettamen-te regolavano la maindirettamen-teria. Il indirettamen-tempo di at-tuazione della 319 è previsto in 9 anni, con due scadenze, la prima impone che entro un triennio, scadenza al 13
giu-gno del '79, gli scarichi degli insedia-menti produttivi esistenti, se scaricano in corsi d'acqua superficiali, devono uni-formarsi al dettato della allegata tabel-la « C ». Vi sono poi altri sei anni di tempo, fino al 13 giugno '85, per ridur-re il tasso d'inquinamento entro i limiti di una seconda tabella, la « A » (la leg-ge si riserva il diritto di « modificare i valori indicati per adeguarli alle nuove acquisizioni scientifiche e tecnologi-che »). La prima tabella, più permissi-va, è vincolante anche per gli scarichi « che hanno recapito in pubbliche fo-gnature ». La norma, che attribuisce pre-cise competenze anche agli enti locali, dispone che « dalla data di attivazione dell'impianto centralizzato del depura-tore », questi ultimi scarichi devono « adeguarsi ai limiti di accettabilità, al-le norme, ai limiti di accettabilità e alal-le
// nuovo depuratore su/ Po. prescrizioni regolamentari stabiliti dai consorzi intercomunali o dai comuni che gestiscono il pubblico servizio ». Le obiezioni sollevate sono essenzial-mente due. In primo luogo una parte delle industrie, quelle piccole con la-vorazioni estremamente specializzate che scaricano modeste quantità di li-quami con alto tasso di sostanze inqui-nanti, e laboratori artigianali con un modesto fatturato (valutabili intorno al 10% del totale degli scarichi) non sa-ranno in grado di obbedire alla legge
per difficoltà finanziarie. Le tecnologie da adottare in certi tipi di depuratore costano carissime ed è impossibile am-mortizzarle con un uso limitato. Ma il grosso guaio, si verificherà alla seconda scadenza, quando la jjercentuale delle industrie con impianti « pirata » salirà almeno al 60% (secondo previsioni del-l'Unione industriale di Torino e dell'As-solombarda). Si potrebbe aggirare il problema servendosi degli scarichi con-sortili e studiando con gli enti locali la quota da pagare in proporzione all'in-quinamento prodotto nella rete fogna-ria. « Ma — ci si chiede — quale ga-ranzia abbiamo che i comuni riescano ad adeguarsi alla legge, quando i con-tinui tagli ai bilanci, motivati da og-gettive difficoltà finanziarie, rendono impossibili le spese vitali? ».
Anche questa volta, Torino è alle prime posizioni nel complesso ed articolato panorama italiano. Fin dal '72, l'ammi-nistrazione si era fatta interprete del-l'esigenza vivissima di risolvere il pro-blema dell'inquinamento, promuovendo presso altre amministrazioni locali una iniziativa consortile al fine di studiare un intervento unitario e globale. Pas-sando attraverso varie fasi si concretiz-zò il progetto di un impianto a valle della città in territorio di Settimo, in grado di depurare circa 900 mila metri cubi giornalieri. Il costo di gestione si aggira sulle 20 lire al metro cubo, men-tre per impianti inferiori non si spen-derebbero meno di 26-35 lire metro cubo di liquame trattato. I comuni in-teressati alla realizzazione sono: Tori-no, BruiTori-no, Beinasco, Rivalta, Orbas-sano, Grugliasco, Trofarello, Moncalie-ri, Nichelino, San Mauro, Settimo. La popolazione attuale è di circa 1,4 mi-lioni di abitanti, in base alle previsioni di piano regolatore può raggiungere al massimo gli 1,8 negli anni futuri. Le at-tività industriali del territorio conside-rato, occupano 334 mila addetti, equi-valenti ad una popolazione di 2,7 mi-lioni di unità.
La stima delle portate ordinarie che af-fluiranno all'impianto di depurazione, per i soli usi civili, sono comprese, nel-l'arco di tempo che va dal 1972 (data del progetto) al 2015, tra i 200 e i 300 litri giornalieri d'acqua prò capite nella cintura e tra i 320 e i 400 litri nel
ca-poluogo. Non esiste analisi dettagliata per i consumi industriali, si ipotizza tut-tavia un consumo di 2,5 litri al secondo per ettaro in cintura, per giungere ai 3-7 in Torino. Il carico totale al co-struendo impianto risulta, sia per uso civile che industriale, secondo i calcoli del Comune di Torino superiore ai 17 metri cubi al secondo nel 2015, parten-do dagli attuali 10,5.
L'impianto vero e proprio si stende su una superficie di 1,4 milioni di metri quadri con potenzialità iniziale pari a 10,4 metri cubi di liquame trattato al secondo, aumentabile fino a 17, con punte massime di 22,4. Il che significa appunto purificare 900 mila metri cubi di liquame al giorno con previsioni di sviluppo fino a 1,5 milioni. Il depura-tore, di tipo biologico a funghi attivi, è suddiviso in 6 blocchi aventi ciascu-no capacità di trattamento di 300 mila metri cubi al giorno.
Da un lato dunque esiste una normativa puntuale che lascia ampio spazio alle Regioni e agli enti locali nel dettare nor-me per un più corretto uso del territo^ rio. Dall'altra esiste una realtà, almeno per Torino, che è un collettore in fase di avanzata costruzione con uno studio accurato delle caratteristiche di porta liquame che vi sarà convogliato. Ma le difficoltà, per giungere ad un risultato soddisfacente, non sono finite. Cosi le sintetizza il prof. Versino, direttore del-la sezione ecologica dell'istituto di chi-mica-fisica dell'Università:
« Teniamo presente lo schema classico di impianto di depurazione, nei tre sta-di sta-di trattamento. Primo, comprendente la sgrigliatura delle acque luride, la de-solazione, la desabbiatura e la sedi-mentazione. Secondo, biologico, in cui i batteri, in aerobiosi metabolizzano le sostanze biodegradabili inquinanti per utilizzarle con ossigeno, azoto, fosforo ed altri elementi, con finalità di crescita e di riproduzione. Il tempo di una gene-razione batterica è di 30 minuti primi, dalla nascita al momento in cui la cel-lula si scinde, per cariocinesi, in due nuovi individui e cosi via. Le cellule formatesi si aggregano in fiocchi facil-mente sedimentabili e separabili sotto forma di fango attivo, se riciclato o bio-logico o secondario se estratto dall'im-pianto ».
Alta tecnologia per H disinquinamento. « Terzo, durante il quale l'acqua risul-tante dalla separazione di questi fanghi viene rifinita con aggiunta di opportuni reagenti destinati alla eliminazione, ad esempio dell'eccesso di fosfati e com-posti azotati. Si tratta ora di vedere qua-le sarà la sorte dei fanghi primari e se-condari: combustione, fermentazione anaerobica con produzione di metano (in notevole quantità) utilizzabile come forza motrice e riscaldamento. In que-sto caso, i fanghi digeriti sono ormai un materiale inerte, utilizzabile in agri-coltura. Ultima possibilità: estrazione con recupero di sostanze pregiate ». « Avendo ben chiara tale impostazione dell'impianto, io credo che, alla luce delle analisi effettuate, la sua realizza-zione richiede ancora moltissimi studi. Mi chiedo infatti quale sarà la qualità dell'acqua inviata al depuratore consor-tile. Ignoriamo del tutto le caratteristi-che chimico-fisicaratteristi-che degli scarichi di ben
10 comuni, sia dal punto di vista del contenuto che della concentrazione. Pos-siamo poi dare per scontata l'applica-zione della legge Merli? E ancora, è attendibile la previsione di incremento prò capite nei consumi d'acqua? Le