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2. I L MATERIALE INEDITO DA T URRIS L IBISONIS S TUDIO A RCHEOLOGICO

2.1 La città tra la tarda antichità e l’altomedioevo

Dalla sua elezione a Colonia Iulia nel I secolo a.C. e per tutto il periodo imperiale, la città di Turris Libisonis intraprenderà un percorso di costante trasformazione in positivo che la porterà alla sua massima espressione architettonica, sociale ed economica, all’inizio del III secolo d.C. Una recente revisione dei dati archeologici, implementati dalle indagini svolte negli ultimi anni, hanno ulteriormente legato alla politica Severiana il momento di massimo sviluppo urbano della città, sulla spinta di un crescente ed esigente popolamento e del ruolo avanzato del suo porto, in relazione all’isola e alle rotte commerciali del Mediterraneo73.

I punti chiave di questa lettura topografica sono stati localizzati nella fascia orientale della città, la direzione in cui si è mosso il cambiamento urbano di Turris. La volontà di spostare il primo Porto, dall’originario ma inadeguato impianto nella foce del fiume Mannu all’area dell’attuale Darsena vecchia 74, la riappropriazione urbana di spazi periferici antecedentemente adibiti ad aree funerarie 75, ed il conseguente adeguamento e implementazione del sistema viario a servizio di queste nuove aree76 sono le dinamiche emerse in anni di ricerche archeologiche. Scelte innovative, rispetto alla conformazione primigenia della Colonia, che sono frutto di un piano urbanistico ragionato, di cui è oggi possibile perimetrare le aree funzionali (Fig. 14)77.

Ugualmente lo studio dei contesti ceramici ha dimostrato come la città sia mai come prima vitale dal punto di vista ricettivo, e coinvolta attivamente nei movimenti

73 Rovina 1995, p. 155; Satta 1995, p. 187; Boninu, Pandolfi (a cura di) 2012, p. 464. L’ultimo intervento eseguito nel 2006 nell’area di Piazza Colombo, una colmatura artificiale eseguita nel XX secolo proprio davanti la Darsena Vecchia, ha dato l’occasione di portare in luce alcuni tratti di banchina e studiare parte dei depositi che in antico corrispondevano ai fondali dell’approdo turritano. Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2011, p. 339. Boninu, Pandolfi (a cura di) 2012, pp. 319-325

74 Villedieu 1984, p. 7; Azzena 1999, p. 374; Mare Sardum 2005, p. 194; Boi 2008, p. 1810; Boninu, Pandolfi (a cura di) 2012, p. 455

75 Nel III secolo a oriente del gran complesso delle Terme Centrali e delle Terme Maetzke, si impianta un nuovo grande quartiere produttivo e commerciale legato alle attività portuali, con zone abitative, indagato in parte poiché coperto dalla città moderna. Per i brani documentati di recente cfr. Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2011, p. 338-342 e Boninu, Pandolfi (a cura di) 2012, pp. 297, 307-310, 317, 341, a cui si rimanda per la bibliografia sulle indagini precedenti

76Oltre al tracciato ricostruito in base alle indagini svolte in precedenza, sono due i tratti viari di nuova acquisizione, emersi in località Stazione Marittima- La Piccola (Boninu, Pandolfi (a cura di) 2012, p. 311- 316), e presso il Termina Portuale (Boninu, Pandolfi (a cura di) 2012, p. 293-297)

Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari commerciali che animavano il Mediterraneo, gli stessi da cui arrivavano le soluzioni architettoniche che hanno caratterizzato gli stili dello sviluppo edilizio78.

Fig. 14. Sviluppo urbano e suburbano di Turris Libisonis nei secoli III-IV

Sarà a partire dalla fine del IV secolo d.C. invece, che potranno percepirsi i primi labili segni di una inversione di marcia, leggeri sintomi di un successivo stop strutturale che porteranno l’areale urbano ad un processo di destrutturazione, e alla definitiva

frammentazione della forma severiana 79. I dati topografici acquisiti di recente per le fasi tardo antiche hanno confermato infatti che tra IV e V secolo d.C. la città smette di crescere, e a questo momento corrispondono le prime attestazioni di abbandono e

78 Gli scavi archeologici condotti negli ultimi anni a Turris Libisonis-Porto Torres hanno permesso di integrare la conoscenza dei contesti ceramici, da cui emerge un sistema complesso composto di materiali di importazione e prodotti locali. Ma mentre per i primi gli studi dedicati confermato per la città portuale una florida ricettività commerciale comune a molti altri centri costieri del Mediterraneo, poco si conosce delle produzioni comuni e locali. Sui contesti ceramici classici e tardo antichi editi cfr. Villedieu 1984, pp. 230- 238; Manconi 1986, pp. 270-278; Mare Sardum 2005, pp. 194-195; Boi 2008; Stacca 2008; Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2012, p. 348

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Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari defunzionalizzazione di strutture e infrastrutture precedentemente attive, un fenomeno che diventerà più incisivo nel V e nel VI secolo (Fig. 15). Un’impressione già emersa da indagini archeologiche precedenti, e supportata dai dati emersi negli scavi degli ultimi anni.

Fig. 15. Fasi di V- inizi del VII secolo recentemente documentate a Turris Libisonis

Durante la costruzione del nuovo Molo di Ponente, nell’area prospiciente la spiaggia di Marinella e corrispondente al nucleo originario della Colonia, sono state indagate strutture e sistemi di scarico a mare delle acque, impiantate nel I secolo a.C. Queste ultime vengono obliterate smettendo di funzionare tra IV e V secolo80. Più internamente, quasi alla sommità della Collina del Faro, il vano mosaicato del grande complesso monumentale di Via delle Terme viene abbandonato e nel crollo delle sue coperture sono stati rinvenuti materiali di fine IV secolo81. Ritornando lungo la costa, il complesso di sei vani costruiti fronte mare, alcuni mosaicati e dotati di vasche termali, emersi durante le indagini per i lavori del Belvedere, vengono utilizzati non oltre il V

80 Per l’indagine cfr. Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2011, p. 343 e Pandolfi 2012. Per le fasi tardo imperiali, inedite, vedi infra

Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari secolo82. Poco lontano, con la prosecuzione dei lavori, i tratti di strada e le strutture produttive-artigianali individuati durante la realizzazione del Terminal Portuale e della Stazione Marittima- La Piccola, cessano progressivamente di funzionare tra la fine del V e il VI secolo 83. Nella parte estrema orientale, occupata in età imperiale da costruzioni legate alle attività portuali, si son conservate le fasi di modesto riuso, abbandono e crollo di alcune di queste, l’ultima registrata in uno dei saggi effettuati presso il Corso Vittorio Emanuele (Figg. 16-17)84.

Figg. 16-17. Corso Vittorio Emanuele. Stratificazione riferibile a riuso, abbandono e crollo di strutture di III-IV secolo, intaccati da attività moderne (foto D. Deriu)

82 Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2011, p. 342 e Boninu, Pandolfi 2012, p. 307

83 Per la Stazione Marittima cfr. Stacca 2008, p. 1804; Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2011, pp. 340-342 e Boninu, Pandolfi (a cura di) 2012, p. 317. Per le fasi di abbandono e obliterazione dell’area del Terminal Portuale , vedi infra

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Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari

Gli edifici in fase di abbandono diventano quindi cave da cui trarre eterogenei elementi di reimpiego, o aree di discarica. Tra ciò che resta degli impianti originari si documentano comunque sporadiche frequentazioni, caratterizzate dalla modesta risistemazione e riutilizzo dei brani murari superstiti e da focolari e buche di palo. Ancora una volta l’indagine di Via delle Terme fornisce una sintesi di tutti questi avvenimenti, con attività di cava e rilavorazione in loco degli elementi calcarei, nuove ripartizioni degli spazi che sfruttano le strutture superstiti, e una grande e lenta colmatura approntata tra V e VII secolo 85. Altre testimonianze di frequentazione, con piani d’uso, focolari e semplici cucine addossati ai muri delle strutture più antiche si hanno come accennato prima in Corso Vittorio Emanuele, al Terminal Portuale e alla Stazione Marittima-La Piccola86.

Tra i resti di alcuni di questi edifici, o semplicemente nelle nuove spianate derivate dalla loro obliterazione, a partire dal V secolo cominciano a impiantarsi alcune sepolture87. Tra i vari esempi indagati di recente, di notevole importanza per la posizione topografica, sono le due inumazioni risalenti al V-VI secolo d.C., rinvenute sempre nel Corso Vittorio Emanuele, adagiate appunto tra i resti dei muri in opera quadrata in uso fino al III secolo d.C. (Fig. 18)88. Più tarde, e relative ad una vera e propria area di necropoli organizzata, sono invece le sepolture plurime di VI-VII sec. d.C. individuate nell’area della Stazione Marittima-La Piccola, negli strati che obliteravano quello che fino al principio del V secolo era un importante snodo viario che collegava i settori produttivi occidentali con il nuovo porto 89.

La perdita di funzione e coesione fisica tra le aree pubbliche e private della città, e l’ingresso in urbe delle pratiche di seppellimento, ci confermano quindi il progressivo dissolvimento dell’unitarietà del corpo urbano di età imperiale, una rottura che tra VI e

85Il potentissimo ed esteso deposito che ricopre gran parte dell’area è frutto di un ritmato reinterro che ha completamente colmato l’originaria conformazione terrazzata degradante verso il mare. Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2012, p. 348-354

86 Vedi infra

87 Grazie ai dati di scavo è stato possibile localizzare e ricostruire il movimento delle diverse necropoli che dal I secolo d.C. cominciano a circondare il centro abitato. Il rito dell’incinerazione è esclusivo delle parti più antiche, e dopo una fase intermedia di convivenza che si esaurisce con il II secolo d.C., prevarrà l’inumazione quale rito unico. Una recente revisione di tutti i dati e delle nuove acquisizioni sugli spazi funerari turritani si trova in Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi in c.d.s.

88Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2011, p. 339; Pandolfi, Deriu 2012, p. 341; Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi in c.d.s.

89Vedi nota 90. Diversi resti scheletrici deposti in vari momenti erano conservati entro cassoni litici con copertura in laterizi e lastre di calcare. Una di esse conservava come corredo una bottiglia in ceramica decorata ad incisioni, l’unico riferimento cronologico di tutta la fase funeraria. Sannai 2008, p. 1808

Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari VII secolo sfocerà nella naturale frammentazione della città in nuclei insediativi disgiunti che assumeranno una connotazione propria90.

Fig. 18. Corso Vittorio Emanuele. Sepoltura inserita tra gli edifici in abbandono (Foto D. Deriu)

L’area del porto con le Terme Centrali e il Mons Agellus sono le zone in cui stratigraficamente e strutturalmente si può percepire una continuità cronologica che perdura di più rispetto al resto della città. Nel caso delle Terme Centrali, la frequentazione post-classica è indicata dai materiali e dal riuso e fortificazione delle strutture preesistenti, gli imponenti bagni pubblici edificati nel III secolo su precedenti

Domus private. La funzione proposta è quella di conversione in presidio militare, almeno

per il periodo bizantino 91.

Il Porto, in attività ancora nel V secolo d.C., parrebbe diminuire l’intensità delle merci in entrata al principio del VI secolo92. Mettendo in relazione questo dato con la costruzione, nella prima metà del VI secolo, delle potenti mura difensive emerse sotto la vicina Banca Nazionale del Lavoro, è facile pensare ad una struttura portuale in crisi a causa di pericoli esterni, a cui la politica Bizantina rispose con un progetto di protezione di tutto il waterfront cittadino fino al Rio Mannu, ma che evidentemente non bastò ad

90Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2010, p. 98; Boninu, Pandolfi (a cura di) 2012, p. 465

91 Le indagini archeologiche svolte in questo importante complesso strutturale hanno prediletto le fasi classiche, e sono pochi i dati scientifici sulla sua destinazione nella tarda antichità. Spanu 1998, pp. 105- 109 e 196; Spanu 2006b, p. 597; Pani Ermini 2006, p. 14

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Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari assicurare la ricettività dello scalo, soprattutto dopo il loro abbandono dell’isola93. Tuttavia la presenza di anfore e ceramiche da mensa di VIII secolo d.C. e di Forum Ware, emersi da differenti scavi archeologici in città94, unitamente ad una ripresa nella presenza di ceramica nell’area del porto nel 130095, ci consentono di pensare per questi secoli ad un approdo comunque funzionante a basso regime (Fig.19)

Fig. 19. Piazza Colombo. L’area dove sorgeva il porto di III secolo durante gli scavi (Foto C. Carta)

Sul Monte Angellu, sfruttato sin dal I secolo d.C. come spazio funerario, i recenti scavi effettuati intorno alla basilica hanno chiarito la successione degli eventi, dipingendo la sua trasformazione da semplice area funeraria pagana a necropoli cristiana in progressiva monumentalizzazione, culminata con la grande Basilica romanica dedicata a

93La costruzione di questo tratto di mura è stato messo in relazione topografica e in parte cronologica con la fortificazione delle Terme Centrali, inglobate nelle mura, e con il tratto individuato presso la sponda orientale del Rio Mannu. Spanu 1998, p. 107. Pani Ermini 2006, pp. 13-16

94 I materiali archeologici post classici più tardi rinvenuti in città sono appunto pochi esemplari di Forum Ware, dalle Terme Centrali e dall’area di San Gavino. Milanese, Biccone, Rovina, Mameli 2006, p. 202, 203; Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2010, p. 102. Alcuni frammenti inediti provengono anche dalla Stazione Marittima-La Piccola

95Dopo uno stop durante l’età giudicale, nelle stratigrafie di Piazza Colombo riappaiono i materiali ceramici, presenti senza soluzione di continuità sino ai giorni nostri. Petruzzi 2008; Boninu, Pandolfi (a cura di) 2012, p. 325

Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari San Gavino. Gli scavi di atrio Comita e atrio Metropoli96, e i più recenti interventi presso la Sala Capitolare e nella vicina Via Rossini97, confermano l’intensità della frequentazione dell’area cultuale, forse l’unica in città che può veramente vantare una stratigrafia veramente priva di salti cronologici.

Siamo in grado di documentare la continuità di uso delle aree funerarie, conosciamo stratigrafie che arrivano sino all’VII secolo connesse a particolari attività come il culto cristiano o la difesa della città, ma conosciamo ben poco degli areali abitativi e delle dotazioni infrastrutturali della città tra tardo antico e alto medioevo.

Si trattava probabilmente di un abitato disorganico, frazionato e occupato in maniera diffusa con sistemazioni modeste, di cui i focolari e le buche di palo rimangono le uniche testimonianze, e in cui le sepolture agivano da spontaneo elemento di ripartizione. Il restante tessuto urbano, con la rete viaria in disfacimento ridotta all’essenziale tra i due poli, la fascia portuale e il complesso di San Gavino, rappresenteranno l’unica soluzione topografica fino agli anni sessanta del XX secolo (Figg. 20-21). Sarà lo sviluppo industriale, e la conseguente crescita esponenziale degli abitanti, a ricongiungere fisicamente i due poli e conformare Porto Torres nella città pluristratificata che conosciamo oggi.

Figg. 20-21. Stralcio del Catasto de Candia del 1845 e disegno di Giuseppe Cominotti del 1827. In entrambi si percepisce il dualismo insediativo che ha caratterizzato la città sino alla 2° metà del XX secolo

96Oltre all’edizione integrale dello scavo presentata in Pani Ermini et alii 2006, si veda anche Pani Ermini, Stasolla 2010

97 Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2010, pp. 96-110. Boninu, Pandolfi, Deriu, Petruzzi 2011, pp. 334-336. Deriu, Petruzzi 2012, p. 40

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