• Non ci sono risultati.

Disincentivi al disinvestimento

PROBLEMI PER LE BANCHE

2.4 Disincentivi al disinvestimento

Questi crediti difficili, ricordiamo, non producono cassa da interessi, bensì comprimo il risultato di esercizio per le rettifiche di valore portate a conto economico; disinvestire questi

assets permetterebbe alle banche di monetizzare un investimento immobilizzato, anticipare i cash flows e di migliorare, ovviamente, anche i loro indicatori di liquidità. Soprattutto,

disinvestire gli NPL è il modo migliore che le banche hanno per rifocalizzarsi sul loro core

business, ricrearsi un’identità, salvaguardando la propria immagine. Le banche vivono della

loro reputazione, ed in un certo senso anche di quelle dei loro concorrenti. Il mercato creditizio è totalmente interconnesso al suo interno, ed un calo di fiducia degli investitori sulla solidità di un istituto finanziario ha ripercussioni su tutto il sistema. Il problema della mole di crediti dubbi ha reso più fragile la reputazione delle banche, mettendo in dubbio la loro forza ed i loro valori di mercato ne hanno risentito.

L’Italia, al contrario del resto d’Europa e del Mondo, è il Paese in cui la quantità di crediti problematici continua ad aumentare, perché la velocità con cui si realizzano

write‐offs e conseguente cessione del portafoglio NPL è ancora troppo bassa 55.

54 Dipartimento Impresa e management , Luiss Guido Carli, Disinvestimento nel settore del credito: NPL e la nuova

sfide delle banche italiane.

53

Il punto di vista della transazione è diverso: chi vende vuole ridurre al minimo le perdite e non è disposto ad accettare un prezzo troppo basso; chi compra cerca di non assumersi rischi eccessivi. Si è creato così nel tempo un gap tale tra le controparti, che, fino ad ora, ha fatto morire sul nascere questo genere di transazioni. Le trattative sono legate a fattori di convenienza economica: le banche non accettano un prezzo troppo basso rispetto al valore di bilancio perché genererebbe un’ulteriore minusvalenza difficile da sostenere; gli investitori saranno disposti a pagare un ammontare in grado di realizzare un adeguato ritorno sul capitale in linea con il rischio assunto.

Sarebbe, al contrario, il modo più semplice e rapido per rimuoverli dai loro bilanci e liberare capitale e risorse per la loro attività core. Gli istituti di credito italiani cercano invece di gestirli e valorizzarli internamente, ma mentre in una normale fase di declino dell’economia, le banche sono riuscite lo stesso a recuperare parte del valore ed a ridurre gradualmente gli NPL, nel caso invece, di una prolungata recessione, il flusso di questi continua ad aumentare perché ai vecchi si sommano i nuovi crediti insolventi conseguenti alla crisi economica.

Una simulazione fatta dal Fondo Monetario Internazionale mostra come all’attuale velocità di vendita (8% circa) degli NPL, questi continuerebbero a crescere e toccherebbero il picco nel 2019; da allora sarà necessario una velocizzazione di circa cinque volte quella attuale per poter riportare, nel giro di cinque anni, a livelli pre‐crisi il valore delle sofferenze bancarie. Casi virtuosi in questo caso sono stati gli Stati Uniti ed il Giappone, che nel giro di tre anni, dalla crisi del 2009 per i primi e dalla crisi del sistema bancario dei primi anni 2000 per il secondo, sono riusciti a ridurre i loro NPL ratio e riportarlo a valori di normalità. In Italia questo non è accaduto per una serie di motivi che riguardano sia il lato della domanda che dell’offerta del portafoglio NPL. Diversi sono infatti gli ostacoli che limitano le banche a vendere e gli investitori a comprare questi tipi di

asset. Andando in ordine, dal lato dell’offerta, i fattori che limitano gli intermediari a

disinvestire sono 56:

- un basso livello di copertura dell’attivo problematico e dei cuscinetti di capitale non sufficienti, infatti non a caso Basilea III prevede proprio un aumento significativo dei

54

buffers di capitale; la presenza di magre riserve amplifica il gap di prezzo tra il valore

inscritto in bilancio e quello di mercato. Questa differenza di prezzo, spiega perché le banche siano incentivate a tenere, piuttosto che a cedere NPL quando questi sono tanti e le riserve meno: semplicemente per mantenere alto il loro coverage ratio; - forte utilizzo dei collateral, sia reali che personali; nel sistema italiano, infatti il

valore delle garanzie copre in media i due terzi del finanziamento. Se da un lato la presenza di garanzie è una sicurezza aggiuntiva sul buon esito del prestito e quindi una copertura in caso questo non venisse onorato, dall’altro lato è un incentivo per la banca ad attendere il momento migliore per vendere. Il concetto è legato al pricing del portafoglio. Quando ad essere venduto è un portafoglio di secured NPL, il punto di partenza per fissare il pricing è proprio il valore della garanzia. Allora perché vendere un collateral ad un prezzo più basso del suo valore di libro? ;

- un regime fiscale che penalizzava, fino alla fine del 2013, le banche che effettuavano

politiche aggressive di accantonamento e write‐off del bad loans. Quest’ultimi erano

considerati deducibili a fini fiscali solo a fronte di una dichiarazione di insolvenza e le riserve di perdite su crediti erano deducibili solo per lo 0,3% dei prestiti concessi. La parte rimanente era spalmabile nei vari esercizi fiscali per 18 anni. Oggi, la normativa riconosce la deducibilità di entrambi a rate costante per cinque anni ad un’aliquota maggiore;

- un sistema di contabilizzazione altrettanto non favorevole alla cessione. Il principio di riferimento è lo IAS 39, il quale però non spiega quando e come trattare un credito che non può essere riscosso. Gli istituti adottano pertanto la best practice della loro cancellazione dal bilancio quando recedono tutti i diritti contrattuali sul prestito. Dal 2018 entrerà un nuovo principio contabile, lo IFRS 9, che sarà dedicato alla

contabilizzazione del write‐off.

Non ci sono solo ostacoli per chi dovrebbe disinvestire i non core assets, ma esistono dei vincoli anche dal lato della domanda per l’acquisto del portafogli di NPL. In cima alla lista delle motivazioni che disincentivano l’acquisto, anche da parte di operatori stranieri, vi è l’inefficienza del sistema giuridico italiano. Tempi troppo lunghi per completare un processo di fallimento (circa 7 anni) e per escutere i collateral (ulteriori 3 anni).

55 2.5 La cartolarizzazione dei crediti deteriorati

Ricordiamo che la realizzazione pratica della securitisation è molto complessa. Costruire una cartolarizzazione vuol dire gestire un numero elevato di variabili fra loro fortemente correlate. Gli aspetti più importanti di questo processo riguardano principalmente:

- l’individuazione del portafoglio oggetto di cartolarizzazione e cessione del rischio

sottostante e degli oneri collegati;

- definizione della struttura finanziaria dell’operazione con particolare riferimento alle

caratteristiche dei titoli da emettere e alle forme di supporto, credit enhancement;

- la valutazione da parte delle agenzie di rating;

- gli aspetti operativi ed organizzativi connessi alla gestione del portafoglio ed alle

attività di servicing e monitoraggio 57 .

In Italia la quasi totalità delle banche e degli altri intermediari finanziari cartolarizzano i canoni leasing, mutui e prestiti al consumo che appunto rappresentano la maggior parte dei crediti ceduti. In particolare si fa riferimento alla cessione dei crediti deteriorati.

Gli intermediari finanziari, infatti, posso cedere crediti verso la clientela performing o

non performing; con il termine non performing loans ci si riferisce a quei crediti concessi a

prenditori di fondi che in passato hanno già registrato sintomi di anomalia e normalmente sono stati già classificati dall’originator in una delle categorie di crediti dubbi. In questi casi l’uso dell’operazione di cartolarizzazione è subordinato alla presenza di un quadro regolamentare preciso che definisca i benefici per il cedente e tuteli in misura adeguata i sottoscrittori: la cessione a terzi di tale classe di attivi a condizioni convenienti dipende, infatti, dalla disponibilità di efficaci strumenti legali di gestione dei debiti insolventi.

In Italia a causa dei costi e dei tempi delle procedure di recupero dei crediti, a parità di altre condizioni, la convenienza della cartolarizzazione di NPL è inferiore a quella di intermediari operanti in altri paesi. Inoltre, poiché l’obiettivo delle emissioni di ABS in Europa è rappresentato da investitori istituzionali internazionali interessati a sottoscrivere titoli emessi a fronte di attivi cartolarizzati (soprattutto ai fini di diversificazione del

56

portafoglio, e non per aumentare il profilo di rischio, per rendere i titoli appetibili e ottenere un rating adeguato) il cedente italiano deve procurarsi o prestare direttamente garanzie più elevate.

Tuttavia, nonostante il non integrale trasferimento del rischio sui sottoscrittori dei titoli, scegliere una cartolarizzazione di NPL può essere più vantaggioso che percorrere la strada di una cessione, la quale presuppone l’esistenza di un mercato secondario liquido per i titoli emessi per ottenere un prezzo di smobilizzo più conveniente.

Essendo il pool di asset composto da crediti non performing , la stabilità del portafoglio stesso è messa fortemente a rischio dalla maggiore probabilità di verificarsi di eventi di

default che provocano pericolosi mismatching tra i flussi di cassa attesi e gli importi da

corrispondere ai sottoscrittori dei titoli. Assumono perciò importanza primaria, per la buona riuscita dell’operazione, le tecniche di credit enhancement impiegate e la capacità di recuperare i crediti ceduti.

Contrariamente alla cartolarizzazione di crediti in bonis, ossia di finanziamenti concessi alla clientela performing per i quali ci si attende un regolare rimborso del debito alle scadenze contrattuali, la securitisation dei crediti anomali si configura come una tecnica contingente cha ha come obiettivo principale l’eliminazione dal bilancio dei crediti indesiderati. Per i crediti in bonis, invece, è una pratica di gestione attiva del portafoglio crediti adottata nell’ambito di una strategia di lungo periodo.

Infine la cartolarizzazione di NPL può pregiudicare la possibilità per l’originator di avviare nuove operazioni e più genericamente può provocare effetti negativi sulla sua reputazione. Sebbene non vi siano particolari vincoli concernenti la qualità degli attivi da sottoporre a cartolarizzazione per i suddetti aspetti critici relativi alla securitisation dei NPL, è possibile affermare che i crediti ottimali da smobilizzare sono quelli in bonis.

Al fine di ridurre i rischi per l’investitore, di aumentare il rating dell’emissione e di ridurre il tasso di rendimento richiesto dal mercato, è possibile migliorare la qualità del portafoglio sottostante mediante forme di garanzie di tipo interno, ovvero

overcollateralisation, costituzione di un deposito in garanzia, excess spread, emissione di tranche subordinate, prestate direttamente dal creditore originario o prestate a terzi. È da

57

rischio dell’emissione e quindi, la remunerazione delle ABS, ma non si libera dei rischi di credito e di liquidità impliciti nel portafoglio cartolarizzato.

La trasformazione di crediti non performing in strumenti negoziabili agevola il loro trasferimento ad altri intermediari o ad investitori finali, in virtù del miglioramento della combinazione rischio e rendimento offerta dai titoli di credito oggetto della cartolarizzazione.

Gli attivi bancari, per essere oggetto e generare i flussi necessari al pagamento degli stessi ed al rimborso del capitale delle obbligazioni, devono essere:

- identificabili singolarmente in termini di crediti e connessi flussi di cassa;

- caratterizzati da flussi di cassa in qualche misura prevedibili per sviluppare, sulla base dell’esperienza storica e delle forme tecniche dei contratti, un modello per la previsione degli effettivi introiti;

- isolabili legalmente poiché il credito ed i diritti che ne derivano devono essere esercitabili dall’acquirente o cessionario senza alcun legame con la situazione del cedente, al fine di limitare l’esposizione dei sottoscrittori al solo rischio di credito del portafoglio ceduto e non anche del cedente;

- caratterizzati da elevate omogeneità e standardizzazione in termini di natura contrattuale e struttura, ma tali da garantire nello stesso tempo una soddisfacente diversificazione dei rischi.

Non si può immaginare che una cartolarizzazione possa ricevere un rating accettabile se riguarda una pluralità di crediti assai diversi tra loro in termini di natura, scadenza ed origine, pertanto, in termini economici, gli attivi bancari, oggetto di cessione, devono essere composti da entità omogenee ossia aggregate e considerate unitariamente.

Nel caso di prestiti non performing i criteri di identificazione devono essere utilizzati in modo flessibile per assegnare al pool i crediti che il soggetto intende cedere,i quali siano al tempo stesso coerenti con il profilo di rischio rendimento dei titoli da emettere. In questo caso, infatti, il pool non genera, anche per la relativa scarsa disponibilità di dati sulle performance passate di pool analoghi, flussi di cassa stabili e facilmente prevedibili e gli incassi non sono facilmente distinguibili tra quota capitale e quota interessi da destinare rispettivamente all’ammortamento ed al pagamento delle cedole.

58

Dal punta di visto operativo la cessione richiede lo svolgimento di alcune attività preliminari per determinare e quantificare la consistenza degli asset, il loro valore i termini di aspettative di incassi e la previsione dei flussi di cassa nel tempo.

L’analisi e la definizione dei criteri di selezione del portafoglio devono considerare la tipologia dei debitori e la loro diversificazione geografica e settoriale, le caratteristiche finanziarie dei prestiti quali tasso, durata, data di concessione e piano di ammortamento, le statistiche di comportamento analizzate, a seconda dei casi, per pool omogenei o per singoli crediti, con metodologie di tipo statico o dinamico.

La conclusione dell’operazione richiede parametri e strumenti di controllo gestionali tali da consentire all’arranger una puntuale valutazione del portafoglio ceduto. Al fine della configurabilità dei crediti individuabili in blocco prestiti possono presentare, alternativamente o congiuntamente, differenti caratteristiche di omogeneità: le aree territoriali di stipula, il valore nominale superiore a soglie prefissate, la circostanza che siano state avviate le opportune azioni giudiziali per il recupero e la presenza, totale o parziale, di ipoteca volontaria o giudiziale.

Le garanzie a presidio dei prestiti, poiché incidono sulla struttura finanziaria del titolo e sulla appetibilità per i sottoscrittori, sono di fatto essenziali e non è ipotizzabile la

securitisation di NPL totalmente priva di suddette garanzie, la loro presenza rende possibile

la parziale programmazione dei flussi di rientro e la valutazione della capacità di copertura del rischio economico del titolo, il rimborso del capitale ed il pagamento degli interessi, mentre in caso contrario, il livello di credit enhancement richiesto per rendere l’operazione accettabile al mercato e con un rating adeguato sarebbe tanto elevato da rendere l’operazione non conveniente per l’originator.

Un’elevata diversificazione del pool permette di migliorare le caratteristiche del titolo da emettere riducendone il rischio. Nella prassi delle agenzie di rating la diversificazione viene misurata con il cosiddetto diversity score che, considerando il grado di correlazione tra le diverse categorie di soggetti debitori, consente di ridurre i rischi di default o di

downgrading, tale metodologia però non è applicabile alla cartolarizzazione di NPL, dato

che l’evento negativo si è già verificato e la diversificazione attiene piuttosto a fattori genericamente definibili come ambientali o settoriali.

59