• Non ci sono risultati.

della parola

II. 2 4 La parola che passa e l’oggettivazione del diritto di parola

Due sono gli elementi che possiamo isolare, al solo scopo di comprendere meglio attraverso un principio di analisi che non ha valore assoluto, riguardo al rapporto tra khvruke" e ajgorav in Omero: il valore dell’adunanza di una collettività e il valore della parola sotto il segno della sacralità.

Il processo di oggettivazione di un’esigenza collettiva attraverso l’uso dello strumento comunicativo per eccellenza, la parola, culmina nella costituzione dell’ajgorav “adunanza di persone” poi “spazio del raduno” in cui si parla, si ascolta e si decide. Gli aspetti dell’oggetivazione e gli oggetti portano il marchio di una classe e di un momento. Il marchio che contrassegna l’ ajgorav per come essa nasce nella povli" che i poemi omerici ci presentano, si comprende anche attravero lo studio della funzione del kh§rux: l’autorizzazione a parlare in assemblea è oggettivata nello scettro e nel gesto del passaggio dello scettro dalle mani del kh§rux a quelle del parlante.

Il gesto della consegna connesso al passaggio circolare di mano in mano ha, con ogni probabilità, un forte e antico significato rituale: il possesso momentaneo dell’oggetto assicura il parlante sotto tutti gli aspetti: quando si presta giuramento si entra in qualche modo in contatto con la realtà divina, assicurandosi preventivamente il consenso per la buona fede e la solennità

con cui si compie l’atto e, analogamente a quanto accade nell’assemblea, si prende in mano lo scettro563.

Il graduale passaggio da una virtuale unità panellenica di gruppi nobiliari a un’effettiva, fisica unità di persone che si reifica nel momento dell’ajgorav, epifania e simbolo di un principio di vita collettiva e comunitaria che va oltre la logica del gruppo contrassegnato da comunanza di nascita, all’interno della realtà circoscritta di ogni singola povli"; il particolare momento di trapasso da una realtà organizzata in nuclei ristretti e compiuti alla costituzione di un gruppo sociale più ampio e composito che contempli anche la presenza di un dh§mo", di individui non necessariamente inseriti nel circuito di una famiglia nobiliare, necessita di potenti strumenti di comunicazione e mediazione che regolino il meccanismo complesso della reciprocità: la funzione del kh§rux, caratterizzata dall’autorevolezza che le conferisce il suo ruolo costante, solenne e rituale, in tutte le situazioni a carattere collettivo nel mondo degli eroi omerici, è tesaurizzata dalla povli" in qualità di potente medium di comunicazione.

Lo scettro è la sede fisica di una forza religiosa che dà la sicurezza contro ogni possibile violazione, oggetto presente e indispensabile laddove è necessaria una garanzia e una sanzione che lega gli uomini in relazioni di mutua obbligazione: il patto che contraggono implicitamente coloro che partecipano all’assemblea è quello di parlare quando è il proprio turno e di ascoltare in silenzio le parole degli altri con ordine, rispetto, senza fomentare contrasti inutili e gratuiti, senza pronunciare ingiurie. Tale è la condizione di esistenza dell’ ajgorav e tale è il peso simbolico dello scettro: chi, come Tersite, pur conoscendo molte parole e dotato di voce squillante (la stessa qualità sonora auspicata in un kh§rux, come si è visto), ingiuria, innnesca la lite e offende i re, è destinato a sperimentare una funzione più immediata ed elementare del bastone sacro, quella di oggetto contundente e punitivo e ad essere cacciato a colpi dall’adunanza: peplhvgwn ajgorh§qen ajeivkessi plhgh/sin564.

A questo proposito, Platone ci dà testimonianza di un’usanza diffusa nell’Atene di epoca classica: un ladro che rivende la refurtiva è destinato ad esser punito nell’ajgorav dal kh§rux con un numero di colpi pari al valore in dracme della merce rubata e non prima che il kh§rux stesso abbia annunciato di fronte a tutti a quale misfatto si deve una tale punizione565.

Ancora più interessante il fatto che nelle assemblee delle povleiı di età classica il kh§rux mantiene un ruolo di moderatore assai prossimo a quello che già dimostra nei poemi omerici: a lui è affidato l’annuncio che sintetizza, istituzionalizza e codifica il diritto individuale ad esprimere la propria opinione di fronte alla collettività, vale a dire la domanda tivı ajgoreuvein bouvletai;566

La mansione degli araldi omerici oltre al momento della convocazione, cioè l’autorità e l’autorevolezza per dare la parola ai presenti, si mantiene in epoca classica ma il gesto simbolico e rituale del passaggio dello scettro non risulta più produttivo: nessun cenno alla presenza di khruvkeion nelle assemblee civiche di età classica. Il dato più formale connesso all’idea di ritualità, svincolata da ogni implicazione religiosa e da ogni possibile simbolo del potere assoluto e monarchico, vale a dire la ripetitività, sembra tuttavia sopravvivere sotto la specie di una formula fissa, una domanda di rito che suona come un invito a intevenire, “chi desidera parlare nell’ajgorav adesso?”.

La parola il cui valore performativo e solenne, quasi magico-religioso, nel mondo degli eroi omerici è latente e depositato nell’oggetto sacro affidato alle mani del kh§rux ma omologo (e in certi casi confuso) rispetto al principale attributo del potere monarchico, a sua volta depositario di qevmiste" e della volontà di Zeus, entra nel dominio del cittadino, diventa 563 Cfr. K, 328. 564Cfr. B, 211 ss. 565 Platone, Leggi 917 e 1. 566

potenzialità che costui può scegliere di realizzare o meno. Una concessione dall’esterno si trasforma in una discrezione personale del singolo: la parola, ora, è del cittadino e sta a lui decidere se, come e quando farne uso.

La funzione dell’araldo in tale contesto è piuttosto formale: egli non è più l’affidatario dell’oggetto-simbolo ma solo un mediatore che mantiene l’ordine facendo sì che venga rispettata la regola del parlare uno alla volta.

La parola comunitaria inscindibile dall’oggetto sacro, la parola che gli astanti si dividevano, attendendo ciascuno il proprio turno secondo il rito del passaggio dello scettro, è ora qualcosa che appartiene per intero e di diritto al cittadino: costui, se vuole, può metterla in mezzo esprimendo la propria opinione di fronte alla collettività. Si tratta di una funzione necessaria non solo per questo motivo ma anche in quanto residuo di una pratica sistematica d’ordine che fonda il consorzio civile: la sua presenza muta con il mutare delle istituzioni stesse ma in un modo tale che non impedisce al significato remoto di perpetuare il proprio valore funzionale nel tempo.

Vale la pena di notare come, tra le molteplici funzioni dei khvruke" nel mondo dei poemi omerici, il gesto della consegna dello scettro in assemblea sia l’unica prerogativa esclusivamente propria degli araldi. I passi omerici in cui tale funzione è chiaramente descritta sono tre:

- S, 505: la scena giudiziaria del nei§ko" rappresentata nello scudo di Achille; - Y, 567: Menelao è adirato con Antiloco per il comportamento scorretto e

l’araldo gli mette in mano lo scettro per esprimersi al cospetto di tutti (ceiri; skh§ptron e[qhke): non siamo in una vera e propria ajgorav ma pur sempre nello spazio comune dell’ ajgwvn in cui si disputano le gare in onore di Patroclo e il contesto della lite oscilla tra una dimensione pre-giuridica e una nettamente religiosa e rituale: in questo spazio intermedio si colloca la richiesta di o{rko" da parte di Menelao come condizione indispensabile perché Antiloco possa ritirare il premio;

- b, 38: Telemaco, per parlare nella prima assemblea convocata a Itaca dopo vent’anni (dalla partenza di Odisseo in poi), riceve lo scettro dalle mani del kh§rux Pisenore e, alla fine del discorso, amareggiato lo getta a terra.

Il filo che unisce le tre scene è la presenza di una violazione delle norme di reciprocità in un contesto sociale e collettivo, un’infrazione grave che richiede la sanzione superiore che noi moderni riconosciamo nel concetto astratto di “giustizia” e che nel mondo degli eroi omerici è affidata a una molteplicità di oggetti, simboli, segni, funzioni, rituali. La funzione del kh§rux rientra in questa prospettiva.

A proposito della domanda di rito proposta dal kh§rux nelle assemblee cittadine, formula in cui si è mutato e convertito il gesto rituale del passaggio dello scettro, è doveroso aggiungere il dato, tramandatoci da Eschine567, per cui non solo in assemblea ma anche nei processi pubblici il kh§rux, in particolare la “sotto-categoria” del kh§rux tw§n logistw§n, pronuncia un pavtrion kai; e[nnomon khvrugma vale a dire l’identica domanda semplicemente variata dalla forma tivı ajgoreuvein bouvletai; “chi vuole parlare?” a quella tivı bouvletai kathgorei§n; che in un contesto chiaramente giuridico è rivolta ai giudici e suona come “chi vuole esprimere il proprio giudizio?”.

Gernet ha acutamente notato e argomentato che “le mot grec ajgwvn s’applique de préférence, d’une part, à la competition dans les jeux et, d’autre part, à la contestation en

justice” e che “cette homonimie peut avoir des raisons assez profondes”568: i premi per le gare, così come i premi l’“agone giurisprudenziale”, strutturato in una forma analoga a quella dell’agone rapsodico569, di cui la scena dello scudo sembra una testimonianza, sono posti nel centro dello spazio comune delimitato dal cerchio dei presenti, sia esso l’ ajgwvn o l’ajgorav: “c’est à dire, d’après un emploi specialisé du mot, dans le cercle intérieur autour duquel sont massés les spectaturs et qu’il n’est pas hors de propos de comparer au iJero;" kuvklo" de la scène judiciaire du bouclier d’Achille”570.

“La parola suscita il reale”571, è essenziale elemento mediatore nella formazione di una oggettiva reltà sociale e pre-civica. La parola è, in questo senso, “suono efficace”, forza consacrante e fondamentale atto di reciprocità. La parola serve ad avvicinare elementi differenti tra loro e metterli in contatto attraverso lo scambio. La funzione del kh§rux come garante di atti di reciprocità è ravvisabile, come abbiamo già visto, negli episodi in cui dei khvruke" sono addetti a portare e consegnare doni, episodi in cui emerge chiaramente il valore fondante, da un punto di vista sociale, dell’etica del dono, il tentativo di avvicinare due realtà diverse tramite un atto di reciprocità.

Il kh§rux non solo ha in custodia, porta e consegna temporaneamente la parola sotto la forma oggettivata dello scettro, compiendo così un gesto rituale, una sorta di ordalia anticipata che garantisce preventivamente il consenso degli dèi ma ne è depositario esclusivo, rappresenta, in un certo senso, la parola stessa nella sua qualità di mediatore tra realtà differenti, tra “ordini di grandezza” disomogenei come la realtà oggettiva (le forme di società) rispetto a quella soggettiva (le forme di pensiero), come una logica collettiva rispetto a una logica individuale o di un ristretto gruppo.

La parola ha un forte potere sacro nel suo essere definita e definitiva, tanto più se l’emissione è regolata basilarmente dalla qevmi" di cui il kh§rux è qualcosa di più che un passivo garante: ne è, per certi versi, oggettivazione.

II.3 Portare la parola tra gli uomini e gli uomini: una funzione di