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1. LA DISLESSIA: STORIA DI UN DISTURBO

1.4 La dislessia e gli altri Disturbi Specifici dell’Apprendimento: la comorbilità

1.4.1 La Dislessia

La dislessia è il disturbo dell’apprendimento maggiormente diffuso, ed è caratterizzata da un disturbo dell’apprendimento della lettura che colpisce i bambini con intelligenza normale e che frequentemente si associa a difficoltà nella scrittura (Aglioti e Fabbro 2006:160). Stime recenti indicano che circa il 2,5% della popolazione italiana presenta disturbi di lettura non attribuibili a scarso esercizio o a disturbi neurologici. Quindi su circa 60 milioni di abitanti, circa un milione di persone ha difficoltà a leggere a causa della dislessia evolutiva (Stella 2004:47-48). Per lungo tempo si è sostenuto che la dislessia evolutiva fosse un disturbo più frequentemente maschile, con un’incidenza che può raggiungere anche l'80% di uomini sulla popolazione dei dislessici. Tuttavia, questo dato potrebbe essere in parte il risultato della modalità di segnalazione dei soggetti con disturbi d’apprendimento.

Si parla di dislessia solo quando il disturbo di transcodifica è isolato e non può essere messo in relazione con altri disturbi, di cui la lettura può essere considerata una conseguenza indiretta. Risulta chiaro che il disturbo di lettura non è sufficiente per definire un soggetto come dislessico (Stella 2004:15).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito le cinque condizioni che devono sussistere affinché si possa parlare di dislessia (tratto da Stella, 2004:15):

 Livello di intelligenza nella norma (Q.I. ≥ 85);

 Il livello di lettura deve essere significativamente distante da quello di un bambino di pari età o classe frequentata. Più nello specifico deve essere al di sotto di due deviazioni standard per l’età o la classe frequentata;

 Assenza di problemi neurologici o sensoriali che possano giustificare la difficoltà di lettura come conseguenza indiretta;

 Il disturbo deve essere persistente nonostante un livello di educazione adeguato e uno specifico intervento didattico;

 La difficoltà nella lettura deve presentare conseguenze dirette sul rendimento scolastico e nelle attività sociali che richiedono abilità di lettura e scrittura (Stella, 2010).

Nelle lingue a ortografia trasparente come l’italiano, il parametro che viene riconosciuto come il più rilevante per la diagnosi di dislessia è la velocità di lettura. Essa

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viene misurata tramite la lettura di brani e liste di parole e non parole, mentre la correttezza viene misurata in base al numero di errori commessi durante la lettura di un brano.23 Non concorre invece alla diagnosi la comprensione del testo scritto anche se fornisce dati rilevanti sull’efficienza del lettore (Linee guida DSA 2011).

Quindi, per riassumere, vengono considerati dislessici i soggetti che risultino due o più deviazioni standard sotto la media nella correttezza e rapidità della lettura e che presentino un ritardo nelle abilità di lettura superiore a due anni rispetto alla classe frequentata (Aglioti e Fabbro, 2006:160).

La dislessia si può presentare in modalità molto diverse da soggetto a soggetto. Di seguito vengono presentate le caratteristiche più comuni relative alla decodifica della singola parola o del testo scritto. Queste possono non essere tutte presenti contemporaneamente (tratto da Denes e Pizzamiglio, 1990):

a) Scarsa discriminazione di grafemi.

Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi uguali o simili, ma diversamente orientati; nella lettura può confondere ad esempio p e b; d e q; u e n; a e; b e d.

b) Scarsa discriminazione di grafemi simili.

Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi che presentano somiglianze. In particolare quando deve leggere la scrittura corsiva, il soggetto può confondere ad esempio m con n; c con e; f con t; e con a.

c) Scarsa discriminazione di grafemi che all’ascolto corrispondono a fonemi sordi

e fonemi sonori.

Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi relativi a fonemi con somiglianze percettivo-uditive. Le coppie di fonemi simili sono le seguenti:

f e v; t e d; p e b; c e g

d) Difficoltà di decodifica sequenziale.

Leggere nella lingua italiana richiede al lettore di procedere con lo sguardo in direzione sinistra-destra e dall'alto in basso; tale processo appare complesso per tutti gli individui nelle fasi iniziali di apprendimento della lettura ma, con l’affinarsi della tecnica e

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con l'uso della componente intuitiva, la difficoltà diminuisce gradualmente fino a scomparire. Nel soggetto dislessico, invece, talvolta ci troviamo di fronte a un ostacolo nella decodifica sequenziale, per cui si manifestano con elevata frequenza i seguenti errori:

Omissione di grafemi e di sillabe: Il soggetto omette la lettura di parti della parola; può tralasciare la decodifica di consonanti (ad esempio può leggere FONTEFOTE; CAMPOCAPO) o di vocali (può leggere, ad esempio, FIUMEFUME; PIUMAPUMA) e, spesso, anche di sillabe (può leggere TAVOLOTALO; PAROPAPAVERO). In alcuni casi capita che questi soggetti leggano la prima parte della parola, mentre la seconda se la inventino o immaginino.

Salti di parole e salti da un rigo all’altro: Il soggetto dislessico presenta evidenti difficoltà a procedere sul rigo e ad andare a capo, per cui sono frequenti anche salti di intere parole o di intere righe di lettura.

Inversioni di sillabe: Spesso la sequenza dei grafemi viene invertita provocando errori particolari di decodifica della sillaba (il soggetto può, ad esempio, leggere LIIL; LAAL, NIIN) e della parola (può leggere, ad esempio TALOVOTAVOLO).

Aggiunte e ripetizioni: La difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra-destra può dare origine anche a errori di decodifica caratterizzati dall'aggiunta di un grafema o di una sillaba (ad esempio TAVOVOLOTAVOLO).

Difficoltà di riconoscere gruppi sillabici complessi GN – CH – GL

Difficoltà a mantenere il rigo di lettura.

e) Prevalenza della componente intuitiva.

Il soggetto che presenta chiare difficoltà di lettura privilegia l’uso del processo intuitivo rispetto a quello di decodifica. L’intuizione della parola scritta rappresenta un valido strumento ma, al tempo stesso, è fonte di errori, definiti di anticipazione. Non di rado, infatti, il soggetto esegue la decodifica della prima parte della parola, talvolta anche solo del primo grafema o della prima sillaba, e procede “intuendo” / “inventando” l'altra parte. La parola contenuta nel testo viene così a essere spesso trasformata in un’altra, il cui significato può essere affine ma anche completamente diverso (Denes e Pizzamiglio, 1990: 120).

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È possibile, ad esempio, che la parola CAVA sia letta CASA perché dopo la prima sillaba il soggetto (in particolare i bambini) non ricorre più alla decodifica della parola, ma si affida al suo intuito “pensando di sapere” qual è la conclusione corretta basandosi sulla propria esperienza linguistica e scegliendo la parola a lui più familiare. Allo stesso modo, davanti alla sequenza INDIS- può immaginare che la parola sia INDISTRUTTIBILE, INDISPONENTE, INDISPETTITO e via dicendo, senza considerare il contesto in cui la parola si trova e senza finire di leggerla veramente.

Un altro errore comune commesso dai bambini riguarda le categorie grammaticali: spesso, leggendo, il bambino si affida ad un intuito che ha a che vedere con la maggiore o minore familiarità con determinate parole, senza considerarne l’occorrenza in base alla propria categoria grammaticale. In altre parole, il suo intuito non è guidato dal fatto che, ad esempio, in italiano, spesso dopo un articolo compare un nome, ma solo dal grado di familiarità che ha con le parole.

Es. Il corridore inciampò e cadde a terra alzando una grande nuvola di polvere una frase di questo tipo potrebbe essere letta Il correre inciampò e cadde a terra alzando una grande nuvola di polvere perché non considerando che, in una frase di questo tipo, dopo l’articolo non può occorrere un verbo all’infinito, il bambino sceglie di pronunciare una parola a lui familiare come, appunto, correre.

Per i dislessici adulti la situazione è diversa in quanto possiedono un inventario lessicale più ampio rispetto a quello dei bambini e riescono a sfruttare le informazioni legate al contesto per concludere correttamente la parola. Gli adulti, inoltre, usano un tipo lettura intuitiva che predilige un accesso alla via lessicale e, quindi, al magazzino lessicale nella propria memoria, al posto della lettura tipica dei bambini che avviene attraverso la via fonologica di decodifica grafema-fonema24. Una maggiore confidenza con le strutture e le categorie grammaticali della propria lingua fa sì che sia rarissimo che l’adulto compia errori categoriali perché è automatico pensare che, ad esempio, dopo un articolo compare un nome o che, in genere, in italiano, l’aggettivo precede il nome. L’errore è, dunque, un errore di scelta lessicale, ma non di scelta categoriale (difficilmente l’adulto dislessico compirà un errore come quello dell’esempio fatto per i bambini; al massimo potrà leggere corriere al posto di corridore per una maggiore familiarità con la prima parola).

f) Confusione tra gli antonimi spaziali e temporali (destra/sinistra – ieri/oggi - giorni/mesi);

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g) Difficoltà nell’espressione verbale e nel verbalizzare i pensieri; h) Difficoltà nella copiatura di un testo;

i) Difficoltà a prendere appunti;

j) Lentezza nella lettura, priva di espressività e poco fluente; k) Difficoltà nella lettura ad alta voce;

l) Omissione di parole;

m) Difficoltà con l’uso delle parole funzionali (come le preposizioni semplici ed articolate DI, PER, IN ecc...);

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