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2. I L MATERIALE INEDITO DA T URRIS L IBISONIS S TUDIO A RCHEOLOGICO

2.3 S TUDIO ARCHEOLOGICO DEI MATERIALI

2.3.2 La produzione grezza da fuoco

Passando all’analisi specifica della ceramica da Cucina ad impasto grezzo, nonostante la poca omogeneità dal punto di vista formale, è invece facilmente riconoscibile e isolabile nei contesti ceramici, per via appunto del caratteristico impasto con inclusi grossolani, e per la tecnica di lavorazione. L’osservazione degli spessori, delle superfici esterne e dei fondi riporta ad una lavorazione manuale, rifinita con l’ausilio di un tornio lento, mosso manualmente dall’artigiano stesso122. Il trattamento delle pareti, per la riduzione della porosità e la regolarizzazione delle superfici, consisteva nella

122 Nei fondi è assente la tipica rigatura concentrica dovuta al distacco dal piano del tornio veloce, Cuomo di Caprio 2007, p. 204. Per le differenze tecniche tra tornio lento e tornio veloce cfr. Ad Mensam 1994, pp. 22-24; Cuomo di Caprio 2007, p. 176; Giannichedda, Volante 2007, p.12

Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari steccatura, o più in generale nella lisciatura, interna e esterna, con panno bagnato o spazzola (Fig. 39)123.

Fig. 39. Esempi di trattamento superficiale. Lisciatura/spazzolatura interna (a sin.) e steccatura (a ds.)

Il successivo passaggio alla cottura, che avveniva presumibilmente in semplici forni a catasta a camera unica, dava origine al manufatto finito, i cui esiti cromatici potevano variare dal beige, all’arancio, al nero, diversi anche nel medesimo pezzo124.

Il repertorio morfologico, vario per le tipologie di orlo, l’altezza dei vasi e l’andamento delle pareti, si mantiene stabile per quanto riguarda il fondo, sempre piano, e per la caratteristica tipologia di presa, a semiluna, applicata sulle pareti ma anche negli orli, presente nella maggior parte degli esemplari (Fig. 40)

Le uniche anse ritrovate, a sezione elissoidale, sono infatti esclusive della forma del coperchio a disco, tranne un unico esempio forse relativo ad una brocca o ad una pentola biansata.

123 Giannichedda, Volante 2007, p.11

124 Alcuni frammenti mostrano segni di bruciatura dovuti al contatto diretto con la fiamma. Giannichedda, Volante 2007, p.15. Per una sintesi delle tipologie di forni e fornaci, cfr. Ad Mensam 1994, p. 24-25; Cuomo di Caprio 2007, pp. 502-522

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Fig. 40. Esempio di presa a semiluna applicata in parete

Nei singoli contesti presi in esame, dopo la dovuta ricostruzione delle forme , sono stati quantificati i frammenti diagnostici e non, e ricondotti ove possibile, a riferimenti formali editi di produzioni coeve, in Sardegna ma anche da contesti extrainsulari (Tab. 2).

Sito US orli fondi pareti anse N. Max N. Min N. Medio

Via delle Terme 3032 8 7 20 - 31 27 29

Via delle Terme 3025 5 5 3 - 12 10 11

Molo di Ponente 2026 43 53 44 - 82 75 78 Terminal Portuale 1146 4 3 9 - 16 14 15 Terminal Portuale 1147 2 1 15 - 4 4 4 Terminal Portuale 1152 11 13 44 - 13 11 12 Terminal Portuale 1154 1 4 5 - 9 7 8 La Piccola 2054 2 - 2 - 3 3 3 La Piccola 2066 2 1 - - 3 3 3 Terminal Portuale 1150 18 10 16 - 45 42 43

Via delle Terme 3017 34 39 26 - 89 86 87

La Piccola 7006 8 3 10 1 22 20 21 La Piccola 2024 8 5 - - 13 10 11 La Piccola 2003 7 10 6 2 25 22 23 La Piccola 2026 2 1 - - 3 3 3 La Piccola 2012 6 2 12 - 16 14 15 La Piccola 2011 21 17 80 1 30 14 22

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Fine IV-inizi V secolo d.C. Nel contesto di fine IV-inizi V secolo del Molo di

Ponente, la pentola più comune, con il 65% del totale, è riconducibile alle forme Villedieu type 11 e 16, note a Turris Libisonis nel V secolo d.C., soprattutto nella prima metà125. Hanno entrambe l’orlo ingrossato verso l’esterno, ma si differenziano, nella classificazione della studiosa francese, per la presenza delle anse, nel primo caso applicate in parete, nel secondo caso direttamente sull’orlo. Il contesto in esame ha però restituito un inedito esemplare integro che conserva entrambe le soluzioni, disposte simmetricamente (cat. n° 15). Sono noti anche pochi esemplari delle pentole/tegami Villedieu type 10 e 12126, anch’esse comuni in città nel V secolo. Si hanno attestazioni singole di forme riconducibili a esemplari più tardi documentati a S. Filitica (cat. nn° 21 e 39)127 o forme del tutto inedite, come il tegame con orlo indistinto (cat. n°25). Le analisi archeometriche hanno permesso di riconoscere due esemplari di Pantellerian Ware, un piatto coperchio con orlo ingrossato e una ciotola con orlo ripiegato che circolavano nel Mediterraneo tra la seconda metà del IV-inizi V secolo (cat. nn° 22 e 55)128.Anche da Via delle Terme, negli strati di fine del IV secolo, sono maggiormente rappresentate le pentole Villedieu type 11, 16 e 10; ciò consente di retrodatare di qualche anno la cronologia nota finora per queste forme, che identificava nella prima meta del V la cronologia di comparsa. Altre forme da Via delle Terme, note per una singola attestazione, sono da ricondurre ad alcune pentole con orlo indistinto ancora da S. Filitica (cat. n° 129) 129 e alla olla Villedieu type 1, sicuramente residuale, poiché precedentemente attestata alla fine del II-inizi III secolo (cat. n° 178)130.

Prima metà del V secolo d.C. Dagli strati della prima metà del V secolo del

Terminal Portuale, le forme sono ancora la Villedieu type 10 e 11, ma anche alcuni esemplari generalmente riconducibili alla pentola con orlo ripiegato, Villedieu type 35, una forma che compare dal V secolo a Turris Libisonis ma che è molto più frequente e standardizzata nel VI secolo, già nota a Cartagine come form 32 di Fulford e Peacock 131. I coevi strati di frequentazione evidenziati a La Piccola, oltre alla presenza anche in

125 Villedieu 1984, pp. 158-160 126 Villedieu 1984, pp. 158-159

127 Rovina et alii 2011, pentola fig. 2.9 e tegame fig. 4.1

128 Montana et alii 2007, p. 457. Per l’aspetto archeometrico vedi infra 129 Rovina et alii 2011, pentola fig. 2.1-4

130 Villedieu 1984, p. 156

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Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari questo contesto della forma Villedieu type 35, si differenziano dagli altri contesti per la frequenza nelle attestazioni di diverse olle con orlo ingrossato e prese applicate, confrontabili con esemplari noti a Turris e a S. Filitica nei secoli V-VI (cat. n° 111)132.

Seconda metà del V-inizi del VI secolo d.C. Tra la fine del V e l’inizio del VI

secolo, sembra che nuove forme si affianchino a quelle più comuni, tipiche dei primi del V secolo, che si trovano in questo momento nel loro punto di diminuzione rispetto alla precedente fase di frequenza massima133. Le US 1150, 1152 e 1154 dal Terminal

Portuale, datate tra la fine del V e la 1° ½ del VI secolo ci attestano ancora la circolazione delle forme Villedieu type 10, 11, 12, insieme alla presenza più incisiva della Villedieu

type 35. Compaiono per la prima volta i coperchi/piatti, di forma discoidale, orlo rialzato,

ansa a sezione ellissoidale e diametri ampi, per adattarsi a vari tipi di pentole. Le attestazioni singole, di forme meno comuni, ci documentano la presenza della pentola Villedieu type 29134, di un olla confrontabile con S. Filitica (cat. n° 92) 135 e di un ansa con residuo di parete, che può essere pertinente ad una forma chiusa, forse una brocca, finora nota sono negli strati di V-VI secolo da S. Filitica (cat. n° 88). Le forme che non hanno confronti sono una pentola con orlo assottigliato verso l’interno, due tegami con orlo estroflesso e un ampio tegame con orlo identico alla Villedieu type 12 e anse applicate all’orlo come la Villedieu type 16 (cat. n° 86 e 93, 101).

L’ US 3017 da Via delle Terme, che è stata datata fino al VI per via di alcune forme di Sigillata africana D136, conserva anche molti materiali di V secolo, poiché si tratta presumibilmente di uno strato di riporto formato da terreno prelevato da una altro deposito, formatosi antecedentemente. Possiamo quindi considerarlo un esempio per il V secolo. La maggior parte delle pentole appartiene ancora alle forme Villedieu type 11 e in misura minore 12, 16 e 10. Tra le altre forme, è presente un solo tipo di olla, con collo quasi dritto e orlo svasato, e un tegame di diametro indefinito con orlo ingrossato estroflesso, confrontabili con esemplari di V-VI secolo da S. Filitica (cat. 137 e 147) 137. Anche in Via delle Terme sono state catalogate alcune forme senza confronto e una in

132 Maetzke 1988, fig. 15.i eRovina 1998, fig. 2.20 eRovina et alii 2011, fig. 3.3 133 Cfr. Negro Ponzi, Mancini 1997, p. 149

134 Villedieu 1984, p. 162 135 Rovina 2011, fig. 3.8-10 136 Vedi supra

Daniela Deriu, Le produzioni ceramiche da fuoco tardoantiche-altomedievali dai siti della Sardegna Settentrionale. Indagini morfologiche, cronologiche, archeometriche. Tesi di Dottorato in Archeologia, Università degli Studi di Sassari particolare, ricostruita quasi per intero, colpisce perche unica ad avere, tra tutti i frammenti studiati, il fondo convesso e spessori decisamente notevoli (cat. n° 132).

VI secolo-inizi VII secolo d. C. Passando ai contesti di VI secolo pieno,

documentati nel sito de La Piccola, la pentola in uso è la Villedieu type 35. Insieme ai coperchi è la forma più attestata, mentre singoli attestazioni si hanno di olle e pentole che in qualche caso trovano un confronto con esemplari di VI secolo ancora da S. Filitica (cat. n° 104, 113)138. Gli strati più tardi, che arrivano fino agli inizi del VII secolo, riportano la continuità della situazione riscontrata per il VI secolo, con qualche novità. Il tipo più attestato è ancora la pentola Villedieu type 35/Fulford 32, affiancata però da un equivalente numero di olle con prese applicate e orli di diverso tipo. Questa forma, finora veramente sporadica, sarà molto comune nell’età medievale, e a Turris sembra diffondersi, in associazione con la type 35 proprio in questo momento di passaggio tra il VI e il VII secolo. Alcuni esemplari sono associabili al coevo contesto di S. Filitica (cat. n° 120)139. Si hanno ancora attestazioni di coperchi, mentre alcune anse applicate a pareti ricurve, sono associabili a pentole biansate già attestate in città ma anche a S. Filitica (cat. n° 118 e 119)140. Uno dei fondi piani in pasta grezza aveva inseriti nella superficie interna minuscoli frammenti di roccia, che ne consentivano l’uso come mortaio, anche se finora questo sarebbe il primo esempio realizzato con impasto grossolano (cat. n° 127). È unicamente in questi strati più tardi, che si sono conservati anche tre esemplari della forma Villedieu type 37, anche questa già nota a Cartagine come form 8 di Fulford e Peacock, per cui corrispondono anche le caratteristiche petrografiche141.

Quanto detto finora, è riassumibile nella tabella crono-morfologica riportata di seguito, in cui si è possibile cogliere le tendenze formali prevalenti nei vasi da cucina, e i cambiamenti intercorsi nel corso del tempo, testimoniate dall’ingresso di nuove forme (Tab. 3). Si può già da ora mettere in evidenza, aldilà del dato archeometrico, che esiste una inattesa omogeneità e un senso nella ricorrenza di alcune forme, e che è possibile cogliere nella loro variazione cambiamenti del gusto formale. Questo aspetto, emerso grazie allo studio diacronico e multistratificato dei materiali. sarà ripreso e discusso nella parte finale, anche alla luce del confronto con i risultati archeometrici di seguito esposti.

138 Rovina 1998, figg. 2.20 e Rovina 2011, fig. 2.3 139 Rovina, Garau, Mameli 2008, fig. 8.1;

140 Villedieu 1984, type 32 e Rovina 1998, fig. 2.1 e 2.5

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Ogni cosa riprese il suo peso iniziale: risuscitò il diamante, sgusciando dal castone, le medicine si mutarono in erbe, la carta si mutò in foresta, ma solo per un attimo, perché la mente comprendesse come tutto ciò era cresciuto e maturato, come s’era formato questo mondo. (Leoníd Martiýnov, Ogni cosa riprese)

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