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LA PARABOLA DEL GRANO E DELLA ZIZZANIA (Mt 13, 24-30)

DISPOSIZIONE DELLE PARABOLE

Parabola del seminatore e spiegazione parabola e spiegazione Parabola del grano e della zizzania (parabola)

Parabola del granello di senapa;

parabola del lievito parabole gemelle

Spiegazione della parabola del grano e

della zizzania; (spiegazione)

Parabola del tesoro;

parabola della perla parabole gemelle

Parabola della rete e spiegazione parabola e spiegazione

Come notiamo la struttura della parabola riflette in un certo senso questa armoniosità in cui si alternano parabole e rispettive spiegazioni con altre parabole considerate gemelle per la loro vicinanza ed analogia, quasi nell’insieme a formare un disegno di disposizione ben definito.26

Altri studiosi ridurrebbero la suddivisione ad uno schema tripartito, ravvisabile in parallelo anche nella parabola del seminatore.

25 M. GOURGUES, Le parabole di Gesù in Marco e Matteo, dalla sorgente alla foce, Leumann 2002, 29-30.

26 Cfr. Ibidem.

Parabola raccontata alle folle (Mt 13, 1-9 // Mt 13, 24-33) Motivazione delle parabole (Mt 13, 10-17 // Mt 13, 34-35)

Interpretazione riservata ai discepoli (Mt 13, 18-23 // Mt 13, 36-53)

Infine riguardo ai destinatari della parabola, potremmo fare un’ulteriore articolazione, dal momento che la parabola in sé viene proclamata alla folla, mentre la spiegazione in privato ai discepoli, stesso criterio che ritroviamo nella parabola del seminatore, potendo risalire ad un ordine di alternanza che genera lo schema sottostante.

Mt 13, 1-23 Mt 13, 24-53

Insegnamento alle folle (Mt 13, 1-9.24-35) Insegnamento ai discepoli (Mt 13, 10-23.36-53)

Questo schema ha il pregio di basarsi su indicazioni esplicite dell’evangelista, che anche rappresentano un ulteriore criterio di suddivisione del testo.27 Delineata la struttura, entriamo ancora più profondamente nel dettaglio della parabola entrando nel vivo del testo.

I.2 Il testo e la sua struttura

Viene ora presa in considerazione la singola parabola oggetto dello studio per analizzarne in seguito la struttura. Come sempre in uno studio biblico è opportuno partire da una lettura integrale del testo.

24 Un’altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25 Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26 Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparire anche la zizzania.27 Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero:

“Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?”. 28 Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo”. E i servi gli dissero: “Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?”. 29 “No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30 Lasciate che l’uno e l’altra crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”». […] 36 Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37 Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. 38 Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, 39 e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. 40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41 Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità 42 e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. 43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi intenda!». (Mt 13, 24-30.36-43)

Nell’analizzare la struttura della parabola possiamo certamente ravvisare sin da una prima vista una struttura che si articola in due parti fondamentali, costituenti i due momenti centrali della parabola: la descrizione del problema e la soluzione. Ciascuna di queste due sezioni principali presenta però al suo interno elementi particolari di suddivisione e struttura, le cui particolarità non possono passare inosservate ad uno studio più approfondito ed accurato.

Come si sarà ben intuito, la delimitazione della parabola nonché della sua esplicita spiegazione non presenta alcuna difficoltà. Questo in maniera ancor più evidente per quanto riguarda l’incipit della

27 Cfr. Ibidem.

parabola: «Un’altra parabola espose loro così…», peraltro tipica formula espressiva matteana, che si ritrova anche per introdurre la parabola del granello di senapa e la parabola del lievito. L’attribuzione di tale formula a Matteo piuttosto che ad una fonte è dato dal fatto che questa si ritrova nell’introduzione della parabola del granello di senapa, mentre è assente nel parallelo della redazione precedente di Mc 4, 30.28

L’inconfondibile redazione matteana si rileva anche nell’espressione «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo»29, dal momento che altre parabole di Matteo, anche in altri contesti, iniziano allo stesso modo, particolarmente la parabola del debitore spietato e quella del banchetto di nozze.30 All’introduzione si susseguono una serie di sequenze narrative che strutturano la parabola di Matteo in uno schema ben definito:

Struttura generale di Mt 13, 24-30

Introduzione redazionale 13, 24a

Storia del grano e della zizzania 13, 24b-30

Narrazione 13, 25-26

Primo dialogo fra servi e padrone

13, 27-28a

Secondo dialogo 13, 28b-30

Semina del buon

grano Domanda: questione

circa la semina Proposta di raccogliere la zizzania

Semina della zizzania

Risposta: semina della zizzania da parte del nemico

Proposta respinta per il rischio di sradicare il grano e rimando alla cernita nella mietitura Germinazione e

crescita di entrambi

L’introduzione redazionale funge come formula di transizione mediante la quale l’evangelista connette la parabola al contesto già analizzato.31 Segue la sequenza della semina del buon grano a cui si contrappone la semina della zizzania. Questa antitesi pone in essere il dilemma che è il centro della parabola e della vita di ciascuno, e vuole esserlo di tutta la storia dell’umanità, ovvero l’antitesi tra il bene ed il male, dilemma attorno al quale si avvolge tutta la misteriosità di questo linguaggio parabolico, ma non per questo fortemente attrattivo, che rimanda a reali significati e contenuti come vedremo nel corso dell’analisi teologica. In un secondo momento questo contrasto fra grano e zizzania viene drammatizzato nel dialogo fra i servi e il padrone, e questo risulta maggiormente evidente nella

28 Cfr. M. GOURGUES, Le parabole di Gesù in Marco e Matteo, dalla sorgente alla foce, 31.

29 Cfr. Mt 7, 24.26; Mt 18, 23; Mt 22, 2; Mt 25, 1.

30 Cfr.M.GOURGUES, Le parabole di Gesù in Marco e Matteo, dalla sorgente alla foce, 31.

31 Cfr. R. FABRIS, Matteo, Traduzione e commento, 303.

ripresa da parte dei servi della frase della prima sequenza narrativa con il particolare accento su una precisazione (v. 24) che a prima vista risulterebbe del tutto superflua, ovvero la sottolineatura della bontà del seme seminato perché fruttificasse grano: «Non hai seminato del buon seme nel tuo campo?»

(v. 27). La parabola del seminatore, ad esempio, non riporta alcuna spiegazione o specificazione sul seme usato per seminare.32 Si nota come il dialogo occupa la maggior parte del racconto. Nella drammatizzazione emerge distintamente la decisione di rinviare la separazione alla mietitura, prospettata mediante i verbi al futuro. Il testo può dunque essere considerato un dramma che si articola in tre atti: semina, crescita e mietitura, ciclo che si rompe soltanto al momento della separazione definitiva.33

I.3 Analisi esegetica

Nel vivo dell’analisi testuale, volgiamo ora la nostra attenzione ai versetti del testo per una lettura esegetica:

v. 24: Un’altra parabola espose loro così… introduzione che rivela particolarità linguistiche matteane, sebbene sia la parabola che la spiegazione rivelano incoerenze interne; homoiòthe = fu paragonato, aoristo; un uomo: poi risulterà essere un padrone con «servi» (v. 27) scandalizzati che ci siano le erbacce; seme buono: precisazione del tutto superflua, a chi verrebbe in mente di seminare del seme non buono? già si prelude ad un seme non buono…

v. 25: mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico… il nemico giunge di nascosto, si infiltra per guastare la semina. Il male non è originario ma parassitario, qualcosa di subdolo e di inavvertito.34 Risulta sorprendente il sonno degli uomini, elemento che a differenza di altri non verrà ripreso nella seguente esplicita spiegazione;

v. 26: apparvero anche le zizzanie… semplice narrazione del racconto sino alla maturazione della messe; il male non appare subito, anzi all’inizio appare come buono e desiderabile (cfr. Gen 3, 6): i botanici spiegano che la pianta della zizzania sul nascere ha la particolarità di essere difficilmente distinguibile dal grano sino alla formazione della spiga, per la quale apparrebbe evidente la differenza;

v. 27: Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? i vv. 27-28 introducono i servi che interrogano il padrone (oikodespòtes e non ànthrōpos) sull’origine della zizzania; questo versetto introduce immediatamente la denuncia da parte dei servi di aver rilevato la zizzania in mezzo al grano;

questa espressione si ricollega al v. 24b (kalòn spèrma) e la risposta del padrone si ricollega al v. 25 (ò ektròs diventato adesso ektròs ànthrōpos);

vv. 28-29-30a: i vv. 28b-30a si pongono in contrasto con quanto descritto al v. 26 e pongono la questione al presente se la zizzania debba essere raccolta prima della mietitura; al v. 28 abbiamo il verbo syllègo = raccogliere, riunire. Al v. 29 il padrone usa lo stesso verbo, ma seguito da ekrizoo = estirpare. Il v. 30b illustra infine ciò che capiterà alla zizzania e al grano al momento del raccolto, distinguendo dunque nella parabola tre segmenti diversi, ovvero: lo sviluppo fondamentale che va dal periodo della semina (v. 24b) mediante quello della maturazione (v. 26) fino a quello del raccolto (v.

30b); la semina del nemico (v. 25); la questione dello sradicamento della zizzania e risposta negativa del padrone (vv. 28b-30a).

La sezione della spiegazione (vv. 36-43) fino al v. 39 consiste in una spiegazione sistematico-allegorica di ogni elemento della parabola, quasi formante un piccolo glossario di interpretazione, mentre fino al v. 43 ci si sofferma sul destino dei peccatori e dei giusti nell’ultimo giorno rappresentato dalla mietitura. Ciò che colpisce in questa sezione, come meglio analizzeremo in seguito, riguarda la mancata relazione con i significati profondi della parabola, oltre a locuzioni che sul piano linguistico sarebbero inverosimilmente utilizzate da Gesù. È il caso di ò kósmos (= il mondo) al v. 38: come hanno dimostrato ricerche di Dalman, l’equivalente ‘alema nel campo semantico ha potuto possedere tale

32 Cfr. M. GOURGUES, 32.

33 Cfr. S. GRASSO,Il vangelo di Matteo, Roma 1995, 347.

34 Cfr. S. FAUSTI,Una comunità legge il vangelo di Matteo, 264.

accezione nell’epoca precristiana. Stesso discorso per ò poneròs (= il diavolo) sempre al v. 38 e per basileìa (= Regno di Dio): l’aramaico biša non è attestato come appellativo del diavolo, né tantomento malkhuth senza aggiunte indica un governo al di fuori di quello terreno.35 Diverse particolarità esegetiche non si inseriscono nella predicazione di Gesù. Da questo si è anche giunti alla conclusione che l’interpretazione della parabola della zizzania tra il grano proviene dallo stesso Matteo. Potremmo concludere questa nostra sezione esegetica constatando che ciò non sarebbe del tutto inverosimile, a maggior ragione se osservassimo più profondamente le intenzioni dell’evangelista: Matteo, in una prima intenzione di utilizzare la parabola per invitare gli impazienti alla pazienza, dal momento che non sta a noi decidere chi è buon grano e chi invece zizzania, e con questa alla perseveranza nel continuo e proficuo adoperarsi per il Regno di Dio, avrebbe in un secondo momento utilizzato la parabola per scuotere gli animi da una falsa sicurezza, a servizio della parenesi.36

I.4 Messaggi principali

Il testo di Mt 13, 24-30 si presenta come un testo alquanto breve ma ricco di significati. La contemporanea crescita del grano e della zizzania, di contro a chi avrebbe proposto lo sradicamento di quest’ultima, bene starebbe a rappresentare la convivenza fra la proclamazione della Parola di Dio e gli ostacoli nell’incarnarla per farla fruttificare nella propria vita. Il male, zizzania infestante e velenosa, si insinua nella vita dei figli di Dio, e dunque nella comunità, generando un vero e proprio campo di battaglia nel quale viene a generarsi una netta dualità, quale bene e male. Questa parabola sottolinea il mistero della convivenza nel regno dei cieli dei buoni e dei cattivi.37 Dunque il desiderio di una comunità perfetta, pura e senza difetti ci spinge ad operare affinché vengano sradicate le zizzanie. Da questo emerge un grande messaggio: la Chiesa non è fatta di persone pure, senza peccato, nella Chiesa c’è e continuerà ad esserci posto per tutti. Il male non è per la sconfitta, ma per l’esaltazione del bene, collaborando al suo pieno trionfo. Il Padre fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5, 45-48), l’umanità è racchiusa nella disobbedienza perché Dio vuole usare a tutti misericordia (Rm 11, 32), e dove abbonda il peccato, là sovrabbonda la grazia (Rm 5, 20). Le vie del Signore rimangono imperscrutabili ed inaccessibili (cfr. Rm 11, 33), Dio lascia le zizzanie perché possiamo conoscerlo ed amarlo come grazia, e perché possiamo conformarci a lui, supremo esempio di amore gratuito. Il bene frammisto al male rappresenta il popolo santo e peccatore nello stesso tempo, senza possibilità di soluzione.

Passando ora ai messaggi teologici ancora più immediati veicolati dalla parabola del grano e della zizzania, che peraltro si trovano soltanto nel vangelo di Matteo, questi consisterebbero più che in una convivenza, in una separazione netta fra bene e male, che si rende evidente sia nella domanda dei servi riguardo alla possibilità di sradicare immediatamente la zizzania all’atto della germinazione dei semi, sia nell’epilogo in sé della parabola. In questa visione la separazione tra bene e male, nonostante sia attesa dall’ambiente giudaico-apocalittico, diventa un atto escatologico che deve essere atteso con pazienza e perseveranza.38 L’attenzione si pone dunque esclusivamente sulla zizzania seminata per contaminare il Regno di Dio, pericolo che permarrà lungo tutto il corso della storia sino all’ultimo giorno, al quale la parabola sembra fare esplicito riferimento. Ma anche nella visione di voler sradicare immediatamente la zizzania dal campo il divieto categorico della separazione sul momento sembra provenire da una saggezza particolarmente profonda basata sull’esperienza: l’estrazione della zizzania comprometterebbe anche la buona crescita del grano per via di un involontario quanto inevitabile sradicamento anche di quest’ultimo. La separazione delle due erbe avverrebbe proficuamente soltanto dopo la mietitura, dal momento che non andrebbe perduta la minima quantità di grano e la zizzania verrebbe interamente separata e distrutta. È facile evincere sotto questo punto di vista come il

35 Cfr. J. JEREMIAS, 98.

36 Cfr. Ibidem.

37 Cfr. A. LANCELLOTTI, Matteo (NVB, 33), Roma 1975, 193.

38 Cfr. S. GRASSO, 348.

discernimento è in prospettiva anche di una contrapposizione che si esplica poi nelle figure del fuoco e del granaio. Conseguenti messaggi teologici derivanti dalla zizzania risultano essere la straordinaria fiducia del padrone nel valore della sua semente, dal momento che egli sa che la zizzania non avrà il sopravvento39, e il risultato dell’azione contrastante del nemico nei confronti di Dio, che si rivela nella pienezza della missione di Gesù: la storia è l’alveo della coesistenza del bene e del male; nel tempo intercorrente fra il peccato originale e l’ultimo giorno non è possibile operare alcuna distinzione, opera riservata esclusivamente a Dio; tutto questo potrebbe concretizzarsi in una esortazione alla radicale sequela di Gesù mediante la conformazione della propria vita ai principi del vangelo, e dunque agli insegnamenti del Maestro.

II. Analisi teologica

II.1 Temi teologici nel contesto della parabola e dell’intero vangelo

Partendo dai presupposti del significato originale della parabola posti nel paragrafo riguardante il contesto, potremo per il momento mettere da parte la spiegazione e l’interpretazione che risultano immediatamente evidenti per cercare di ravvisare temi teologici nella situazione storica reale, in funzione della quale Gesù avrebbe pronunciato la parabola stessa.

Secondo alcuni studiosi sarebbe inverosimile una certa relazione con riferimenti più o meno espliciti ad una certa situazione ecclesiastica o escatologica, dal momento che Matteo, al contrario del parallelo in Marco, insiste oltremodo sull’aspetto dello sforzo umano, senza poter individuare elementi che riflettano con sicurezza una problematica della situazione ecclesiale in cui poter riconoscere le preoccupazioni dell’evangelista. Per cui in questo caso sarebbe necessario interpretare la parabola diversamente. Ma questo crea, sotto qualsiasi punto di vista, non poche difficoltà, prima fra tutte la considerazione di come poter ritrovare il senso e il quadro originale, se Matteo ha ricevuto la parabola dalla tradizione.40

Ad ogni modo un tema teologico universale che prescinde dai contesti e dalle culture riguarda la relazione esistente tra il Regno di Dio e la fede dell’uomo, che viene chiamato a fare parte di questo Regno. Proprio questa chiamata, essendo tale, pone in essere il grande dilemma del bene e del male con una conseguente negatività seppur parziale, rappresentata dalla seminagione di un seme concorrente contrastante il buon seme. Ma è proprio in questo ambito che si esplica il tema del Regno di Dio, il quale nella vita della fede dell’uomo non si manifesta mediante risultati mirabilmente e proficuamente positivi necessitando, non in ultimo, della missione di Gesù nella storia, portata poi avanti nel tempo e nello spazio della storia mediante la successione apostolica. In questo senso sarebbe possibile e auspicabile una lettura ecclesiale della parabola, sempre in riferimento al tema del Regno di Dio.

Questo infonderebbe coraggio e speranza seppure siano presenti le forze del peccato e del male, anche all’interno dell’umano prolungamento all’azione di Dio nel corso della storia, che di per sé sarebbe umanamente incomprensibile, ed inoltre svaluterebbe in una sorta di scandalo e di delusione l’avvento del Regno di Dio che in realtà non avrebbe mai cambiato nulla.

Di contro, un altro fondamentale tema teologico ravvisabile nella parabola e ancora meglio nell’intero vangelo di Matteo è la presenza di un certo ottimismo riguardo all’avvenire.41 Sempre cercando di risalire al contesto originario, la parabola testimonia infatti una duplice reazione di Gesù. Constatato il male che sembra governare la storia, occorre essere fiduciosi, non in ultimo proprio perché è anche questo il modo per poter verificare l’autenticità della propria fiducia e quindi della fede in Dio, che non è un patto commerciale, ma che si esplica nell’amare e nel donarsi comunque al fratello, anche quando questo sembra essere tanto irrilevante quanto una goccia nell’oceano. Uno semina, poi è la sapienza

39 Cfr. J. RADERMAKERS, Lettura pastorale del vangelo di Matteo, Bologna 1974, 221.

40 Cfr. M. GOURGUES,36-37.

41 Cfr. M. GOURGUES, 38.

dello stesso Vangelo che ci insegna che è il Signore che moltiplica. È proprio questo tipo di fiducia incontrollata ed incondizionata che possiamo ravvisare nelle poche righe del racconto della parabola, una fiducia che si tramuta in abbandono, come Cristo ha sempre fatto, finanche all’agonia nel Getsemani.

Importante è anche valutare la situazione ambigua dell’ora presente: «Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura» (Mt 13, 30). Alcuni studiosi ravviserebbero nella domanda posta dai servi «Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?» una certa tendenza dei discepoli ad escludere dalla comunità le resistenze, senza per questo creare appositamente una comunità di puri separata dagli altri.42 Di questo avremmo una buona quantità di esempi in tutta la tradizione evangelica, ad esempio quando Giacomo e Giovanni vorrebbero punire l’opposizione incontrata da Gesù in Samaria: «Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?» (Lc 9, 54), o quando Gesù ammonisce: «Come puoi dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio…» (Mt 7, 4 // Lc 6, 42), o pensando alle esortazioni di Gesù di amare i propri nemici e i propri persecutori, o anche agli innumerevoli atteggiamenti di Gesù nei confronti dei peccatori… su questa considerazione globale dell’intero vangelo la reazione della parabola potrebbe anche essere netta: ora è il tempo della missione, questa è rivolta a tutti senza eccezioni.43 Nella missione di ogni cristiano è fondamentale anzitutto il non anteporre il proprio giudizio a quello di Dio, e dunque l’evitare di fare qualsiasi tipo di distinzione fra gli uomini, senza fare una netta distinzione fra il buono ed il malvagio; sarà Dio nella sua onniscienza ad occuparsi di tali distinzioni; a noi è lasciato solo di perdonare «fino a settanta volte

Importante è anche valutare la situazione ambigua dell’ora presente: «Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura» (Mt 13, 30). Alcuni studiosi ravviserebbero nella domanda posta dai servi «Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?» una certa tendenza dei discepoli ad escludere dalla comunità le resistenze, senza per questo creare appositamente una comunità di puri separata dagli altri.42 Di questo avremmo una buona quantità di esempi in tutta la tradizione evangelica, ad esempio quando Giacomo e Giovanni vorrebbero punire l’opposizione incontrata da Gesù in Samaria: «Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?» (Lc 9, 54), o quando Gesù ammonisce: «Come puoi dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio…» (Mt 7, 4 // Lc 6, 42), o pensando alle esortazioni di Gesù di amare i propri nemici e i propri persecutori, o anche agli innumerevoli atteggiamenti di Gesù nei confronti dei peccatori… su questa considerazione globale dell’intero vangelo la reazione della parabola potrebbe anche essere netta: ora è il tempo della missione, questa è rivolta a tutti senza eccezioni.43 Nella missione di ogni cristiano è fondamentale anzitutto il non anteporre il proprio giudizio a quello di Dio, e dunque l’evitare di fare qualsiasi tipo di distinzione fra gli uomini, senza fare una netta distinzione fra il buono ed il malvagio; sarà Dio nella sua onniscienza ad occuparsi di tali distinzioni; a noi è lasciato solo di perdonare «fino a settanta volte