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189distingue da quello d’origine come nucleo identitario I processi di cittadinanza hanno

quindi un’essenza culturale. A questo proposito la distinzione Noi-Loro è un tentativo di naturalizzare l’esigenza di un confine: un solco identitario che segna il luogo di una differenza in cui potersi riconoscere partendo dall’assegnazione di regole proprie che sanciscano un’autonomia nei confronti di chi, rispetto al confine, è esterno; segna un’appartenenza (Zanini,1997).

In questo senso il lavoro di Diversa/mente è stato quello di attraversare il confine, stimolando pratiche di convivenza, di empowerment e non solo di coesistenza.

Il secondo progetto, relativo allo Sportello, inizia nel 2011, è autofinanziato e inserito in un complesso progetto istituzionale. (http://sociale.regione.emilia-romagna.it/contro-le- discriminazioni). Il Centro Regionale contro tutte le discriminazioni ha, infatti, creato una rete di “punti antidiscriminazione” in tutti i Comuni della Regione, attraverso cui persegue quattro macro obiettivi: prevenzione dei comportamenti discriminatori, promozione di progetti e azioni positive, rimozione delle condizioni di discriminazione, monitoraggio e verifica. La rete si articola in tre differenti tipologie di servizi: Nodi di coordinamento (solitamente i Comuni), Antenne con funzioni informative e di supporto, Sportelli con funzioni di raccolta e gestione delle segnalazioni di discriminazione. Gli Sportelli sono aperti al pubblico, gratuiti e possono attivare risorse di 2° livello (mediazione dei conflitti, mediazione linguistico-culturale, consulenza legale).

Lo Sportello di Diversa/mente si caratterizza per la possibilità di offrire anche un supporto psicologico transculturale. Le persone possono rivolgersi direttamente o essere inviate dai servizi. Come per tutti gli sportelli, all’accoglienza, dedicata all’ascolto, segue una fase di comprensione e valutazione della discriminazione percepita. Il percorso prevede poi l’orientamento e l’invio ai servizi di consulenza (sindacati, Tribunale diritti del malato, Difensore civico, ecc.), l’eventuale accompagnamento anche in azioni di pressione o di tutela legale. Se inoltre si evidenzia un bisogno importante di sostegno psicologico, viene valutata la possibilità di una presa in carico, concordata con la persona stessa . Nei colloqui, condotti da uno psicologo e/o un antropologo o mediatore culturale, si ricostruisce la storia del soggetto e del percorso migratorio, si rilevano le condizioni

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economiche e sociali, s’individuano limiti e risorse (interne ed esterne). Un supporto importante al lavoro dello Sportello viene dal Gruppo Etnoclinico dell’associazione, formato da psicologi/psicoterapeuti, antropologi e mediatori culturali. Qui è possibile elaborare gli aspetti psicologici e socioculturali delle situazioni affrontate. L’attenzione è posta sull’interazione tra le culture (“ambienti” in senso antropologico) e il funzionamento psichico e sul controtransfert culturale (secondo il modello dell’etnopsicoanalisi e dell’etnopsichiatria).

Nel caso, ad esempio, dell’invio da parte dei servizi sociali di un uomo di origine pakistana, che ha perso il lavoro e nel contempo l’udito, si è potuto intervenire in una duplice discriminazione: sul lavoro e nell’accesso ai servizi sanitari. L’intervento ha compreso l’accompagnamento, il sostegno psicologico e un’opera di mediazione e di negoziazione dei significati che ha coinvolto soggetto, datore di lavoro, sindacalista e avvocato (messi a disposizione dalla Rete); famiglia, assistente sociale, medici. L’intervento ha risolto solo in parte la situazione di sofferenza di quest’uomo ritrovatosi a quarant’anni disoccupato con moglie e tre bambini da mantenere, anche se l’ha certo contenuta.

Lo Sportello svolge inoltre attività d’informazione, promozione e sensibilizzazione nel proprio territorio: ha realizzato diversi progetti rivolti alla cittadinanza e alle scuole, in collaborazione con i Comuni del distretto e l’ufficio di piano di San Lazzaro. Tuttavia sarebbero necessarie azioni più frequenti, incisive e diffuse: progetti di comunità volti alla promozione della salute e alla costruzione di reti d’aiuto formali e informali, percorsi formativi per operatori e insegnanti, ecc.

In questi anni le domande di aiuto agli Sportelli della rete sono state sporadiche e ciò significa che permangono molte paure e pregiudizi.

In seguito a un percorso di analisi partecipata, che ha coinvolto operatori dell’intera rete contro le discriminazioni della Città Metropolitana di Bologna, si è avviato recentemente un processo di ridefinizione degli obiettivi e delle azioni, teso a rafforzare la rete stessa, anche attraverso la ricerca di finanziamenti.

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Risultati |

La Teoria dei sistemi ecologici di Bronfenbrenner (1994) può dare un contributo importante alla valutazione di queste esperienze. Il primo progetto mantiene il focus sul microsistema (tra persona e gruppo). Far leva sulle capacità di empowerment interne al rione è stato fondamentale per creare nuovi legami-reti, sperimentare costruttivi modi di convivere e costruire un senso di appartenenza e di sviluppo futuro. Inoltre il risultato (una Community inclusiva) ha prodotto un cambiamento di rappresentazioni e pratiche anche a livello del macrosistema – Quartiere/Comune.

Il secondo progetto spazia invece dal macrosistema (Regione, Distretto, Comuni) a quello micro (psicologico/sociale) e, nonostante le metodologie messe in campo, non è riuscito a raggiungere risultati tangibili nel contrasto alla discriminazione sul territorio. Anzi, ha reso evidenti distanze e vuoti tra bisogni del soggetto/della comunità e intenti politici, valori, cultura e risorse disponibili. Questa riflessione, riportata all’interno del percorso partecipato, ha poi contribuito, con quella di altri Antenne e Sportelli, a dare impulso a nuove idee e proposte.

Conclusioni |

Abbiamo descritto l’applicazione e il contributo di alcuni strumenti della psicologia di comunità in due progetti di Diversa/mente finalizzati all’empowerment di comunità.

Psicologia di comunità e psicologia transculturale hanno molti punti in comune: mettono l’accento sulle risorse personali e del gruppo, sulla multidisciplinarietà, sul cambiamento culturale, sulla costruzione del futuro.

Con Remotti (2010), ci sembra di poter concludere che entrambi gli approcci, sia che si parli dell’individuo che della comunità, mettono al centro la relazione, puntando alla “costruzione di interdipendenze reciprocamente vantaggiose”, grazie alle quali è poi possibile costruire spazi di rinegoziazione del senso di comunità e adottare strumenti operativi di cambiamento sociale e culturale.

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Riferimenti bibliografici

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Beneduce, R., Martelli, P. (2005) Politics of Healing and Politics of Culture: Ethnopsychiatry, Identities and Migration.Transcultural Psychiatry 42, 367.

Campbell, C. (2014). Community mobilization in the 21st century: Updating our theory of social change? Journal of Health Psychology 19, 46 .

Bronfenbrenner, U.(1994). Eological models of human development. International Encyclopedia of

Education. Vol. 3, 2nd Ed. Oxford: Elsevier.

Di Miscio, A.M. (2010). Da Kleinman a Farmer, esperienza soggettiva della malattia alla malattia come incorporazione della sofferenza sociale. http://www.rivistadiscienzesociali.it/da-kleinman- a-farmer-dallesperienza- soggettiva-della- malattia-alla-malattia-come-incorporazione-della- sofferenza-sociale/

Fetterman, D.M. (2002.) Empowerment Evaluation: Building Communities of Practice and a Culture of Learning. American Journal of Community Psychology, 30(1), 89-102.

Moro, M.R., De La Noe, Q., Mouchenik, Y., Baubet, T. (2009), Manuale di psichiatria transculturale. Milano: Franco Angeli.

Remotti, F. (2010). L’ossessione dell’identitaria. Bari: Laterza Editore.

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