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II. Capitolo secondo:

1.4 Il dispatrio

Come ho accennato nella breve biografia iniziale, Meneghello si trasferì in Inghilterra, che lui chiama «il paese degli Angeli»,81 nel 1947, iniziandovi un soggiorno di circa cinquant’anni. L’incontro con questo nuovo mondo è stato fondamentale per la sua formazione personale e per la sua scrittura, poiché si può senz’altro individuare nell’inglese il terzo nucleo linguistico utilizzato nei suoi romanzi. Egli stesso definì questo trasferimento con il termine dispatrio, e lo descrisse come un trapianto: «Partivo con il vago intento di imparare un po’ di civiltà moderna e poi tornare a farne parte ai miei amici e ad altri italiani. Ma invece ciò che avvenne fu un trapianto».82 Le ragioni che lo spinsero a lasciare l’Italia furono di diverso tipo: lavorative, ma anche di tipo culturale, dato che egli ormai aveva iniziato a vedere il suo Paese come avvelenato da una politica malsana. Ne parla in Bau-Sète! in modo specifico:

Mi pareva che il mio paese mi scacciasse dalla sua politica, non per cattiveria sua o mia, ma per la nostra rispettiva conformazione: e che la speranza di far congruire in qualche punto la mia vita privata con quella pubblica del mio paese

79 Meneghello 1999-2001, p. 21, vol. III. 80 Daniele 2016, p. 185.

81 Meneghello 1993b, p. 8. 82 ibid.

48 (che purtroppo mi ero messo in testa che fosse il senso più

alto della vita) era morta.83

Rispetto alla vicinanza agli ideali della nazione che lo aveva accomunato ai suoi compagni durante la Resistenza, si nota in queste righe come la mentalità di Meneghello sia cambiata con la scelta della separazione da un luogo che lo ha pienamente deluso; l’arrivo in Inghilterra segna una svolta decisiva, egli ne esalta l’integrità e la serietà presenti in ogni settore:

Sentivo in me l’emozione di fondo che mi aveva portato in Inghilterra, l’ammirazione per la sua gloria nella resistenza al nazismo.84

Prendendo contatto con la gente, ero venuto a trovarmi in un ambiente che non era prospero e rilassato, anzi aspro e austero, e meravigliosamente serio.85

Il giudizio positivo sul rigore inglese non riguarda solamente il modo di comportarsi, di vestire o di vivere in generale, ma anche il lavoro e la concezione della società. Non mancano dei risvolti negativi dovuti sicuramente al periodo iniziale di ambientamento, che interessa soprattutto le prime impressioni sull’ethos degli inglesi, «su quella sorta di loro impaccio nei confronti della vita, delle emozioni, sulla diffidenza nei confronti del bene supremo dell’intelletto»,86 cosa quest’ultima che Meneghello condivideva. L’esperienza inglese, essendo di lunga durata e corredata di elementi complessi, è difficile da sintetizzare qui in modo produttivo; ci furono delusioni, apprezzamenti, dubbi che si alternarono in relazione a un continuo raffronto con l’Italia e, in particolar modo, con la lingua italiana. L’aspetto forse più significativo fu la scoperta di «una lingua della cultura che era decent, onesta, rispettabile, mentre la nostra mi pareva indecent, scalcagnata».87

83 Meneghello 1988a, p. 69. 84 Meneghello 1993b, p. 25. 85 Meneghello 1993b, p. 26. 86 Zampese 2014, p. 155.

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Eccoci giunti all’argomento di novità che più interessa la mia tesi, cioè l’apporto fondamentale alla scrittura di Meneghello che venne fornito dall’apprendimento della lingua inglese. Quello che lo colpì fu principalmente l’esistenza di espressioni e, più spesso, termini-chiave che facevano emergere il senso della civiltà di quella nazione: «le parole-civiltà, che incorporano un’analisi sensata e insieme fantasiosa della vita di “relazione”».88 Ma è ne La materia di Reading che si esplicano le preferenze dell’autore e l’assoluto interesse per il mondo in cui si era ritrovato immerso:

Naturalmente le parole che più mi colpivano erano quelle che portavano con sé un concetto nuovo, specie in contesti di ordine intellettuale. Implications per esempio. Per me questa era un’idea nuova. Non si poteva esprimerla con un equivalente italiano che le corrispondesse appieno […] veniva il dubbio che in italiano non mancasse solo la parola, ma – si sarebbe detto – la cosa significata.89

La lingua si rivela un terreno su cui indagare e portare alla luce i difetti e i pregi di una civiltà molto lontana da quella italiana, ma ciò che forse avvicina il riuso del dialetto e l’affiancamento di alcuni termini inglesi in Meneghello, sta proprio nel poter dare vita, con la parola, alle cose che erano scomparse, oppure non erano mai esistite nella nostra cultura. Dallo studio comparato di inglese e italiano nasce la collaborazione tra i due campi, un equilibrio che è alla base del dispatrio meneghelliano:

Trovandomi dunque nel mezzo di questo sistema così diverso, cominciai ad assorbire una buona dose della sua sostanza, e la assorbivo con avidità. Non si trattava di una cultura che ne soppiantava un’altra, ma della formazione di un secondo polo culturale. Il risultato finale fu infatti una forma di polarità che venne a investire quasi ogni aspetto della mia vita intellettuale. Era come se per poter pensare, o

88 Meneghello 1999-2001, p. 89, vol. II. 89 Meneghello 2006b, p. 1303.

50 persino sentire, occorresse lasciar fluire la corrente tra i due

poli.90

La vicinanza di queste due patrie fa sì che proprio mentre si trovava a Reading Meneghello elaborasse il suo primo romanzo, dal momento che dalla concezione di dispatrio si genera la volontà di «raccogliere dalle spiagge lontane dove sono dispersi alcuni frammenti di ciò che chiamo il mio dispatrio».91

Il fatto di aver vissuto lontano dall’Italia ha quasi sempre portato a considerare Meneghello un autore marginale all’interno della letteratura italiana contemporanea. Nonostante la sua permanenza in Inghilterra, l’autore si è sempre interessato alla lettura delle opere di scrittori italiani a lui coevi, si pensi ad esempio al fatto che dedicò un testo postumo a Fenoglio.92 Inoltre, i testi di Meneghello sono impregnati di poesia italiana e di citazioni (Dante, Montale, Belli, Petrarca sono solo alcuni nomi), a testimonianza del suo studio approfondito dei maggiori esponenti della poesia italiana di ogni tempo. Nel 1963 uscirono, assieme a Libera nos a Malo, La

cognizione del dolore di Gadda, le già citate Furie di Piovene, La giornata di uno scrutatore di Calvino e Lessico famigliare della Ginzburg; fra tutti, tra l’altro molto

diversi, l’originalità di un testo come quello di Meneghello spicca ancora di più per la capacità di unire generi distinti e voci miste provenienti da luoghi lontani. Egli stesso nei Fiori a Edimburgo dirà:

Quando ho scritto il mio primo libro [...] mi sono divertito a sfidare le convenzioni correnti allora in Italia circa il «romanzo», giocando liberamente con vari schemi narrativi, e improvvisando legami coi registri della filologia, della poesia lirica, del saggio antropologico, delle «memorie» private.93

Il processo grazie al quale presero vita i capolavori meneghelliani ha messo a frutto un insieme di tutti gli elementi che ho cercato di segnalare in questa breve introduzione. Si vedranno nello specifico nei capitoli successivi, a seconda del testo

90 Meneghello 2006b, p. 1301. 91 Meneghello 1993b, p. 28. 92 Meneghello 2004.

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preso in considerazione, l’utilizzo della lingua, il nucleo tematico e le voci che vi entrano in gioco.

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CAPITOLO SECONDO

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