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DISTESA LA CITTA ’SUL VERSANTE

Nel documento De Ferraro Domenico - Teatro Canzoni Jazz (pagine 76-81)

Distesa la città sul versante del monte , magicamente trasforma gli animi dei suoi abitanti che vivono nel buio della propria coscienza. Scendendo , salendo , facendo l’amore , rapinando brevi amori teneramente , dentro un giardino piccino che lascia sbocciare tutte le sue rose in un deserto d’asfalto. Il monte scende , verso il basso , sembra cadere nel mare della memoria , in questa visione che s’unisce ad un incubo con vari turbamenti che rappresentano il significato della mia vita mentre tutto passa insieme al tram della memoria . Viene la notte a cullare il sogno alla fanciulla la quale si bea nel suo desiderio d’essere donna , prigioniera dell' essere se stessa nella sua passione . Lei avanzava , rimbalza e chiara come l'acqua scende trascinando il succo dell ’esperienza verso il suo sesso.

Tra mille anni ancora e cosa sia , un canto di gioia s’udirà per le vie della citta . Qualcuno in preda al dispiacere si lancerà verso questo desiderio represso con in pugno , alcune mosche in tuta mimetica. Le quale hanno corso per la città , andato oltre questo delirio nel suono di una lirica che s ’ode mesta come fosse un canto campagnolo, nell ’odore delle magnolie, nell’odore del vento di levante, proveniente dal mare. Dolce mattino , il castello si distende sulla terra, si muove in questa follia in iperbolici esercizi stilistici che esplodono in dialoghi surreali.

Io la mia vita, lo spesa insieme a tante cose inutili , ho rincorso questi umani versi che si sono trasformati in enigmi poetici iperboliche emozioni , esperienze , surrogati di un vivere mediocre. Ma non ho mai indietreggiato , ho fatto il mio lavoro, la in mezzo alla strada ero un angelo, combattevo i demoni che abitavano nei vicoli malfamati di questa citta. Ero un angelo anomale, figlio della mia storia, di uomo libero , di spirito silvestre , di essere nato dal ventre di un veggente. Cosi ho continuato a cantare sotto false sembianze, tenendo sempre d’occhio i tanti demoni che dividevano l’esistenza in bene ed in male . Ed il mio scopo in questa esistenza era cantare l’amore per coloro che soffrono, per coloro che non hanno voce , che vivono nell’oscurità e non sanno di essere prede di demoni vestiti da dirigenti , da sindacalisti , da venditori di collant.

Senta , vorrei invitarla alla mia guerra

Verrei ,ma sono occupato con quel sventurato in difficoltà.

Io, la vorrei al mio fianco per sentire la sua deliziosa voce

La prego, si segga , la vorrei deliziare con il mio cantare

L’scolta con il cuore in mano ?

Grazie , io sono amico di quei musici ambulanti Accidenti , non c’è somiglianza tra voi

Siamo amici da tanto tempo.

Facciamo parte dello stesso complesso musicale Ci chiamiamo le mosche.

Le mosche che scherzo Vorrei un autografo

Adesso non posso , sono impegnato . Credo le potrebbe essere utile questo schiacciamosche.

Se vuole l’accetto.

Non si preoccupi , io porto, sempre a compimento ogni mio assolo.

Lei , eleva questa vita a mille faville sotto il moggio. Lei mi affascina con il suo canto iperbolico, quasi fosse una vecchia ballata.

Una danza che rompe ogni indugi , distruggendo la forma di ogni metrica.

Ora mi vorrebbe , spingere sul rigo per cercare un appiglio al mio sognare ad occhi aperti.

Mi creda, sono sfinito pur se lucido nel qua tempo , divido , questo pane in tante fette e mi creda, vorrei venire alla sua guerra. Cantare tutta la sera per solo diletto, per poi andare a letto con i miei ideali repressi. Senza alcun permesso, il mio verso , mi prende per il collo , mi porta laggiù , dove stanno tanti infermi , tanti demoni con le code diritte.

Ed io credevo di essere una mosca fastidiosa. Io sono dispiaciuto d ’essere un mostro.

Le mie ossa sono state gettato in un fossato.

Non c’è senso , la filosofia vive con la filologia , la storia segue vari concetti , la realtà è racchiusa in un aforisma.

Se fosse cosi , ogni dilemma , sarebbe un imbroglio, una mano tesa nell ’oscurità degli eventi in corso . E lo spasimo dei nervi , la fine dall’amore , giunge sempre con il suo peso dei secoli passati sulle spalle. La pioggia ,bagna il gallo mentre piange , la sua compagna , la vecchia gallina dalle uova d ’oro.

Tutto l ’amore vissuto in un rima ed il mare giunge a riva , bagna i nostri vestimenti ed ogni cosa , svanisce in un crescendo di onde , Mentre il vento si alza sul mare e trascina le nuvole a largo ,dove fanno il bagno alcuni angeli . Amori , mai nati e rinchiusi nel segreto del cuore , come ieri rimango a riva tra le

dune in disparte , cercando un senso all’espressione rosea del creato.

Ed il cielo, racchiude l ’oggetto in un soggetto in una sintesi di idee e immagini varie. La mia vita di angelo e racchiusa tutta in un dialogo , potrebbe essere un esempio per tanti , come una molla tesa all’infinito . Un atto che racchiude tutta la vita rincorsa . Tutto il mio bel cantare è questo nient’altro un tentativo per cercare di salvare un umanità in preda a tanti errori. Ed il mondo , questa citta è cosi difficile da dipingere di rosea. Le spose sono boccioli selvatici ed io sono un angelo anomalo, che gli fa male lo stomaco e vomita nell ’orecchio di dionisio , neppure dentro un water di una stazione ferroviaria . Ho speso tutte le mie passioni in un crescendo di note , sillabe, balli e canti , in forca e vino in farina e fagioli con le cotiche. Ho rincorso tante vite ed in tante vite sono rinato. Con il mio canto ho sconfitto il male, che viveva negli animi preda di tanti demoni , tutti seduti sotto i monti di un inferno , eretto sulla terra , tutto simile a se stesso, gratuito dipinto di vari colori , come gli occhi del principe dei demoni.

Ora la beltà scioglie i suoi capelli sopra vari epigrammi.

Strofe bislacche senza inganno , altre ingrate , lasciate andare tra il grigiore sociale di un vivere che esprime scontento, sconforto. Un interrogativo ripiegalo sul peccato, una croce conficcato in un immagine.

Ed ogni, verso fiorisce in un suo personale dialogo. Cosi , dovrò continuare a lottare per essere qualcuno e chi sa che un demone non mi trascini anche me, dentro quel suo inferno di parole , dove , nascono e danzano i mostri della coscienza umana.

Ma sono certo, quando sarò , vicino al cuore degli ultimi , proverò a salvarli con il mio canto , tra i fossi , saltando , pregando tra i grani di un rosario

di un vivere elladico . Portami con te nel mattino vivace, con l'occhio sveglio. Appoggiato al tuo fianco di donna che sogna mentre fa l'amore.

Portami oltre questo monte di ossa , legate all ’essere insieme , angelo e demone . Lasciami sopra un cuscino in attesa si congiunga la notte al giorno .Tenera madre , dalla buffa forma , provvista di cento braccia , di tanto grasso che esce dai suoi pori. Ascoltami nel mio silenzio , che triste diviene e mi conduce verso la risacca cosi rischio e pesco sulla barca, del pescatore di asterischi, vari teschi di lisce di pesce .

Sono gli ultimi giorni dell'inverno , ci siamo gettati nel mare delle rime , pronti a bagnarci le mani e i camini fumano più del necessario in una stagione così tiepida.

Lascia che vadano in malora economia e sobrietà, si consumino le scorte della città e della nazione. Muoia ogni crudeltà ed ogni dissapore , ogni dispiacere che ha suscitato nel nostro animo un senso di dispiacere. .

Il cielo offuscandosi, rischiara in me ogni verità in un sole più forte mi ha fatto ritrovare, là dove vita e versi , hanno lo stesso viso.

Ed ora che sfavilla il mezzogiorno, l ’azzurro è ormai colmo di luce e dentro questo canto tra i vicoli della mia città marina , gli uccelli volano oltre questa immagine di libertà che io rincorro in macchina da solo di corsa verso casa mia.

Nel documento De Ferraro Domenico - Teatro Canzoni Jazz (pagine 76-81)