Quantità meccaniche in coordinate lagrangiane
7.3. Distribuzioni di forze
Vogliamo ora introdurre l’altro ingrediente fondamentale delle equazioni di moto, oltre alle quantità cinematiche e alle masse, cioè le forze. Una imitazione dello schema matematico adottato per definire i corpi rigidi condurrebbe forse a scrivere la forza totale che agisce sull’i-esimo rigido
come Z
Λ(Di)
Fidµi(λ),
con Fi funzione da specificare (e discutere). Questo primo tentativo può essere esteso e migliorato almeno in due sensi:
A) Non è detto che la distribuzione di forze debba obbedire alla stesso schema della distribuzione di masse; per esempio un cubo (corpo rigido tridimensionale) può essere soggetto a un campo di forze distribuito in R3, ma anche a una forza concentrata in un punto o in una superficie, per esempio una faccia.
B) Non è neanche detto che tutte le forze debbano essere applicate a punti del sostegno del rigido Λ(Di); si pensi per esempio a un disco di materiale rigido di massa trascurabile orlato da un bordo sottile che abbia massa non trascurabile; un modello matematico ovvio per questo corpo rigido sareb-be quello della circonferenza materiale. Una forza potrebsareb-be però essere applicata nel centro del disco, quindi fuori della circonferenza Λ(Di). L’obiezione A) viene tenuta di conto sostituendo la funzione Fi da inte-grare in dµi(λ) direttamente con un differenziale, o meglio in termini matematici precisi, con una misura (vettoriale) dFi che potrà contenere sia parti distribuite che concentrate, come osservato sopra. Nella pratica la dFi sarà tale da consentirne l’integrazione elementare.
L’obiezione B) ha una risposta più semplice, ma forse più sottile: sosti-tuiamo al dominio di integrazione Λ(Di) tutto lo spazio delle coordinate solidali Λ∗i. Vale la pena di osservare che nel caso dei rigidi degeneri que-sto implica che l’elemento materiale sia soggetto solo a forze direttamente applicate a esso, e che l’asta rigida sia soggetta solo a forze applicate a punti del suo asse.
Resta da discutere il dominio di dFi, ossia le variabili da cui può dipen-dere. Anzitutto da λi che ne descrive il ‘punto di applicazione’. Poi dal tempo, come spesso accade nel caso di sistemi non isolati, e certo dalla posizione del rigido i-esimo, ma anche da quella degli altri rigidi: si pensi a due sfere collegate da una molla. Ammettiamo infine che le forze pos-sano dipendere dalle velocità, come per esempio è usuale in problemi con attrito.
7.3. DISTRIBUZIONI DI FORZE 105
Definizione 7.13. Introduciamo una distribuzione di forze dFi per ciascun rigido(Ci, ρi,Si),
dFi(ξ1. . . , ξnc, ˙ξ1, . . . , ˙ξnc, t; λi), (7.13) ove
dFi : Rnc×Rnc×I×Λ∗i →R3.
Chiamiamo distribuzione di forze in coordinate lagrangiane agenti sull’i-esimo rigido la
dFli(q, p, t; λi) = dFi
ξl1(q, t), . . . , ξlnc(q, t),
ℓ
∑
h=1
∂ξl1
∂qh(q, t)ph+ ∂ξ
l1
∂t (q, t), . . . ,
ℓ
∑
h=1
∂ξlnc
∂qh (q, t)ph+ ∂ξ
lnc
∂t (q, t), t; λi
, (7.14) con
dFli : Q×Rℓ×I×Λ∗i → R3.
Saremo interessati soprattutto alle dFli. Si noti che esse dipendono dalle coordinate λi di ciascun punto solidale con il moto di Si (pensato come punto di applicazione della forza), dalla configurazione e dall’atto di moto dell’intero sistema, mediante le q, ˙q = p, oltre che dal tempo t in modo anche esplicito.
Nel seguito considereremo solo i casi seguenti:
F.1 forze concentrate in punti isolati;
F.2 forze concentrate su curve;
F.3 forze concentrate su superfici;
F.4 forze distribuite in domini di R3.
Esempio 7.14. (7.F.1,7.F.2.) Asta omogenea soggetta al peso e a una forza applicata a una estremità.
Consideriamo un’asta di lunghezza L vincolata a muoversi nel piano fisso x3 =0 con un estremo nell’origine O.
In questo caso la rappresentazione lagrangiana del moto è Xl(ϕ; λ(s)) = (scos ϕ, s sin ϕ, 0),
con s ∈ D = [0, L]e ϕ ∈ (−π, π)coordinata lagrangiana. La parametriz-zazione nel senso della Sottosezione6.1.3è
λ(s) =s, s ∈D.
La densità sia data dalla costante ρ0 = m/L, con m massa dell’asta. Con la notazione della Definizione6.3, possiamo scegliere
XO(t) =0 , u(t) =cos ϕe1+sin ϕe2. (7.15) L’asta quindi ha la direzione di u. Il peso, che assumiamo diretto come e2, agisce come
dFlpeso(ϕ, ˙ϕ, t; λ) =ρ0ge2dµ(λ).
106 DANIELE ANDREUCCI
La forza applicata all’estremo s =Lsarà data dalla
dFlL =ke3×uδ(L,0,0)(λ)dλ , (7.16) ove con δ(L,0,0)indichiamo la massa di Dirac nel punto solidale(L, 0, 0). Si tratta quindi di una forza sempre ortogonale all’asta.
Calcoliamo la risultante delle forze date:
F =
Z
Λ∗
dFlpeso+ dFlL
=
Z
R
ρ0ge2dµ(λ) +
Z
R
ke3×uδ(L,0,0)(λ)
=mge2+ke3×u.
Esempio 7.15. (7.F.3.) Disco soggetto a forze tangenziali.
Consideriamo un disco di raggio R > 0 vincolato a muoversi nel piano fisso x3=0, con il centro nell’origine O.
In questo caso la rappresentazione lagrangiana è
Xl(ϕ; λ(s)) = (s1cos ϕ−s2sin ϕ, s1sin ϕ+s2cos ϕ, 0), con
s= (s1, s2)∈ D={s|s21+s22≤ R2},
e ϕ ∈ (−π, π) coordinata lagrangiana. La parametrizzazione nel senso della Sottosezione6.1.3è
λ(s) = (s1, s2, 0), s∈ D. Il sistema di riferimento solidale S è(O, uh), con
u1 =cos ϕe1+sin ϕe2, u2 =−sin ϕe1+cos ϕe2, u3 =e3.
(7.17) La forza, se è applicata in un punto, sarà per esempio data proprio dalla (7.16). Si noti che può risultare 0< L≤ R, o anche L> R.
In alternativa, volendo rappresentare una distribuzione continua di forze sul disco, per esempio proporzionale in modulo alla distanza dal centro, si avrà
dFl= kχD(λ1, λ2)δ{λ3=0}u3×Xldλ1dλ2dλ3, ove χD è la funzione caratteristica dell’insieme D.
Calcoliamo il momento di quest’ultima distribuzione di forze, con polo O:
M =
Z
Λ∗
Xl× dFl
=
Z
D
k{s1u1+s2u2} × {u3× [s1u1+s2u2]}ds1ds2
=
Z
D
k(s21+s22)u3ds1ds2
= π
2kR4u3.
7.4. FORZE CONSERVATIVE 107
Esempio 7.16. (7.F.3, 7.F.4.) Cubo soggetto al peso e a forze applicate su una faccia.
Consideriamo un cubo di spigolo L vincolato ad avere uno spigolo sul-l’asse fisso x3, libero di scorrere su di esso e di ruotare intorno all’asse medesimo.
In questo caso la rappresentazione lagrangiana dei moti solidali con il corpo rigido è
Xl(ϕ, z; λ(s)) = (s1cos ϕ−s2sin ϕ, s1sin ϕ+s2cos ϕ, s3+z), con
s= (s1, s2, s3)∈ D= [0, L]3,
e ϕ ∈ (−π, π), z ∈ R coordinate lagrangiane. La parametrizzazione nel senso della Sottosezione6.1.3è
λ(s) = (s1, s2, s3), s ∈D. Il sistema di riferimento solidale S è(A, uh), con
XA=ze3,
e(uh)come in (7.17). La densità sia data dalla funzione ρ(λ) =αλ21,
con α>0 costante. Il peso, che assumiamo diretto come−u3, agisce come dFlpeso(ϕ, ˙ϕ, z, ˙z, t; λ) =−αλ21ge3dµ(λ).
La distribuzione superficiale di forze sulla faccia λ3 = 0 sia, per β > 0 costante,
dFlsup(ϕ, ˙ϕ, z, ˙z, t; λ) =β|z|u1δ{λ3=0}χD(λ)dλ ,
che quindi risulta in pratica una misura di superficie sulla faccia stessa.
7.4. Forze conservative
Questa Sezione è collocata qui per coerenza di presentazione del materiale, ma troverà la sua motivazione con l’introduzione dell’ipotesi dei lavori virtuali nel Capitolo 8.
Nel contesto dei sistemi di corpi rigidi il concetto di forze conservative si può tradurre come segue.
Definizione 7.17. Un sistema di forze {dFi}ni=1 si dice conservativo se esiste una distribuzione di potenziale
dU(x1, . . . , xn; λ1, . . . , λn), xi ∈ R3, λi ∈Λ∗i , (7.18) tale che per ogni i=1, . . . , n,
dFi(ξ1, . . . , ξnc; λi) =
Z
Λ∗1
. . .fiZ
Λ∗n
∇xi dU X1, . . . , Xn; λ1, . . . , λn, (7.19)
108 DANIELE ANDREUCCI
ove l’integrale è ripetuto sui Λ∗j, j6=i; questo è indicato dalla notazione Z
Λ∗1
. . .fiZ
Λ∗n
.
Inoltre nell’integrale per brevità si è indicato con Xj =Xj(ξ1, . . . , ξnc; λj)
la funzione che esprime i moti solidali con il j-esimo rigido in dipendenza delle coordinate locali necessarie tra le ξi e delle coordinate solidali λj. Esempio 7.18. Il sistema è costituito da due aste rigide C1 di lunghezza R1 e C2 di lunghezza R2, vincolate entrambe al piano fisso x3 = 0, con un estremo nell’origine. Dunque il sistema ha nc = 10 coordinate locali e ℓ=2 gradi di libertà.
Descriviamo intuitivamente la sollecitazione che vogliamo modellare: cia-scun elemento x1dλ1di C1è attratto da ciascun elemento x2dλ2 di C2con una forza
−k(x1−x2)dλ1dλ2. (7.20) Qui k>0 è una costante.
Introducendo la distribuzione di potenziale
dU(x1, x2; λ1, λ2) =−2k|x1−x2|2χC1(λ1)χC2(λ2)dλ1dλ2, si vede subito che
∇x1 dU(x1, x2; λ1, λ2) =−k(x1−x2)χC1(λ1)χC2(λ2)dλ1dλ2, ossia la forza data in (7.20). Calcoliamo dunque rigorosamente, usando la (7.19), la distribuzione di forze dF1:
dF1(ξ1, . . . , ξ10; λ1) =
Z
Λ∗2
h−k(x1−x2)χC1(λ1)χC2(λ2)dλ1dλ2i
=−kχC1(λ1)dλ1
R2
Z
0
(X1(t; λ1)−X2(t; λ2))dλ2
=−kR2(X1(t; λ1)−X2(t; λ2M))χC1(λ1)dλ1. Qui si sono usati nell’ultima uguaglianza i seguenti semplici fatti: X1(t; λ1) è costante in λ2; l’integrale della posizione X2(t; λ2) lungo C2 è uguale a R2X2(t; λ2M), ove X2(t; λ2M)è la posizione del centro geometrico dell’asta C2.
Simmetricamente si trova dF2.
Si noti che la forza totale esercitata da C2su C1è espressa da Z
Λ∗1
h−kR2(X1(t; λ1)−X2(t; λ2M))χC1(λ1)dλ1i
=
−kR1R2(X1(t; λ1M)−X2(t; λ2M)), ove ovviamente X1(t; λ1M) è la posizione del centro geometrico dell’asta
C1.
7.4. FORZE CONSERVATIVE 109
In effetti nell’ambito della meccanica lagrangiana più che le dFi han-no importanza le seguenti funzioni, per motivi che diverranhan-no chiari nel Capitolo 8.
Definizione 7.19. Se dFli è una distribuzione di forze per (Ci, ρi,Si), allora si definiscono le componenti lagrangiane delle forze come
Qh(q, p, t) = Anche per le Qh si introduce un concetto di conservatività; premettiamo che tale proprietà è collegata alla conservatività delle dFi, ma non è a essa del tutto equivalente.
Definizione 7.20. Il sistema di componenti lagrangiane delle forze{Qh}ℓh=1
si dice conservativo se esiste una funzione Ul∈ C1(Q×I)tale che Qh(q, p, t) = ∂U
l
∂qh (q, t), h =1 , . . . ,ℓ. (7.22) La funzione Ulsi dice potenziale lagrangiano. In particolare quindi in un sistema conservativo, le Qh non dipendono dalle ˙q.
Esempio 7.21. Torniamo all’Esempio 7.18. Mostreremo con argomenti del tutto indipendenti da quelli lì svolti che la sollecitazione è conservativa nel senso della Definizione7.20.
Le due aste rigide C1 e C2 sono parametrizzate in coordinate lagrangiane ϕ, θ ∈ (−π, π)da
Xl1(ϕ; λ1(s)) =scos ϕe1+ssin ϕe2, 0≤ s≤R1, Xl2(θ; λ2(σ)) =σcos θe1+σsin θe2, 0≤ σ≤R2.
In particolare ciascun elemento di C1è attratto da ciascun elemento di C2
con una forza Nello stesso modo si ottiene
dFl2(ϕ, θ; λ2) =R1kR1
2 cos ϕ−σcos θe1+ R1
2 sin ϕ−σsin θe2
dλ2.
110 DANIELE ANDREUCCI
Per esempio il momento (rispetto all’origine) delle forze su C1è dato da Z
Λ∗1
Xl1× dFl1 = k
4R21R22sin(θ−ϕ)e3.
Torniamo però alla verifica della conservatività. Secondo la Definizio-ne 7.19si ottiene
Qϕ=
Z
Λ∗1
∂Xl1
∂ϕ ·dFl1+
Z
Λ∗2
∂Xl2
∂ϕ ·dFl2 =
Z
Λ∗1
∂Xl1
∂ϕ ·dFl1 = 1
4R21R22ksin(θ−ϕ), come si vede con una semplice integrazione. Simmetricamente si ottiene anche
Qθ = 1
4R21R22ksin(ϕ−θ),
Si osservi la notazione di uso frequente Qϕ, Qθ al posto di Q1, Q2. Si vede subito che ponendo
Ul(ϕ, θ) = 1
4R21R22kcos(ϕ−θ), (7.24) si ha
∂Ul
∂ϕ = Qϕ, ∂Ul
∂θ =Qθ,
confermando che le forze assegnate sono conservative in senso
lagrangia-no.
Come accennato, i due concetti di forze conservative sopra introdotti sono collegati. In sostanza, le componenti lagrangiane delle forze si calcolano come derivate dell’integrale di dU nella corrispondente coordinata lagran-giana, un po’ come la distribuzione dFi è stata ottenuta nella (7.19) come gradiente dell’integrale di dU nelle coordinate cartesiane corrispondenti.
Tuttavia, nel caso delle componenti lagrangiane, si dovrà integrare su tutte le coordinate λi, come risulta dalla Definizione7.19.
Questo è spiegato rigorosamente dal seguente risultato.
Teorema 7.22. Se il sistema di forze {dFi}ni=1 è conservativo nel senso della Definizione7.17, il sistema di componenti lagrangiane delle forze{Qh}ℓh=1è con-servativo nel senso della Definizione 7.20, e i rispettivi potenziali sono collegati da
Ul(q, t) =
Z
Λ∗1
· · ·
Z
Λ∗n
dU Xl1(q, t; λ1), . . . , Xln(q, t; λn); λ1, . . . , λn, (7.25)
ove l’integrale è calcolato in tutte le variabili λj, j= 1, . . . , n.
7.4. FORZE CONSERVATIVE 111
Esempio 7.23. Riprendiamo il sistema degli Esempi 7.18 e 7.21; in essi abbiamo svolto considerazioni indipendenti, ma qui vogliamo mostrare che i potenziali trovati sono collegati dalla (7.25).
Infatti calcoliamo, usando la (7.25), e il potenziale dU dell’Esempio7.18il potenziale lagrangiano:
Questa è la stessa funzione data in (7.24), a parte una inessenziale costante
additiva.
Osservazione 7.24. Nelle ipotesi del Teorema7.22, e se i vincoli sono fissi, il potenziale Ul non dipende in modo esplicito dal tempo t, perché non
ne dipendono i moti Xli.
Osservazione 7.25. Il Teorema7.22dà solo una condizione sufficiente af-finché il sistema delle componenti lagrangiane delle forze sia conservativo.
In alcuni casi, questo può accadere anche in presenza di sistemi di forze non conservativi nel senso classico (che poi è quello della Definizione7.17).
Un caso notevole è quello di sistemi con un solo grado di libertà; in questo caso si ha una unica coordinata lagrangiana q1, e la componente lagran-giana delle forze dipende solo da essa, oltre che eventualmente dal tempo, cosicché
112 DANIELE ANDREUCCI
Esempio 7.26. Un punto materiale è vincolato a muoversi sul cilindro di asse coincidente con l’asse x3 del sistema fisso e di raggio R. Su di esso agisce la forza
F1(x1) =αx1e1+βx1e2,
con α, β > 0. Qui indichiamo con x1 = (x1, x2, x3) il vettore di coor-dinate nel sistema fisso. Si verifica facilmente che F1 non è conservati-va nel senso della Definizione 7.17. Tuttavia scegliendo ad esempio la parametrizzazione lagrangiana
Xl1(ϕ, z) =Rcos ϕe1+Rsin ϕe2+ze3, (ϕ, z)∈ (−π, π)×R, si calcola
Qϕ(ϕ, z) = ∂X
l1
∂ϕ (ϕ, z)·F1(Xl1(ϕ, z)) = 1
2R2(−αsin(2ϕ) +β+βcos(2ϕ)), Qz(ϕ, z) = ∂X
l1
∂z (ϕ, z)·F1(Xl1(ϕ, z)) =0 .
Dunque il potenziale lagrangiano sarà ad esempio Ul(ϕ, z) = 1
2R2 α
2 cos(2ϕ) +βϕ+ β
2sin(2ϕ).
Si consiglia di rivedere questo Esempio dopo aver svolto l’Esercizio ??.
CAPITOLO 8