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Infarto cerebrale arterioso perinatale: modello murino di induzione di un danno focale

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INDICE

INTRODUZIONE... 3

PARTE GENERALE

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INFARTO CEREBRALE ARTERIOSO PERINATALE ... 8

Capitolo 1- DEFINIZIONE ... 8

Capitolo 2- EPIDEMIOLOGIA... 9

Capitolo 3- CLASSIFICAZIONE ... 10

Capitolo 4- ELEMENTI DI ANATOMO-FISIOLOGIA DELLA CORTECCIA MOTORIA E DELLA VIA PIRAMIDALE NELL’UOMO ... 12

Capitolo 5- FISIOPATOLOGIA ... 16

Capitolo 6- FATTORI DI RISCHIO ... 22

Capitolo 7- NEUROPATOLOGIA... 27

Capitolo 8- QUADRO CLINICO ... 29

Capitolo 9- NEUROIMAGING... 32

Capitolo 10- PROGNOSI E OUTCOME ... 34

Capitolo 11- RIORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA MOTORIO... 38

MODELLI MURINI DI INFARTO CEREBRALE ARTERIOSO ... 41

Capitolo 12- ELEMENTI DI NEUROANATOMIA NEL RATTO... 41

Capitolo 13- ELEMENTI DI EMBRIOLOGIA DEL SISTEMA NERVOSO NEL RATTO . 47 Capitolo 14- MODELLI DI INDUZIONE DELLA LESIONE ... 52

Capitolo 15- VALUTAZIONE NEUROCOMPORTAMENTALE ... 57

PARTE SPERIMENTALE

... 61

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Capitolo II- SOGGETTI E METODO ... 63

SOGGETTI... 63

METODO... ... 67

A) PROCEDURE DI INDUZIONE DELLA LESIONE ...67

B) RISCONTRO ISTOPATOLOGICO ...69

C) ANALISI IMMUNOISTOCHIMICA...70

D) VALUTAZIONE NEUROCOMPORTAMENTALE...71

E) ANALISI DEI DATI...76

Capitolo III- RISULTATI ... 77

ASSESSMENT ISTOPATOLOGICO ... 77

ASSESSMENT NEUROCOMPORTAMENTALE... 78

ANALISI STATISTICA ... 84

Capitolo IV- DISCUSSIONE... 85

ALLEGATI ... 91

LABORATORIO DI INDUZIONE DELLA LESIONE...91

CAMPIONE ISTOLOGICO DELLA LESIONE ...92

TABELLA TEST COMPORTAMENTALI: VALORI DELLE SINGOLE PROVE...93

RIASSUNTO ... 94

BIBLIOGRAFIA... 96

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INTRODUZIONE

Lo stroke perinatale è un’importante causa di mortalità e disabilità neurologica permanente nella popolazione pediatrica. Tale patologia rappresenta per frequenza la principale causa di emiplegia congenita [1] e la seconda causa di epilessia neonatale nel bambino nato a termine [5, 47]. Il periodo che comprende gli ultimi giorni di gestazione ed il primo mese dopo la nascita comporta per il feto e per il neonato (oltre che per la madre) un rischio di stroke arterioso ischemico molto più alto rispetto alle altre epoche della gravidanza ed alle lesioni acquisite in età successive; tale dato è verosimilmente addebitabile all’attivazione di meccanismi pro-coagulativi che si verifica in questo periodo critico[1]. Diversi fattori di rischio concorrono a scatenare l’evento cerebrovascolare, che spesso è il risultato dell’azione simultanea di fattori endogeni, quali trombofilie ereditare o acquisite, e fattori ambientali [1]; tuttavia in non pochi casi una chiara eziologia non viene individuata [34]. A provocare il forte impatto socio-economico di tale patologia sono le frequenti sequele motorie e cognitivo-comportamentali che tale evento determina. Il quadro neuromotorio più comune è rappresentato dalla emiplegia [5]. Il quadro di asimmetria funzionale è comunque variabile in base ai determinanti della lesione. Le prospettive riabilitative e terapeutiche sono basate sulla possibilità del cervello immaturo di recuperare la funzione motoria in modo nettamente migliore rispetto a quello che accade nelle epoche successive dello sviluppo. Tuttavia i fattori che determinano tali possibilità e conducono la plasticità verso un’evoluzione positiva del quadro sono molti e non di facile accesso allo studio sull’individuo.

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In letteratura sono noti vari modelli murini di stroke, tuttavia la maggior parte di essi sono rivolti allo studio del soggetto adulto [232, 233, 236-240, 242-249], mentre ad oggi pochi sono i lavori condotti specificamente su un pattern di lesione perinatale [227-231, 234, 235]. I modelli di lesione ischemica focale più utilizzati nel roditore adulto prevedono l’occlusione dell’arteria cerebrale media (Middle Cerebral Artery, MCA) [236-240], allo scopo di riprodurre il meccanismo fisiopatogico prevalente nella corrispettiva patologia umana. Tale occlusione viene indotta attraverso tecniche come l’inserimento di una sutura intraluminale nel vaso [237, 239], tramite metodiche che innescano l’attivazione locale della coagulazione, come l’embolizzazione o la fototrombosi della MCA [236] o ancora mediante vasocostrizione indotta da iniezione di endotelina-1 adiacente alla MCA [240]. Nonostante il largo uso dei modelli di occlusione della MCA, questi hanno diversi svantaggi nello studio dei deficit del sistema motorio, in particolare essi:

1) determinano una entità variabile del danno; 2) spesso non colpiscono la corteccia motoria;

3) bloccando gran parte del tratto della MCA con una sutura intraluminale determinano il rischio di occludere anche altre arterie [238, 239], danneggiando regioni cerebrali non tipicamente interessate nello stroke della MCA dell’uomo; 4) includono procedure chirurgiche invasive che spesso provocano negli animali difficoltà a nutrirsi e deterioramento della salute a lungo termine [238, 240]. Tali considerazioni forniscono il razionale all’utilizzo di metodiche maggiormente affidabili, riproducibili e meno invasive. Fra queste è possibile includere la tecnica di induzione del danno ischemico mediante applicazione topica od iniezione intracorticale di endotelina-1 (ET-1) [242-249]. L’ET-1 è un potente agente vasocostrittore [241] che qualora applicato sulla superficie corticale od iniettato nel suo spessore, determina una riduzione critica ma transitoria del flusso sanguigno locale, tale da produrre un danno ischemico focale nel territorio a valle [242]. L’occlusione vasale è reversibile e la lesione

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indotta presenta una regione di penombra ischemica, riproducendo così più fedelmente le caratteristiche neuropatologiche dello stroke nell’uomo.

Come per l’animale adulto, la maggior parte delle attuali tecniche di induzione di lesione ischemica focale in modelli neonatali si basa sull’occlusione dell’arteria cerebrale media [227-231]. Queste procedure includono:

a) Il modello di Rice-Vannucci di ipossia-ischemia, che prevede la legatura unilaterale della carotide seguita da esposizione ad ipossia all’8% per c.ca 90 minuti [227];

b) La tecnica di occlusione transitoria della MCA, provocata tramite l’inserimento di un filamento attraverso la carotide interna verso la MCA, con la sua successiva rimozione e riperfusione [228, 229];

c) Modelli di occlusione permanente della MCA tramite elettrocoagulazione [230] od inserimento manuale di emboli di opportune dimensioni [231];

Queste metodiche mostrano gli stessi svantaggi delle tecniche viste per l’animale adulto, per di più accentuati dalle difficoltà tecniche che tipicamente si presentano in roditori di quest’età.

Un’alternativa a questi modelli di lesione cerebrale perinatale è stata fornita dalla fototrombosi [234, 235]. Tale metodica utilizza un colorante fotoreattivo, il rosa bengala, che viene iniettato nel circolo venoso sistemico del roditore; contemporaneamente con un laser di appropriata lunghezza d’onda vengono irradiati i vasi sanguigni superficiali della regione cerebrale d’interesse. L’irradiazione determina nel colorante in circolo una serie di reazioni ossidative a cascata che provocano infine una trombosi locale ed all’occlusione vasale. Questa tecnica si è dimostrata da un lato di facile impiego, riproducibile e relativamente non invasiva, nonché capace di provocare ben definite lesioni cerebrali, dall’altro però ha mostrato degli evidenti limiti, quali l’assenza di fenomeni di riperfusione e di una zona penombra, che invece caratterizzano preminentemente la corrispondente lesione umana.

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L’obiettivo del nostro studio è stato quello di creare un modello murino di induzione di una lesione focale che fosse comparabile, nel timing e nelle caratteristiche anatomo-cliniche, al corrispondente danno perinatale nell’uomo e che al contempo costituisse una metodica affidabile, riproducibile e meno invasiva possibile, onde porre le basi per un suo sistematico utilizzo nello studio dei meccanismi fisiopatologici della lesione e nella sperimentazione di nuove strategie terapeutiche.

È stato perciò reclutato un numero complessivo di ventisei ratti in età variabile tra P18 e P34 nei quali è stata ottimizzata una procedura di induzione del danno mediante iniezione intracorticale di endotelina-1 a livello della regione della corteccia motoria che controlla il movimento volontario dell’arto anteriore. Le lesioni in opportuno preparato istologico sono state visualizzate al microscopio a fluorescenza e descritte qualitativamente. Infine raggiunta la dose di ET-1 ottimale per l’induzione della lesione, quattro animali sono stati sottoposti ad una batteria mirata di test neurocomportamentali al fine di valutare eventuali asimmetrie funzionali e deficit motori, in particolare in corrispondenza dell’arto anteriore controlaterale al sito di iniezione. I parametri rilevati ai test comportamentali sono stati infine analizzati con sistema statistico per valutare la presenza eventuale di differenze significative tra il lato controlaterale al sito di iniezione e l’ipsilaterale nello stesso ratto ed in controlli trattati con salina.

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INFARTO CEREBRALE ARTERIOSO

PERINATALE

Capitolo 1- DEFINIZIONE

Con la definizione di infarto cerebrale arterioso perinatale (Perinatal Arterial

Stroke, PAS) si descrive un evento cerebrovascolare che si verifica all’epoca del

termine del periodo di gestazione e che si accompagna ad evidenza radiologica e/o anatomo-patologica di infarto arterioso focale. In base al periodo in cui tale evento si verifica, è possibile individuare eventi perinatali, nel periodo compreso tra 28 settimane di età gestazionale alla 7a giornata post-natale ed eventi neonatali, che si verificano entro i primi 28 giorni di vita. Risulta ormai noto che lo stroke perinatale sia principalmente, anche se non esclusivamente, un disturbo dei bambini nati a termine (≥ 37 settimane) o di quelli near-term (35-36 settimane) [1].

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Capitolo 2- EPIDEMIOLOGIA

L’incidenza del PAS è variabile in letteratura, risultando complessivamente compresa tra 1/2300 e 1/5000 nati a termine [2]. Tale variabilità appare principalmente dovuta ad un differente uso del neuroimaging tra i vari centri, alla scarsa sensibilità ed operatore-dipendenza dell’ecografia (metodica più frequentemente utilizzata nelle nursery) [3], ad un diverso timing del neuroimaging, che se troppo precoce può non rilevare lesione in neonati con infarto cerebrale e ad una diversa durata della degenza ospedaliera, in quanto precoci dimissioni possono precludere la diagnosi ospedaliera di stroke perinatale in bambini asintomatici nei primi giorni di vita [1].

L’incidenza dello stroke risulta maggiore nel periodo neonatale rispetto all’infanzia ed oltre [4]. In uno studio basato su una popolazione di bambini nei quali l’infarto veniva diagnosticato dopo i primi mesi di vita [5] l’incidenza di PAS è risultata 1:5000, equiparabile a quella dello stroke ischemico dell’adulto (17-23 su 100000) [6]. Lo stroke ischemico perinatale è stato descritto per lo più in bambini nati a termine o near-term, tuttavia studi prospettici suggeriscono un’incidenza comparabile nei pretermine [7].

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Capitolo 3- CLASSIFICAZIONE

Da un punto di vista clinico, a seconda della presenza o meno di sintomatologia nel periodo neonatale, possiamo schematicamente distinguere due sindromi: lo

stroke neonatale sintomatico e lo stroke perinatale presunto. Nel primo gruppo

sono compresi quei neonati che manifestano acutamente (in oltre la metà dei casi entro il primo giorno dalla nascita) una sintomatologia riconducibile alla lesione cerebrale, che si presenta solitamente sottoforma di crisi epilettiche [1, 5, 8] in assenza di segni di deficit neurologici focali od encefalopatia [9, 10, 11, 12]. Viceversa, nello stroke perinatale presunto manca una sintomatologia acuta in età neonatale. Difatti questi bambini sono diagnosticati solo retrospettivamente, quando nei mesi successivi, tipicamente tra i 4 e gli 8 mesi [13, 14], con la maturazione cerebrale emergono crisi comiziali o un’emiparesi, che quindi innescano indagini neuroradiologiche. Come risultato, l’esatto timing della lesione può spesso essere solo stimato. L’ipotesi più probabile è che si tratti di

stroke ischemici arteriosi di una fase fetale tardiva o neonatali asintomatici,

tuttavia non possono sempre essere esclusi eventi asintomatici che avvengano in età post-neonatale, inclusa la prima infanzia [15].

Tipicamente la classificazione dell’infarto cerebrale arterioso perinatale viene condotta sulla base del territorio arterioso coinvolto [7, 16, 17] e/o delle strutture encefaliche colpite [18, 19, 20]. Tali variabili anatomiche infatti possono permettere di predire l’outcome ed indirizzare la gestione clinica [21].

Il territorio vascolare più frequentemente colpito è quello dell’arteria cerebrale media (Middle Cerebral Artery, MCA) o di uno dei suoi rami più distali (80% dei casi), con un rapporto tra emisfero sinistro e destro di 3 a 1 [22].

Una recente classificazione proposta dal gruppo di Kirton [21] dello stroke perinatale presunto prende in considerazione il ramo della MCA affetto:

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1) M1 prossimale (PM1), parte prossimale del tronco principale della MCA, che include le arterie lentico-striate laterali (Lateral Lenticulo-Striate, LLS), che porta ad infarto dei gangli della base (Basal Ganglia, BG) (generalmente risparmiati il globo pallido e la testa del nucleo caudato) e del territorio distale della MCA;

2) M1 distale (DM1), parte della MCA distale alle LLS, che quindi risparmia i BG mentre lede il territorio distale della MCA;

3) Tronco anteriore (Anterior Trunk, AT), ramo di divisione superiore della MCA, che include il lobo frontale (anteriore al solco centrale) e la porzione anteriore del lobo temporale (comprese le occlusioni della branca distale dell’AT);

4) Tronco posteriore (Posterior Trunk, PT), ramo di divisione inferiore della MCA, che include il lobo parietale (posteriore al solco centrale) e la parte posteriore del lobo temporale (comprese le occlusioni della branca distale del PT).

5) LLS, che colpiscono i BG (particolarmente il putamen ed il corpo del nucleo caudato) ed il braccio posteriore della capsula interna (Posterior Limb of

Internal Capsule, PLIC). La sostanza bianca periventricolare (PeriVentricular White Matter, PVWM) può essere coinvolta ma deve essere meno colpita delle

strutture BG. Lesioni della PVWM per occlusioni delle LLS possono includere piccole quantità di corona radiata ma non dovrebbero estendersi al centro semiovale ed il completo risparmio della sostanza bianca (White Matter, WM) sottocorticale e della corteccia è mandatorio.

Una classificazione di rilevanza clinica del PAS tiene conto del tipo di strutture corticali e sottocorticali coinvolte e raggruppa le lesioni a seconda della presenza o assenza di un danno degli emisferi cerebrali, dei nuclei della base e della capsula interna [23]. L’interessamento simultaneo di queste strutture sembra ostacolare i meccanismi di riparazione e riorganizzazione funzionale tanto da

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portare quasi invariabilmente ad un’evoluzione verso la paralisi cerebrale di tipo emiplegico [22].

Figura 1. Sezione frontale del cervello umano che evidenzia le strutture cerebrali irrorate dalle arterie

cerebrali principali e dai rispettivi rami di divisione. Da: H. Blumenfeld, 2007 .

Capitolo 4- ELEMENTI DI ANATOMO-FISIOLOGIA DELLA

CORTECCIA MOTORIA E DELLA VIA PIRAMIDALE

NELL’UOMO

Il controllo dei movimenti di raggiungimento e dei movimenti volontari fini è il risultato di istruzioni trasmesse per vie discendenti dalla corteccia motoria al

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midollo spinale. La corteccia motoria occupa una regione corticale rostrale rispetto alla corteccia sensitiva somatica. Le cellule nella corteccia motoria sono organizzate in una maniera somatotopica simile a quello della corteccia sensoriale somatica. La regione di fondamentale importanza nella corteccia motoria è il giro precentrale, che costituisce l’area motoria primaria (area 4 di Brodmann). L’homunculus motorio illustra le parti del corpo che ricevono i segnali motori da questa regione. Le cellule nella regione mediale della corteccia motoria causano la contrazione dei muscoli della gamba. I neuroni situati in regioni via via più laterali attivano i muscoli del tronco, del braccio, della mano e della faccia. Le parti del corpo coinvolte nei movimenti fini, come le dita della mano, occupano nella corteccia motoria uno spazio maggiore di quello occupato dalle parti del corpo, come il tronco, coinvolte nei movimenti grossolani [24].

Figura 2. Homunculus motorio e sensitivo a livello della corteccia motoria primaria e della corteccia

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Organizzazione della corteccia motoria

Le cellule della corteccia motoria sono organizzate in colonne funzionali chiamate zone corticali efferenti (ZNE). Tutte le cellule all’interno di una zona efferente sono coinvolte nella contrazione di un singolo muscolo. I neuroni della corteccia motoria sono anche organizzati orizzontalmente in sei differenti strati. Quelli situati nello strato V forniscono la via efferente dalla corteccia motoria. I neuroni di questo strato, per la loro forma detti cellule piramidali, mandano i loro assoni nel midollo spinale per contrarre sinapsi con i motoneuroni spinali e gli interneuroni [24].

Figura 3. Rappresentazione schematica degli strati della corteccia cerebrale nell’uomo (a sinistra) e

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Via piramidale

Le informazioni dalla corteccia motoria sono trasmesse al midollo spinale ed al tronco encefalico rispettivamente dalla via corticospinale e dalla via

corticonucleare. La via corticonucleare controlla la motilità del viso e della testa

(esclusi i muscoli estrinseci dell’occhio), mentre la via cortico-spinale permette il controllo dei muscoli degli arti e del tronco. Circa il 30% delle fibre corticospinali e corticonucleari proviene da neuroni dell’area 4, un altro 30% origina dalla corteccia premotoria (area 6) ed il rimanente delle fibre deriva dalla corteccia sensoriale somatica. Questi assoni discendono dalla corteccia motoria e vanno a formare il tratto piramidale [24].

Il tratto piramidale discende nel centro semiovale dell’emisfero cerebrale ed entra poi nella capsula interna, occupandone il ginocchio e la metà anteriore del braccio posteriore. La parte che si trova nel ginocchio della capsula interna è costituita dalle fibre del fascio corticonucleare (pertanto detto anche fascio genicolato), mentre nel braccio posteriore della capsula interna decorrono le fibre del tratto corticospinale. Oltrepassata la capsula interna, il tratto piramidale entra nel piede del peduncolo cerebrale e , proseguendo verso il basso, decorre prima nel piede del ponte e poi nella piramide del midollo allungato. Nell’attraversare il ponte ed il midollo allungato il fascio genicolato (o corticonucleare ) si estingue, contraendo sinapsi con i nuclei motori dei nervi cranici [25]. Nella parte inferiore del midollo allungato, in corrispondenza della decussazione delle piramidi [25], la maggior parte delle fibre del fascio piramidale incrocia la linea mediana e continua la sua discesa nel midollo spinale lungo il tratto corticospinale laterale. Le fibre nervose escono dal tratto corticospinale laterale a vari livelli nel midollo spinale per innervare i pool di motoneuroni della colonna laterale del corno anteriore, che controllano i muscoli degli arti. In aggiunta al tratto corticospinale laterale, una piccola parte delle fibre provenienti dalla corteccia motoria discende lungo il midollo spinale senza incrociare la linea mediana. Queste fibre formano il tratto corticospinale

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ventrale ed innervano principalmente i motoneuroni della colonna mediale del

corno anteriore, associati ai muscoli assiali del corpo [24].

Figura 4. Rappresentazione schematica della via piramidale nell’uomo.

Capitolo 5- FISIOPATOLOGIA

La vascolarizzazione arteriosa cerebrale consiste in due principali sistemi afferenti: il circolo anteriore, il cui ramo principale è costituito dall’arteria carotide interna di ciascun lato, ed il circolo posteriore, la cui afferenza è rappresentata dalle due arterie vertebrali che confluiscono nell’unica arteria

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basilare. Questi due sistemi sono collegati attraverso l’arteria comunicante anteriore e quella posteriore a formare il circolo di Willis. Per ciascun lato i rami principali che originano dal circolo di Willis per gli emisferi cerebrali sono, da ciascun lato, l’arteria cerebrale anteriore, media e quella posteriore. Le arterie cerebrali anteriore e media sono le branche di divisione principali dell’arteria carotide interna mentre l’arteria cerebrale posteriore è il ramo principale del sistema vertebro-basilare. Piccoli rami perforanti o lenticolo-striati si dipartono dal tronco delle arterie cerebrali anteriore, media e posteriore per irrorare le strutture profonde centro-encefaliche, in particolare i gangli della base e la capsula interna [26]

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La patogenesi dello stroke risulta più frequentemente da fenomeni di trombosi o di embolismo. La trombosi si associa più spesso a sepsi con CID, policitemia o disturbi della coagulazione congeniti o acquisiti. L’embolismo in genere è secondario a patologie malformative cardiovascolari, pervietà del dotto di Botallo o trasfusione feto-fetale. [22].

Molte condizioni protrombotiche associate all’infarto cerebrale arterioso nel bambino in età infantile e nell’adulto sono rilevanti anche nel periodo perinatale. Tuttavia esistono in questa fase dello sviluppo specifici fattori in grado di influenzare l’assetto emostatico. In particolare è possibile considerare la presenza di emoglobina fetale, proteine fetali e l’aumento dell’ematocrito, che determinano una maggiore viscosità ematica. Sono inoltre rilevanti le modifiche età-dipendenti della concentrazione di fattori pro-coagulanti e anti-coagulanti che determinano un particolare assetto emostatico; a questi fattori si aggiunge una predisposizione parafisiologica protrombotica sia nella madre che nel feto nei giorni immediatamente precedenti il parto [27]. Altre condizioni che possono determinare fenomeni trombotici locali delle arterie cerebrali sono disturbi primari delle arterie cerebrali o stati trombofilici congeniti o acquisiti [26]. Le cause emboliche dello stroke perinatale includono il tromboembolismo da un vaso intracranico od extracranico, dal cuore o dalla placenta. La placenta ha aree di basso flusso, uno dei fattori predisponenti della triade di Virchow ed inoltre ha meccanismi emostatici propri, che in particolari fasi gestazionali, come nell’imminenza del parto, può favorire la formazione di coaguli. Fattori ambientali sovrapposti a carico della placenta, come processi infettivi, interagendo con la funzione coagulativa, possono ulteriormente aumentare il rischio trombotico. In casi rivisti per processi legali a causa di paralisi cerebrale infantile, la più comune patologia trovata nella placenta sono state le lesioni trombotiche [28]. Da ciò è desumibile l’importanza, spesso sottostimata, della placenta come fonte di embolismo nello stroke perinatale.

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Anomalie strutturali cardiache che determinino shunt intracardiaci destra-sinistra intermittenti, come difetti settali interatriali, forame ovale o dotto arterioso di Botallo pervi possono costituire ulteriori meccanismi. Questi shunt difatti forniscono un condotto per gli emboli paradossi ed effettivamente permettono a trombi del sistema venoso sistemico di raggiungere il circolo arterioso cerebrale [26].

La maggior parte dei PAS avviene nel territorio dell’arteria cerebrale media. C’è una predominanza di lesioni dell’emisfero sinistro, che possono essere causate da differenze emodinamiche da un dotto arterioso di Botallo pervio [29] o per una via più diretta coinvolgente la carotide comune sinistra. La distribuzione dell’infarto cerebrale differisce alquanto con l’età gestazionale: i bambini pretermine tendono ad avere lesioni multifocali [30] che interessano i rami corticali o lenticostriati dell’arteria cerebrale media, mentre quelli a termine tendono ad avere occlusioni della branca principale [7].

Meccanismi dell’infarto

La severità del danno a carico del tessuto cerebrale ed il risultante deficit neurologico nello stroke arterioso ischemico dipendono dalla durata dell’ischemia, dalle dimensioni dell’area infartuata e dalle strutture cerebrali irrorate dal vaso coinvolto, della validità del rifornimento da parte dei circoli collaterali e delle concomitanti richieste metaboliche cerebrali [26].

In dipendenza dalla gravità dell’ischemia e dal tasso di attività metabolica neuronale, il danno tissutale dopo occlusione arteriosa può essere reversibile o irreversibile. Nello stroke arterioso ischemico esiste un core lesionale centrale, che rappresenta il tessuto cerebrale danneggiato in modo irreversibile ed una zona penombra circostante, che rappresenta tessuto cerebrale potenzialmente vitale. L’eventuale volume dell’infarto ischemico è il risultato dell’equilibrio tra

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il tasso di trasporto di ossigeno e glucosio e la richiesta metabolica del cervello in quel momento [26].

Il flusso cerebrale è una funzione della pressione arteriosa media, della pressione endocranica e della resistenza vascolare ed è età-correlata.Negli adulti il flusso cerebrale è 50 ml per 100 g di tessuto cerebrale al minuto; nei neonati a termine il flusso cerebrale è stimato essere approssimativamente il 40% dei valori dell’adulto (circa 20 ml/100 g al minuto) [31]. La pressione sanguigna e le tensioni di ossigeno ed anidride carbonica modificano il calibro delle arterie cerebrali e dunque la perfusione cerebrale attraverso i meccanismi di autoregolazione, che nei neonati sono normalmente attivi tra valori di pressione arteriosa media di 25 e 50 mmHg [26].

Gli effetti metabolici dell’interruzione focale dell’apporto sanguigno con ischemia cerebrale focale sono l’ipossia regionale e la deplezione di composti ad alta energia, come l’adenosin trifosfato (ATP) e le riserve di carboidrati. L’attività metabolica del tessuto cerebrale è più alta rispetto agli altri tessuti, ed inoltre nel cervello c’è una relativa scarsità di riserve energetiche [32]. Il dispendio metabolico cerebrale per l’ossigeno è 3.5 ml per 100 g di tessuto cerebrale al minuto. Poiché virtualmente non esiste una riserva di ossigeno, se il suo apporto è interrotto ne consegue una rapida perdita della funzione neuronale. La riserva cerebrale di glucosio è leggermente maggiore, permettendo la sopravvivenza del tessuto cerebrale fino a 90 minuti se è fornito adeguato ossigeno. Il neonato può usare lattato come substrato per la produzione di energia ma questa capacità viene perduta rapidamente. Quando si sviluppa uno stato di ipossia tissutale si verifica uno shift dal metabolismo ossidativo a quello glicolitico. Il glucosio è così metabolizzato a lattato, che si accumula e esita in acidosi esacerbando la lesione ipossica. Le crisi epilettiche eventualmente sintomatiche, incrementando l’attività metabolica neuronale, aumentano drammaticamente l’estensione del danno neuronale che avviene durante l’ischemia [26].

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Ricerche su modelli animali adulti di stroke ed il crescente sviluppo delle tecniche di neuroimaging nella popolazione adulta hanno fornito utili informazioni sulla catena di eventi che si verificano nello stroke ischemico. È stato dimostrato che dopo una lesione ipossica o ischemica si verifica una morte cellulare ritardata a causa dell’avvio di una cascata biochimica neurotossica che produce morte cellulare permanente per un periodo che va da ore a giorni dopo l’insulto [26]. Un esempio preminente di questa cascata cellulare distruttiva è l’iperattivazione dei recettori degli aminoacidi eccitatori sui neuroni, inclusi i recettori dell’ N-metil-D-Aspartato (NMDA), che risulta nella morte neuronale [33]. Altri meccanismi che partecipano alla cascata neurotossica includono la produzione di radicali liberi dell’ossigeno, l’eccessivo afflusso di calcio nei neuroni e la deplezione dell’adenosin-trifosfato [33].

Nel sistema nervoso centrale in via di sviluppo processi maturativi continuano per mesi ed anni dopo la nascita. Attraverso la selettiva eliminazione di processi neuronali, sinapsi e la morte cellulare programmata avvengono variazioni nel bilanciamento dei sistemi neurotrasmettitoriali eccitatori ed inibitori e lo sviluppo dei normali circuiti neuronali maturi. Durante la normale maturazione neuronale o con l’apprendimento avviene un processo chiamato potenziamento a lungo termine (long-term potentiation). Questo processo è altamente dipendente dai recettori NMDA. Farmaci che bloccano i sistemi neurotramettitoriali eccitatori, inclusi i bloccanti dei recettori NMDA, hanno il potenziale di ridurre le dimensioni dell’infarto nei bambini ma possono interferire con il normale sviluppo e con i processi di apprendimento. Queste ed altre differenze età-correlate nella maturità neuronale possono fornire aumentata resistenza al danno nel bambino e maggiore recupero risultando dall’aumentata plasticità dei circuiti neuronali nel cervello in via di sviluppo [26].

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Capitolo 6- FATTORI DI RISCHIO

Secondo quanto riportato in letteratura, soltanto nel 50% dei casi di PAS è possibile identificare un fattore di rischio definito [34], sottolineando quindi come sia spesso difficile stabilire una precisa eziologia dell’evento vascolare [1, 5, 35, 36, 37].

Molti lavori hanno trovato diversi fattori di rischio materni, prenatali e placentari essere indipendentemente associati allo sviluppo di stroke perinatale. Il rischio incrementa in presenza di fattori di rischio multipli [5]. Fattori di rischio materni per il PAS includono la primiparità, l’infertilità, la corionamnioite, la prolungata rottura delle membrane, la preeclampsia ed il ritardo di crescita intrauterino [5, 38- 40]. Alcuni autori segnalano possibili associazioni più deboli con comuni condizioni materne quali diabete, sanguinamento, preeclampsia ed ipertensione [35, 36, 14, 41]. L’esposizione materna a farmaci, tossine e droghe costituisce un altro fattore da non sottovalutare. In particolare alcuni autori hanno osservato che il 17% dei nati a termine da madri che abusavano di cocaina aveva evidenze di infarto corticale [42]. Le alterazioni placentari rimangono un fattore eziologico altamente probabile, ma spesso non dimostrato [39]. L’esame anatomopatologico del tessuto placentare è spesso complicato dalla combinazione di una ritardata diagnosi e da norme istituzionali che esigono una rapida disposizione del tessuto placentare [15]. La combinazione di basso flusso e la presenza di corionamnioite può contribuire al rischio di trombosi nella placenta ed è associato ad un più alto rischio di complicazioni della gravidanza [43-45] come l’aborto, la preeclampsia, l’abruptio placentae, la vasculopatia placentare e una ridotta crescita fetale [46], che a loro volta costituiscono fattori di rischio per encefalopatia neonatale, stroke o paralisi cerebrale [39].

Lo stroke neonatale può presentarsi associato ad encefalopatia neonatale ipossico-ischemica; i due eventi inoltre condividono comuni presentazioni cliniche e fattori di rischio [47, 48]. Distress fetale, parto cesareo e rianimazione

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neonatale posso essere più comuni nei neonati con PAS rispetto a neonati sani [34, 40], ma non è stato determinato in che misura si tratti semplicemente di una sovrapposizione di fattori di rischio [1, 4, 40]. L’uso del forcipe, il parto con ventosa o un travaglio prolungato non sono stati definitivamente correlati con lo stroke neonatale [5, 40]. Al contrario sono stati riportati casi di stroke neonatale secondari a dissezione arteriosa [49], favorita dalla trazione o da altre lesioni che agiscono sui vasi del collo durante il parto [39].

Un importante fattore da prendere in considerazione è la presenza di stati trombofilici, congeniti o acquisiti che possono costituire il terreno, e a volte essere essi stessi diretti promotori, dell’ infarto cerebrale perinatale. Questi sono stati riscontrati nel 20-68% dei casi [14, 41, 50-53] ed includono la deficienza di proteina C, il fattore V di Leiden, elevati livelli di lipoproteina(a) [52, 54], mutazioni nei geni della protrombina e dell’enzima metilentetraidrofolato-redattasi (MTHFR) [55, 56], oltre ad anomalie dell’emostasi recentemente identificate come le mutazioni dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI-14G) [57]. Anche la policitemia, determinando un’iperviscosità ematica, è stata associata allo stroke neonatale [58-60]. Una mutazione a carico del fattore V di Leiden (fVL) viene trasmessa con carattere autosomico dominante e determina un’aumentata resistenza all’inattivazione da parte della proteina C attivata, causando uno stato trombofilico. Tale mutazione è la più comune causa ereditaria di trombosi nella razza bianca ed è stata trovata in associazione a vasculopatie cerebrali arteriose e venose in neonati e bambini [53]. Da solo, il fVL mutato non aumenta molto il rischio, ma la sua presenza può interagire con altri fattori genetici o ambientali, che aumentano il rischio complessivo [1]. Bambini con infarto cerebrale associato al fVL tipicamente sviluppano i sintomi entro i primi mesi di vita e solo se sono presenti fattori di rischio aggiuntivi endogeni od esogeni [53].

Donne con stati trombofilici ereditari o acquisiti sono predisposte a complicazioni della gravidanza quali aborto nel secondo trimestre, abrutio

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placentare, grave riduzione della crescita fetale che inizia nel secondo trimestre ed una grave e precoce preeclampsia [61-65]. Tali anomalie dell’emostasi possono predisporre alla trombosi dal versante materno placentare, dove le arterie spirali uterine perfondono i villi fetali in un’area a bassa pressione. Disturbi fetali della coagulazione ereditati da uno o entrambi i genitori possono condurre a trombosi dal versante fetale placentare determinando una fonte di emboli che possono cortocircuitare la circolazione epatica e polmonare attraverso il forame ovale pervio raggiungendo il cervello[1].

Disordini emocoagulativi acquisiti, come la presenza di anticorpi antifosfolipidi, possono anch’essi predisporre ad infarto cerebrale perinatale. I fosfolipidi sono coinvolti nell’attivazione della proteina C e nella cascata della coagulazione [1]. Il lupus anticoagulant, l’anticardiolipina e gli anticorpi anti β2-glicoproteina-1

sono diretti contro proteine anticoagulanti ed influiscono sulla normale coagulazione [66]. Donne con alti titoli di anticorpi antifosfolipidi sono ad elevato rischio di trombosi arteriose e venose, aborti ricorrenti, morti intrauterine e trombosi placentari [67]. Lo stroke nel bambino può precedere anche di anni una diagnosi di sindrome da anticorpi antifosfolipidi nella madre [68-70]. Gli anticorpi antifosfolipidi possono ostacolare la circolazione fetale direttamente per passaggio trans- placentare degli anticorpi o indirettamente per alterazioni trombotiche (o di altro tipo) a livello del circolo materno-fetale, infine, per diretto coinvolgimento del feto [1].

Inoltre la gravidanza ed in particolare il periodo peripartum determinano essi stessi uno stato protrombotico sia nella madre che nel feto, come evidenziato da un’aumentata incidenza di trombosi sistemiche in quel periodo [71]. Durante la gravidanza, le concentrazioni di proteina S e proteina C attivata sono bassi, mentre la formazione di trombina, i livelli di proteina C, fattore di von Willebrand, fattore VIII, fattore V e fibrinogeno sono alti [56].

Il più comune fattore di rischio di stroke nel bambino è rappresentato da cardiopatie, presenti fin nel 50% dei casi [72]. Tra le cardiopatie si associano più

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spesso con il PAS: cardiopatie congenite complesse, difetti intracardiaci, procedure cardiache e cardiopatie acquisite. Emboli formatisi nel cuore possono raggiungere direttamente il circolo cerebrale. In presenza di un difetto del setto atriale o ventricolare con intermittenti shunt intracardiaci destra-sinistra, coaguli venosi sistemici possono raggiungere la circolazione cerebrale. Piccoli difetti altrimenti insignificanti come un forame ovale pervio sono stati dimostrati fattori di rischio per embolismo paradosso e stroke in bambini e in giovani adulti [73]. Lesioni cianogene aumentano il rischio di tromboembolismo indirettamente a causa di policitemia e anemia [74]. In bambini non selezionati con cardiopatie congenite e stroke, quasi il 50% degli eventi ischemici avveniva entro 72 ore da interventi di chirurgia vascolare o cateterismo [26]. Il rischio di infarto cerebrale arterioso in bambini con cardiopatia congenita dipende dall’anomalia sottostante, dalle procedure diagnostiche e chirurgiche ed dalla concomitanza di altri fattori associati, congeniti o acquisiti, che predispongono i bambini alla trombosi. Esistono inoltre situazioni di lesione cerebrale focale silente rilevato attraverso il neuroimaging in bambini con storia di chirurgia cardiaca per cardiopatia congenita [75]. Cardiomiopatie, valvulopatie e aritmie sono ulteriori possibili cause di eventi ischemici cerebrali focali [9, 76].

Tra i fattori di rischio per stroke fetali e neonatali risultano le infezioni, come ad esempio la meningite batterica [77, 78], stati di sepsi con coagulazione intravascolare disseminata, malformazioni vascolari congenite, tuttavia più frequentemente riscontrate negli infarti cerebrali acquisiti [79], interventi di cateterismo cardiaco, trasfusioni feto-fetali, ipoglicemia [80] e traumi [81].

Il PAS è stato rilevato come una complicanza di meningiti, encefaliti, ascessi cerebrali e sepsi con CID. In aggiunta, ci sono dati recenti che associano l’infarto cerebrale perinatale ad agenti infettivi come varicella, HIV, Mycoplasma Pneumoniae e Parvovirus B19. L’infezione probabilmente porta alla ischemia attraverso multipli meccanismi. L’infezione può portare a trombosi tramite una risposta infiammatoria sistemica, uno stato pro-coagulante e/o una

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diretta lesione dell’endotelio [76]. Durante una grave infezione, c’è una rapida distruzione di proteina C ed antitrombina III, fattori che normalmente hanno un ruolo anticoagulante; l’infezione inoltre produce un danno endoteliale con il rilascio di citochine infiammatorie, che inducono una down-regulation della trombomodulina ed una up-regulation del fattore tissutale [1]. Inoltre, in un gruppo di pazienti con stroke, sono stati osservati ridotti livelli proteina C attivata ed aumentati livelli di D-dimero e proteina legante il fattore C4b del complemento [82].

Interventi terapeutici invasivi quali cateterismi intravascolari e traumi sono associati con aumentato rischio trombosi arteriosa e venosa incluso lo stroke neonatale [83-86]. Occorre inoltre tenere presente la possibilità di aumentare la suscettibilità ad una trombosi innescata da un fattore ambientale a causa dei possibili fattori di rischio ereditari [87].

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Capitolo 7- NEUROPATOLOGIA

Gli attuali modelli vascolari di stroke prevedono una distinzione tra gli infarti dei grandi o dei piccoli vasi cerebrali. L’occlusione di arterie cerebrali di grosso calibro risulta nei classici infarti periferici cuneiformi (wedge-shaped) coinvolgenti la corteccia cerebrale e la sostanza bianca sottostante nelle caratteristiche distribuzioni vascolari. Anastomosi a livello del circolo di Willis e tra i piccoli vasi nelle leptomeningi possono fornire flusso sanguigno collaterale dopo occlusione di una grossa arteria. L’occlusione di arterie di piccolo calibro come le arterie lentico-striate produce infarti di diametro variabile da diversi millimetri ad alcuni centimetri, comparabili con gli infarti lacunari descritti negli adulti. Tali infarti sono concentrati nelle strutture centro-encefaliche profonde, che comprendono i gangli della base ed il tronco cerebrale e nel territorio delle arterie lenticolo-striate, provenienti dalle porzioni più prossimali delle arterie cerebrali anteriore, media e posteriore. Queste piccole arterie sono funzionalmente classificate come arterie terminali in quanto prive di collegamenti vicarianti con vasi adiacenti mediante anastomosi vascolari o circoli collaterali. Ne consegue che l’occlusione di queste arterie esita più facilmente in un infarto permanente. Infarti nel territorio di un vaso di piccolo calibro, anche se di dimensioni ridotte, possono risultare in gravi manifestazioni cliniche a causa della densa concentrazione nelle aree centrali profonde di vie altamente funzionali quali la capsula interna [26].

Nel PAS le lesioni ischemiche avvengono classicamente in territori irrorati dal ramo principale o da uno dei rami corticali dell’arteria cerebrale media, mentre più raramente sono coinvolte le altre arterie cerebrali maggiori. Le strutture coinvolte più spesso risultano a livello cortico-sottocorticali, più comuni a livello del lato sinistro (rapporto d:s 1:3). L’interessamento, unico od associato ad altre

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lesioni, a carico dei rami lentico-striati dell’arteria cerebrale media determina il frequente coinvolgimento delle strutture diencefaliche ed in particolare del braccio posteriore della capsula interna e del putamen [22].

Il danno perinatale della sostanza grigia causa lesioni corticali, dei gangli della base, del talamo, dell’ippocampo, del cervelletto e del tronco cerebrale; tuttavia le più frequenti lesioni sottese alla paralisi cerebrale sono quelle della corteccia, dei gangli della base e del talamo. Contrariamente alla leucomalacia periventricolare o all’emorragia della matrice germinale, le altre due forme principali di lesione della paralisi cerebrale infantile, il danno alla sostanza grigia colpisce più comunemente i neonati a termine [88].

I pattern di lesione della sostanza grigia cerebrale che l’MRI ha rilevato più frequentemente associati alla paralisi cerebrale infantile sono essenzialmente la poroencefalia e lesioni dei nuclei centro-encefalici profondi, quali talamo e gangli della base [89].

La poroencefalia è una conseguenza dello stroke arterioso ischemico, identificabile al neuroimaging come difetto corticale focale. Come negli adulti, la lesione corticale segmentale focale nel territorio di distribuzione dell’arteria cerebrale media o di un suo ramo più distale porta all’emiplegia, in funzione della specifica distribuzione vascolare. Nel 90% dei casi la lesione è unilaterale [88].

Alla risonanza magnetica nucleare l’entità della lesione della sostanza grigia profonda correla nella maggior parte dei casi con la severità clinica dell’emiplegia [89].

La lesione della sostanza grigia può essere multifocale, di varie fasi evolutive istologiche nello stesso paziente ed associata ad altri tipi o siti di lesione, sebbene questo succeda più frequentemente nelle emorragie [89].

Macroscopicamente, gli infarti corticali sono visibili in fase acuta come rammollimenti segmentali scuri nelle rispettive distribuzioni vascolari e possono

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avere delle punteggiature emorragiche. Istologicamente, come nell’adulto, gli infarti corticali evolvono attraverso la necrosi coagulativa acuta coinvolgente tutti gli elementi cellulari, sia neuronali che glia, accompagnata da edema, in cavità occupate da macrofagi ed infine in cisti poroencefaliche, che possono o meno comunicare con il ventricolo laterale. Nei periodi successivi si verificano il riassorbimento degli strati corticali necrotici, necrosi laminare, e la sostituzione con cavità lineari o cicatrici gliali. Nel talamo e nei gangli della base possono essere identificati singoli neuroni necrotici o apoptotici; zone più estese di necrosi possono portare a cospicua perdita neuronale ed a cicatrici gliali a macchie o strisce, talvolta associate a mineralizzazione di glia e neuroni attigui. Un’aberrante mielinizzazione dei processi gliali risulta in un grossolano aspetto marmoreo (status marmoratus). Al microscopio ottico può essere visibile nel putamen basale e nel globo pallido una cospicua mineralizzazione delle pareti vasali chiamata “vascolopatia mineralizzante lenticostriata”, ed anche del parenchima perivascolare [89].

Capitolo 8- QUADRO CLINICO

La presentazione clinica dello stroke perinatale è altamente variabile ed è dipendente dal timing dell’infarto.

Alcuni neonati con PAS presentano disturbi neurologici o generali che inducono i successivi approfondimenti diagnostici ed il neuroimaging. Le crisi convulsive

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sono il più frequente reperto clinico che determina una valutazione più approfondita [30, 90]. Negli ultimi anni alcuni autori hanno descritto una aumentata tendenza alla multifocalità degli infarti ed al coinvolgimento di strutture sottocorticali [80] che peraltro spiegherebbe la minore probabilità di crisi convulsive riscontrata in tali lesioni. L’EEG in alcuni casi può documentare scariche epilettiformi lateralizzate, anche in una fase antecedente alla comparsa dei segni d’infarto all’ecografia. Molte crisi epilettiche neonatali nei bambini con stroke sono focali e possono verificarsi in assenza di altri segni di encefalopatia neonatale, come anomalie del tono o dell’alimentazione o un abbassato livello di vigilanza [91]. Il bambino può quindi trovarsi in una condizione di apparente salute nei periodi inter-critici. Se presenti i segni sistemici sono aspecifici e talvolta insidiosi ed includono ipotonia, letargia o apnea [11, 12].

Più della metà dei bambini con stroke neonatale presenta una sintomatologia suggestiva di episodio vascolare acutamente entro un giorno dopo la nascita e senza deficit focali o encefalopatia [9-12]. È opinione diffusa che lo stroke ischemico perinatale avvenga entro le 72 ore di vita post-natale, ma talvolta stabilire un timing preciso può essere difficoltoso e l’evento potrebbe risalire ai precedenti periodi della gravidanza. In bambini in cui lo stroke era precedente al parto a termine vengono segnalati depressione neonatale con segni di possibile asfissia alla nascita, senza tuttavia fornire indicazioni riguardo al timing possibile della lesione [92, 39].

Nei bambini il riconoscimento dell’infarto cerebrale è spesso ritardato a causa della scarsa consapevolezza della reale incidenza della patologia e della confusione generata dalla presenza in tale periodo di diverse alternative diagnostiche. Un’emergente emiparesi può infatti essere inizialmente attribuita ad un’encefalite o a crisi epilettiche focali; in questi ultimi casi lo stroke può esser preso in considerazione solo nel caso in cui un deficit focale persista più a

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lungo di quanto è compatibile con una paresi di Todd. Segni neurologici minori sono ancor meno probabilmente riferiti o attribuiti al PAS [32, 93].

L’emiplegia è un esito comune dello stroke perinatale [5]. In queste forme, l’emiplegia interessa prevalentemente l’arto superiore in misura maggiore rispetto all’arto inferiore [22].

L’infarto cerebrale arterioso perinatale è probabilmente la più comune causa nota di paralisi emiplegica negli infarti a termine e near-term. I bambini con paralisi cerebrale attribuibile allo stroke spesso hanno comorbidità neurologiche aggiuntive, inclusi disturbi epilettici, che colpiscono 1 soggetto su 3, sono solitamente parziali e possono essere intrattabili alla terapia medica, ritardato sviluppo del linguaggio, alterazioni comportamentali e disturbi delle funzioni visive, caratterizzati principalmente da alterazioni del campo visivo [22]. Non è nota la frequenza dei disturbi cognitivi o dell’epilessia attribuibili al PAS in assenza di paralisi cerebrale. In uno studio basato sulla popolazione, il 64% dei bambini in cui lo stroke perinatale veniva riconosciuto nel periodo neonatale successivamente aveva almeno 1 di queste disabilità [5]. In uno studio condotto da Nelson, dei bambini in cui il PAS era stato per la prima volta riconosciuto dopo il periodo neonatale, il 94% aveva più avanti una o più disabilità neurologiche. In questa popolazione, la maggior parte dei bambini che avevano paralisi cerebrale causata da stroke perinatale non era stata riconosciuta essere affetta nel periodo neonatale. [39].

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Capitolo 9- NEUROIMAGING

A causa delle spesso scarse manifestazioni acute e precoci ed il riconoscimento frequentemente retrospettivo, la diagnosi di stroke perinatale è primariamente radiologica. Gli sviluppi del neuroimaging hanno notevolmente migliorato sia la sua identificazione che il suo studio sistematico. Nonostante la sensibilità e la specificità siano basse [94, 3], l’ecografia prenatale può individuare lo stroke fetale [95] e l’ecografia trans-fontanellare può permettere di diagnosticare lo

stroke neonatale [7].

In letteratura la sensibilità dell’ecografia trans-fontanellare durante i primi 4 giorni dalla nascita varia dal 16% al 70%, sebbene sia frequente un ritardo diagnostico di parecchi giorni [3, 16, 47, 97, 98]. Lesioni corticali e lesioni nel territorio dell’arteria cerebrale posteriore possono tuttavia essere perse. I criteri stabiliti per la diagnosi ecografica di stroke ischemico perinatale sono: a) presenza di un’area iperecogena a forma di cuneo nelle sezioni coronale e parasagittale, talvolta con una netta linea di demarcazione, nella regione irrorata dall’arteria cerebrale media, anteriore o dall’arteria cerebrale posteriore; b) evoluzione cistica di quest’area iperecogena dopo 2-4 settimane [81].

La RM è la metodica preferita per diagnosticare il PAS e l’accesso all’imaging di diffusione (Diffusion-Weighted Magnetic Resonance Imaging, DW MRI) può rilevare modifiche nell’intensità di segnale prima che questi siano riconosciute alla RM convenzionale [98, 99]. Inoltre la RM fetale può definire meglio stroke in utero identificati dall’ecografia prenatale [95].

Comunque l’applicazione della RM è limitata dall’alto costo e dalla necessità di trasporto e sedazione del neonato. Nelle immagini di RM convenzionale la zona infartuata si presenta con un segnale aumentato in T2 e ridotto in T1 e con una minore differenziazione tra sostanza grigia e sostanza bianca. Tuttavia nei primi giorni dall’evento queste alterazioni possono non essere evidenti. E’ in questa fase che si rivela di grande aiuto la tecnica di DWI, molto sensibile

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nell’identificare lesioni ischemiche già dopo pochi minuti od ore dall’infarto, con massima intensità tra il primo ed il quinto giorno di vita [22].

Figura 7.Evoluzione temporale di un infarto nel territorio del tronco principale della MCA di destra in

immagini RM T1-pesate (riga in alto) e T2-pesate ottenute nei giorni 2, 5, 12 e 75 post-natali. Da: J. Dudink et al., 2009.

Figura 8.DWI di un paziente con infarto nel territorio della PCA in 3a ed in 10a giornata post-infarto.

Da: J. Dudink et al., 2009.

L’angio-RM in alcuni bambini mostra ridotto flusso attraverso l’arteria affetta, suggestivo di occlusione vasale. Inoltre è stato rilevato un aumentato flusso

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nell’arteria che rifornisce il parenchima cerebrale infartuato e può essere considerato come una fase transitoria di perfusione in eccesso [98]. L’utilità degli studi del flusso sanguigno cerebrale nell’infarto cerebrale arterioso perinatale non è chiara [100-102].

La trattografia sia acuta che cronica con diffusion tensor imaging (DTI) [103] e la mappatura dei pattern di riorganizzazione con fMRI (Functional MRI) e stimolazione magnetica transcranica (Transcranial Magnetic Stimulation, TMS) [104, 105] dovrebbero migliorare la comprensione della lesione e della riparazione nel PAS.

Fra le altre tecniche di neuroimaging, la SPECT (Single- Photon Emission

Computed Tomography) è in grado di individuare aree di ipoperfusione che

avvengono ancor prima di altri difetti nello stroke arterioso ischemico rilevati radiograficamente [106].

L’EEG è utile per la prognosi e dovrebbe essere eseguito nelle prime 24 ore, dato che alcuni neonati con stroke avranno crisi epilettiche precocemente nel periodo postnatale, tra le 12 e le 72 ore [47].

Capitolo 10- PROGNOSI E OUTCOME

L’outcome dopo PAS è variabile in diversi studi a causa delle differenze nelle misurazioni funzionali, nella durata del follow-up e nel campione clinico studiato. L’emiplegia congenita è la forma più comune di paralisi cerebrale nel bambino a termine [107] e lo stroke ne è la causa principale [1]. Tra le misure di

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outcome si includono test per determinare lo sviluppo motorio fine o grossolano, la funzionalità visiva, lo sviluppo linguistico, anomalie del QI e del comportamento e crisi epilettiche ricorrenti [1]. Secondo una revisione della letteratura che ha valutato l’outcome neurologico, il 40% dei bambini con PAS non mostrava deficit, il 57% presentava invece deficit neurologici, mentre il 3% era deceduto [53]. Bambini con stroke risultano a rischio per problematiche motorie, crisi convulsive, ritardo cognitivo ma anche turbe psichiatriche [76]. Il tasso di ricorrenza di infarto cerebrale arterioso nei bambini è variabile dal 6% al 30% [108, 50, 109] con un picco di probabilità nei primi 6 mesi dopo l’evento [110]. Il tasso di ricorrenza di stroke ischemico arterioso è più alta tra bambini con patologie vascolari sottostanti (stenosi, vasculiti, dissezione arteriosa), anomalie metaboliche e coagulative, quali omozigosi per mutazioni della MTHFR, iperomocisteinemia, elevati anticorpi anticardiolipina, elevata lipoproteina(a) e deficit di proteina C, e cardiopatie. La presenza di fattori di rischio multipli può aumentare il rischio di ricorrenza di parecchie volte. Nonostante la terapia antitrombotica, il 10% dei bambini con stroke ischemico arterioso svilupperà eventi cerebrovascolari ricorrenti [111].

Fattori associati ad un outcome anormale (cognitivo, motorio o decesso) in bambini con PAS includono la modalità di presentazione clinica, la causa sottostante e la dimensione dell’infarto. Bambini che si presentano con un alterato livello di coscienza e/o crisi comiziali hanno un più alto rischio di morte ed outcome anormale, così come quelli con stroke emorragico rispetto allo

stroke ischemico. Anche la concomitanza di fattori di rischio peggiora la

prognosi rispetto all’infarto cerebrale senza causa apparente. Bambini con stroke completi dell’arteria cerebrale media e volumi dell’infarto più grandi del 10% del volume intracranico hanno un peggior outcome di quelli con lesioni negli altri territori vascolari e con volumi più piccoli d’infarto [112].

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Nel pretermine la paralisi cerebrale correlata ad una lesione ischemica focale è meno studiata e la sua comprensione è confusa da altri meccanismi, benché molti bambini con emiplegia possano avere infarto venoso periventricolare [21]. Deficit neurologici o epilessia coinvolgono fino al 75% dei sopravvissuti a

stroke ischemici perinatali [14, 23, 29, 35, 113, 115-117]. Due recenti lavori

hanno definito meglio l’epilessia secondaria a PAS. In una popolazione mista veniva rilevato che il 67% aveva epilessia dopo 6 mesi, ma era difficile stabilire delle variabili predittive [119]. Al contrario, uno studio di 59 stroke presunti perinatali riferiva epilessia solo nel 31% dei casi, di cui tutti avevano lesioni alla neocorteccia [21]. Disturbi epilettici associati hanno un impatto significativo sullo sviluppo del funzionamento cognitivo [119]. Precoci lesioni lateralizzate accompagnate da crisi epilettiche aumentano non solo l’incidenza ma anche la gravità dei deficit nelle funzioni cognitive sia verbali che non verbali in pazienti con stroke neonatale, senza evidente correlazione con il lato della lesione [120, 121].

Deficit nel linguaggio, nella vista e nelle funzioni cognitive avvengono nel 20-60% dei casi di PAS [13, 14, 29, 76, 113]. Studi che forniscono una valutazione dettagliata delle funzioni cognitive ma prevalentemente focalizzati sulle sindromi a presunto inizio antenatale/perinatale hanno indicato che da una lesione ischemica cerebrale può risultare una varietà di disturbi cognitivi, come deficit nelle funzioni intellettive, ritardo nella grammatica e nel linguaggio espressivo [122] ed altri sottili deficit nell’organizzazione percettiva e nella memoria visiva [123]. In studi di tipo neuropsicologico è stato rilevato che il quoziente intellettivo delle funzioni esecutive (Performance IQ), ma non il QI verbale (Verbal IQ), era inferiore nei bambini con emiplegia congenita o perinatale rispetto ai controlli [120, 121].

Poco si conosce a proposito delle conseguenze dello stroke ischemico nell’infanzia e nella fanciullezza sui profili comportamentali durante lo sviluppo [124]. Studi datati suggerivano un impatto negativo dello stroke neonatale

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sull’espressione emotiva, la comprensione e le abilità sociali [125-129], mentre più recentemente non è stata trovata alcuna evidenza di cambiamenti emozionali e comportamentali consistenti e clinicamente significativi in un gruppo di bambini che aveva avuto danno cerebrale focale unilaterale [124].

Studi neuropsicologici a lungo termine stanno portando ad una migliore definizione dell’evoluzione e dello spettro di deficit complessi [130]. Lesioni che risparmiano la corteccia sembrano avere un rischio molto più basso di disturbi cognitivi, comportamentali, del linguaggio o epilettici [21]. La morbidità dello stroke perinatale spesso dura tutta la vita, il che amplifica i pesi che gravano sul singolo, sulla famiglia e sulla società [131].

Una precoce predizione dell’outcome neurologico fornisce importanti informazioni alle famiglie definendo inoltre una selezione dei pazienti per trial terapeutici acuti e cronici. Variabili cliniche, laboratoristiche ed elettroencefalografiche hanno limitata capacità nel predire gli esiti del PAS [23, 29, 35; 132, 133]. Comunque, gli sviluppi del neuroimaging hanno migliorato la predizione dell’outcome nelle sindromi da stroke perinatale multiplo. Le dimensioni [23, 115, 117, 134, 135] e la posizione della lesione [23, 115, 117, 136, 137] sono modestamente correlati con selezionati outcome dello stroke arterioso ischemico. L’analisi all’imaging di diffusione della precoce degenerazione Walleriana del tratto corticospinale è predittiva dell’outcome dello stroke arterioso ischemico neonatale [138, 139]. Inoltre la classificazione vascolare basata sull’imaging dello stroke ischemico perinatale presunto facilita la previsione dell’outcome. Lesioni dell’arteria cerebrale media prossimale, come il coinvolgimento dei gangli della base, predicono un cattivo outcome motorio e lesioni sottocorticali isolate comportano un rischio molto basso di epilessia o deficit cognitivi o di linguaggio [21].

La menomazione delle strutture e delle funzioni corporee è il più comune aspetto misurato della salute del bambino. La limitazione dell’attività avviene quando l’individuo, nel contesto di una condizione di salute, o ha difficoltà ad eseguire

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un’attività in una determinata maniera o non può eseguirla affatto. Nonostante la valutazione del deficit neurologico sia importante nella fase acuta dello stroke per fini diagnostici, nel lungo termine l’outcome espresso in termini di limitazione dell’attività può essere più rilevante per il bambino e per chi se ne prende cura. Negli adulti sono stati trovati differenti gradi di limitazione dell’attività tra individui con lo stesso livello di deficit neurologico, suggerendo quanto la relazione tra questi due fattori sia debole [140].

Capitolo 11- RIORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA MOTORIO

Il sistema nervoso centrale mostra grandi capacità di recupero funzionale in particolare quando una lesione interviene precocemente nell’infanzia [141, 142]. Questo accade grazie alla plasticità, ossia a tutti quei meccanismi che vanno da modificazioni a livello cellulare, al riarrangiamento funzionale nelle aree corticali intatte, al reclutamento di circuiti riverberanti o alla formazione di nuovi.

Gli studi che hanno mostrato le strategie di riorganizzazione del sistema motorio sono diversi, e sono stati effettuati grazie all’applicazione della stimolazione magnetica transcranica (TMS) e alla risonanza magnetica funzionale (fMRI) [142-148]. In alcuni di essi, è stata messa in evidenza la possibilità di reclutare, in alternativa a quelli danneggiati, circuiti motori nel contesto dello stesso emisfero (ipsilesionali), che originano da rappresentazioni ridondanti del corpo

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nelle aree motoria o premotoria. Altrimenti, è possibile una riorganizzazione contralesionale (ipsilaterale all’emisoma plegico), attraverso una proiezione corticospinale oligosinaptica che discende dall’emisfero integro [146, 149, 150]. Questo ultimo tipo di riorganizzazione in particolare, è tipico ed esclusivo delle lesioni intercorse precocemente e si realizza grazie alla presenza di un fascio corticospinale ipsilaterale a rapida conduzione, che in situazioni normali si ritira entro i primi due anni di vita [142-144, 147, 150, 152, 153].

Tali osservazioni concordano con studi di embriologia che descrivono come ciascuna emicorteccia motoria nelle primissime epoche dello sviluppo origini fasci discendenti che proiettano bilateralmente, essendo presenti così vie corticospinali controlaterali e ipsilaterali. Queste ultime discendono insieme agli assoni crociati e stabiliscono con questi connessioni sinaptiche. Effettuando studi di TMS nei primi mesi di vita in soggetti normali, è possibile evocare risposte motorie bilaterali con breve latenza e risposta ampia, proprie di proiezioni a conduzione rapida [147]. Nel corso dello sviluppo si realizza una competizione tra le proiezioni corticospinali ipsilaterale e controlaterale, che si conclude col vantaggio della seconda entro i primi anni di vita. Se intercorre una lesione precocemente può accadere che le fibre ipsilaterali prevalgano su quelle contralaterali, dando origine al tipo di riorganizzazione cosiddetta ‘contralesionale’ [152].

Gli studi attraverso imaging funzionale hanno inoltre mostrato una variabilità notevole durante l’attivazione dell’area motoria primaria, premotoria e parietale nell’emisfero conservato, che documenta quindi delle differenze nella origine del fascio ipsilaterale [149, 152-157].

I fattori che sembrano influenzare il processo di riorganizzazione possono essere legati alle caratteristiche della lesione, ed in particolar modo alla sua estensione [142, 144, 145, 149, 150, 157, 158]. Staudt osserva che in un gruppo di bambini con lesione piccola è prevalente il tipo di riorganizzazione ipsilesionale, per cui le fibre discendenti crociate del sistema piramidale rimangono intatte ed efficaci.

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In bambini, invece, con grandi lesioni periventricolari il tipo di riorganizzazione prevalente è controlaterale [152]. Questi dati confermano precedenti studi [142, 143, 159].

Un altro fattore che appare rilevante nel determinare il tipo di riorganizzazione sembra essere l’attività dell’arto plegico negli stadi precoci della maturazione. In questo senso, la qualità e la quantità del movimento, potrebbero influenzare la competizione tra le fibre del fascio ipsilaterale e controlaterale [147], facendo emergere indirettamente l’importanza che l’integrità del sistema somatosensoriale riveste nella riorganizzazione. Alcuni autori non trovano evidenze che possano confermare questa ipotesi [160].

Anche l’età in cui si verifica il danno, e quindi lo stadio maturativo del SNC al momento della lesione, influenza la riorganizzazione [158]. Il potenziale di riorganizzazione si riduce progressivamente con l’aumentare dell’epoca gestazionale e successivamente alla nascita, dell’età [153]. Ne deriva che quanto più precoce è l’epoca della lesione, tanto migliore è la prognosi funzionale della mano.

Si deduce quindi che tra i fattori che contribuiscono a definire la riorganizzazione del sistema motorio e la prognosi in termini di recupero funzionale che essa determina, sono l’estensione della lesione e l’età alla quale è occorsa.

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MODELLI MURINI DI

INFARTO CEREBRALE ARTERIOSO

Capitolo 12- ELEMENTI DI NEUROANATOMIA NEL RATTO

In base a differenze nella sua struttura laminare, la corteccia del ratto, come quella di tutti i mammiferi, può essere suddivisa nell’isocorteccia e nell’allocorteccia, che sono separate da una zona di transizione. L’allocorteccia è la corteccia filogeneticamente più antica; essa include quelle regioni che mostrano una struttura laminare altamente variabile e comprende sia la paleo- che l’archicorteccia. Il termine isocorteccia, o neocorteccia, descrive le regioni corticali filogeneticamente più recenti, che mostrano un’organizzazione laminare in sei strati. La zona di transizione racchiude le regioni delimitanti l’isocorteccia e mostra graduali cambiamenti nel suo pattern architettonico, che variano da una zona isocorticale-proisocorticale ad una struttura allo corticale-periallocorticale. L’isocorteccia del ratto è caratterizzata da una tipica organizzazione laminare consistente di sei strati che decorrono paralleli alla superficie corticale. Differenze regionali nell’architettura laminare permettono una suddivisione dell’isocorteccia in aree che possono essere ulteriormente caratterizzate in base alla loro connettività e funzione predominante come regioni motorie o sensoriali associative unimodali o multimodali. Aree cui sono state associate funzioni motorie sono caratterizzate da uno strato granulare interno scarsamente sviluppato o addirittura assente. Al contrario, le aree sensoriali hanno un cospicuo strato granulare interno, che rappresenta il bersaglio di numerose vie afferenti dai nuclei talamici modalità-specifici.

Figura

Figura 1. Sezione frontale del cervello umano che evidenzia le strutture cerebrali irrorate dalle  arterie
Figura 2. Homunculus motorio e sensitivo a livello della corteccia motoria primaria e della corteccia
Figura  3.  Rappresentazione  schematica  degli  strati  della  corteccia  cerebrale  nell’uomo  (a  sinistra)  e
Figura 4. Rappresentazione schematica della via piramidale nell’uomo.
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