L’infarto cerebrale perinatale rappresenta un evento relativamente frequente nella popolazione infantile; esso determina una lesione stabile a livello del tessuto cerebrale da cui deriva un deficit neurologico non progressivo che in genere coinvolge un emilato ed in particolare, in misura maggiore nelle lesioni del neonato a termine, l’arto superiore. A causa della vascolarizzazione del tessuto cerebrale e dei rami più frequentemente coinvolti in un evento tromboembolico, generalmente risulta un danno a livello della corteccia motoria primaria, area 4, della corteccia premotoria, area 6, da cui originano le vie piramidali. Il ramo arterioso che vascolarizza queste regioni risulta infatti l’arteria cerebrale media che è il ramo arterioso più frequentemente coinvolto in un evento tromboembolico, a diversi livelli del suo tronco principale o dei collaterali, le arterie lenticolo-striate. In relazione all’estensione della lesione gli esiti sul piano motorio possono essere variabili. Tuttavia i fattori che coinvolgono il recupero funzionale sono molti, ed in particolare tutte quelle determinanti che in qualche modo condizionano la plasticità cerebrale. Il
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cervello in via di sviluppo possiede infatti importanti capacità adattive ad un evento cerebrovascolare, in misura molto maggiore di quello che succede nel cervello adulto. Tuttavia lo studio di tutti i fattori noti che sono in grado di modulare o incrementare il recupero plastico delle funzioni legate al controllo motorio risulta talvolta problematico a causa delle difficoltà reali ed etiche ad interferire sperimentalmente in vivo sull’individuo e sulla fisiopatologia del danno cerebrale.
Ad oggi, la letteratura su modelli murini di induzione di una lesione focale in epoca perinatale risulta ancora carente [227-231, 235]. Per quello che riguarda invece l’induzione di lesioni in epoca adulta, altri gruppi di ricerca hanno descritto modelli validi, sui quali sperimentare eventuali terapie mediche per il recupero delle capacità plastiche del cervello adulto e sui quali applicare nuove strategie terapeutiche-riabilitative [237, 238, 240, 242, 243, 246-248].
Il nostro studio ha avuto, in primo luogo, lo scopo di creare un valido modello di induzione di una lesione focale su modello animale in un’epoca dello sviluppo del cervello murino che fosse paragonabile al grado di sviluppo morfologico, sinaptico e perciò di potenziale plastico, equiparabile all’epoca perinatale del bambino nato a termine. Per questo motivo, in relazione alla letteratura riguardante i dati di maturazione delle vie corticospinali nel ratto, è stata decisa un’epoca ottimale di induzione del danno nel ratto compresa tra P18 e P34, in particolare P21. In secondo luogo l’esperimento è stato mirato ad indurre una lesione sovrapponibile per sede e caratteristiche morfologiche nell’ambito della corteccia motoria a quella che si produce nel bambino in seguito ad uno stroke perinatale. In relazione a questo, è stato deciso di utilizzare una metodica di induzione del danno che potesse determinare una localizzazione della lesione in corrispondenza in particolare dell’area della corteccia motoria del ratto che controlla il movimento volontario dell’arto anteriore, piuttosto che scegliere metodi di induzione della lesione attraverso occlusione vascolare basati sulla fisiopatologia del danno, data la diversa rappresentazione delle aree corticali sia
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per sede che per dimensione nel ratto e nell’uomo. Tutti i ventisei ratti utilizzati nell’esperimento eccetto uno sono sopravvissuti, mostrando perciò una buona tolleranza verso la procedura chirurgica, sia per l’iniezione con endotelina-1 che per i controlli con salina. Infatti, la riproducibilità della metodica in sé risulta condizionata dalla possibilità di sopravvivenza dei cuccioli di ratto e dalla prosecuzione dell’accudimento da parte della madre dopo la procedura chirurgica, essendo necessaria per le prospettive di impiego del nostro modello la progressione attraverso le tappe di sviluppo e la possibilità di reclutamento dei cuccioli di ratto in prove sperimentali e training neurocomportamentali che ne presuppongono la sopravvivenza.
Le dosi di endotelina-1 utilizzate per l’induzione della lesione sono state progressivamente incrementate a partire da un dosaggio empirico, inferiore a quello che secondo le comuni procedure presso i laboratori di Neurofisiologia del Cnr di Pisa viene utilizzato per il ratto adulto. I primi quattro ratti trattati di età P21 iniettati con endotelina-1 al dosaggio complessivo di 30 pmol non hanno mostrato dopo l’analisi istopatologica alcuna lesione. Partendo da questo dato, vista la buona tolleranza degli animali per la procedura chirurgica e la tolleranza al vasocostrittore, i dosaggi di endotelina-1 sono stati incrementati fino alla dose massima di 240 pmol. Questo dato si discosta dai protocolli che riguardano il ratto adulto in quanto sembra presente una ridotta sensibilità del cervello murino immaturo riferibile verosimilmente ad una affinità recettoriale ancora bassa per l’endotelina-1 stessa. Gli animali sacrificati che hanno ricevuto dosaggi di 120 pmol hanno mostrato lesioni riproducibili e ben evidenti a livello della corteccia motoria. Il nostro modello rappresenta il primo studio sperimentale di induzione di una lesione riproducibile nel cervello di ratto in epoca neonatale che utilizza la procedura di iniezione intracorticale di endotelina-1.
Un ulteriore importante obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare non soltanto sul piano istopatologico la lesione indotta attraverso la procedura descritta ma anche di individuare eventuali correlati clinici del danno provocato
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a livello della via piramidale per il controllo del movimento volontario in particolare a livello dell’arto anteriore. È opportuno precisare che l’organizzazione motoria del ratto prevede che la gran parte del repertorio motorio risulta da pattern sottocorticali; l’evidenza di un deficit motorio di natura piramidale richiede perciò una valutazione più specifica dei movimenti volontari soprattutto per l’arto anteriore. I test che sono stati selezionati nello studio hanno previsto da un lato l’analisi di abilità equiparabili al cammino nell’uomo quali la gait analysis, dall’altro una valutazione dell’efficacia della prensione quali la grip strenght e la scalata, sebbene quest’ultima richieda il reclutamento anche di funzioni di orientamento spaziale. I risultati che abbiamo ottenuto dall’analisi dei dati quantitativi ricavati da particolari parametri misurati nelle diverse prove hanno permesso di evidenziare differenze significative tra il gruppo trattato con endotelina-1 e quello di controllo. Sebbene il numero di ratti sottoposto ai test comportamentali sia stato limitato finora a causa del tempo necessario per la creazione del protocollo di induzione, tuttavia i ratti sono stati sottoposti ciascuno ad una numero prestabilito di tentativi dello stesso test; rimane di enorme interesse il fatto che i dati ottenuti in diverse prove sugli stessi ratti risultino anch’essi riproducibili e estremamente aderenti a quanto ipotizzabile per la presenza di una lesione. Il profilo funzionale del danno indotto nel ratto mostra che nella maggior parte delle prove proposte e sopracitate la performance del ratto lesionato, ed in particolare per il lato controlaterale al sito di iniezione nella gait analysis, risulta significativamente peggiore all’analisi statistica rispetto ai ratti trattati con salina. In particolare i ratti con danno unilaterale risultano significativamente più lenti dei controlli nella prova di scalata (p=0,001); inoltre è presente un deficit nell’efficacia della prensione nella prova di grip strenght, dove la forza che occorre per determinare il rilascio della presa risulta significativamente minore nei ratti esitali (p=0,003). Infine, per quel che riguarda l’analisi del cammino, in particolare, sebbene per l’esiguo campione non emerga una significatività statistica nei parametri della
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rotazione dell’arto e della coordinazione arto anteriore-arto posteriore, è presente una chiara tendenza ad un maggior grado di esorotazione nei lesionati rispetto ai controlli ed all’incoordinazione antero-posteriore dal lato controlaterale alla sede di inoculazione, rispetto sia al lato ipsilaterale al sito di iniezione che ai controlli sani. La lunghezza del passo dal lato controlaterale alla sede di inoculazione nell’animale lesionato risulta significativamente minore rispetto al corrispondente arto del controllo (P = 0,009); nonostante nei ratti lesionati esistesse una tendenza verso una minor lunghezza del passo dal lato controlaterale alla sede di inoculazione nei confronti del lato ipsilaterale alla sede di inoculazione, non è stata raggiunta la soglia di significatività statistica. Il nostro lavoro per la prima volta applica modelli di studio neurocomportamentale a cuccioli di ratto nei quali è stata indotta una lesione focale in epoca equiparabile a quella perinatale mostrando la possibilità di ricavare parametri clinici di riscontro alla presenza della lesione corticale.
I risultati di questo studio suggeriscono di approfondire in futuro alcuni aspetti:
1) Ampliare il campione da studiare, considerando la rilevanza di poter usufruire di un modello di lesione riproducibile.
2) Selezionare i test neurocomportamentali dotati di migliore accuratezza diagnostica, in grado cioè di rilevare il minimo deficit motorio;
3) Approfondire gli aspetti di correlazione fisiopatologica tra deficit indotto nel modello murino e quello osservato nell’uomo;
4) Individuare parametri altamente paragonabili per descrivere la funzione motoria e quindi il deficit nel ratto e nell’uomo;
5) Studiare i fattori che possono influenzare la plasticità del sistema motorio, e le relazioni reciproche tra i processi di riorganizzazione e recupero funzionale, al fine di ricavare elementi da riprodurre nell’ambito del trattamento medico e riabilitativo nell’uomo.
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Concludendo, l’infarto cerebrale arterioso perinatale rappresenta una entità anatomo-patologica e clinica relativamente frequente nella popolazione pediatrica, causando una disabilità permanente che influenza negativamente la qualità della vita. La creazione di un modello riproducibile di lesione murina può permettere di creare nuove prospettive nella valutazione dei processi fisiopatologici del danno cerebrale e nell’individuazione di strategie terapeutiche di tipo medico o riabilitativo da applicare precocemente al fine di garantire il massimo recupero funzionale attraverso i meccanismi di plasticità del cervello immaturo.
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ALLEGATI
Figura 23. Laboratorio di induzione della lesione. Nella figura: apparato stereotassico con struttura di
contenzione della testa dell’animale, sistema di calibrazione cui è connesso il capillare contenente la soluzione da iniettare e struttura di comando coordinate stereotassiche nei tre assi (x, y, z); tubo in PVC per la ventilazione dell’animale durante l’anestesia; pompa manuale collegata al capillare; trapano da dentista (Mariotti 30000®). Per gentile concessione dell’Istituto di Neurofisiologia del CNR Pisa.
Figura 24. Campione istologico della lesione visualizzato con microscopio a fluorescenza. Sezione
frontale del tessuto cerebrale a livello della lesione nell’area motoria primaria (Fr1) che controlla il movimento dell’arto anteriore. La dose di ET-1 corrispondente alla lesione è di 120 pmol in un unico sito di iniezione. Coordinate rispetto al bregma: 0.0 mm anteriormente, 1.0 mm lateralmente sull’emisfero sinistro.Si noti l'approfondarsi della lesione all'interno degli strati corticali con perdita di sostanza al livello più superficiale e disorganizzazione del tessuto perilesionale. Per gentile concessione dell’Istituto di Neurofisiologia del CNR Pisa.
Tabella 3. Test comportamentali: valori delle singole prove
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RIASSUNTO
L’infarto cerebrale arterioso perinatale rappresenta un evento relativamente frequente nella popolazione infantile. I fattori di rischio associati ad un evento cerebrovascolare di questo tipo sono molti, sebbene spesso non sia possibile stabilire l’eziopatogenesi del quadro. Le sequele neurologiche che risultano da un insulto focale a livello della corteccia motoria determinano un quadro di asimmetria funzionale con un grado variabile di gravità in relazione ai determinanti della lesione. Le prospettive riabilitative e terapeutiche sono basate sulla possibilità del cervello immaturo di recuperare la funzione motoria in modo nettamente migliore rispetto alle epoche successive dello sviluppo. I fattori che tuttavia determinano tali possibilità e inducono la plasticità ad un’evoluzione positiva del quadro sono molti e non di facile accesso allo studio sull’individuo. In letteratura sono stati validati modelli murini su animali adulti nei quali è stato possibile applicare strategie sperimentali di tipo terapeutico e finalizzate al recupero della plasticità [237, 238, 240, 242, 243, 246-248]. Gli studi condotti su modelli murini di lesione perinatale ad oggi sono tuttavia pochi [227-231, 235]. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di creare un modello murino di induzione di una lesione focale nell’ottica di porre le basi a successive applicazioni nell’ambito della comprensione dei meccanismi del danno e dell’utilizzo per la sperimentazione di nuove prospettive terapeutiche.
È stato perciò reclutato un numero complessivo di ventisei ratti in età variabile tra P18 e P34 nei quali è stata ottimizzata una procedura di induzione del danno mediante iniezione intracorticale di endotelina-1 a livello della regione della corteccia motoria che controlla il movimento volontario dell’arto anteriore. Le lesioni in opportuno preparato istologico sono state visualizzate al microscopio a fluorescenza e descritte qualitativamente. Infine, raggiunta la dose ottimale di
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ET-1 per l’induzione della lesione, quattro animali sono stati sottoposti ad una batteria mirata di test neurocomportamentali al fine di valutare eventuali asimmetrie funzionali e deficit motori. Dall’analisi statistica dei dati riguardanti il comportamento sono emerse differenze significative nei parametri analizzati tra il gruppo dei ratti lesionati ed i controlli trattati con salina. I risultati ottenuti sono apparsi incoraggianti nell’ottica di ulteriori possibilità di miglioramento della metodologia e di un eventuale impiego per la sperimentazione di terapie specifiche mediche o riabilitative.
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