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QUESTO BLUES

Nel documento De Ferraro Domenico - Teatro Canzoni Jazz (pagine 60-64)

Questo blues , batte sotto la pelle, come un tamburo , come una lama, penetra in fondo alla mia carne . Nel canto m’eleva lieve mi solleva dal vago fuggire ,dalla follia . Oltre la sorte, vago ramingo per strade illuminate. E quasi natale ho un grappolo alla gola , percorro una strada bagnata che continua a scivolare sotto le ruote delle gomme della mia auto. Un fuoco , brucia , dentro di me , una fiamma riscalda il mio corpo in preda al delirio della lirica, che si impossessa di me per neologismi e incantesimi musicali , oltre questo dire tra le luci disperso, immerso nella musica , che mi solleva l’animo afflitto. Ed io corro, in fondo al cielo , nelle nubi , mi perdo come se fosse ingoiato dal tempo che mi ha generato per nome in amori solitari , in idilli pervenuti , alla mia mente. In punta di piedi. Ed in ogni cosa , vivo , fuori la grotta della natività . Non ci sono neologismi , estremi ideali , atti a sconfiggere la sterilità del sistema , il male non si ferma davanti a nulla. Ed i demoni continuano a volare nella luce del mattino che incatena gli uomini alla disgrazia . Ed io asciugo le molte ,loro lacrime, versate , lungo codesta via dolorosa .

Suonno piccirillo, little one dream , sulagno , sotto l’orologio di sant’Eligio, sotto lo campanile dello Carmine . Cammino vado , addò me pare. Sono stato all’inferno, mo ’so asciuto dall ’ospedale , vengo a ballare chesta tarantella , con tutti i poverelli , con Maria che se chiagne lo marito muorto accise , con Carmela che se chiave a Ciccillo , che non è mai contenta e se tene pure Alberto e mo ’si vorrebbe sposare a Gigino ò macellaio . Son contento di non capire niente, mi ricordo quando , misi le mane , mezzo alle cosce di Agnese che

rassegnata era stata sposata con Franco ò fotografo. Sotto l’ ombrellone, quel pallone era una palla rotonda e Maradona era un buono guaglione, peccato un poco ubriacone. E la poesia cresceva e diveniva in me suonno piccirillo , little one dream , un canto solitario dentro a tante passioni che scivolavano via. Ed io ti vidi quella mattina di natale a piazza Dante , sotto braccio dello innamorato tuo .

Il male mi divora , dentro , aspetta che sbagli , mi sussurra parole dolci , frasi che non hanno un senso preciso . E questo desiderio d’amare si fa sempre più forte, mi trascina in diverse storie , in una specie di concetto che nasce e cresce , come fosse un sillogismo di molte vite vissute. Tante vite, tanti semi sparsi nel campo dei miracoli. Cosi fino alla fine dei tempi , fino al giudizio ,inermi , noi rimaniamo nel nome di Dio , infermi ,privi di mezzi , portati dal vento, portati dall’occasione, rulliamo di nascosto una canna al cianuro. Le voci si sommano ,chiedono aiuto ,un domani giunge , senza alcun preavviso, un solo momento , un battito d'ali, la vita ti scorre davanti per intero e sai che sei solo , giunto alla fine di un altro viaggio.

Una voce amica , mi chiama, mi dice: viene appriessa a me ,viene funno allo mare , viene scalzo ,viene mano nella mano ,traveglia e suonno , la voce diventa doce , mi riporta indietro, mi riporta addò stavo , miezza una piazza , miezzo a questo suonno ,miezzo a tanti guai . Ed io mi rallegro nelle mie diverse rime , sento in me mille espressioni nere ,rosse, grigie mentre aumenta il contagio tra i popoli.

Vorrei cambiare , ma non posso, vorrei divenire un altro , ma chi m'aiuta a tirare l’acqua al mio mulino. Sono solo in questo inferno ,sono solo sotto la pioggia , seguo gli angeli benedetti , radunati lassù su i tetti. Spalancano l'ali, hanno capelli oro fino , occhi di ghiaccio, piume argentee. Lontano da questo contagio , aldilà d'ogni ipocrisia , ognuno passa , senza porsi tante domande , senza chiedere come stai . Non mi fermo a guardare , non dico ti amo, la notte tenera ha ingoiato tante stelle.

Dio , non hanno pietà per chi muore , per chi non ha una mamma, un padre . S’ode una voce poverella , disgraziatela , vruccolosa , cianciusella, voce delle creature dello vico scassacocchi , voce del vecchio che si fuma uno spinello , sotto la luna puella , che ride , dentro i suoi anni . Dentro un altro amore, dentro questa visione angelica che mi conduce verso la marina, miezzo agli altri , miezzo a una via. Abbascio all'inferno, a riscaldarsi vicino alle vive fiamme . Una fiamma , illumina l’animo , la storia, passa un treno, passa la festa. non tengo chiù parole per cuntarte chesta ammore disperato , non tengo chiù lacrime , che possono bagnare questa fossa dove tu adesso riposi. Passa lo tempo non ti fermare a pensare , come è stato , non dire ti amo ,non dire cosa è successo Provo dolore , nell’ora più cupa , l ’ammore sboccia.

Un tempo, avrei affrontato la vita con maggiore coraggio , ne avrei fatto un modello per tanti , per uomini ,per donne per assassini ed assessori . Avrei fatto una forca in mezzo alla piazza , di legno massiccio ci avrei appeso i famigerati briganti , i ladri di ogni tempo , ci avrei appeso la corruzione, la maleducazione, una lengua vecchia , un sorcio ,una tigre ,una pantera, una pantegana emigrata ad Afragola da Mestre. Ed il vecchio suonatore di

chitarra , suona la sua chitarra , per tutti gli impiccati . Tutti pendono dalla forca a quest'ora del tramonto . Io sono nella parte più alta dei colli , da li ammiro il bel panorama , ripenso alla mia vita , ripenso i giorni trascorsi , di quando il vino , costava due lire ,di quando il cuore annegava nelle meste pie passioni.

Appeso a questa forca, oggi io non piango, non sorrido , non provo a salvarmi a dire aiutatemi ,vedo tanta gente passare indifferente ,vedo il cielo azzurro, vedo il mare, le belle figliole . Non è mai sazio , questo mio animo d’amore Mi sia lieto il trapasso , mi sia lieve la terra, tra le braccia d'un angelo , io volo fino al cielo, io vado ridendo , cantando la mia stupida canzone di uomo di strada , io ritorno al padre , alla sua casa celeste.

Io non mi pento , di ciò che ho detto ,mi son portato appreso la mia chitarra , voglio rallegrare con la mia musica , la gente triste di questo paradiso . Voglio ballare , sulle nuvole rose , tra le sparse note per l'aria pura , voglio baciare i piedi dei santi. Voglio volare più in alto degli angeli, non voglio tornare indietro a quand'ero un suonatore ambulante ,quando chiedevo la carità , quando ubriaco, l'oste mi riempiva di botte , mi diceva, vattene via canaglia . Oggi su questa forca , credo d'essere felice, lo so è solo un blues , un passo avanti e sono tra i santi ed avi , tra bellezze e beatitudini d'ogni tempo, suono il mio sand blues , tenendo un piede nella fossa , l ’altro nel sole , in pugno il mio sogno di uomo libero.

Nel documento De Ferraro Domenico - Teatro Canzoni Jazz (pagine 60-64)