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II. Capitolo secondo:

1.3 L’esperienza della Resistenza

Una breve parentesi va di certo aperta per introdurre il tema della Resistenza in Meneghello, che si presenta come esperienza di vita, allegandosi alla materia di Malo, ma si presenta naturalmente anche come momento di importanza storica e politica. Quando l’autore decise di mettersi a confronto con quella traumatica vicenda, ne scaturì un testo, I piccoli maestri, pubblicato nel 1964.

Il tema della lotta partigiana, una vera e propria guerra civile che prese piede in Italia dall’8 settembre del 1943 fino alla Liberazione avvenuta nel 1945, è elaborato nelle

Carte a partire dal 1963 e le annotazioni riguardo al testo continuano sul flusso delle

prime recensioni di autori come Carlo Bo e Anna Banti.72 Fu proprio a causa delle critiche ricevute che l’autore tornò ad occuparsi del testo, fino a ricavarne una rivisitazione a distanza di circa dodici anni dalla prima pubblicazione. L’idea di Meneghello era quella di realizzare un romanzo autobiografico che fosse il più vicino possibile alla realtà dei fatti accaduti in quel frangente, in stile retorico e anti-celebrativo, in contrapposizione con la tradizione neorealistica della letteratura del

70 Meneghello 200b, p. 1194. 71 Ivi, p. 1060.

72 Bo, Il secondo libro, in «Corriere della sera», 12 aprile 1964. Banti, Meneghello, in «Paragone», n.s. XV,174, giugno 1964, pp. 03.104.

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dopoguerra. Si legge nelle Carte, in un appunto del 1964, come esprime chiaramente la sua intenzione riguardo alla stesura:

Certo io volevo soprattutto il vero: la lotta contro la retorica significava questo. E la verità, secondo la sua vecchia usanza, pareva nuda. Così, più si era soli e spogli e più ci si sentiva vicini al vero. In quel buco [allude al suo riparo durante il rastrellamento] ero senza retorica; avevo una gran paura e altrettanto coraggio, e anche questa era verità ignuda. Verità e libertà parevano la stessa cosa.73

La consapevolezza di aver preso parte ad un’azione epocale per il cambiamento del nostro Paese, ma anche l’umiltà tipica della sua scrittura, oltre che della sua indole, si scontrarono con le critiche a cui più volte tentò di dare una risposta. Ad esempio di Carlo Bo disse:

Ho sentito che questo tale, che è un critico (e un imbecille) di professione, ha detto che i personaggi del mio libro sulla guerra partigiana sono falsi. Il mio amico e arguto compagno in quelle vicende, Gigi Ghirotti, gli ha spiegato che invece no, i personaggi sono letteralmente e scrupolosamente veri, siamo noi, tali e quali [...].74

Quindi il divario che, secondo i critici, è presente ne I piccoli maestri, è proprio quello tra verità e finzione, invenzione e attinenza alla storia. Appare logico che Meneghello si sia interrogato su questo aspetto del suo romanzo, dando vita a riflessioni autocritiche, le stesse che probabilmente lo portarono alla revisione dell’intero libro a distanza di molti anni:

se la gente che legge il mio libro non dice «Cristo, ma questa è la verità!» non vuol dire che ho mancato alla mia materia? Forse non sono molto bravo nemmeno a fare i libri, come

73 Meneghello 1999-2001, p. 81., vol. I. 74 Ivi, pp. 137-138.

46 già le guerre. La differenza è che delle guerre mi

vergognavo, dei libri no.75

Per Meneghello, ribadire la verità che sta alle spalle della sua narrazione è un fatto di primaria importanza, ed è strettamente connesso all’idea che la letteratura sulla Resistenza si debba realizzare in chiave antieroica: ciò risponde a una «necessità di una ricerca di modo e di tono: una ragione di poetica prima ancora che di opportunità storica, e un’operazione di attenuazione dell’enfasi [..]».76

Nel 1976 venne pubblicata la nuova edizione dei Piccoli Maestri: l’autore decise di specificare i suoi intenti nell’introduzione al romanzo, dicendo che il tono, che può apparire scherzoso e ironico, non vuole minimizzare la materia trattata, ma è semplicemente un modo di innovare la poetica resistenziale vista in chiave antieroica. Egli desiderava piegare «l’eroico in eroicomico, non per volontà donchisciottesca di contrasto, ma per un quasi innato spirito di contraddizione, che sa cogliere nel reale la nota bassa, il punto di rottura anche del sublime come emergenza di verità».77 Il risultato finale della revisione fu un testo più unitario dal punto di vista formale, che avvicinava il romanzo di più al frammentismo di Libera nos a

Malo e a Pomo pero, con accostamenti inattesi e analogici. Per Meneghello tuttavia,

il tema della Resistenza non si esaurì nella sistemazione del romanzo, poiché nel suo diario, ricco di pensieri e note, compaiono diversi riferimenti alla vita partigiana fino agli ultimi anni di vita dell’autore. Nelle Carte vi è una sorta di «prolungata scontentezza, che sembra preludere alla presa d’atto di un capitolo chiuso, non certo per lo scrittore, ma per il mondo che gli sta intorno».78 Il passato viene considerato una scala di misurazione del presente, e filtrato attraverso una lente alla ricerca di un precetto morale. Tutto viene messo in discussione, anche se non manca mai una certa

verve irridente che lo caratterizza:

Le nostre idee sul passato recente di noi stessi e della Patria, in pratica sull’esperienza fascista, restavano equivoche. Quadro medico, biologico, corpi e anticorpi: a volte l’antico

75 Meneghello 1999-2001, p. 186. 76 Daniele, 2016, p. 175.

77 Ivi, p. 178. 78 Ivi, pp. 182-183.

47 isola il nuovo e lo rigetta. Oscillava lo schema dei pensieri

(di Nane, miei, e degli amici) circa il nostro ruolo nella guerra civile. Intanto, era stata davvero una guerra civile?79

Per concludere, le rievocazioni dell’esperienza partigiana non sono presenti solamente nel romanzo I piccoli maestri, ma compaiono continuamente anche sotto forma di brevi pensieri e spunti, e anche «la memoria stessa della Resistenza pare diventare l’emblema di un’inquietudine esistenziale e di una coscienza non pacificata».80