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“In antico tutti i mezzi di comunicazione a distanza corrispondevano alla persona dell’ a[ggelo", del kh§rux, del nuntius o dell’orator. Hermes era, per l’appunto, la rappresentazione religiosa di tutto questo”.572

La funzione del kh§rux più attestata dalle fonti letterarie dopo Omero, soprattuttto dagli storici, alla quale il nome stesso della professione è immediatamente associato573, è senz’altro quella di porta-parola, messaggero in missioni diplomatiche di vario tipo.

568

Gernet 1947, p. 2 di Gernet 1955.

569

L’osservazione, interessante per le implicaizoni che abbiamo rilevato tra figura dell’araldo e aedo, tra parola del poeta e parola dell’araldo, si trova in Iliade 1996, p. 1015 n. 497-508 del commento di A. Gostoli.

570Gernet 1947, p. 13 di Gernet 1955.

571

Meyerson 1948, p. 35 della trad. it. del 1989. 572

Alcuni studiosi rubricano tale funzione sotto la categoria di “diritto internazionale”574 ma è significativo il fatto che le riflessioni di tali studiosi, pur isolando la questione del kh§rux omerico, non ne considerino affatto l’aspetto problematico della polifunzionalità ma lo identifichino sostanzialmente con un’improbabile funzione diplomatica.

L’idea di “diplomazia” è, come le distinte categorie di “pubblico” e “privato”, una di quelle che noi percepiamo inevitabilmente attraverso la mediazione di anni di storia sociale, politica e giuridica e, di conseguenza, dall’uso che se ne fa nelle nostra società moderne: in tal senso risulta inadeguata un’applicazione incondizionata del concetto per descrivere modalità di comunicazione proprie dell’epoca di cui ci stiamo occupando ma potrà essere utile appigliarvisi cautamente laddove certe modalità risultino per noi contraddottorie o incomprensibili. Se, infine, riusciamo a definire e distinguere appena, in epoca storica, ruoli e funzioni nel contesto di una generica “diplomazia”, la questione diventa ancora più intricata in Omero.

Nell’ambito civile, ma talvolta anche in quello religioso, come vedremo, nelle assemblee omeriche come in certi riti che coinvolgono intere collettività, il ruolo riconosciuto ai khvruke" nei poemi omerici è riconducibile alla funzione di mettere in contatto, al fine di stabilire un principio dinamico di scambio e di comunicazione, realtà differenti o distanti tra loro, funzione che trova il suo referente divino nella polivalenza di Hermes, il dio che con essi condivide, sin dai poemi omerici, il ruolo di porta-parola.

La funzione più nota del kh§rux realizza e mostra ancora più chiaramente tutto questo: alla base c’è un’esigenza imprescindibile da parte dei governanti di mettere in contatto tra loro realtà che altrimenti comunicherebbero con difficoltà o non comunicherebbero affatto: da questo punto di vista il ruolo mediatico dei khvruke" diventa fondamentale garanzia di ufficialità: dove interviene un ministro del re, è la volontà del re e quindi di Zeus, è la parola del re, riportata esattamente per come è stata pronunciata, a viaggiare con lui, veicolata, sia fisicamente che simbolicamente, dal bastone, quello che in età storica sarà definito khruvkeion575 ma di cui i poemi omerici ci mostrano chiaramente l’origine comune con lo

skh§ptron576

.

II. 3. 1 Messaggeri di Zeus, messaggeri degli uomini

Nel contesto di una guerra, evento che per antonomasia coinvolge direttamente l’intera collettività, l’esigenza di controllo dei rapporti interpersonali e diplomatici e quella di marcare l’ufficialità di certe proclamazioni e decisioni da parte del sovrano, si fa naturalmene più forte

573

Cfr. Chantraine 1968 s.v. kh§rux, p. 527 e RE Pauly-Wissowa s.v. Keryx pp. 349 ss.: in entrambi i compendi il primo significato segnalato è quello di “araldo, messaggero ufficiale”. Cfr. anche Esichio: kh§rux: a[ggelo", diavkono", presbeuthv". Khvruke": oiJ a[ggeloi, oiJ ta;ı uJphretika;" ejpitelou°§nte" pravxei".

574

Cfr. l’impostazione degli articoli di Audinet 1914, Wéry 1967 e Karavites 1987. 575

Cfr. Tucidide, I, 53, 1-2: si dice che uomini senza khruvkeion sono mandati dagli ateniesi come ultimo espediente per mettere fine alla guerra: o smetterla o ucciderli.

576

Janssen 1962 sostiene a p. 96 che lo scettro del kh§rux sia in realtà lo stesso scettro del sovrano, affidato fisicamente da quest’ultimo al suo inviato prima di una missione. L’ipotesi è affascinante ma nessun passo omerico ci viene definitivamente in aiuto. Cfr. tuttavia Easterling 1989 p. 105 che cita uno scolio: “The homeric scholia give a variety of hints. Hephaestus gave the skeptron to Zeus “as belonging to a king” (wJı basilikovn) and Zeus gave it to Hermes “as belonging to a messenger” (wJı khrukikovn)(Sch. A on 171- 7b)”.

e alcuni episodi dell’Iliade possono aiutarci a comprendere quanto peso effettivo e simbolico assuma la funzione del kh§rux in guerra.

Quando Taltibio ed Euribate, per conto di Agamennone, arrivano alla tenda di Achille, egli li accoglie benevolmente in qualità di Dio;" a[ggeloi hjde; kai; ajndrw§n e di emissari non corresponsabili (ouj ejpaivtioi)577. L’emistichio relativo alla sacra autorevolezza dei due personaggi, messaggeri degli uomini ma anche e soprattutto di Zeus, ricorre solo in un altro passo iliadico578, quello in cui i due khvruke" -uno dei Greci l’altro dei Troiani- interrompono il duello tra Ettore e Aiace e pone il problema della doppia qualifica e delle differenze e analogie tra kh§rux e a[ggelo"579.

Il termine kh§rux implica qui una funzione di rappresentanza rispetto a un essere umano, sia pure il Re dei Re; a[ggelo" si riferisce più in generale al portare una parola, un racconto o un ordine da una dimensione all’altra, sia pure quella divina rispetto a quella umana. Nessun dio omerico ha il suo kh§rux, nessun dio omerico è kh

§

rux e l’Hermes omerico, più tardi definito kh§rux degli immortali, non è nient’altro che un a[ggelo" come Iri, come il Sogno, come la Fama e come altri messi più o meno occasionali: gli dei utilizzano come porta-parola generici a[ggeloi. L’invio di un a[ggelo" non esige una risposta: egli non comunica in senso proprio ma, semplicemente, dice. L’episodio di A, 320- 344 ci offre l’elemento mancante, il dato che completa la funzione specializzata del kh§rux rispetto alla genericità dell’a[ggelo". Al v. 338 Achille chiama i due a testimoni di fronte agli dei, agli uomini e ad Agamennone della promessa solenne di negare d’ora in avanti il suo aiuto:

(...) tw; d jaujtw; mavrturoi e[stwn prov" te qew§n makavrwn, prov" te qnhtw§n ajnqrwvpwn kai; pro;" tou§ basilh§o" ajphnevo"

(...) ma essi mi siano testimoni

davanti agli dei beati e davanti agli uomini mortali anche davanti al re tracotante (...)

(Trad. di G. Cerri)

Essi non solo portano una parola ma sono testimoni580della risposta, della reazione che la parola del mittente ha suscitato nel destinatario, testimoni della nuova modalità di relazione che si è creata, in pratica della reciproca accettazione o meno delle ragioni dell’una parte rispetto a quelle dell’altra.

I principali basilh§e" omerici sono forniti ciascuno del proprio kh§rux, sia in tempo di guerra che di pace, fino ad Agamennone che ne ha addirittura due. Si potrebbe affermare che

577 A, 334- 335. 578 H, 274.

579

Osservazioni sulle differenze e sulle analogie tra kh§rux e a[ggelo" in Omero si trovano nell’articolo di Wéry 1967 e in Karavites 1987; l’approccio al problema di Longo 1977 e poi Longo 1981, pp. 27- 42, attraverso lo studio delle tecniche di comunicazione, giunge a conclusioni e offre spunti più stimolanti sulla questione, anche se non si limita al contesto omerico.

580

Il termine atematico mavrtu", -uroı non è attestato in Omero, ma troviamo, sempre al plurale, il corrispondente tematico mavrturoı, -ou in funzione predicativa: possiamo notare come la maggioranza delle attestazioni (7 su 9) si riferisca agli dèi in generale o a singole divinità (G, 280 gli dèi sono chiamati a testimoni e custodi degli o{rkia pistav; X, 274 ancora nel contesto di un giuramento; C, 255; a, 233; x, 394; p, 423; H, 76 nella variante ejpimavrturo"). Le uniche due eccezioni sono costituite dal passo in questione sui khvruke" di Agamennone e da B, 302 in cui Odisseo chiama direttamente tutti gli Achei a testimoni.

tutti i khvruke" sono di Zeus, dipendono dalla sua volontà, più in senso simbolico che

funzionale: Zeus non ha bisogno di khvruke" per comunicare ma gli uomini hanno bisogno di

sapere che i loro khvruke", come i loro re, sono protetti e dipendono direttamente da Zeus. Questo non solo perché i primi sono diretta emanazione delle volontà dei secondi, ma perché l’informazione, in quanto elemento che deve circolare tra gli uomini nello spazio e nel tempo, è preliminare alla comunicazione, alla creazione di legami e, in quanto tale, è sacra e non può disperdersi o alterarsi. La funzione del kh§rux omerico è funzione del tutto umana.

Al contrario di quanto avviene in A, 320-344, in H, 273-312 l’intervento dei due khvruke" non è stato deciso né ordinato dai capi dei due eserciti. Di solito un kh§rux esegue in silenzio gli ordini o ripete praticamente alla lettera le parole prescritte dal mittente581 ma qui Ettore stesso ripete la frase del kh§rux Ideo: nu;x d jh[dh televqei: ajgaqo;n kai; nukti; piqevsqai (H, 282= 293); è la legge naturale della notte ad essere richiamata dagli araldi, emissari dei potenti ma anche, soprattutto in questo caso, di Zeus con le sue leggi divine e incrollabili.

“Malgrado l’arrivo della notte nessuno dei due combattenti poteva prendere l’iniziativa di interrompere le ostilità, poiché avrebbe dato prova di vigliaccheria. Un intevento degli araldi si imponeva dunque per affermare loro che l’arresto del combattimento non era considerato come una defezione ma come una sottomissione piena di saggezza alla legge inesorabile della notte”.582

L’episodio del duello interrotto dall’intervento degli araldi è denso di elementi interessanti: innanzi tutto la qualifica dei khvruke" come Dio;" a[ggeloi hjde; kai; ajndrw§n ne richiama immediatamente il carattere sacro e venerabile, ribadito dall’insistenza sul dato della saggezza che prima accomuna i due inviati, pepnuvmenw a[mfw e poi qualifica Ideo, addetto a parlare, probabilmente perché è il più anziano tra i due, come si deduce dall’ultimo libro dell’Iliade.

Il secondo elemento da rilevare è la presenza fondamentale, nelle mani di entrambi gli araldi, dello scettro ma soprattutto il gesto, fortemente icastico e simbolico, di interporre i due scettri tra i combattenti. Lo scettro rappresetna la sacralità del potere regale e, collocato in mano a un araldo, indica che la sua autorità è delegata da parte del sovrano e sanzionata dalla divinità.

C’è poi un terzo elemento interessante: la Wéry, che si propone di studiare “la diplomatie à l’èpoque homérique” individua già in Omero una netta distinzione tra due differenti tipi di intermediari “internazionali”. L’araldo, con ruolo passivo di puro porta-parola e l’ambasciatore, addetto a un’attiva negoziazione, ma mette in evidenza il fatto che le istituzioni greche e troiane sono praticamente sovrapponibili. Il duale che qualifica Taltibio e Ideo congiuntamente associa i due araldi in stretta comunanza, una comunanza totale poiché, oltre allo stesso titolo e agli stessi attributi, i due compiono gli stessi gesti in nome di identici principi e detengono la medesima autorità simboleggiata dall’insegna dello scettro.

L’osservazione ci conduce a due ordini di considerazioni sui khvrukeı: innanzi tutto, osservando la questione da un punto di vista rigorosamente storico la disinvoltura con cui chi ha composto i poemi omerici ingloba in una stessa comunità linguistica Greci e Troiani, nonostante due accenni alla differenza di lingua tra gli alleati dei Troiani583, quella che la Wéry definisce “una sorta di convenzione epica” è l’oggettivazione di un elementare problema di comunicazione. La facilità a comprendersi non deve però ingannare sì da enfatizare troppo la licenza dell’aedo ad accomunare personaggi che appartengono a realtà fisicamente e

581

Su questo aspetto cfr. Longo 1981, pp. 43 ss. e Aloni 1998, pp. 77 ss. 582

Wéry 1967, p. 191. 583

culturalmente diverse e lontane tra di loro. La distanza sussiste e c’è un elemento che significa contemporaneamente tanto il punto e il momento di contatto e di scambio tra le due realtà quanto la loro differenza: la presenza dei khvruke". Essi dunque, nella dualità che li oppone e li rende speculari, traducono qui, da un lato, l’esigenza di correggere la licenza a far sì che tutti si comprendano tra loro e marcano la distanza tra le due parti in causa; d’altro canto la loro presenza significa contatto, scambio e reciprocità nel senso più completo del termine.

Gli araldi suggeriscono una tregua imposta dalle condizioni esterne e sanciscono con essa la necessità di uno scambio: Ettore dona al nemico la sua spada, Aiace la fascia di porpora

o[fra ti" w|d jei[ph/sin jAcaiw§n te Trwvwn te: hjme;n ejmarnavsqhn e[rido" pevri qumobovroio, hjd jau\t jejn fijejn fijejn fijejn filovthti dievtmagenlovthti dievtmagenlovthti dievtmagenlovthti dievtmagen ajrqmhvsante584.

In modo che parli così ogni Acheo e ogni Troiano:

“Prima i due si batterono in una lotta rabbiosa, ma poi, in piena amicizia, si separarono pacificati”. (Trad. di G. Cerri)

L’obbedienza alla tregua suggerita e al contempo ufficializzata dal gesto solenne dei khvruke" in quanto emissari di Zeus, è un dato praticamente scontato: ciò che qui interessa è la sanzione umana del patto, lo scambio dei doni che genera e celebra una modalità di entrare in contatto, un canale di comunicazione alternativo a quello del combattimento, quello, cioè, definito dal termine filovth" al verso 302.

C’è un atto preciso che lega e obbliga le due parti, un impegno totale che ha implicazioni sociali, regolato ed istituzionalizzato da rigide norme non scritte, qualcosa che sta nel dominio di quella qevmi" che, nella sua forma plurale, spesso è associata allo skh§ptron.

Il kh§rux è colui che mette in relazione o predispone al contatto, secondo un preciso rituale e regole di reciproca obbligazione, due realtà differenti o, al limite, ostili.

L’utilizzo del termine filovth"585 in H, 302 è notevole: in G, 73, 94, 256 e 323 il termine è associato agli o{rkia, i patti giurati alla cui ratifica rituale parteciperanno anche i khvruke". Sempre o{rkia è il termine che definisce i patti di tregua tra Greci e Troiani in seguito all’intervento di Ideo ed Euribate ad interrompere il duello di Ettore e Aiace e alla missione del kh§rux Ideo nel campo Acheo per chiedere ad Agamennone la tregua per la raccolta dei cadaveri586.

L’episodio di Glauco e Diomede, nel mostrarci due realtà economiche e sociali distinte e profondamente distanti, ci aiuta a capire meglio: una legge non scritta come quella dell’ospitalità rimarca la distanza spaziale tra i mondi e le società cui fanno capo i due eroi ma al contempo crea, o meglio rinnova, un legame profondo e pacifico, un canale di comunicaizone alternativo a quello del combattimento.

584

H, 300-302. Per descrivere il gesto simbolico dell’interposizione degli scettri tra i duellanti si dice che i khvruke" scevqon i loro bastoni: scevqein o ajnascevqein lo scettro è un gesto tipico della sanzione di un giuramento o di un patto.

585

Cfr. Kakridis 1963: si tratta di uno studio sulla sfera semantica di fivlo" e di xei§no", in funzione del rilevamento di una “sfumatura affettiva” dei termini analizzati, dietro cui l’autrice individua il fondamento di precisi legami umani più o meno istituzionalizzati. Sui legami tra filovth" e xeniva cfr. anche Adkins 1997, p. 706.

586

Cfr. H, 411: la tregua è sancita dagli o{rkia e dal gesto simbolico, da parte di Agamennone, di skh§ptron ajnasceqei§n. Da notare come, dopo la raccolta dei cadaveri, sia Troiani che Achei banchettano e bevono ma, prima di bere, libano a Zeus e versano il vino per terra.