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3. I L MATERIALE INEDITO DA T URRIS L IBISONIS C ARATTERIZZAZIONE ARCHEOMETRICA

3.4 Discussione Fabbriche e forme

Dal confronto tra i sei gruppi petrografici, distinti in parte anche chimicamente, e dai dati della DRX, è possibile ricostruire una sintesi generale sulla determinazione di provenienza dei materiali analizzati e sulle tecniche di fabbricazione (Tab. 12).

Il gruppo petrografico 4, corrispondente ai campioni MP0018 e MP0023, è stato identificato come Pantellerian Ware. Sono i campioni che hanno la temperatura di cottura più alta del contesto e ciò conferma la sofisticatezza della tecnologia di realizzazione, che ne ha determinato insieme alla refrattarietà dell’impasto vulcanico, le qualità tecniche e la diffusione in tutte le coste del Mediterraneo occidentale. I dati cronologici e morfologici confermano questo aspetto, attestando l’arrivo, sebbene minoritario, di questa produzione a Turris Libisonis.

Il gruppo petrografico 3, con i campioni LP0028 e LP0029, è stato anch’esso distinto chimicamente, e identificato come fabric 1.2 di Fulford e Peacock. Si tratta di una produzione caratterizzata dalla presenza di singoli frammenti o rocce formate da

Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari vetro vulcanico con frattura perlitica. Questa fabbrica è rappresentata nel contesto indagato da due soli frammenti della tipica forma Fulford 8, e fin dalla sua prima caratterizzazione petrografica a Cartagine, è stata ricondotta al Mediterraneo centrale, in particolare alla Sardegna, alle Isole Eolie e ad alcune zone vulcaniche della Penisola italiana154. Tuttavia affioramenti con paragenesi similare si hanno anche nelle coste meridionali della penisola iberica155. Microanalisi eseguite sul vetro vulcanico da

campioni delle Isole Baleari, hanno rivolto l’attenzione ancora sulla Sardegna156. Nell’isola, come abbiamo visto, è attestata archeometricamente solo a Cagliari157, mentre è possibile ricostruire un quadro diffusivo basato sul dato formale che vede una predominanza nelle attestazioni in contesti rurali e non dell’entroterra di Oristano158. Nel resto del Mediterraneo occidentale è nota in diversi siti costieri, nella classica forma Fulford 8 159, anche se ancora il contesto delle Isole Baleari ci informa della presenza di almeno altre due forme160, che potrebbero quindi rendere incompleta la sola attestazione formale senza analisi archeomteriche. Nel contesto di Turris Libisonis i due frammenti campionati, in un totale di tre attestazioni di Fulford 8, veramente minoritarie in una associazione caratterizzata quantitativamente da altre tipologie e fabbriche, non sono evidentemente sufficienti a chiarire la provenienza di questa fabbrica. È più plausibile pensare di trovarci lontani dal sito di produzione: la frequenza e l’abbondanza dei rinvenimenti nella Sardegna centro-occidentale, potrebbe confermare in questa l’area di origine, tenuto conto della vicinanza al Monte Arci, un complesso montuoso di origine vulcanica caratterizzato da colate di lave acide, ovvero rioliti in facies massiva e perlitica ossidianacea161.

L’altro gruppo petrografico che trova una corrispondenza nelle fabbriche già note e il grande Gruppo 1, che comprende, tra campioni propri del gruppo e frammenti ad esso riconducibili, il 71% della campionatura. È stato identificato come fabric quartz-volcanic 1.9 di Fulford e Peacock, una fabbrica vulcanica relazionata alla fabric 1.2162. La

154 Fulford, Peacock 1984, pp. 10-11 155 Cau 1994

156 Cau 2003, p. 87 e Buxeda i Garrigós et alii 2005, p. 226-227 157 Vedi nota 40.

158 Cfr. fig. 12 159 Cfr. fig. 13

160 Cau 2003, làm. 8, 11-12

161 Cau Ontiveros, Iliopoulos, Montana 2002; Cau 2007, p. 222 162 Fulford, Peacock 1984, p. 13

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Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari proposta di origine iniziale fu la penisola italiana, e le numerose attestazioni in Sardegna individuarono nell’isola una possibile area di produzione 163. Questa fabbrica potrebbe essere messa in relazione con il materiale vulcanico coevo già caratterizzato dal sito de La Piccola a Turris Libisonis164, che ha una forte corrispondenza petrografica, e con

alcune ceramiche analizzate a S. Filitica 165. Per entrambe è stata indicata un’origine localizzabile nella Sardegna Nord Occidentale.

Tradizionalmente la forma maggiormente conosciuta per questo impasto è la Fulford 32, nota in tutta l’isola e nel Mediterraneo, sia morfologicamente che archeometricamente166. La diacronicità del campionamento, che comprende materiali che vanno dalla fine del IV ai primi del VII secolo d.C., ci mostra per la prima volta per questa fabbrica una grande varietà formale, con variazioni morfologiche e nella composizione rispondenti a precisi intervalli cronologici. Uno di questi sottogruppi è per esempio l’insieme di frammenti petrograficamente relazionati al gruppo madre, attestati in maniera compatta nel VI secolo, dove la fulford 32 è ben presente.

Dei gruppi non riconducibili ad impasti noti, quello maggiormente attestato è il Gruppo 2. Anch’esso vulcanico, si caratterizza per la presenza di vetro vulcanico non alterato, soprattutto pomice e shards vetrosi. La presenza di impasti definiti a shards, relativi a ceramiche ad impasto grezzo di età tardoantica, è già nota a S. Filitica, e ricondotta ai giacimenti di rocce vulcaniche presenti nell’entroterra del sito167. Ma l’utilizzo di questi giacimenti, soprattutto per manufatti che richiedono doti di refrattarietà, sembra avere una tradizione veramente antica e diacronica168. I dati formali segnalano una sostanziale difformità con le forme pertinenti agli altri gruppi, e il dato cronologico suggerisce un acme produttivo ben definito alla seconda metà del V secolo, a fronte di una utilizzo che va dalla fine del IV ai primi del VII secolo.

Il Gruppo 6, impasto vulcanico assimilabile al Gruppo 2, si differenzia per la minor presenza di vetro vulcanico. È noto con tre campioni, ed è stato separato sostanzialmente

163 Cau 2007, p. 223 164 Cavazzuti et alii 2012

165 Appendice di G. Oggiano in Rovina 1998, p. 795 166 Cfr. Fig. 12-13

167 Rovina et alii 2011, p. 255

168 Comunicazione orale gentilmente fornita da Beatrice De Rosa su materiali di età preistorica e protostorica. Per l’attestazione di impasti con associazione di shards e pomice in età post medievale, si veda per esempio Milanese, Mameli, Cosseddu 2007, p. 252, con indagini su materiali di XVI secolo da Alghero

Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari per le caratteristiche petrografiche, poiché dal punto di vista chimico non differisce nella sostanza dal Gruppo 2. Uno deri tre campioni poi, il TP0015, ha un impasto intermedio tra i Gruppi 1 e 2, è questo ci informa sulla possibile parentela petrografica dei due gruppi. Data la concordanza cronologica evidente soprattutto con il gruppo 2, si puo pensare ad una fabbrica che sostanzialmente utilizza le stesse materie prime dei due gruppi maggiori, ma che petrograficamente e tecnologicamente non può essere inserita in nessuno dei due.

Infine, il Gruppo 5 di chiara componente granitica, si discosta da tutto il campionamento. Affioramenti di granito sono molto comuni in tutta la Sardegna Settentrionale, e i dati archeologici a disposizione non danno particolari suggerimenti riguardo la provenienza, se non una evidente influenza morfologica con la forma Villedieu type 11-16, tipica del gruppo 1.

I dati finora esposti ribadiscono ancora una volta la precisa volontà e consapevolezza nella scelta di sfruttare la refrattarietà degli impasti vulcanici presenti nel territorio, nettamente prevalenti nelle ceramiche grezze da fuoco locali, ma anche extrainsulari.

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Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari

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