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della parola

II. 2 2 Distribuire la parola: il passaggio dello scettro

Il ruolo dei khvruke" prosegue tuttavia aldilà del momento della convocazione, nella funzione più complessa e carica di implicazioni di moderatori, sia nel senso di “coloro che placano la folla e impongono il silenzio”, sia, soprattutto, in quello di “coloro che danno la parola” attraverso la consegna dello scettro. Ancora una volta è una delle scene dello scudo di Achille534 a fornire l’esempio più perspicuo alla comprensione del problema e utile alla nostra argomentazione: nel caso specifico ci offre un quadro estremamente sintetico in cui l’ajgorav, intesa come spazio pubblico al limite con la sfera pre-giuridica, e i khvruke" con i loro skh§ptra sono messi in relazione nel contesto di una contesa giudiziaria.

L’ajgorav in cui ha luogo il nei§ko" per un’uccisione di cui deve essere soddisfatta la poinhv, è raccontata come un luogo fisico, tuttavia la scena sembra collocarsi entro una polisemia difficilmente riconducibile ad una precisa fase storica o di pensiero. La stessa immagine della lite risolta pubblicamente è un’immagine “sulla soglia di uscita dal sistema dei valori eroici”535, presenta elementi nuovi per cui non si vede come l’uditorio dei poemi omerici potesse non avvertirne già la forte connotazione civile o, forse meglio, politica.

Il nei§ko" trova la sua soluzione in qualcosa che si avvicina molto ad una vera e propria

procedura, con intervento di un agente individuale (i{stwr) e di due agenti collettivi: gevronte"

e khvruke". Questi ultimi svolgono una funzione regolatrice nei due sensi sopra menzionati: trattengono il popolo, come di norma in altre assemblee, e forniscono ai gevronte"-giudici i loro bastoni in virtù dei quali costoro esercitano il diritto e l’autorità di pronunciare una divkh536. Il ruolo dei khvruke" e quello dei gevronte" è qui complementare: l’effetto ultimo dell’intera procedura, la pronuncia cioè delle divkai risolutive, dipende dal conferimento temporaneo da

534 S, 497-508. 535

Di Donato 1999, p. 46. 536

Qui veramente la cosiddetta “funzione pubblica” emerge con eccezionale evidenza, proprio in quanto anacronistica rispetto al mondo degli eroi omerici e probabilmente ben presente nell’esperienza diretta degli uditori, per noi estremamente importante perché ci conduce direttamente al ruolo, del tutto privo di carattere decisionale ma indispensabile, di mediatori che i khvruke" continuano a svolgere nei processi di età classica.

parte dei khvruke" dei loro -il genitivo del v. 505 è forte- skh§ptra perché non c’è divkh che non dipenda direttamente dal potere e dalla mh§ti" di Zeus che in tale oggetto-simbolo, sede di un potenza religiosa, sono depositati e latenti. Gli scettri agiscono direttamente in virtù della propria potenza magico-religiosa537conferendo o, al limite, trasferendo alla parola la stessa forza, nel caso specifico il potere di farsi divkh.

C’è un altro elemento, tuttavia, su cui deve concentrarsi la nostra attenzione: tenendo in mano gli scettri i gevronte" si alzano e sentenziano a turno, ordinatamente uno dopo l’altro (divkazon ajmoibhdiv" v. 506). Esiste dunque un’ulteriore funzione, oltre al potere di emettere divkai, che la presenza degli scettri dei khvruke" ottempera, quella più concreta di conferire a chi ne è in temporaneo possesso non solo l’autorità ma anche la possibilità di parlare di fronte a un uditorio che ascolta in silenzio e aspetta il proprio turno, la virtualità di una reale

comunicazione, marcata e garantita dalla circolarità dello spazio538, di una aperta distribuzione della propria opinione alle opinioni diverse e molteplici della collettività.

Lo stare seduti aspettando il proprio turno per alzarsi e parlare agli altri si comprende innanzi tutto in relazione a un fondamentale principio d’ordine: si tratta di una moltitudine di persone alcune delle quali non sono accomunate nè da parentela nè dalla medesima classe sociale nè dal fatto di abitare nello stesso oi\ko", persone che devono discutere con ordine di questioni che riguardano l’intera comunità. La norma può essere violata da cirocostanze particolari: l’assemblea radunata tra i Troiani dopo la notizia del rientro in guerra di Achille (S, 245 ss.) si svolge in piedi per l’agitazione e il terrore, per la quasi certezza che c’è ben poco da fare o da decidere per salvare la città se non affrontare valorosamente un destino di rovina ormai deciso da chi può più delle assembleee degli uomini.

L’idea di sedersi si connette, in almeno un esempio, a quella del “cerchio sacro”: nella scena dello scudo si dice che i gevronte" siedono ejpi; xestoi§si livqoi" iJerw/§ ejni; kuvklw/ e, con gli scettri degli araldi in mano, pronunciano a turno la propria sentenza. Le pietre levigate su cui siedono i vecchi, collocate circolarmente sì da creare esse stesse lo spazio circolare dell’ajgorav, richiamano alla mente il khvruko" livqo" di cui ci parla Plutarco539: Solone, per declamare il poema elegiaco che Plutarco identifica con il nome di “Salamina” sale sulla pietra riservata alle proclamazioni dell’araldo e situata nella piazza pubblica. In entrambi i casi si tratta di pietre, oggetti stabili investiti di un valore simbolico la cui collocazione è fissata là dove, di norma, si esplica la funzione di tali oggetti in relazione alle figure sociali che se ne servono per svolgere le proprie funzioni pubbliche nel centro vitale della comunità.

La parola circola secondo un ritmo regolato, nell’ottica di un’economia di mezzi e metodi che garantisce la compartecipazione e la comunicazione all’interno di una pluralità di uomini. Il senso da dare qui al genitivo khruvkwn, a prescindere da discussioni sul tradizionale attributo degli araldi più tardi chiamato khruvkeion e sulla sua eventuale identificazione con lo skh§ptron regale in epoca arcaica, è proprio questo: gli scettri sono “degli araldi” perché svolgono, oltre ad essere ajgavlmata e sedi della volontà di Zeus, la funzione regolatrice che gli stessi araldi svolgono. Nelle assemblee omeriche, spesso tumultuose, non c’è traccia di un’autorità direttrice, di una presidenza nel senso moderno del termine540. Vale la pena di notare come, tra le molteplici funzioni dei khvruke" nel mondo dei poemi omerici, il gesto della consegna dello scettro in assemblea sia l’unica prerogativa esclusivamente propria del kh§rux e di nessun’altra

537

Cfr. Detienne 1967, pp. 97- 130 e Gernet 1951, p. 56 e pp. 95-97 (= Gernet 1968 p. 205 e pp. 239- 241).

538

Sullo iJero;" kuvklo" cfr. Veneri 1984, pp. 349-356 e Cantarella 1979, pp. 251-257 (in particolare sul ruolo dei gevronte").

539

Plutarco, Vita di Solone, VIII, 2. 540

Moreau 1893, p. 221 in un vecchio articolo a carattere monografico sulle assembleee omeriche; cfr. anche i più recenti contributi di Cantarella 1979, pp. 112 ss. (sull’ajgorav) e pp. 119 ss. (sulla boulhv) e Carlier 1996, pp. 265-267.

figura. Costui, del resto, non può essere un uomo qualunque, deve avere l’autorità e la sacralità da parte di Zeus per essere rispettato e credibile, deve essere meno personale e più funzionale possibile, una sorta di oggetto sacro anch’esso che si esaurisce nelle proprie sacre funzioni e nei propri gesti carichi di significati simbolici.

La parola passa e il kh§rux si fa garante ancora una volta di un atto di reciprocità che fonda e connota la collettività in quanto gruppo coeso. La parola condivisa che il kh§rux attribuisce o distribuisce è, in virtù dello scettro, un suono efficace che ha il potere di suscitare il reale541: è forza consacrante e fondamentale atto di reciprocità, avvicina elementi differenti tra loro e li mette in contatto attraverso un principio di scambio.

Il kh§rux non solo possiede, porta e consegna temporaneamente la parola sotto la forma oggettivata dello scettro, compiendo un gesto rituale che garantisce preventivamente il consenso degli dei, ma ne è anche depositario esclusivo: egli rappresenta, in un certo senso, la parola stessa nella misura in cui essa è medium tra realtà o individui differenti.

La socialità e la percezione di una vita comunitaria sono il dato di partenza, la parola è lo strumento e il mezzo, la civiltà delle povlei" e l’iJsonomiva sono il nuovo che si intravede: l’ajgorav omerica si delinea come rappresentazione spaziale del gruppo che comincia ad avvertire il sentimento della collettività come fondamentale nel processo di definizione della propria identità, sentimento che sarà fondante nel processo di formazione della povli"542.

II.2. 3 khvruke", ajgkhvruke", ajgkhvruke", ajgkhvruke", ajgorav orav orav orav e qevmi" qevmi" qevmi" qevmi"

Quando Odisseo racconta ai Feaci l’esperienza vissuta nella terra dei Ciclopi ne qualifica immediatamente gli abitanti al negativo: prepotenti e privi di qevmi", uJperfiavloi e ajqemivstoi543

. La spiegazione estesa dei due aggettivi è data subito dopo, insieme alla descrizione di quella terra, il cui paesaggio incolto è giustificato dalle mancate abitudini di vita dei Ciclopi: essi non piantano piante nè arano la terra, non hanno ajgoraiv boulhfovroi nè qevmiste", poiché ciascuno qemisteuvei per sè; non hanno infine nè navi nè uomini che sappiano fabbricarne. Odisseo presenta la condizione di questa gente come paradigma di totale

541

Cfr. Meyerson 1948, p. 33. 542

Sul rapporto tra spazio e organizzazione politica cfr. Vernant 1965, pp. 243 ss. della trad. it. del 1970 e Vernant 1962, pp. 75-91. Sulla libertà di parola nel mondo antico cfr. Momigliano 1971, pp. 499 ss. 543

inciviltà, confermato poi dall’accoglienza da parte di Polifemo e dal suo ostentato atteggiamento nei confronti dell’ospitalità.

“Un’assemblea non è un’istituzione semplice. Essa richiede come presupposto una comunità relativamente ordinata, stabile, formata da molte famiglie e gruppi di parentela; in altre parole, una certa struttura territoriale sovrapposta alla parentela. Ciò significa che diverse case e gruppi familiari più ampi hanno sostituito alla coesistenza fisica in unità separate una certa esistenza comune, una comunità che comporta una rinuncia parziale alla loro autonomia”544.

La trattazione del problema del passaggio dall’età arcaica a quella classica in termini di mutamenti istituzionali e politici è molto complessa e non può essere affrontata in questa sede. Ciò che qui interessa è il ruolo della funzione sociale del kh§rux nel contesto dell’ajgorav e in relazione alle dinamiche che ne governano lo svolgimento, per come la questione si presenta nei poemi omerici: una riflessione di questo tipo può risultare fondamentale al fine di comprendere in maniera approfondita, osservando come e perché tale ruolo muta adattandosi alla nuova concezione della città, il valore dell’ajgorav come simbolo della vita associata, oltre che luogo fisico di incontro e scambio di opinioni.

Il nesso che, sin dai poemi omerici, lega ajgorav e qevmiste" può essere una chiave di lettura privilegiata del problema, soprattutto perché la coppia di termini e la funzione sociale e regolatrice che essi significano sono messe in stretta relazione con il possesso dello skh§ptron, prerogativa regale ma anche oggetto sacro che i khvruke" hanno il compito di mettere tra le mani di chi deve parlare o pronunciare qevmiste", anch’esse prerogativa dei re da parte di Zeus.

L’esistenza di un rapporto antico e profondo tra ajgorav e qevmi"/ qevmiste" si deduce da alcuni importanti passi omerici: in L si dice che Patroclo corse fino alle navi di Odisseo545

i[na sf jajgorhv te qevmi" te h[hn, th§/ dh; kaiv sfi qew§n ejteteuvcato bwmoiv

(…) dov’era per loro adunanza e tribunale ed erano pronti gli altari agli dèi.

(Trad. di G. Cerri)

Si tratta di un’adunanza in terra straniera, allestita provvisoriamente, priva dello spazio civico di riferimento, il nucleo temporaneo della vita della comunità degli Achei, legittimato e tutelato dalla presenza di altari opportunamente innalzati, in cui si riunisce l’ ajgorav “con la sua qevmi"”, così tradotto per tentare di rendere la stretta correlazione che il nesso te...te pone tra i due elementi. La qevmi" intesa come singolarità astratta è vista come la risultante delle varie decisioni prese da un capo unico, l’insieme dei principi latenti che si impongono a tutti i membri della comunità, una sorta di “codice” di tutte le singole qevmiste" lasciate nel tempo in eredità a tutte le famiglie delle città e a tutte le città. Da qui una qevmi" può risultare, più concretamente, come il giudizio che il giudice trova immediatamente nella propria coscienza, da collocarsi nella sfera di influenza divina, ordine categorico inviato direttamente da Zeus che fornisce come attributi agli emissari terreni del suo potere lo skh§ptron e le qevmiste": lo

544

Finley 1954, p. 57 della trad.it. del 1992. 545

scettro stesso è definito qemistei§on da Pindaro546. In I Nestore dice ad Agamennone che Zeus gli ha posto tra le mani (ejgguavlixe) scettro e qevmiste" affinchè egli deliberi per loro o diriga le loro deliberazioni. Benveniste interpreta tali qevmiste" come sentenze-leggi “di origine divina” e scrive: “Il re, l’eletto da Zeus, è investito di questi due attributi; uno materiale, lo scettro; l’altro, la conoscenza delle qevmiste"” e Gernet definisce lo scettro come la “fonte del potere regale” e individua nel gesto del brandire lo scettro la funzione e prerogativa regale di “emettere qevmiste"”547. Zeus infatti si adira e imperversa sugli umani se costoro bivh/ eijn ajgorh/§ skolia;" krivnwsi qevmista"548

“con violenza nell’ ajgorav producono sentenze contorte” cioè ingiuste, cacciando via la divkh senza curarsi dello sguardo costante degli dèi su di loro: dal passo si comprende come quella di divkh sia nozione in un certo senso più vasta di quella di qevmiı; secondo Glotz si tratta della “giustizia interfamiliare” da collocare nel quadro plurale della regolazione di conti tra varie famiglie ciascuna internamente gestita in virtù delle qevmiste" pronunciate dal proprio capo che, in seguito riunite insieme, assumono forte sacralità giuridica in quanto singolarità, “giustizia patriarcale” legata a ta; pavtria, cioè diventano qevmi".549

Potrebbe risultare stimolante un parallelo che non pretende alcun valore dimostrativo ma tenta di illuminare la questione dello sviluppo della funzione sociale del kh§rux nell’ottica più vasta dell’adattamento di concetti o figure arcaiche al sorgere e all’evolversi e differenziarsi di nuove realtà sociale e politiche: mi riferisco ad un raffronto tra le funzioni del kh§rux e quelle della divinità Qevmi" in rapporto al senso profondo della nozione astratta che essa rappresenta.

Qevmi" è divinità olimpica cantata dalle Muse esiodee sull’Elicona, nel proemio della Teogonia, insieme allo iJero;n gevno" degli altri immortali e, nella genealogia esiodea, è figlia di Urano e Gaia e ha generato a Zeus le {Wrai: Eujnomivh, Divkh, Eijrhvnh e le Moi§rai e, per dirla con Rudhardt, “nous constaterons que les enfants de Themis satisfont à ses exigences avec une efficacité supérieure à la sienne”550.

La personificazione di qevmi" è attestata in Omero: con l’interruzione dell’ira di Achille si preannuncia una svolta nella guerra e gli dèi sono chiamati a raccolta da Zeus, che si serve però dell’ausilio di Qevmi"551. Si tratta per lei di un ufficio consueto: Telemaco, con in mano lo scettro ricevuto dall’araldo Pisenore, durante la prima assemblea radunata dopo la partenza di Odisseo da Itaca, palesa la propria esasperazione per i soprusi dei Proci e invoca Zeus e Qevmi"

h{ t jajndrw§n ajgora;" hjme;n luvei hjde; kaqivzei (b, 69) che le assemblee degli uomini scioglie ed insedia

(Trad. di G. A. Privitera)

L’assenza stessa di assemblee a Itaca per vent’anni è segno di una violazione di norme reciproche in contesto sociale collettivo, una violazione della qevmi" che regola i rapporti interpersonali: dopo aver parlato in pubblico con in mano lo scettro ricevuto dal kh§rux

546

Pindaro, Olimpiche, I, 12. 547

Cfr. Gernet 1948, pp.104 ss. della trad. it. di Gernet 1968. 548

P, 387. 549

Per quanto riguarda gli obblighi e le funzioni del gevno" dei Khvruke" investito di particolari mansioni e privilegi nell’ambito dei Misteri Eleusini accanto a quello degli Eumolpidi e il legame di essi con ta; pavtria. Cfr. Aristotele, Athenaion Politeia XXXIX: To; d jiJero;n ei\nai koino;n ajmfotevrwn ejpimelei§sqai de; Khvruka" kai; jEumolpivda" kata; tav pavtria.

550

Cfr. Esiodo Teogonia vv. 16 ss.; vv. 135 ss. e vv. 901 ss.. La citazione è tratta da Rudhardt 1999, p. 44.

551

Per la personificazione di Qevmi" cfr. O, 87, 93, U, 5 e b, 68. Sulla funzione di chiamare a raccolta gli dèi nell’ Iliade, cfr. U, 5.

Pisenore, Telemaco scaglia a terra il simbolo dell’autorità regale violata e di fatto inesistente a Itaca, ma anche della parola concessa da Zeus e dal re per prendere decisioni comuni, anch’essa funzione inesistente o meglio inutile a Itaca, dove ormai da anni nessuno sente più l’esigenza di radunare la collettività per dare una notizia di interesse comune o per discutere di un affare che interessi tutto il dh§mo" (ti dhvmion v. 32).

Il nesso tra ajgorav e qevmi" si spiega non solo con il fatto che nell’ ajgorav vengono emesse delle qevmiste" intese più o meno come “sentenze” ma, prima di tutto, perché è qevmi" il principio che governa e regola le dinamiche interne all’assemblea, lo scambio e l’interrelazione tra i partecipanti talvolta numerosi, appartenenti a famiglie nobiliari diverse o alla massa del dh§mo", della gente che vive in quella terra. La qevmi" deve essere conosciuta per essere rispettata all’interno di una collettività più ampia e variegata della realtà di un singolo gruppo familiare e per questo più difficile da gestire: c’è bisogno di una norma in grado di regolare i rapporti interpersonali secondo una modalità e con una perentorietà più che umana, una norma che abbia al contempo la forza sacra di imporsi su ogni questione umana e la gravità di ciò che dipende direttamente dagli dèi552.

É in virtù di essa che Diomede può competere in assemblea con il re dei re, Agamennone, poiché, come lui dice, nell’ ajgorav è lecito (qevmi") contrastare, a parole, persino il sovrano assoluto553. É lo stesso principio, del resto, che regola i rapporti tra persone che vivono in paesi diversi, il principio che regola i vincoli di ospitalità: Eumeo risponde ad Odisseo che lo ringrazia della sua ospitalità dicendo che la qevmiı non gli permette di privare un ospite della timhv che gli spetta poiché è da parte di Zeus che arrivano ospiti e mendicanti554

.

Si tratta di una norma non scritta straordinariamente efficace e indispensabile quando due o più realtà sociali ed umane, singole o collettive più o meno distanti tra loro entrano in contatto e devono cercare una linea di condotta e un canale di comunicazione proficuo allo scambio e alla reciprocità; a maggior ragione dove si costituisca una collettività che interloquisce, interagisce e, a un livello successivo, discute e agisce per l’interesse comune, il rispetto della qevmi" è condizione necessaria. La qevmi" legittima in virtù della sua sacralità e regola per il suo caratttere normativo, tanto che la personificazione divina è il nume addetto a convocare, presiedere o sciogliere le assemblee degli dèi e degli uomini. La filiazione di Qevmi" con Zeus è costituita da Divkh, la “legge umana” che si contrappone a quella divina secondo Benveniste, jEunomivh e Eijrhvnh, cioè le {Wrai che vegliano sulle opere dei mortali e dalle Moi§rai che hanno ottenuto da Zeus la grande timhv di far avere ai mortali il bene e il male.

Qevmi" è il principio che governa e regola le dinamiche interne all’assemblea, lo scambio e l’interrelazione tra i partecipanti talvolta numerosi, appartenenti a oi\koi differenti o al dh§mo". É del resto lo stesso principio che regola i rapporti tra persone che vivono in paesi diversi, che regola cioè i vincoli di ospitalità555. Il campo semantico di qevmi" si pone agli antipodi rispetto a quello di u{bri" e si interseca con la nozione di ajgorav nel senso più complesso e totale di “fulcro della vita comunitaria”, sia con quella di xeniva556: non a caso a Tebe è testimoniata

552

Cfr. Daremberg-Saglio 1877-1919, s.v. THEMIS: “espressione personificata e consacrata dal sentimento religioso della regola che fa regnare la pace tra gli uomini e sanziona i loro rapporti con la divinità” Per quanto riguarda il nome comune, si dice che si tratta delle “regole stabilite all’origine oscura del mondo poiché la garanzia dell’ordine e dell’armonia sono necessarie alla sua esistenza”. 553

Cfr. I, 33. 554

Cfr. x, 56 ss. 555

Eumeo risponde ad Odisseo che lo ringrazia della sua ospitalità, che la qevmi" non gli permette di privare un ospite della timhv che gli spetta, poiché è da parte di Zeus che arrivano ospiti e mendicanti (O, 57). I Ciclopi, incuranti della legge sacra dell’ospitalità come dell’abitudine di riunirsi collettivamente in ajgoraiv, sono ajqevmistoi (i, 106 e 112).

556

Non a caso ad Egina è testimoniata anche in epoca antica l’esistenza di un simulacro di qevmi" nel