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La pianificazione del messaggio orale e scritto

2. L’ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO ORALE E SCRITTO

2.2 La competenza linguistica

2.2.3 La pianificazione del messaggio orale e scritto

Le modalità di produzione del messaggio orale è caratterizzata da tre fasi elaborative (Marini 2008: 102-106):

1. Concettualizzazione: è una fase prelinguistica in cui il parlante pianifica concettualmente il messaggio che vuole veicolare al suo interlocutore. Il parlante, dunque, formula un’intenzione comunicativa (una richiesta, un ordine e così via) e, basandosi su ciò che è stato detto in precedenza, sul contesto in cui è stato detto, sulle aspettative dell’interlocutore, pianifica il messaggio organizzando le informazioni che vuole veicolare. Questo processo si articola a sua volta in una fase di macropianificazione durante la quale il parlante decide cosa è più rilevante dire e in che ordine dirlo; e una fase di micropianificazione durante la quale l’informazione viene ulteriormente definita mediante la conversione dell’informazione in forma proposizionale.

2. Formulazione grammaticale: è una fase linguistica in cui i concetti pianificati nella fase precedente si interfacciano con il

Schema 3Un modello della produzione orale del messaggio (Marini 2008:102) PIANIFICAZIONE CONCETTUALE CONCETTO LESSICALE SELEZIONE LESSICALE LEMMA CODIFICA MORFOFONOLOGICA PAROLA FONOLOGICA CODIFICA FONETICA ARTICOLAZIONE

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modulo del linguaggio e attivano le parole più adatte per ciò che si vuole dire e le organizzano in strutture sintattiche. In questa fase i concetti lessicali vengono associati alle entrate lessicali corrispondenti memorizzate nel lessico mentale e le informazioni in esse contenute vengono usate per organizzare le strutture frasali. I processi della formulazione grammaticale sono suddivisi in tre fasi:

Fase di selezione lessicale che consente al parlante di selezionare le entrate lessicali che corrispondono al significato che si vuole veicolare, con un processo di attivazione/inibizione che fa sì che, le parole più familiari abbiano soglie di attivazione più basse, mentre quelle meno familiari abbiano soglie di attivazione più alte. In questo modo, le parole più familiari possono essere attivate più facilmente;

Fase di accesso lessicale durante la quale prima si accede alle informazioni contenute nel “lemma”, cioè, le sue informazioni morfologiche, semantiche e morfosintattiche; poi si accede alle informazioni contenute nel suo lessema, cioè le informazioni di tipo morfofonologico necessarie per pianificare la codifica fonetica e articolatoria.

Fase di organizzazione frasale durante la quale viene elaborata la frase (livello funzionale) attraverso le strutture morfosintattiche richieste dalla parola selezionata. In questo modo si generano strutture sintattiche specifiche. Successivamente, l’informazione contenuta nei lemmi delle parole viene usata per generare le relazioni grammaticali tra i sintagmi in modo da creare rappresentazioni sintattiche ben strutturate (livello proposizionale). Infine, si ottiene l’accesso alle informazioni prosodiche e fonologiche dell’entrata lessicale e si aggregano i fonemi in sillabe caratterizzate da contorni intonativi specifici. A questo punto è possibile preparare la sequenza di movimenti necessari per pronunciare correttamente le sillabe che costituiscono la frase. 3. Articolazione: è l’ultima fase e consiste nella produzione effettiva del messaggio. Le

sequenze di parole elaborate nelle fasi precedenti vengono prodotte sotto forma di suoni.

Tra le teorie che affrontano il problema della scrittura come processo, si possono individuare tre filoni fondamentali che sottolineano rispettivamente l’aspetto:

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 Semiotico - sociale.

Queste teorie hanno in comune l’idea che l’atto dello scrivere sia caratterizzato non tanto dal prodotto finale, quanto dall’insieme dei processi e dei comportamenti che conducono alla produzione del testo.

In questa sede ci occuperemo principalmente della prima teoria sviluppata inizialmente dai teorici della composizione statunitensi, Linda Flower e John R. Hayes nel 1980 e successivamente rielaborata dai due psicologi canadesi Carl Bereiter e Marlene Scardamalia nel 1987.

Di seguito si darà comunque un breve quadro delle altre due teorie. a) Teoria testuale.

Dal punto di vista della teoria testuale, il testo è un insieme di relazioni fondate su due principi: coesione e coerenza. La coesione garantisce i legami di superficie tra le parti del testo, mentre la coerenza instaura relazioni di significato tra le parti del testo e serve a garantire la continuità tematica del testo. Per imparare a scrivere, dunque, il bambino deve possedere un insieme di conoscenze (che vanno al di là della competenza grammaticale) riguardo ciò che fa di un gruppo di frasi un testo. Dovrà apprendere a identificare argomenti che unificano determinate frasi e a stabilire gerarchie all’interno dei testi.

b) Teoria semiotico-sociale.

Questa teoria rileva la funzione del contesto nell’apprendimento della scrittura e sostiene che imparare a scrivere consista nel fissare a livello cognitivo un insieme di pratiche che sono prima di tutto sociali. Questo significa che scrivere è una sorta di processo di “formazione del senso” che si contrappone alla “formazione del consenso” che si opera in ambito extrascolastico attraverso processi di omologazione (mass media, modelli culturali, ecc.).

Nel 1980, quando si è maturata l’idea che la produzione di un testo scritto sia un’attività principalmente cognitiva, Linda Flower e John R. Hayes (1980: 371-375) hanno postulato che il processo di scrittura sia articolato in tre fasi:

1. Fase di pianificazione: questa è la fase durante la quale chi scrive formula nella sua mente lo scopo della sua scrittura, genera idee e seleziona le informazioni dalla memoria a lungo termine e le organizza. In sostanza genera un’immagine interna di ciò che vorrà dire; questo permette di organizzare le idee a formare concetti dalla

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struttura gerarchica: si avranno, perciò, concetti con maggior rilevanza e concetti subordinati a essi. A questo punto, chi scrive dovrà anche decidere che tipo di testo andrà comporre in modo da scegliere il tipo di pubblico a cui rivolgersi e il giusto linguaggio da utilizzare. Per riassumere si può dire che questa sia la fase in cui chi scrive stabilisce quale sia il suo obiettivo comunicativo e decide come raggiungerlo. 2. Fase della traduzione: in questa fase, chi scrive trasforma le idee in informazioni di

tipo linguistico; comincia dunque a generare frasi semplici, frasi complesse e a legarle fra loro per mezzo di vincoli che garantiscano una coesione tra le varie proposizioni. La coesione è data ad esempio da relazioni di coreferenza tra parole in proposizioni diverse (sono relazioni in base alle quali due parole fanno riferimento allo stesso referente come, ad esempio, nella frase: Mario ha visto Paola. Le ha detto tutto, in cui il nome Paola e il pronome le si riferiscono alla stessa persona. (Marini 2008: 130)), o da parole che garantiscano la continuità informativa del testo, come ad esempio i connettivi usati per segnalare che si sta aggiungendo una nuova informazione, che si vuole modificare o motivare quanto detto in precedenza, o che si vuole collocare l’informazione nel tempo. In questa fase, inoltre, si cerca di creare una struttura di reti concettuali in cui le informazioni siano integrate in modo coerente.

Questo processo dà vita a tipi testuali diversi che sottostanno a “regole” specifiche che devono essere necessariamente rispettate per un ottenere un buon risultato. Un esempio di regole di questo tipo sono le “Grammatiche delle storie” basate sull’assunto che ogni storia o racconto possieda una struttura a cui si deve uniformare. Questa struttura di base viene complicata dalla presenza necessaria di un’ambientazione che a sua volta deve essere coerente, nella sua collocazione spazio- temporale, con il tema che si vuole comunicare e con la trama a esso associata. La presenza di queste regole facilita molto il compito di scrivere, tanto che è stato dimostrato che risulta più facile e più veloce leggere una serie di frasi all’interno di un episodio rispetto a una loro diversa collocazione (Marini 2008:131). Un altro esempio di regola testuale è lo “Script” che consiste in una struttura conoscitiva che chi elabora un testo possiede riguardo situazioni comuni o comunque stereotipiche. Lo script (o copione in italiano) è composto da un numero variabile di scene composte da azioni alle quali vengono assegnate dei ruoli. Un’elaborazione dello script è il “Frame Cognitivo” secondo cui l’organizzazione testuale è legata all’esistenza di sequenze concettuali stereotipate in cui script e informazioni

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contestuali sono integrate (Marini 2008:132). Come nel caso delle grammatiche delle storie, anche gli script facilitano molto la comprensione di discorsi o testi scritti perché forniscono un insieme di informazioni che non sono sempre ricavabili dal contesto.

3. Fase di revisione: è la fase finale della produzione del testo scritto durante la quale si effettua una rilettura del testo e si apportano modifiche e correzioni. Spesso questa fase porta a un nuovo ciclo di pianificazione e traduzione.

Successivamente, sulla base del lavoro di Flower e Hayes, sono nate altre teorie in merito allo sviluppo delle abilità di scrittura, con ampliamenti sul piano delle fasi ortografiche e linguistiche, ma con un punto di arrivo comune a tutte, cioè le tre fasi ipotizzate dai due autori nel 1980.

Un’interessante elaborazione del morello di Flower e Hayes è quella ad opera di Carl Bereiter e Marlene Scardamalia (1987), in cui sostengono che il soggetto che scrive si rappresenti mentalmente i compiti di scrittura.

I due psicologi canadesi sostengono che il bambino sviluppi il sistema di scrittura differenziandolo dal sistema della conversazione, in quanto:

 La produzione di un testo scritto è un processo “autonomo” (in assenza di “feedback”);

 È un processo comunicativo svolto in assenza del destinatario;  Richiede una pianificazione anticipata del messaggio.

Nelle prime fasi il bambino adatta le strategie della conversazione alla produzione scritta attraverso una strategia detta knowledge telling con la quale produce in sequenza l’informazione mano a mano che la recupera dalla memoria, cioè scrive frase per frase. All’incirca alla fine della scuola elementare, compare la pianificazione anticipata del testo. Il bambino sviluppa una strategia propria della scrittura detta knowledge transforming che fa sì che si adattino, si organizzino e si trasformino i contenuti selezionati, allo scopo di generare un messaggio unitario e autonomo.

Nel 1992, la psicologa statunitense Virginia W. Berninger e colleghi hanno sviluppato una teoria neuropsicologica secondo la quale la scrittura è un processo che evolve per effetto dell’apprendimento, e in funzione dei naturali processi di maturazione neuromotoria, linguistica e cognitiva del bambino.

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Lo sviluppo del processo di scrittura comprende lo sviluppo a vari livelli di:  Componenti neuroevolutive, attinenti agli aspetti meccanici (motricità fine delle dita

e coordinazione visuomotoria) e di codifica ortografica del testo;

Componenti linguistiche, relative all’elaborazione linguistica del testo a livello lessicale, sintattico e semantico;

Componenti cognitive, relative agli aspetti della pianificazione, organizzazione e revisione del testo.

Berninger ipotizza dunque che nelle prime fasi di acquisizione del sistema di scrittura, quando hanno notevole importanza le abilità di conversione fonema-grafema e quelle di trascrizione, i vincoli posti allo sviluppo della scrittura sono quelli neuropsicologici di codifica ortografica (abilità di recupero delle lettere dalla memoria visiva), motricità fine, e di integrazione visuomotoria (coordinazione del recupero delle lettere in memoria con schemi motori per la loro riproduzione su carta).

Non appena le abilità di trascrizione si automatizzano, iniziano a pesare sulla produzione del testo vincoli di natura linguistica, come l’abilità a elaborare e produrre parole, frasi, paragrafi. Queste abilità condizionano la traduzione di pensieri in forme linguistiche complesse e coerenti, ossia la generazione del testo.

Infine, quando le abilità linguistiche del bambino sono sufficientemente mature, assumono un peso rilevante le componenti cognitive del processo di scrittura (pianificazione e revisione, per esempio).

Uno sviluppo deficitario o atipico delle abilità (neuropsicologiche, linguistiche e cognitive) indicate costituisce un impedimento o un carico al livello di sviluppo in cui il deficit inizialmente si manifesta, ma anche e per i livelli successivi. Ad esempio, la mancata automatizzazione della codifica ortografica, si riflette in modo diretto sul processo di trascrizione, e in modo indiretto sui processi linguistici e cognitivi superiori (generazione del testo, pianificazione, etc.) (B. Arfè, 2006:22).

Una difficoltà specifica nella composizione del testo, dunque, è caratterizzata non solo dalla disgrafia e dalla disortografia, come si è visto nel capitolo precedente, ma anche da una serie di problemi nelle tre fasi di progettazione del testo. Lo scritto può risultare poco coerente e coeso a causa di una difficoltà nel tradurre in forma corretta e fluente le idee, in frasi legate tra loro. Il soggetto con un problema di questo tipo ha anche una scarsa capacità di esercitare il controllo sui propri processi di scrittura e sulla qualità finale del testo.

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