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LE PARABOLE DI GESÙ. GIUSEPPE DE VIRGILIO - ANGELA GIONTI. con postfazione di BRUNO SCHETTINI

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(2)

G IUSEPPE D E V IRGILIO - A NGELA G IONTI

L E PARABOLE DI G ESÙ .

ITINERARI: ESEGETICO-ESISTENZIALE; PEDAGOGICO-DIDATTICO

con postfazione di B

RUNO

S

CHETTINI

2007

(3)

e;rcetai w[ra o[te ouvke,ti evn paroimi,aij lalh,sw u`mi/n(

avlla. parrhsi,a| peri. tou/ patro.j avpaggelw/ u`mi/n

…verrà l'ora in cui non vi parlerò più in similitudini, apertamente vi parlerò del Padre.

(Gv 16,25)

__________________________________________________________________________________________

Volume elaborato sulle indicazioni e riflessioni tenutesi nel corso della VIII Settimana Biblica promossa dall’Associazione Biblica «San Vitaliano» di Caserta

CASERTA, Eremo di San Vitaliano 5 – 9 luglio 2004 e del seminario biblico svolto dal prof. G. De Virgilio presso L’Istituto Teologico Abruzzese-Molisano di Chieti.

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ABBREVIAZIONI E SIGLE

ABBREVIAZIONI

AA.VV. Autori Vari Art. cit. Articolo citato

Cap. Capitolo

Col/coll. Colonna/e

Cfr. Confronta

Ed./edd. Editore/i

Ebr. Ebraico

Ibid. Ibidem

n./nn. Numero/i

op. cit. Opera citata

p./pp. Pagina/e

s./ss. Seguente/i

v./vv. Versetto/i

vol./voll. Volume/i

SIGLE

AT Antico Testamento

CCC Catechismo della Chiesa Cattolica

NT Nuovo Testamento

NPG Note di Pastorale Giovanile

Pq. Aboth Pirqué Aboth – Detti dei Padri

PL Patrologia Latina

PG Patrologia Greca

PSV Parola Spirito e Vita

RivB Rivista Biblica Italiana

SB Studi Biblici

SRB Supplementi Rivista Biblica

SBBF Società Biblica Britannica e Forestiera

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INTRODUZIONE

Mentre stiamo vivendo nel contesto della «nuova evangelizzazione» la ricerca delle forme e delle modalità della predicazione evangelica all’uomo contemporaneo, intendiamo riscoprire il valore e la forza delle parabole evangeliche, che costituiscono senz’altro uno dei modi più vivaci e diretti che Gesù ha usato per annunciare il Regno di Dio e il suo mistero.

Il tema affrontato in questa pubblicazione risulta quindi di attualità, sia sul versante della ricerca biblica che su quello della riflessione pastorale. E’ facilmente rilevabile come nei vangeli sinottici lo spazio riservato alle parabole sia di tutto rilievo e giustifichi una particolare attenzione da parte nostra a questa prospettiva feconda aperta da Gesù e rielaborata nelle testimonianze evangeliche.

Numerosi autori hanno riconosciuto che l’uso del metodo parabolico sia stato scelto da Gesù per veicolare in modo avvincente e con un linguaggio efficace la dinamica del «regno dei cieli» e la situazione spirituale dell’uomo e del suo bisogno di Dio. Se questo dato biblico appare inconfutabile e straordinario, ancora più significativa rappresenta la strategia comunicativa propria della forma parabolica. La parabola, oggetto di svariati studi, è comunque una similitudine sviluppata in un racconto, che coinvolge pienamente il lettore in una ricerca personale e irripetibile del «senso misterico» del trascendente. Ci troviamo di fronte ad una ricca testimonianza di evangelizzazione nella quale si coglie il contenuto e il metodo dell’annuncio e della strategia del messaggio cristiano. La tradizione dei detti di Gesù, mediata nella rilettura delle prime comunità cristiane, consegna oggi ai lettori un tesoro di grande rilevanza per conoscere ed approfondire la persona di Gesù e il senso della sua testimonianza.

Nel riflettere sulla realtà del metodo parabolico e sulle sue ricadute esistenziali, didattiche e pastorali, vanno tenuti in debito conto i risultati della ricerca scientifica e il cammino fatto soprattutto in quest’ultimo secolo, alla luce degli sviluppi legati all’approccio storico-critico del testo e segnatamente alla prospettiva narratologica dell’ermeneutica biblica.

Senza la pretesa di offrire nuove scoperte scientifiche e di esaurire la conoscenza di questo ambito tematico, il nostro lavoro consisterà nel rileggere una serie di parabole evangeliche secondo l’approccio scientifico e di interrogarci sul loro messaggio sapienziale e sulla loro attualizzazione.

Protagonisti di questo «incontro» sono i partecipanti alla VIII Settimana Biblica svolta presso l’Eremo di San Vitaliano a Caserta, i quali hanno condiviso la fatica dell’ascolto e della condivisione nei lavori di gruppo. Guidati dalla prof.sa A. Gionti, la riflessione biblica proposta nelle lezioni del mattino, è stata poi rielaborata mediante i lavori in gruppo svolti nel pomeriggio. Il lavoro mira ad offrire a quanti operano nel campo scolastico e pastorale, un sussidio utile per riproporre la strada evangelica della parabola come «profezia» di annuncio della vita e della felicità dell’uomo.

Per l’analisi di ciascuna parabola articoleremo lo studio in tre parti: la panoramica contestuale della parabola (studio del contesto) che comprende l’esplorazione del testo (analisi del testo); le risonanze teologiche che il testo offre e le applicazioni pedagogico-didattiche (messaggi, attualizzazione, applicazione). Una riflessione sintetica sul metodo narrativo è proposta nella postfazione dal Prof. B. Schettini, a cui va la nostra gratitudine per il prezioso contributo offerto.

Intendiamo proporre la riflessione sulle parabole tenendo conto delle tradizioni sinottiche che soggiacciono alla formazione dei testi evangelici. Diamo qui di seguito un quadro generale delle parabole evangeliche, per fornire al lettore una visione complessiva del materiale parabolico reperibile nei Sinottici1.

Giuseppe De Virgilio – Angela Gionti

1 Cfr. M. GOURGUES, Le parabole di Gesù in Marco e Matteo. Dalla sorgente alla foce, Leumann (TO) 2002, 5-6.

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QUADRO SINOTTICO DELLE PARABOLE EVANGELICHE

Parabole 1. Il seminatore

2. Il granello di senapa 3. I vignaioli omicidi 4. Il fico che germoglia 5. I due contendenti 6. le due case

7. i fanciulli sulla piazza 8. il lievito

9. la pecora perduta 10. gli invitati alle nozze 11. lo scassinatore

12. il maggiordomo buono /cattivo 13. i talenti/le mine

14. il seme che cresce da sé 15. il portiere vigilante 16. la zizzania

17. il tesoro nel campo 18. la perla preziosa 19. la rete

20. il debitore spietato 21. gli operai della vigna 22. i due figli

23. le dieci vergini 24. il giudizio universale 25. i due debitori

26. il buon samaritano 27. l’amico importuno 28. il ricco insensato 29. i servitori vigilanti 30. il fico improduttivo 31. la porta chiusa

32. il costruttore di una torre 33. il re guerriero

34. la dracma perduta 35. il padre misericordioso 36. l’amministratore astuto 37. Lazzaro e il ricco epulone 38. il padrone e il servo 39. il giudice e la vedova 40. il fariseo e il pubblicano

Marco 4,3-8 4,30-32 12,1-9 13,28-29

4,26-29 13,34-36

Matteo 13,3-8 13,31-32 21,33-41 24,32-33 5,25-26 7,24-27 11,16-17 13,33 18,12-13 22,1-14 24,43 24,45-51 25,14-30

13,24-30 13,44 13,45-46 13,47-48 18,23-34 20,1-15 21,28-31 25,1-12 25,31-46

Luca 8,4-8 13,18-19 20,9-16 21,29-31 12,58-59 6,47-49 7,31-32 13,20-21 15,3-7 14,16-24 12,39 12,42-46 19,12-27

7,41-43 10,30-37 11,5-8 12,16-20 12,36-38 13,6-9 13,25-27 14,28-30 14,31-32 15,8-10 15,11-32 16,1-8 16,19-31 17,7-10 18,1-7 18,9-14

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INTRODUZIONE

«I

L METODO PARABOLICO DI

G

ESÙ

E LA SUA IMPORTANZA PEDAGOGICO

-

ESISTENZIALE

»

1. Il metodo parabolico: un’evidenza narrativa

- L’impiego del metodo parabolico è conosciuto nelle scritture ebraiche (AT) e nella letteratura intertestamentaria e rabbinica. I vangeli tuttavia presentano una concentrazione singolare del metodo.

- Il metodo parabolico è la strada scelta da Gesù per comunicare ai suoi interlocutori il mistero del Regno di Dio, la dinamica della fede e per rivelare se stesso. [Cf. Mc 4,33-34: Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.] Nel contesto della sua passione [Gv 16,25] Gesù afferma invece che «verrà l’ora in cui egli non parlerà più in similitudini» (en paroimiais), ma con parresia egli parlerà del Padre»

- Possiamo interrogaci se la «strada parabolica» sia una forma concreta con cui «comunicare»

l’esperienza misteriosa della fede all’uomo di oggi (cf. i recenti documenti del magistero pontificio e dell’episcopato italiano; il dibattito sul catecumenato e sul progetto catechistico).

- Nei vangeli sinottici lo spazio riservato alle parabole è di tutto rispetto, non solo per la quantità del materiale (tra le 30 e 40 parabole), ma soprattutto per la qualità della rivelazione di Gesù e del Regno.

Fusco ha definito le parabole come la «frontiera dell’evangelo», con cui Gesù continua a parlare agli uomini per farsi capire, ma anche per farsi carico delle loro domande e per assumere la ricchezza del messaggio di Dio.

- Ci sono molteplici modi di dire Dio e la verità della vita. Nei testi evangelici troviamo forme (generi) diversificati: il kerigma (annuncio di Cristo morto e risorto), i discorsi (elaborati secondo stili retorici che risentono del linguaggio semitico), i racconti dei miracoli (che costituiscono episodi riletti nella luce della fede pasquale), i detti sapienziali (che riprendono antiche forme di comunicazione popolare, proverbi e similitudini tratte dalla vita) e le parabole. Leggendo le molte parabole presenti nei vangeli canonici (secondo le tradizioni letterarie sinottiche) si possono individuare alcuni principi semplici che ci aiutano ad entrare nella strategia comunicativa adottata da Gesù in una forma sublime ed imparagonabile con nessun altro protagonista dell’antichità.

- Dobbiamo affrontare la nostra settimana biblica avendo presente una doppia prospettiva: a) l’interpretazione esegetico-teologica della parabola nei vangeli; b) l’attualità della parabola oggi, per comprendersi e per comprendere e annunciare il mistero del Regno. Una profonda lettura del testo non basta se non si passa alla vita e non ci si lascia stupire dal messaggio evangelico. Scrive B. Maggioni:

Occorre confrontarsi con la parabola, specchiarsi in essa, perché il suo scopo è quello di risvegliare la nostra coscienza. La regola fondamentale è di lasciarsi ancora sorprendere. Solo così si può capire la parabola».

2. Cosa si intende per parabola?

Il dato semantico: para-ballein (gettare accanto, presso…), indica l’avvicinamento di due realtà, di cui una è in relazione con l’altra, allo scopo di permettere una ricezione unitaria. Da questa accezione possiamo ricavare alcuni significati insiti nella «parabola»:

ü la parabola non significa solo qualcosa in sé (un racconto bello, edificante, significativo moralmente) ma «accosta» il suo racconto ad una «realtà» diversa dal contenuto narrato; dunque una parabola non può essere significante che in virtù della sua relazione ad un suo «oltre»;

ü la parabola coglie il suo obiettivo quando l’accostamento tra i suoi due poli (due atteggiamenti antitetici descritti) produce nel lettore un «salto», cioè permette di passare dalla realtà raccontata alla realtà «altra» a cui il racconto fa riferimento;

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ü per capire bene il senso della parabola allora è importante cogliere l’occasione e il contesto in cui la parabola è collocata (talvolta è detto dallo stesso evangelista: cf. Lc 19,11; Lc 15,1-2). E’ anche possibile che le stesse parabole vengano poste da due evangelisti in contesti diversi (cf. Lc 15,4-7; Mt 18,12-14).

Definizione (V. Fusco):

la parabola è un racconto fittizio utilizzato in funzione dia una strategia dialogico-argomentativa che opera in due momenti: dapprima sollecitando, in base alla logica interna del racconto, una certa valutazione e trasferendola poi, in forza di un’analogia di struttura, alla realtà intesa del parabolista.

3. Le caratteristiche

Per capire che cosa «non è» una parabola, dobbiamo osservare le costanti delle parabole evangeliche. Si discute ampiamente sul numero delle parabole dei vangeli perché non tutti gli autori assumono gli stessi criteri di individuazione. Seguiamo un percorso induttivo, senza grandi pretese:

- una caratteristica comune: nelle parabole si fa attenzione ai personaggi, agli atteggiamenti, ai modi di fare alle scelte e alle azioni. Si tratta sempre di qualcosa che si fa, di un movimento, di una concretezza (seminare, lavorare, considerare il pane che lievita. il mercante che cerca, il figlio che parte, gli uomini che pregano al tempio, un giudice che è annoiato dall’insistenza di una vedova, un poveretto derubato…)

- Ci viene chiesto, più che riflettere su idee e categorie teoriche, di fermarci a considerare «gli atteggiamenti dei personaggi», che sono vere chiavi di lettura della relazione con un «oltre». Anche l’identificazione con la realtà: esempio «il regno dei cieli è simile…» non vuol significare che la parabola riveli tutta la realtà, ma essa invita il lettore ad entrare con un paragone, in un mistero che si avvicina all’oltre, senza definirlo né limitarlo.

Possiamo individuare tre macro-gruppi di parabole:

1. le parabole dei comportamenti e delle decisioni degli uomini:

- buon samaritano (Lc 10,30-37), ricco insensato (Lc 12,16-20), Lazzaro e il ricco epulone (Lc 16,9.31), il fariseo e il pubblicano (Lc 18,9-14),

- il tesoro nascosto (Mt 13), la perla preziosa (Mt 13), l’uomo che calcola prima di costruire (Lc 14), l’amministratore scaltro (Lc 16).

2. le parabole che presentano le situazioni che intendono far comprendere il comportamento di Dio l’amico importuno (Lc 11) il giudice iniquo (Lc 18) il servo spietato (Mt 18), l’atteggiamento del padre verso i figli (Mt 7; Lc 11).

3. Le parabole che si riferiscono alle situazioni vissute da Gesù e ci spiegano il suo modo di pensare Vanno qui distinte: a) le parabole dalle «due situazioni fondamentali» (i due debitori: Lc 7; la pecora smarrita: Lc 15; la dramma perduta: Lc 15; il figlio prodigo: Lc 15; gli operai dell’ultima ora: Mt 20; b) le situazioni createsi con la venuta di Gesù: il seminatore e il seme che cresce (Mc 4), il granello di senapa (Mc 4); la zizzania (Mt 13) il lievito (Lc 13) il fico (Mc 13; Lc 13).

4. Il funzionamento della parabola

- La parabola si presenta come un racconto sapienziale, tratto dalla vita quotidiana, che mira a far conoscere una realtà invisibile. Essa si esprime sotto forma di «similitudine», ampliata in una storia.

Per capire il funzionamento è utile il raffronto con l’allegoria.

- La parabola non è una allegoria. L’allegoria è una lettura simbolica della realtà, costruita mediante un raffronto evocativo tra due livelli già conosciuti (esempio: la storia dell’infedeltà di Israele in Ez 16;

(9)

Gesù buon pastore che dà la vita per il gregge: Gv 10). L’allegoria funziona attraverso una diretta corrispondenza simbolica tra l’immagine e la realtà, in cui si sovrappongono intenzionalmente e costantemente le immagini e la realtà prefigurata.

- Nel caso della parabola il narratore cerca di creare un racconto, alla luce del quale il lettore può scorgere gli aspetti della realtà che va oltre il racconto. Attenzione: non si tratta di un particolare nel racconto, ma dell’intero messaggio del racconto (il seme, il padre misericordioso, il fariseo/pubblicano;

ecc.). Non bisogna fermarsi ai dettagli, ma dai dettagli bisogna interpretare la totalità della narrazione.

Ora il punto strutturale in cui il racconto (primo elemento di comparazione) converge con la realtà (secondo elemento di comparazione) è detto terzo elemento di comparazione.

- Si vuol dire che ogni parabola possiede tre elementi: il racconto / la realtà prefigurata / il lettore che coglie il nesso dei due precedenti elementi. Il lettore non è solo un ascoltatore, ma diventa l’interprete primario della parabola ed è chiamato ad entrare nella dinamica spirituale del racconto.

- La parabola è paragonabile alla nube: dice una presenza, ma lascia velato il mistero. Essa ha bisogno del lettore/ascoltatore che esce fuori da se stesso e si mette a «cercare». Ecco perché la parabola rimane

«aperta» di fronte al lettore/ascoltatore, creativa, dialettica, lasciando al lettore la spiegazione (non abbiamo nel vangelo spiegazioni delle parabole, che solo in due casi, con delle allegorizzazioni tipicamente redazionali: il seme e il grano e la zizzania).

- esempio: la parabola della donna e le 10 dracme (Lc 15,8-10)

Primo elemento di comparazione (racconto)

Secondo elemento di comparazione (realtà prefigurata)

Secondo elemento di comparazione (lettore)

5. L’interpretazione antica delle parabole

- Dalla patristica al 1800 l’interpretazione delle parabole è stata dominata dall’allegoresi, con una prevalente motivazione morale ed esortativa. Frequentemente gli autori antichi tentavano di interpretare le parabole evidenziando i singoli significati come aspetti autonomi che avevano un messaggio allegorico per i credenti, mentre si attribuiva poco valore alla dinamica dell’intero racconto e del suo contesto evangelico. Questo metodo era coerente con l’usuale lettura spiritualistica presente nell’antichità cristiana (famosa rimane l’interpretazione allegorica di Sant’Agostino a Lc 10,30-37, che legge la storia della salvezza nel samaritano-Cristo).

- La svolta si ha alla fine del 1800 con A. Jülicher che studia il meccanismo interpretativo del racconto ed intende la parabola come un paragone prolungato, che si appoggia un un «punto di forza» e che apre all’interpretazione del lettore. Alcune decenni dopo C. H. Dodd arricchisce il metodo dello studioso

8 O quale donna, se ha dieci dracme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? 9 E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta.

10 Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Il punto di vista del lettore che è chiamato a interpretare il messaggio per se stesso!

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tedesco in chiave escatologica. J. Jeremias ha maturato ulteriormente il percorso spostando l’accento dall’escatologia alla cristologia. Nella stessa prospettiva si è mosso J. Dupont. Al contrario si pongono alcuni autori americani )O. Via. E.W.Funk, J. D. Crossan).

- Alla luce dei nuovi metodi letterari e retorici, lo studio delle parabole ha conosciuto in questi ultimi 30 anni impressionanti sviluppi (E. Linnemann, E. Jungle, P. Picoeur, H. Weder, V. Fusco). La parabola costituisce un racconto che fa corpo con il mistero del Regno, l’unico linguaggio possibile che riesce a fondere l’inesprimibile con la realtà umana. Si riprende la concezione della metafora antica e si attribuisce una nuova prospettiva di senso. Non si tratta di un semplice paragone, ma di una forma unica che «mette in cammino» il lettore e lo coinvolge in una ricerca personale, attraverso un linguaggio comune.

6. La questione pastorale

Quale approccio pastorale, catechistico e didattico alle parabole ci viene chiesto di fare oggi?

- Il CCC (n. 546) riferisce del metodo parabolico di Gesù. Come vengono usate nei nostri strumenti catechistici? C. Bissoli in un suo contributo nota come nei catechismi vengono usati oltre una decina di parabole (anche riprese dall’AT). In alcuni casi le parabole sono ripetute in più punti (il buon samaritano, il giudizio universale?, ecc.). Il livello interpretativo offerto dai catechismi è duplice: si interpreta il testo in vista della vita cristiana e sacramentale dei ragazzi, come illustrazione (esempio) del comportamento di Dio e della risposta dell’uomo.

- C. M. Martini si interroga sul senso del parlare oggi in parabole ed afferma che Gesù ha seguito due finalità: a) introdurre gradualmente la gente nella trascendenza di Dio e del suo Regno; b) presentare se stesso e la sua vita come vera ed unica «parabola». Come conseguenza il metodo parabolico invita il credente alla lectio della Parola, cioè all’incontro con la Parola «dentro» il racconto. La parabola è un processo educativo che dalla vita ci permette di entrare ed accostare il dinamismo del mistero di Dio.

7. Approccio pedagogico-didattico

- La riflessione ha conseguenze nell’aspetto e pedagogico e didattico. Lo studio delle parabole va considerato come una delle più feconde strade dell’insegnamento e dell’incontro con la realtà religiosa.

Infatti il metodo parabolico permette:

a) di leggere un testo biblico secondo l’approccio esegetico (contesto, genere letterario, struttura, vocabolario, analisi teologica, messaggio);

b) cogliere nella narrazione le costanti universali del comportamento umano (amore, giustizia, sofferenza, onesta/disonestà, imprevisti della vita, conflitti, fiducia, ecc.) e di vedere come il processo di apprendimento nasce dall’esistenza dell’uomo stesso;

c) dal livello linguistico, la parabola aiuta il lettore a passare al livello esistenziale, mediante la relazione tra racconto e vita, lasciando aperta l’interpretazione del testo.

- Secondo l’esperienza di alcuni studiosi inglesi, vengono registrati sei aspetti limitativi dell’interpretazione della parabola nell’insegnamento didattico:

1. uniformità del concetto 2. interpretazione allegorica

3. separazione del significato dal segno

4. puro insegnamento dottrinale o etico o religioso 5. emarginazione della dimensione storica del racconto 6. incidenza primariamente cognitiva

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- E’ chiaro che la presentazione delle parabole deve tener conto di alcuni presupposti psico-pedagogici (ad esempio: i preadolescenti coglieranno alcuni aspetti del racconto, diversamente dai giovani o dagli adulti, ecc.)

- G. Baudler propone un itinerario fondato su tre poli:

a) insegnare la parabola significa incontrare la persona di Gesù in un momento preciso della sua missione storica e non solamente illustrare un messaggio di Gesù;

b) nelle parabole Gesù invita ad una fusione di esperienze, comune a lui e a noi oggi;

c) per raggiungere questo effetto Gesù utilizza due tipi di parabole: le parabole di evento (il seme, il lievito) che richiedono un’intensa meditazione e le parabole di azione (il samaritano, il servo spietato, ecc.) che vogliono rappresentare una situazione concreta, in chiave drammatica e scenica.

- In sintesi: l’approccio didattico implica una circolarità ermeneutica dal testo alla vita e dalla vita verso il Regno. Imparare a leggere la parabola significa imparare a guardarsi dentro, a guardarsi nel cuore e ad interpretare la propria storia in relazione al dinamismo del Regno.

8. Prospettive per l’utilizzazione didattico-pastorale

Vorrei tentare infine di rispondere a quattro ultime domande:

1. nel discorso pastorale quale obiettivo dare all’impiego delle parabole?

Æ in primo luogo la cristologia collegata all’antropologia;

2. si possono utilizzare oggi le parabole di Gesù prescindendo dalla sua storia?

Æ sarebbe molto limitativo e tendenzialmente ideologico staccare la parabola dal contesto della storia di Gesù e della narrazione evangelica;

3. oggi ha senso avvalersi della «forma enigmatica» nella catechesi e nella didattica?

Æ si sta riscoprendo sempre meglio il ruolo sapienziale della forma enigmatica, che genera la tensione del racconto e aiuta a porre la domanda nella ricerca della verità;

4. si possono creare oggi «nuove parabole» alla maniera di Gesù?

Æ si possono oggi valorizzare i linguaggi parabolici con buoni risultati. L’esempio è esteso alla letteratura rabbinica antica e recente (es.: M. Buber) ed applicato alla cinematografia e ad una serie di strumenti comunicativi.

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VANGELO SECONDO MATTEO

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I.

LA PARABOLA DELLE DUE COSTRUZIONI (Mt 7, 24-27)

Introduzione

La parabola di Mt 7,24-27 è contestualizzata alla fine del discorso della montagna (Mt 5-7) ed esorta il lettore (uditore) di concretizzare l’ascolto della parola del Signore, fondando la propria vita sulla

«roccia» che è Cristo. Gesù vuole sottolineare alla fine del discorso della montagna la serietà del cammino di fede che il credente è chiamato a compiere.

I. Analisi letteraria e teologica

La nostra parabola è definita con l’immagine delle «due costruizioni» (o case) ed appartiene alla fonte comune Q, in quanto appare presente alla fine del discorso delle «beatitudini», compiuto da Gesù sul monte (cf. Mt 5-7) o nella valle (cf. Lc 6). Lo studio della pericope seguirà l’analisi sintetica del contesto, la possibile struttura interna del testo e le sue articolazioni.

I.1 Contesto, struttura e articolazioni della parabola

Secondo Raymond E. Brown la parabola delle due costruzioni (o case) si inserirebbe nella prima parte del vangelo di Matteo: 3,1-7,29 denominata proclamazione del regno2. Questa prima parte si divide in due sezioni:

1. Narrazione: ministero di Giovanni Battista, battesimo di Gesù, le tentazioni, inizio del ministero galilaico (3,1-4,25);

2. Discorso: discorso della montagna (5,1-7,29).

Per quanto riguarda il discorso della montagna, di cui la nostra parabola fa da conclusione, possiamo individuare la seguente struttura3:

I) Mt 5,1-48 (statuto e compito dei discepoli) II) Mt 6,1-7,12 (nuovo stile di vita)

III) Mt 7,13-29 (veri e falsi discepoli).

A sua volta la terza sezione è articolata nelle seguenti unità4: 1. Le due vie, 7,13-14 (Lc 13,24);

2. Come riconoscere i falsi profeti, 7,15-20 (Lc 6, 43-44);

3. Criterio fondamentale: attuare la volontà del Padre celeste, 7,21-23 ( Lc 13,25-27);

4. Le due costruzioni, 7,24-27 ( Lc 6,47-49);

5. L’autorità di Gesù, 7,28-29.

Il discorso del monte si conclude con una serie di inviti ed esortazioni che ricordano ai discepoli l’urgenza di una scelta radicale e l’impegno ad attuare le istruzioni ricevute. L’orientamento pratico del discorso si avverte nella preponderanza del verbo “fare” (poiein) che ricorre ben undici volte nella sezione di Mt 7, (12) – 26, su un totale di ventidue volte del discorso intero. La prospettiva del giudizio divino, che determina la salvezza o la rovina dei discepoli, è richiamato con diverse immagini almeno tre volte: l'albero infruttuoso viene gettato nel fuoco (7,19), gli operatori di iniquità sono esclusi dal regno (7, 23), la casa costruita sulla sabbia è destinata ad una rovina totale (7, 27).

L’invito ad una scelta radicale è marcato dal parallelismo antitetico delle immagini abbinate: le due porte, stretta e larga; le due vie, spaziosa/angusta; molti/pochi; pecore e lupi; i due alberi,

2Cfr.R.E.BROWN,Introduzione al Nuovo Testamento, Brescia 2001, 253.

3 Cfr. R. FABRIS, Matteo, Roma 1982, 107.

4 Cfr. R. FABRIS, 182.

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buono/guasto; frutti buoni e cattivi; le due case; l'uomo saggio e stolto. Si può anche rilevare la gamma di immagini e metafore che sono mobilitate in questa parte finale del discorso che suona come serio avvertimento ed esortazione ai discepoli: alcune riprese dal mondo vegetale (alberi) e animale (pecore/lupi), altre dall'edilizia, la porta, la strada e le due costruzioni. All'interno di questa unità costituita dal clima spirituale e dall'orientamento tematico generale, risaltano le diverse unità nelle quali si articola il discorso.

I.2. Senso della narrazione e retrospettiva veterotestamentaria

L’intenzione pratica del primo evangelista può esprimersi questa volta con un pezzo che già nella tradizione concludeva la raccolta delle sentenze di Gesù. A sua volta questa duplice prospettiva di solidità felice o di caduta rovinosa si inserisce nella tradizione biblica a conclusione dell'alleanza, quando si annunciano le promesse di benedizione per quelli, che ne osservano gli impegni, e si comminano le minacce di maledizione per i trasgressori (cf. Dt 28; Lv 26; Gr 17,5-8). Anche il binomio «ascoltare» e «fare» richiama il contesto dell'alleanza, in cui si esortano quelli che vi si impegnano ad «ascoltare» (eb. shema',) e a «fare» (ebr. asha', cf. Lv 26, 14; Dt 28, 1-2). Ma ora nel discorso evangelico le parole di Gesù prendono il posto della legge o meglio sono le ultime parole del Signore, sulle quali si fonda l'alleanza per la felicità o la rovina di ogni uomo credente.

L 'impegno e la serietà nell'accogliere queste «parole» si misura dalla prassi. Solo chi le mette in pratica con perseveranza mostra di «dare ascolto». Questi è il vero discepolo «saggio» (phronimos) che merita l'elogio del suo Signore e alla fine l'accoglienza nel regno (cf. Mt 24,45; 25,1-13). Stolto (mōros) invece è colui che, sul modello degli scribi e farisei ipocriti, separa il dire e il fare, le parole dalla loro attuazione. Il discepolo saggio e fedele, che mette a fondamento della sua esistenza la pratica assidua delle parole del Signore è assimilato a chi costruisce sulla roccia. La sua casa solidamente fondata può sfidare senza danno la stagione delle piogge e la tempesta improvvisa. Al contrario capita allo stolto che ascolta senza praticare; la sua esistenza è come una costruzione senza solido fondamento che viene spazzata via dalla tempesta. Il commento conclusivo al v. 27 «la rovina fu grande» (ē ptōsis autēs megalē), spezza l'involucro della parabola per lasciare intravedere in tutta la sua serietà le conseguenze di una fine irreparabile.5 È il giudizio di Dio che metterà allo scoperto la precarietà di un’esistenza cristiana fallimentare nonostante l’adesione di fede formale alle parole del Signore.

I.3. Contesto sinottico della parabola

Il discorso della montagna si conclude con una parabola, che riprende la prospettiva escatologica sul giudizio della precedente pericope e la ferma esigenza di mettere in pratica del v. 21.

Nella sua struttura parallela antitetica essa concorda con ampie parti del discorso. Matteo ha quasi del tutto messo in atto lo stile della ripetizione letterale, sia nel paragonare l'ascolto e l'esecuzione delle parole alla costruzione della casa, sia nella descrizione dell'irrompere della tempesta.6 L’antitesi è tra il fare e il non fare, e corrisponde alle contrapposizioni saggio/stolto, costruzione sulla roccia/

costruzione sulla sabbia, stabilità / crollo della casa. La terza contrapposizione è svolta più ampiamente. Nella descrizione della tempesta i cinque kai fanno l'effetto di cinque martellate (vv. 25 e 27). Quanto al genere letterario, abbiamo che fare con una parabola che narra di due destini particolari.

Anche l'uso dei verbi al passato è caratteristico. Non è il caso di parlare di una doppia parabola. I due destini non si possono separare - come è possibile invece nel caso della doppia parabola della pecora

5 La pioggia torrenziale che si scatena contro il muro intonacato dai falsi profeti è immagine del giudizio di Dio, Ez 13,9-14;

dr. 15 28,16-17; 30, 27-30. La tradizione giudaica sottolinea l'importanza di unire la pratica al sapere. In alcuni detti su questo tema si riscontrano alcune immagini contrapposte che ricordano quelle evangeliche (cf. Pq. Aboth, III, 17; RN 24).

6 Il parallelismo è interrotto in due punti: 1. Ostis Akuei… kai poiei del v. 24 corrisponde nel v. 26 una costruzione principale: o acuon… cai me poion ; 2. In luogo di prosepesan del v.25 abbiamo nel v. 27 prosecopsan te oikhia echeine. In alcuni manoscritti le differenze sono eliminate.

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perduta e della dramma perduta (Lc. 15.3 ss.) -, ma devono essere valutati insieme. L’oggetto del paragone è menzionato all'inizio della parabola, il che avviene di rado nelle parabole: «chiunque ascolta queste mie parole...». Perciò Jülicher osserva che propriamente si tratterebbe soltanto di una comparazione. La parabola è a sua volta attinta dalla fonte dei detti. Ricorrendo anche in Lc 6,47-49 alla fine del discorso della valle, si può supporre che già in Q essa concludesse il «discorso di ammaestramento dei discepoli». Entrambi gli evangelisti hanno inserito la parabola nel proprio contesto: Matteo parla di «queste mie parole» (riferendosi al discorso della montagna); Luca di

«chiunque venga a me» (forse con riferimento al sommario di 6,18). Differenze importanti sono le seguenti: la caratterizzazione dell'uomo come saggio o stolto, per la quale l'ipotesi migliore è che sia da attribuire alla redazione matteana. Mt. presenta questi concetti anche altrove.7 Lc. 6,47b: «vi mostrerò a chi è simile» potrebbe rimandare ad un'antica più lunga introduzione, abbreviata da Mt. per amore del parallelismo. La descrizione della costruzione della casa si sofferma in Luca nel primo caso sulla fatica del costruttore che si dà un gran daffare per le fondamenta, mentre nel secondo non si pongono fondamenta. Matteo invece parla soltanto della costruzione sulla roccia o sulla sabbia, ma presuppone anche che nel primo caso siano state poste delle fondamenta e nel secondo no, come mostra il v.25c.

Non dovremo quindi supporre che Matteo pensi ad una tecnica edilizia di tipo giudaico e Luca ad una di tipo ellenistico.

Potrebbe darsi benissimo che Matteo abbia reso più conciso il testo. Per lui era importante soprattutto la descrizione della tempesta. Mentre Lc. parla della piena e dello straripare (v. 48) e colloca la casa nella vicinanza di un fiume, Matteo menziona la pioggia, le alluvioni e i venti. Come ogni racconto, anche questo poteva essere sviluppato nell’una o nell'altra direzione. Per Matteo era importante l'ordine ripetuto delle parole. L 'influsso veterotestamentario è avvertibile in due contesti: i concetti di saggio/stolto sono sapienziali e ricorrono assai spesso in Prov. e Siracide, come coppia di opposti soprattutto in Siracide (cfr. la concordanza dei LXX, ad es. Sir 21,11- 28). L’ascolto e l'esecuzione delle parole che Dio pronuncia sono deuteronomici.

1.4 Il Testo di Mt 7,24-27

24Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che costruì la sua casa sulla roccia.

25 E cadde la pioggia e vennero le alluvioni e soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non crollò, perchè era fondata sopra la roccia.

26 E chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto che costruì la sua casa sulla sabbia.

27 E cadde la pioggia, e vennero le alluvioni e soffiarono i venti e cozzarono contro quella casa, ed essa crollò. E il suo crollo fu grande»8.

I.5. Analisi esegetica v. 24

Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che costruì la sua casa sulla roccia.

Il brano ha un'introduzione deduttiva: «Perciò chiunque...». In esso viene riassunto il significato di tutto il discorso. L’esempio positivo precede. Non soltanto l'ascolto di queste parole è decisivo; bisogna anche metterle in pratica. Anche nel Deuteronomio l'ascoltare e l'agire stanno ripetute volte insieme.

Così Dio dice a Mosè: «Raduna il popolo..., perchè ascoltino... e mettano in pratica tutte le parole di

7 Nei sinottici moros è usato solo da Mt. (7 volte); phronimos ricorre in Mt 7 volte, in Lc 2 volte e nessuna in Mc. La contrapposizione saggio/stolto si ha anche nella parabola di Mt 25,1 ss.

8 Seguiamo la traduzione di J.GNILKA, Il vangelo di Matteo, 413-415.

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questa legge» (L XX Dt 31,12; cfr. 4,1.6.10; 5,1.27; 6,3 ecc.). La conclusione del Deuteronomio si presta al confronto anche perché pure qui il popolo è posto di fronte alla decisione di scegliere tra vita e felicità o morte e infelicità (30,15). Come nella scena introduttiva del discorso della montagna e nelle antitesi ci si era riportati a Mosè, così anche qui si può supporre la stessa visuale. Al posto della legge è subentrata la parola di Cristo. Essa ha un significato di rilevanza salvifica: può salvare, ma il suo disprezzo porta rovina. Questo intende illustrare la parabola, di cui va notata la formula introduttiva enunciata al futuro (omoiothesetoi). Occorre prestare attenzione a ciò che avverrà alla fine.9 Saggezza e stoltezza non sono misurate in base a criteri terreni. Esse non s'identificano con intelligenza e mancanza d'intelligenza. Neppure si danno regole di saggezza. In questo punto il vangelo supera la sapienza veterotestamentaria. Eppure la parabola, nella parte figurata, descrive un comportamento assennato dal punto di vista della saggezza mondana. L’uomo saggio costruisce, fonda la propria casa sulla roccia.

Nel mondo rurale ognuno era certamente il costruttore della propria casa. Le fondamenta possono essere state di roccia grezza e i muri costruiti in argilla. A differenza di Lc., Mt. descrive non lo sforzo del costruttore, ma la saldezza della roccia. Se ne può dedurre che il suo interesse è rivolto alla fidatezza della parola (Lc può essere interessato alla difficoltà e allo sforzo di accettare la parola) . v. 25

E cadde la pioggia e vennero le alluvioni e soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non crollò, perchè era fondata sopra la roccia.

La saldezza delle fondamenta della casa si dimostra quando essa è in pericolo. In Israele è il pericolo che può venire da alluvioni e tempeste nel periodo delle piogge (ottobre/novembre). I corsi d'acqua possono diventare torrenti. Nella tradizione del testo il verbo è stato più volte modificato: si abbatterono (prosepesan), urtarono (prosecopsan), cozzarono (prosecrusan), s'infransero contro quella casa (proserrexan). È da preferire il primo.10 Essendo un verbo non specifico, può riferirsi tanto alle alluvioni quanto alle tempeste. A che cosa va riferita l'immagine di questa estrema minaccia? Certo all'imminente giudizio finale, ma forse anche alle prove del tempo finale (cfr. Mt. 24). L'insolita immagine consiglia questa interpretazione allargata.

vv. 26 – 27

E chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto che costruì la sua casa sulla sabbia. E cadde la pioggia, e vennero le alluvioni e soffiarono i venti e cozzarono contro quella casa, ed essa crollò. E il suo crollo fu grande

Nell’esempio negativo è tratteggiata un'immagine contraria. Lo stolto costruisce la sua casa in un altro luogo. Leggerezza e balordaggine gli fanno scegliere la sabbia a base della casa. L'improvvisa catastrofe produce le relative conseguenze. Anche in Gb 1,19 abbiamo la descrizione del crollo di una casa per effetto della tempesta, in Ez. 13,10 ss. di un muro in seguito a pioggia torrenziale, uragano e grandine. In entrambi i casi gli abitanti sono sepolti sotto le macerie. Michea si accontenta di constatare: «e il suo crollo fu grande».11 Il vocabolo greco pitiosis, al pari dell'italiano 'rovina', è usato sia per il crollo di una casa, sia anche in senso figurato (dr. Lc. 2.34). Il messaggio della parabola si può così riassumere: come un uomo che costruisce la propria casa sulla roccia supera la tempesta, così chiunque faccia affidamento sulle massime di Gesù supera l'esame del giudizio finale. Fare affidamento sulle direttive di Gesù significa però metterle in pratica. Chi non le osserva perisce nel giudizio.

Saggezza e stoltezza diventano parole che definiscono la qualità della vita di un uomo. La parola di Gesù è stabile e sopravvive alla catastrofe (cfr. 24,35). Il saggio riconosce il valore di questa parola e si

9 Mt. distingue tra omoiothe (13,24; 18,23; 22,2) e omoiothesetai. Il futuro si trova anche in 25,1. C L W f h sy che leggono:

onioso auton.

10 I mss. 33 e 1224 leggono la variante 2, W la variante 3, Θ Σ la variante 4. Analoghe varianti si riscontrano per il v. 27.

11 Alcuni manoscritti (Θ ſ 3 ) aggiungono sphodra.

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sforza di metterla in pratica nella propria vita. Il tanto discusso problema della grazia nel vangelo di Mt. riceve luce da questo passo. L 'uomo è salvato dalla parola di Cristo, non dal proprio agire. Ma la preveniente parola di Cristo salva l'uomo solo quando questi la mette in pratica.

«Una parabola rabbinica di Elisha ben Abuja (circa 120) è assai simile alla parabola sinottica. Racconta di due uomini, di cui l'uno pone le fondamenta alla propria casa e l'altro no. Molte masse d'acqua non riescono a distruggere la prima casa, mentre poche bastano a distruggere l'altra. Un uomo che ha appreso molte opere buone e molta torà è simile al primo; un uomo che non ha da mostrare opere buone e che apprende la torà, al secondo. Jülicher potrebbe aver ragione a supporre che la parabola di Elisha costituisca uno sviluppo di Lc. 6,47ss.»12.

I.6 Risonanze

“Chiunque ascolta queste mie parole e le fa”, dice Gesù, compie la volontà del Padre mio: edifica qui in terra la sua dimora eterna, costruita su quella stabile roccia che è Dio stesso. Chi invece le ascolta e non le fa, Matteo si rivolge ai credenti che ascoltano e non sempre fanno, per quanto faccia cose buone, non fa la volontà di Dio: costruisce sulla sabbia del proprio io la rovina di se stesso. Matteo si trova di fronte una comunità carismatica, ricca di fede ed entusiasmo: adora il Signore, nel suo nome fa profezie, miracoli ed esorcismi. Ma questo non basta. Infatti, senza l’amore, tutto è nulla (cf. 1Cor 13,1-3). E l’amore è, innanzitutto, fare ciò che piace all’amato. La comunità di Matteo piena di doni anche straordinari, rischia di trascurare il quotidiano “fare la volontà del Padre”, amando e servendo i fratelli nelle piccole cose di ogni giorno13. Questo paragone è di una potenza inaudita. Con pochi tratti vigorosi Gesù disegna due quadri: la casa che un uomo prudente si è costruita sulla roccia e la casa che un uomo stolto fondò sulla sabbia. Bisogna rappresentarsi un po' l'ambiente e il modo di costruire le case in Palestina. La casa è fatta alla meglio con pietre, fango e legno. La pioggia cade per lo più improvvisa e violenta, e, non trovando il terreno permeabile di boschi e prati, si raccoglie in ruscelli e torrenti che precipitano impetuosi sul fondo roccioso. La casa fondata sulla roccia non viene spazzata via: il furore delle onde le passa ai fianchi senza poterne minare le fondamenta. L’altra invece è subito in pericolo, perché l’acqua, sottraendole con tutta facilità la sabbia su cui è costruita, la travolge irrimediabilmente. Gesù presenta i due costruttori come esempio agli uditori. A chi volete assomigliare nella costruzione della casa della vostra vita? Nel giudizio degli uomini l'uno è saggio e prudente, l'altro è uno stolto che ha giustamente «il danno e le beffe». È proprio così anche nei riguardi della mia dottrina: chi la ascolta e la segue è un uomo prudente, chi invece la ascolta soltanto, ma non la segue, è uno stolto. Si danno soltanto queste due possibilità, e anche qui l'unica cosa veramente decisiva è il fare. «Mettetela in pratica, la parola, e non vi contentate di udirla» (Giac. I, 22). Ma questa non è, come nell'immagine, una prudenza o stoltezza semplicemente umana e terrena. Giacche qui non si tratta di ciò che ha successo nella vita presente, di ciò che assicura e fonda saldamente la casa materiale.

L'uragano dell'immagine è descritto con colori cosi violenti da far pensare all'immane catastrofe che chiuderà la storia. Cadde la pioggia a dirotto, i fiumi strariparono, soffiarono i venti e s'abbatterono su quella casa. Quest'immagine richiama l'uragano escatologico, che decide una volta per tutte la sorte della casa: nessuno può cominciare a edificare una seconda volta. Se la casa è crollata, resta in rovina:

per sempre. Queste parole danno a tutto il discorso della montagna una profondità ed efficacia particolare. Tu puoi costruirti una casa soltanto nell'uno o nell'altro modo. Le parole di Gesù ci dicono dove dobbiamo porre le fondamenta per poter resistere all'uragano del giudizio; ma ascoltarle e conoscerle non basta se non costruisci effettivamente sulla roccia, se non pratichi cioè queste parole che conosci. Tutto è incalzante; non soltanto perchè Dio vuole cosi o perchè cosi fu rivelato da Gesù, ma anche perchè per ognuno il tempo urge. La vita è una e irrepetibile, e alla fine il giudizio è

12 J.GNILKA, Il vangelo di Matteo, 417.

13 S.FAUSTI, Una comunità legge il Vangelo di Matteo, Bologna 20043, 123.

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inevitabile. Lo potrà superare soltanto colui la cui vita sia stata costruita con un unico ideale: Dio, il regno di Dio e la sua giustizia.

a) Matteo conclude il discorso della montagna con la prospettiva escatologica del giudizio. Certo, egli fa questo in dipendenza dall'archetipo Q, tuttavia tale orientamento diventa decisivo anche negli altri discorsi raccolti dal nostro evangelista. La sua comunità vive nell’attesa della completa basileia dei cieli. La condotta corrispondente a questa attesa è quella della saggezza. Nella parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte egli riprenderà questa idea e mostrerà che la saggezza comporta soprattutto la vigile attesa di questo giorno e di questa ora. Il discorso escatologico è però l'ultimo dei discorsi matteani. All'inizio sta il grande discorso delle direttive. Essere saggi nell'attesa del giorno significa quindi impegnarsi nella parola di Gesù, metterla in pratica e costruivi sopra la casa della vita. Oltre l'incalzante imperativo non vanno trascurate la fiducia e la certezza che l’evangelista con la parabola della tempesta intende comunicare a coloro che accolgono la parola.

b) Con la sua vicinanza al tempo finale, la parabola si inserisce nella predicazione di Gesù. In vista dell'imminente basileia egli richiede un agire corrispondente. A suo avviso questo agire sta al di sopra dell'ascoltare e anche del dire e del teologizzare. Si tratta di una mentalità ancora fondamentalmente giudaica. L'agire comporta però un convertirsi, ma non un convertirsi alla torà, come, in confronto, avviene nella setta di Qumran, bensì alla sua parola. Per questo la parabola è importante anche rispetto all'autorità di Gesù. Egli esige obbedienza alla sua parola. Chi presta questa obbedienza può raggiungere la salvezza. Chi la rifiuta è perduto.

I.7 Analisi teologica e prospettive pastorali14

Possiamo ora affrontare la parte finale del discorso. E' concentrata su una parola importante, il verbo « fare » (poiein) che ritorna undici volte tra i vv. 12 e 26. Mt ha raccolto qui tre sentenze di Gesù, ognuna delle quali sviluppa una antitesi che invita a prendere una decisione effettiva di fronte al regno dei cieli: le due vie del regno (vv. 13-14), i due generi di profeti (vv. 15-20), le due specie di discepoli (vv. 21-23). L'insieme termina con I'apologo delle due case (vv. 24 -27), che riassume una volta ancora la necessità di passare agli atti. La parola di Dio non è solamente un discorso da comprendere e interpretare; è soprattutto una persona che deve divenire in noi vita e azione. La preghiera del Padre nostro deve incarnarsi nelle nostre vite, sotto pena di non essere che un «vaniloquio » di pagani (cf. 6, 7). Per entrare nel regno dei cièli (7, 13-14), occorre seguire un « cammino » e penetrare nella vita attraverso una « porta » (pylē = porta di città). E' facile riconoscere il tema delle « due vie », caro all’antico testamento (cf. D t 11,26-28; 30,15-20; Ger 21,8; Sal 1,6; 118, 29-30; 138, 24; Sap 5,6-7;

ecc.) e alla regola della comunità di Qumran (cf. 1 QS III, 13 -IV, 26), ma il discorso della montagna, identificando il regno dei cieli con Gesù, dà a questo tema un significato totalmente nuovo.

L’avvertimento contro i falsi profeti (7, 15-20) è seguito dal loghion sul discernimento delle opere, che presso Luca ritroviamo nello stesso contesto (6, 43- 46), congiunto come presso Mt a quello della verità dell'invocazione del Signore. Mt ha appena citata la «regola d'oro» come realizzazione della legge e dei profeti. Ha ripreso il primo tema in quello delle due vie, poichè la legge appariva come il cammino verso Dio; sviluppa ora il secondo evocando una questione essenziale nel profetismo: il discernimento del vero e del falso profeta (cf. Dt 18, 18-22; Ger 14, 14-16; 23, 16-17; 27, 14-15).15 discernimento del vero discepolo, messaggero del vangelo, avverrà in modo analogo, a partire dalle sue opere, dai suoi frutti, come già annunciava Giovanni Battista nella sua predicazione (cf. Mt 3, 10), ma alla luce di Gesù. Infine, è il giudizio definitivo del Signore, « in quel giorno » (cf. 24, 36.42. 50; 25, Il-13), che

14 Cfr. J. RADERMAKERS, Lettura pastorale del vangelo di Matteo, Bologna 1974, 161-162.

15 In tutto il vangelo di Mt, questo titolo non viene rivolto a Gesù che da parte di credenti, cioè di discepoli o di persone che lo stanno per divenire: 8,2.6.8.21 (cf. 8,19).25; 9,28; 13,27; 14,28-30; 15, 22.25.27; 17,4.15; 20,30.31.33; (21,29);

25,11.20.22.24.37.44; 26,22 (cf. 26,25).

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costituirà il vero discernimento (7, 21-23). Qui, per la prima volta, Mt cita delle persone che si rivolgono a Gesù come al loro « Signore ».

Certo, « nessuno può servire a due padroni » (6, 24), ma è importante che il servizio esclusivo del regno si esprima in verità. Che significa riconoscere Gesù come il «Signore», se non manifestare con l'opera della nostra vita che il risuscitato vi è presente? Non basta infatti protestare che la nostra azione è compiuta nel nome del Signore perché sia effettivamente; ancora una volta bisogna accogliere «la volontà del Padre» che guarda «nel segreto». «Quindi, chiunque ode queste mie parole...» (7, 24-26): si sa quale importanza abbia per l'ebreo il verbo « udire » (shema'), poichè significa a un tempo intendere, ascoltare e obbedire. La parola di Gesù, che è la sua presenza di risuscitato nel mondo, è il fondamento solido che dà consistenza a ogni parola umana sul regno. Ma per chi non lascia che la parola di Gesù divenga azione nella propria vita, la rovina è grande. E' l'azione, cui la preghiera del Padre ci impegna, che rivelerà in modo decisivo chi noi siamo. Mt puntualizza il suo discorso con una riflessione sull'impatto della parola di Gesù nel cuore degli ascoltatori di tutti i tempi. Gesù rivela l'amore effettivo del nostro Padre comune. Vivere sotto lo sguardo del Padre cambia le nostre persone e trasforma i nostri rapporti con i fratelli e il nostro modo di vedere le cose materiali, i beni, la ricchezza, gli affari.

Si capisce allora che Gesù è in grado di darci un insegnamento «di autorità» sulla legge, e che richiede un impegno senza compromessi al servizio di questo «Padre che è nei cieli» e un comportamento altrettanto radicale verso i fratelli. Questa «autorità» non può non meravigliare le folle (e porre loro dei problemi: 7, 28-29); si tratta evidentemente di altra cosa che di un'interpretazione della legge alla maniera degli scribi: Gesù è al tempo stesso esegeta ed esegesi della legge e dei profeti. Quelli che hanno sentito che egli è l'adempimento definitivo possono discendere con lui dalla montagna (8, 1; cf.

5, 1) e mettersi al suo seguito (8, 1), cominciando a scoprire che egli è più di un semplice guaritore (cf.

4, 25).

III. Applicazioni Pedagogico-didattiche

Suggerimenti per la progettazione di unità di apprendimento per i piani delle attività e di studio personalizzati della scuola dell’infanzia e della scuola primaria.

Bisogno formativo: Conoscere la persona di Gesù dai Vangeli e comprendere, gradualmente il concetto di fede.

Obiettivo specifico di apprendimento ( O.S.A.scuola dell’infanzia, bambini di quattro/cinque anni) Scoprire la persona di Gesù di Nazaret come viene presentata dai vangeli.

Obiettivo specifico di apprendimento ( O.S.A.scuola primaria, classe II e III)

conoscenza abilità

La Chiesa, il suo credo e la sua missione.

Cogliere attraverso alcune pagine evangeliche, come Gesù viene incontro alle attese di perdono e di pace, di giustizia e di vita eterna.

Riconoscere nella fede e nei sacramenti di iniziazione (battesimo-confermazione- eucaristia) gli elementi che costituiscono la comunità cristiana

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Competenze attese ( Dal P.E.CU.P., Profilo educativo, culturale, professionale, 6 – 14 anni)

L’allievo”…dà un senso alle esperienze e ai problemi di cui è protagonista…mantiene aperta la disponibilità all’ascolto, al dialogo alla collaborazione e al rispetto anche quando richiedono sforzo e disciplina interiore…elabora, esprime, argomenta un prorio progetto di vita… fa ipotesi sul proprio futuro e sulle proprie responsabilità…”

Le competenze da raggiungere si connotano in forma evolutiva, legate all’età degli alunni e delle alunne, al cui raggiungimento contribuiscono tutte le conoscenze ed abilità che la scuola propone per la formazione personalizzata.

Apprendimento unitario

Comprendere che la vita è dono di Dio creatore e cammino di fede per il cristiano.

Obiettivo formativo

Riconoscere l’importanza della fede, testimoniarla nella relazione con gli altri, rafforzando la propria identità.

Attività

- Narrare la favola dei tre porcellini con l’ausilio del linguaggio iconico;

- discutere sul perché i tre porcellini costruiscono tre case diverse;

- chiedersi se il porcellino che ha costruito la casa di mattoni è stato quello che ha usato di più la ragione ed ha avuto più fede nella sua scelta;

- ricercare nella favola il personaggio che rappresenta il nemico, il male, la falsità;

- discutere sul momento in cui i tre porcellini si ritrovano nella casa di mattoni, il lupo cattivo viene messo in fuga e il bene, la gioia regnano nel momento in cui i tre fratelli porcellini si ritrovano insieme.

- Leggere la parabola delle due costruzioni;

- ricercare il punto di similarità con il testo della favola letta e discussa precedentemente;

- organizzare una caccia al tesoro sui due testi per la raccolta di termini simili;

- ricercare le azioni di Gesù nella parabola:

- ricercare le azioni dell’uomo nella parabola;

- mettere a confronto le azioni dell’uomo e quelle di Gesù;

- fare sintesi delle conoscenze con la discussione guidata dall’insegnante - produrre graficamente la conoscenza acquisita.

Ologramma

Scuola dell’infanzia

Obiettivo formativo: riconoscere l’importanza della fede, testimoniarla nella relazione con gli altri, rafforzando la propria identità.

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Il sé e l’altro

“Soffermarsi sul senso… delle origini della vita e del cosmo,… del ruolo dell’uomo nell’universo, dell’esistenza di Dio, a partire dalle diverse risposte elaborate e testimoniate in famiglia…”

Corpo, movimento, salute “Controllare l’affettività e le emozioni in maniera adeguata all’età, rielaborandola attraverso il corpo e il movimento.”

Fruizione e produzione di messaggi

“Parlare, descrivere, raccontare, dialogare, con i grandi e con i coetanei, lasciando trasparire fiducia nelle proprie capacità di espressione e comunicazione e scambiandosi domande, informazioni, impressioni, giudizi e sentimenti.”

Esplorare, conoscere e progettare

“Adoperare lo schema investigativo del chi, che cosa, quando, come, perché, per risolvere problemi, chiarire situazioni, raccontare fatti, spiegare processi.”

“Ricordare e ricostruire, attraverso diverse forme di documentazione, quello che si è visto, fatto, sentito, e scoprire che il ricordo e la ricostruzione possono anche differenziarsi.”

Scuola primaria

Obiettivo formativo: riconoscere l’importanza della fede, testimoniarla nella relazione con gli altri, rafforzando la propria identità.

Italiano

Conoscenza:”Relazioni di connessione lessicale, polisemia, iper/iponimia, antinomia fra parole sulla base di contesti.”

Abilità: “Avvalersi di tutte le anticipazioni del testo (contesto, tipo, argomento, titolo,…) per mantenere l’attenzione, orientarsi nella comprensione, porsi in modo attivo nell’ascolto”

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Inglese

Conoscenza:”Espressioni utili per semplici interazioni”

Abilità: “Scoprire differenze di vita e di abitudini all’interno dei gruppi”

Storia

Conoscenza:” Passaggio dall’uomo preistorico all’uomo storico nelle civiltà antiche”

Abilità:”Leggere ed interpretare le testimonianze del passato presenti sul territorio”.

Geografia

Conoscenza:”Il proprio territorio comunale, provinciale, regionale con la distribuzione dei più evidenti e significativi elementi fisici e antropici e le lorto trasformazioni nel tempo.”

Abilità:”Riconoscere gli elementi fisici e antropici di un paesaggio, cogliendo i principali rapporti di connessione e interdipendenza.”

Matematica

Conoscenza:”Analisi di analogie e differenze in contesti diversi; le principali figure geometriche del piano e dello spazio; sistema di misura”

Abilità:”In contesti vari…riconoscere analogie e differenze; costruire mediante modelli materiali, disegnare, denominare e descrivere alcune fondamentali figure geometriche del piano e dello spazio; effettuare misure dirette ed indirette di grandezze (lunghezze, tempi,…) ed esprimerle secondo unità di misure convenzionali e non convenzionali.”

Scienze

Conoscenza:”Definizione elementare di ambiente e natura in rapporto all’uomo”

Abilità:”Descrivere un ambiente esterno mettendolo in relazione con l’attività umana”.

Tecnologia e informatica

Conoscenza:”La videoscrittura e la videografia”.

Abilità:”Disegnare a colori i modelli realizzati

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o altre immagini, adoperando semplici programmi di grafica”.

Musica

Conoscena:”Brani musicali con differenti repertori”.

Abilità:”Eseguire per imitazione, semplici canti e brani, individualmente e in gruppo, accompagnandosi con oggetti di uso comune e coi diversi suoni che il corpo può produrre, fino all’utilizzo dello strumentario didattico, collegandosi alla gestualità e al movimento di tutto il corpo.”

Arte ed immagine

Conoscenza:”Le forme di arte presenti nel proprio territorio”

Abilità:”Utilizzare tecniche grafiche e pittoriche, manipolare materiali plastici epolimaterici a fini espressivi.”

Scienze motorie e sportive

Conoscenza:”Modalità espressive che utilizzano il linguaggio corporeo”.

Abilità:”Interagire positivamente con gli altri valorizzando le diversità.”

Convivenza civile

Conoscenza:”Il sé, le proprie capacità, i propri interessi, i cambiamenti personali nel tempo:

possibilità e limiti dell’autobiografia come strumento di conoscenza di sé.”

Abilità:”Attivare atteggiamenti di ascolto/conoscenza di sé e di relazione positiva nei confronti degli altri.”

I.8 Conclusione

La parabola rappresenta un’immagine che ci aiuta a riflettere sulla relazione fede/opere. La fede sola non basta, perche una fede che non si esplichi nell'opera non è vera fede. È come una nuvola da cui non cade pioggia, come una gemma che non si schiude, come una scintilla che non accende. La santità del lavoro, giustamente intesa, è schiettamente biblica.

Tuttavia anche l'altro estremo però è sbagliato. Le opere senza la fede sono prive di contenuto, sono come una magnifica automobile senza carburante, come un robot tecnicamente perfetto e senz'anima. Senza la fede l'azione umana rimane sul piano puramente umano. Non conta davanti a Dio.

Dio solo è buono; perciò, se nelle opere dell'uomo non c'è nulla di divino, esse non sono buone. Opere buone senza la fede derivante da Dio non sono opere buone. La via di mezzo cattolica dice perciò: la

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fede è un dir di sì alla parola di Dio, ma con l'azione. Azioni, quindi, che provengono dalla fede. Prima premessa è la parola di Dio. « Chi ascolta queste mie parole... ».

Il primo passo vien compiuto da Dio, precisamente attraverso la sua parola. L’ascoltare, con interiore disposizione all'ascolto, è condizione essenziale da parte dell'uomo. Poi viene, veramente essenziale, il secondo punto: « Chi ascolta queste mie parole e vi agisce in conformità... ». La parola di Dio è un richiamo obbligante, che mette l'uomo della necessità di dare una risposta, e lo grava quindi di una responsabilità. La parola di Dio non è un mero discorrere, ma un'azione: Dio parlò e fu fatto! La sua azione è parola e la sua parola è azione, perchè la parola è diventata carne. Perciò anche la risposta dell'uomo, allorchè vien data con vera responsabilità, dev'essere azione. Le parole costano troppo poco.

Le spiegazioni teoriche non contano. Soltanto la risposta dell'azione è risposta viva al richiamo della vita. La parola di Dio è azione e discorso proveniente dall'amore. Perciò la risposta dell'azione umana dev'essere l'azione dettata dall'amore. San Paolo parla di una « fede, la quale agisce nell'amore ». In questo senso si svolge il discorso della montagna, in cui parla il Verbo fattosi uomo, l'amore di Dio diventato azione. Chi ascolta queste parole agendo in conformità, dà la risposta dell'azione amorosa, abbandonandosi realmente all'amore diventato uomo. Soltanto questo cristianesimo è costruito sulla roccia, perchè si basa sulle fondamenta incrollabili della parola e dell'azione, quindi dell'amore di Dio.

Ogni altro cristianesimo, per quanto formulato con profondità teologica e sorretto da sentimenti ed esperienze vive, è costruito sulla sabbia, perche il suo fondamento è qualcosa di umano. Tutto ciò che è umano è sabbia mobile. Il cristianesimo, che è la risposta dell'amore attivo alla parola di Dio e dell'azione amorosa, vince ogni tempesta, come la casa costruita sulla roccia, anche a quella del giudizio finale nel giorno dell'ira divina, perche si avrà allora l'incontro non col Dio della collera, ma con quello dell'amore. La legge dell'Antico Testamento si chiude con la minaccia della maledizione per colui che non vi si attiene, e con una promessa di beatitudine per colui che l'osserva. La legge del Nuovo Testamento, il discorso della montagna, contiene anch'essa una minaccia e una promessa. Ma l'una e l'altra si adempiranno soltanto nel giorno del giudizio; Il cristianesimo non è una garanzia per il benessere terreno, bensì un'indicatore della via alla parusìa. Qui, e in questo momento, si ha la decisione. Essa diventerà però visibile soltanto allora, nell’al di là.

Concludendo possiamo affermare che il discorso della montagna ha una conclusione degna della sua apertura: l'immagine dell'edificio innalzato sulla roccia che non crolla, in contrasto con quello costruito sulla sabbia. Il discepolo di Gesù è 'un uomo saggio che edifica su solide basi: l'ascolto e la messa in pratica degli insegnamenti del Maestro. Il brano è costruito sulla legge della simmetria, in cui parallelismo antitetico e parallelismo sinonimico s'intrecciano e si fondono in una sintesi armonica.

Questa è una parabola dove ci fa benissimo comprendere che il cristianesimo deve essere un cristianesimo dell’azione.

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II.

LA PARABOLA DEL GRANO E DELLA ZIZZANIA (Mt 13, 24-30)

Introduzione

Il nostro intento è quello di compiere uno studio sistematico sulla nota parabola del grano e della zizzania di Mt 13, 24-30 all’interno della propria dimensione letteraria e teologica, cercando di svilupparne un’accurata analisi unitamente ad adeguate interpretazioni. Sono questi infatti i due nuclei centrali da cui vuole snodarsi la presente riflessione che, sebbene non sia svincolata da esigenze puramente didattiche, intende approfondire in tutte le sue dinamiche un particolare testo appartenente al genere parabolico, notevole peculiarità nell’ambito dei generi letterari. Infatti nessuna parabola ci è stata mai tramandata da tutta la letteratura rabbinica anteriore a Gesù, e parimenti anche se andassimo a confrontare le parabole ad esempio con il linguaggio figurato di Paolo o con qualche altro testo analogo, queste si contraddistinguerebbero comunque per una marcata originalità personale, una singolare chiarezza e scioltezza, una padronanza inaudita della forma, derivanti da una tradizione particolarmente fedele che unisce il destinatario immediatamente al Gesù Maestro.16 Tale genere letterario è fondato sostanzialmente sulla roccia primordiale della tradizione, facendo riferimento a situazioni ed immagini immediatamente comprensibili, tanto da condurre il lettore in un mondo conosciuto, familiare, dove tutto risulta essere semplice e chiaro, non senza ardui problemi, primo fra tutti la determinazione del significato originario. Per secoli infatti, sin dai primi decenni dopo Cristo, si sono trattate le parabole come se fossero vere e proprie allegorie, e questa allegorizzazione non ha potuto che nascondere il vero contesto e significato delle parabole, probabilmente sotto la spinta di trovare un senso più profondo nelle semplici parole di Gesù sul modello dei miti delle culture precedenti, letti come chiave di conoscenze esoteriche.17

La nostra analisi verterà sulla relazione intercorrente fra le tre fasi componenti la parabola, che si potrebbero denominare fasi-spigolo, o fasi-cardine: l’epoca della semina, il periodo della maturazione, il momento della raccolta che determina la sorte sia del grano che della zizzania. Sarà dunque da questa relazione che nel corso di questo studio emergeranno tanto la pregnanza quanto l’emblematicità dei simboli del grano e della zizzania, i quali istintivamente farebbero pensare ad un rimando unicamente escatologico, ma che in realtà celano dinamiche ben più profonde ed attuali come si vedrà nella seconda sezione dell’elaborato, nella sezione propriamente teologica.

Si evince dunque come un passo importante dello studio e della riflessione sarà il cercare di risalire sino alla sorgente della parabola stessa, ovvero la predicazione di Gesù nella vita della comunità di Matteo, per cercare di vedere cosa per essi questa parabola ha significato e che cosa continua a significare per l’uomo di oggi e per l’uomo di ogni tempo della storia.

I. Analisi letteraria

I.1 Contesto, struttura ed articolazioni della parabola

Per raggiungere l’obiettivo prefissato nell’introduzione, non possiamo non partire da una prima visione ed analisi contestuale. Risulterebbe improprio parlare di contesto della parabola in sé svincolato dal contesto generale della sezione del vangelo di Matteo in cui la parabola è situata. Si tratta di un capitolo che riunisce a sé, per affinità ed analogie, sette parabole. Nello specifico stiamo parlando delle parabole del seminatore (Mt 13, 3-9), del grano e della zizzania (Mt 13, 24-30), del granellino di

16 Cfr. J. JEREMIAS, Le parabole di Gesù, Brescia 19732, 11.

17 Cfr. Ibidem.

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