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Sistemi vincolati a un piano

Vincoli. Coordinate lagrangiane

4.5. Sistemi vincolati a un piano





∂ξl1

∂q1 . . . ∂ξ∂ql1 . . . .

. . . .

∂ξlnc

∂q1 . . . ∂ξ∂qlnc



 (4.9)

ha caratteristica massima, pari a ℓ, per ogni qQ, tI.

Definizione 4.10. Con la notazione introdotta sopra, le funzioni

ξj =ξlj(q, t), j=1 , . . . , nc, (4.10) si dicono la rappresentazione lagrangiana del moto.

Le qh si dicono anche coordinate lagrangiane. 

Osservazione 4.11. Nello stesso spirito dell’Osservazione 4.5, suppor-remo sempre che se tutti i vincoli sono fissi le ξlj non dipendano da

t. 

4.5. Sistemi vincolati a un piano

Consideriamo il caso di un sistema di n punti Pi vincolati a stare sullo stesso piano costante, per esempio

x3=0 . Se i vincoli sono in tutto m si avrà allora

n≤m<nc=3n . Infatti tra i vincoli appariranno almeno:

ξ3i =0 , i=1, . . . , n , (4.11) ove

Xi(t) =ξ3i2e1+ξ3i1e2+ξ3ie3.

Supponiamo per definitezza che i vincoli in (4.11) siano i primi n.

Si può supporre inoltre che gli altri eventuali vincoli fj non contengano le ξ3i, che sono costanti, ossia si assume che

∂ fj

∂ξ3i =0 , n <j≤m. (4.12) Allora le righe 1≤ in della matrice iacobiana (4.4) sono ciascuna nulla con l’eccezione dell’elemento di posto 3i, che vale 1. Le colonne di posto 3i avranno solo questo elemento diverso da 0.

Risulta quindi chiaro che la caratteristica della matrice iacobiana è mas-sima se e solo se lo è quella della matrice ridotta ottenuta cancellando le righe corrispondenti ai vincoli (4.11) e le colonne corrispondenti al-le coordinate ξ3i. In sostanza, dal punto di vista della parametrizzazio-ne lagrangiana, i vincoli (4.11) si possono considerare in modo implicito, rappresentando il moto in uno spazio a due dimensioni

Xi(t) =ξ3i2e1+ξ3i1e2. (4.13) Nel caso particolare in cui m = n, cioè non ci sono altri vincoli oltre a quelli in (4.11), i moti Xi in (4.13) sono liberi.

4.5. SISTEMI VINCOLATI A UN PIANO 51

Esempio 4.12. Consideriamo un punto P sottoposto al solo vincolo di appartenere al piano x3 = 0. Come coordinate lagrangiane possiamo scegliere le coordinate cartesiane, o anche quelle polari. Sviluppiamo quest’ultima scelta:

x1=rcos ϕ , x2=rsin ϕ , con

(r, ϕ)∈Q= (0, ∞)× (−π, π). Vale

(x1, x2)

(r, ϕ) =

cos ϕrsin ϕ sin ϕ rcos ϕ

 , che ha determinante pari a r >0.

Definiamo

u(ϕ) = (cos ϕ, sin ϕ), τ(ϕ) = (−sin ϕ, cos ϕ).

Il versore u si dice versore radiale, e τ si dice versore trasversale. Si noti che du

=τ,

=−u. Dunque

X(t) =r(t)u ϕ(t), (4.14) e la velocità è data da

v(t) = ˙r(t)u ϕ(t)+r(t)˙ϕ(t)τ ϕ(t). (4.15) Il primo termine a destra nella (4.15) si dice velocità radiale, e il secondo velocità trasversale. L’accelerazione si ottiene derivando v come

a(t) = [¨r(t)−r(t)˙ϕ(t)2]u ϕ(t)+ [2˙r(t)˙ϕ(t) +r(t)¨ϕ(t)]τ ϕ(t). (4.16) Come già fatto per la velocità si definiscono le accelerazioni radiale e tra-sversale.

Da notare l’espressione

|v|2 = ˙r(t)2+r(t)2 ˙ϕ(t)2.

 Esempio 4.13. Consideriamo un sistema formato da due punti vincolati al piano x3 =0, con coordinate cartesiane

P1= (ξ1, ξ2), P2 = (ξ4, ξ5), sottoposti ai vincoli

ξ21+ξ22 = R2, (4.17) (ξ4ξ1)2+ξ22 = L2, (4.18)

ξ5 =0 . (4.19)

Dunque P1 è vincolato alla circonferenza di raggio R > 0, e centro nel-l’origine, P2 è vincolato all’asse x, e i due punti sono a distanza fissa L>0.

È chiaro che l’insieme delle configurazioni ammissibili Ξf è non vuoto per ogni scelta di R e L. Tuttavia, se e solo se R = L, in certe configurazioni

52 DANIELE ANDREUCCI

i vincoli non sono olonomi: si veda la Figura 4.1. I dettagli sono nella Sezione4.10.

A)

ξ1 ξ2

ξ4

B)

ξ1 ξ2

ξ4

C)

ξ1 ξ2

ξ4

Figura 4.1. Il cilindro retto ha equazione (4.17); quello obli-quo ha equazione (4.18). Ξf è dato dall’intersezione dei due cilindri.

A) R >L, R/L=1, 1: Ξf è formato da due curve regolari.

B) R= L: Ξf è formato da quattro curve regolari, e da due punti in vicinanza dei quali Ξf nonè una curva regolare.

C) R< L, R/L=0, 9: Ξf è formato da due curve regolari.

 4.6. Coordinate locali canoniche per un sistema rigido non degenere Per motivi tradizionali e di compatibilità con la notazione successiva, usia-mo qui il termine sistema rigido non degenere come sinoniusia-mo di sistema di riferimento mobile S = (XO,M) nel senso della Definizione 2.26, con M = (uh).

È chiaro che per definire la posizione di S in R3 sono necessarie sei coordinate, che noi scegliamo come

• le tre coordinate cartesiane xhO dell’origine O diS;

• le tre coordinate necessarie a specificare la posizione della terna mo-bile M = (uh).

(Il termine degenere sarà riservato a casi come quello dell’asta rigida o del punto, che non soddisfano quest’osservazione e richiedono un numero di coordinate inferiore.)

Sono possibili varie scelte di coordinate per stabilire la posizione di M. Per convenzione ci riferiremo alla seguente come canonica.

Consideriamo (con la notazione di (2.27)) due moti solidali conS

X(t; λ), X(t; λ′′), (4.20)

4.6. COORDINATE LOCALI CANONICHE PER UN SISTEMA RIGIDO NON DEGENERE 53

con λ, λ′′ scelti in modo tale che questi due punti, insieme con XO(t), formino una terna di punti non allineati. Nei capitoli successivi aggiunge-remo un’altra ipotesi sulla scelta di λ, λ′′, si veda l’Osservazione6.5.

Si può verificare (vedi sotto per i dettagli) che le componenti di u1, u2, u3, nella base(eh)si possono esprimere in termini delle tre coordinate reali

ζ1, ζ2, ζ3, individuate da

X(t; λ) =XO(t) +ζ1e1+ζ2e2+ζe3,

X(t; λ′′) =XO(t) +ζ3e1+ζ′′e2+ζ′′′e3. (4.21) Questa scelta di coordinate, come del resto ogni altra possibile, non è valida per alcune posizioni diM.

Anche per indagare questo punto, osserviamo che le coordinate scelte individuano la posizione di Mmediante quella dei due vettori solidali

X(t; λ)−XO(t), X(t; λ′′)−XO(t). (4.22) Le 6 coordinate introdotte sopra sono quindi soggette ai 3 vincoli (talvolta detti appunto di rigidità) (4.23) e (4.30). Il minore corrispondente alle coordinate ζ, ζ′′, ζ′′′ della matrice iacobiana relativa è non singolare se e solo se

ζ 6=0 , ζζ′′ζ2ζ′′′ 6=0 ,

ossia se il primo dei due vettori in (4.22) non giace sul pianohe1, e2i, e se le proiezioni di entrambi su tale piano non sono parallele. Queste sono le condizioni per la validità della scelta di coordinate fatta sopra.

Si vedano sotto i dettagli, in particolare per l’aperto di definizione delle 3 coordinate.

Dettagli tecnici: Costruiamo qui una terna solidale e insieme ne troviamo le coordinate canoniche; comunque è chiaro che, trovate le coordinate di una terna solidale, quelle di una qualunque altra terna solidale si ottengono dalle prime mediante una rotazione costante nel tempo.

Scegliamo ζ1, ζ2come in (4.21). Si noti che ζrisulta allora funzione delle 2 coordinate ζ1, ζ2, in virtù del fatto che le distanze

L:= XO(t)X(t; λ) , L′′:= XO(t)X(t; λ′′) , (4.23) si mantengono costanti. Cioè vale

ζ= q

(L)2ζ21ζ22,

ove la scelta della radice positive esprime una limitazione sulle posizioni ammesse perM. Anche la lunghezza α del vettore

f

u2=X(t; λ)XO(t)×X(t; λ′′)XO(t)

si mantiene costante; si noti che α > 0 per l’ipotesi che i tre punti siano non allineati.

Poniamo allora

u3= 1 L

X(t; λ)XO(t), (4.24)

u2= 1

αfu2. (4.25)

È ovvio che u2 e u3sono ortonormali. Mostriamo che si possono esprimere in funzione delle ζh.

54 DANIELE ANDREUCCI

Introduciamo per brevità la notazione ηj= ζj

L. j=1 , 2 . (4.26)

Allora, la posizione di u3viene individuata dai due parametri

(η1, η2)B1:={(z1, z2)R2|z21+z22<1}, (4.27) cosicché

u3=η1e1+η2e2+ q

1η21η22e3. (4.28) La posizione di u2 viene perciò individuata dalle 2 coordinate ζ1, ζ2e, in principio, dalle 3 coordinate ζ3, ζ′′, ζ′′′. Tuttavia devono valere

(ζ3)2+ (ζ′′)2+ (ζ′′′)2= (L′′)2, (4.29) (ζ1ζ3)2+ (ζ2ζ′′)2+ (ζζ′′′)2=d2, (4.30) ove

d:= X(t; λ)X(t; λ′′) >0 .

Questo sistema permette di ricavare ζ′′e ζ′′′in funzione delle ζh. Resta quindi dimostrato che anche la posizione di u2viene individuata dalle medesime 3 coordinate.

Infine

u1=u2×u3. (4.31)

Si noti che alcune posizioni restano escluse da questa scelta, per esempio quelle ove u3·e3 0. Le posizioni ove u3·e3 < 0 si ottengono cambiando il segno della terza componente di u3nella (4.28), mentre quelle limite ove u3·e3=0 richiedono una diversa scelta della parametrizzazione. Considerazioni analoghe valgono anche per u1 e u2, per-ché, in modo analogo a quanto fatto per la ζ, anche nella determinazione di ζ′′ e di ζ′′′

va scelto il segno di certe radici quadrate.

Per completezza perseguiamo i calcoli fino a determinare l’aperto di variabilità di ζ3. Si noti che la (4.29) e la (4.30) si possono scrivere come

(ζ′′)2+ (ζ′′′)2= (L′′)2ζ21=: C1>0 , (4.32) ζ2ζ′′+ζζ′′′=1

2[(L)2+ (L′′)2d2]ζ1ζ3. (4.33) Ci interessa determinare per (ζ1, ζ2) B1 fissato l’insieme di valori di ζ3 che rendono risolubile (4.32)–(4.33) in(ζ′′, ζ′′′). In queste ultime due coordinate, la (4.32) è una cir-conferenza di centro l’origine e raggio C1, mentre la (4.33) è una retta la cui distanza dall’origine è data da

C3:= |C21ζ3| 2q

ζ22+ (ζ)2

, ove C2:= (L)2+ (L′′)2d2.

Dunque la risolubilità cercata equivale a C32<C2

1, ossia a

4(L)2ζ234C2ζ1ζ3+C224(L′′)2[ζ22+ (ζ)2] <0 . (4.34) Imponendo ora l’usuale condizione che il discriminante D del trinomio in ζ3 nella (4.34) sia positivo otteniamo, ricordando anche che ζ2+ (ζ)2= (L)2ζ21, la

D=4[(L)2(L′′)2C22][(L)2− (ζ1)2] >0 , che certo è verificata in quanto vale

d2= (L)2+ (L′′)22LL′′cos ϕ>(L)2+ (L′′)22LL′′, ove ϕ è l’angolo compreso tra i due vettori

X(t; λ)XO(t), X(t; λ′′)XO(t), e quindi cos ϕ<1. Dunque la condizione su ζ3è

ζ3(ζ1) <ζ3<ζ+

3(ζ1), ζ3±(ζ1) = C2ζ1±C4

q

(L)2ζ21

2(L)2 , (4.35)

4.6. COORDINATE LOCALI CANONICHE PER UN SISTEMA RIGIDO NON DEGENERE 55 ove

C4=

q4(L)2(L′′)2C22>0 .

Infine per dimostrare che ζ′′ e ζ′′′sono funzioni regolari di ζ3basta applicare il teorema del Dini e l’osservazione che la matrice iacobiana di (4.29) e (4.30), cioè

3 ′′ ′′′

ζ1 ζ2 ζ

 ,

ha ultimo minore non singolare al di fuori delle posizioni ove ζζ′′ = ζ2ζ′′′. In queste ultime posizioni in effetti la coordinata ζ3non è una scelta valida. Tuttavia esse corrispon-dono a punti di tangenza della circonferenza (4.29) e della retta (4.30), mentre la D >0 e la (4.35) garantiscono che esse sono secanti.

In conclusione, l’aperto di definizione delle coordinate locali risulta:

ζ12+ζ22<(L)2, ζ3(ζ1) <ζ3<ζ+

3(ζ1), (4.36)

ove le ζ±3 sono definite in (4.35).

Definizione 4.14. I parametri

(x1O, x2O, x3O, ζ1, ζ2, ζ3)

si dicono coordinate locali canoniche del sistema rigido non degenereS.  Metodo 4.15. (Rappresentazione del moto diS in coordinate locali) Denotiamo con uloch la funzione che esprime uh in termini delle coordinate locali.

Un qualunque moto solidale con S può essere rappresentato, fissando in modo opportuno le coordinate solidali λ= (λh)∈ R3, da Infatti i prodotti uh·ej sono calcolati usando le (4.25), (4.28), e (4.31).

Se si usano invece altre scelte di coordinate, per esempio, le (4.39), (4.44), (4.45), queste possono essere sostituite nella (4.37), ottenendo X(t; λ) in

funzione di xhO, ϑh. 

Osservazione 4.16. La velocità v e l’accelerazione a di ciascuno dei moti

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