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Rappresentazioni nel piano delle fasi Definizione 1.32. La curva

dtW ψ(t), ˙ψ(t)=− ∇U ψ(t)· ˙ψ(t) + ˙ψ(t)· ¨ψ(t)

= ˙ψ(t)·a ˙ψ(t)<0 ,

(1.59) ove nell’ultima disuguaglianza abbiamo assunto ˙ψ(t)6=0.

Dunque, per t1< t2 possiamo scrivere

W ψ(t2), ˙ψ(t2)W ψ(t1), ˙ψ(t1)=

t2

Z

t1

˙ψ(t)·a ˙ψ(t)dt .

Pertanto, se nell’intervallo [t1, t2] esiste almeno un t tale che ˙ψ(t) 6= 0, la (1.40) resta dimostrata. Se viceversa, su tale intervallo la ˙ψ(t) si annulla identicamente, questo implica che per t1<t <t2

ψ(t) = ¯z , ¨ψ(t) = f(¯z, 0) =0 .

Questo però implica che ¯z =zeq, ossia che l’unica soluzione su cui W non è strettamente decrescente è l’unico equilibrio.

Abbiamo verificato quindi tutte le ipotesi del Teorema 1.23, e ne segue

l’asintotica stabilità. 

Osservazione 1.31. Nelle applicazioni meccaniche, ove N = 3, il termine ain (1.57) è dovuto all’attrito e prende la forma

a(y2) =− ∇ R(y2), R(x1, x2, x3) =

3

h=1

αhx2h, αh>0 . (1.60)

La funzioneR si dice funzione di Rayleigh. 

1.5. Rappresentazioni nel piano delle fasi Definizione 1.32. La curva

{ϕ(t)|t∈ J} ⊂RN,

ove ϕ è una soluzione massimale di (1.4) definita nell’intervallo J, si dice

orbita del sistema differenziale. 

Noi saremo interessati soprattutto al caso dei sistemi differenziali autono-mi

˙y= F(y). (1.61)

Teorema 1.33. Se un’orbita del sistema autonomo (1.61) si autointerseca, cioè se ϕ(t1) =ϕ(t2)

per due diversi istanti t1, t2 ∈ J, allora corrisponde a una soluzione periodica.

Dimostrazione. Basta prendere nell’Osservazione 1.9 t0= t1, T= t2t1,

se per esempio t2 >t1. 

Teorema 1.34. Se due orbite del sistema autonomo (1.61) si intersecano, allora coincidono.

14 DANIELE ANDREUCCI

Dimostrazione. Siano ϕ1 e ϕ2 le due soluzioni corrispondenti alle due orbite γ1e γ2che si intersecano nel punto

ϕ1(t1) =ϕ2(t2). Per l’Osservazione1.8, le due funzioni

t7→ϕ1(t), t7→ϕ2(t+t2−t1),

sono soluzioni dello stesso problema di Cauchy, con istante iniziale t1 e dato iniziale ϕ1(t1). Dunque, per il teorema di unicità di soluzioni si ha

ϕ1(t) =ϕ2(t+t2t1),

per ogni t nel comune intervallo di definizione. Quindi, visto che ϕ1 è massimale, si ha γ2γ1.

Ragionando in modo simmetrico si conclude γ1γ2 e si conclude la

dimostrazione. 

Nel caso di sistemi differenziali con due incognite scalari, ossia nel caso in cui N =2 nella notazione precedente, l’orbita è una curva piana.

In questo caso si ricade partendo da un’equazione autonoma del secondo ordine

m ¨x=F(x), (1.62)

e riconducendola a un sistema del primo ordine, come nel Metodo1.4. In questo contesto, è tradizionale indicare le coordinate cartesiane nel piano in cui si tracciano le orbite con (x, p), con p che corrisponde a ˙x. Questo piano viene detto piano delle fasi, e il diagramma delle orbite in esso ritratto di fase; spesso dalla sua osservazione si trae un’idea intuitivamente chiara del comportamento delle soluzioni del sistema.

In particolare, definiamo il potenziale U(x) =

Zx x0

F(s)ds , ove x0 è fissato ad arbitrio nel dominio della F.

Proposizione 1.35. Se ϕ è una soluzione di (1.62), la funzione E(t):=−U ϕ(t)+ 1

2m ˙ϕ(t)2 (1.63) si mantiene costante nell’intervallo di definizione di ϕ.

La E si dice energia.

Dimostrazione. Deriviamo in t

E(˙ t) =−U ϕ(t)˙ϕ(t) +m ˙ϕ(t)¨ϕ(t) = ˙ϕ(t)hm ¨ϕ(t)−F ϕ(t)i=0 .

 Per la Proposizione1.35, sulle orbite di (1.62) deve valere

U(x) + 1

2mp2 =E, (1.64)

1.5. RAPPRESENTAZIONI NEL PIANO DELLE FASI 15

ove E indica il valore costante assunto da E sull’orbita in questione. Si noti che tale valore varia al variare dell’orbita. Risolvendo la (1.64) in p si ottiene

p=± r2

m

E+U(x). (1.65)

π π

x p

Figura 1.1. Le orbite di 2 ¨x = −sin x. Sono disegnate le orbite corrispondenti a E = 0.5, E= 1, E = 2, e i punti di equilibrio stabili e instabili.

L’ambiguità di segno nella (1.65) merita una discussione. Sia dunque (x0, p0) un punto del piano per cui passa un’orbita γ. Questa è unica per il Teorema1.34. Si hanno i casi seguenti:

• p0>0: in questo caso γ è contenuta, almeno in un intorno di(x0, p0) nel semipiano p > 0, e quindi nella (1.65) va preso il segno positivo, almeno in questo intorno. Tale scelta va mantenuta nell’intervallo ove il termine all’interno della radice in (1.65) si mantiene positivo.

p0<0: caso simmetrico del precedente: qui va scelto il segno negati-vo, in tutto l’intervallo ove il termine all’interno della radice in (1.65) si mantiene positivo.

p0=0

F(x0) = 0: l’orbita corrisponde a un punto di equilibrio per il sistema, e coincide quindi con il punto{(x0, 0)}.

F(x0) 6= 0: l’orbita passa per il punto{(x0, 0)}, ma ha un ramo in p > 0, e uno in p < 0, che si ottengono prendendo i segni opportuni in (1.65).

La quantità −U si dice energia potenziale; il dominio di definizione di un’orbita corrispondente al livello di energia E coincide dunque con un intervallo massimale su cui l’energia potenziale è minore o uguale a E.

Osservazione 1.36. I punti di equilibrio corrispondono a orbite degeneri, cioè puntiformi, nel piano (x, p). Sia (x0, 0) una di queste. Se un’altra

16 DANIELE ANDREUCCI

orbita(ϕ, ˙ϕ)soddisfa

(ϕ(t), ˙ϕ(t))→ (x, p), t→ β, allora β =, o β=−, per il Lemma1.13.

È chiaro che se esiste un orbita che si allontana da(x0, 0)il punto non può

essere di equilibrio stabile. 

Osservazione 1.37. I Lemmi 1.13e1.14implicano che due curve date da grafici delle funzioni in (1.65), se la loro unione è connessa, fanno parte in realtà della stessa orbita, con l’unica eccezione delle curve (degeneri)

costituite da punti di equilibrio. 

Esempio 1.38. Tracciare il diagramma delle orbite relative al potenziale U(x) =ax3ebx, x∈ R.

Qui a, b > 0 sono assegnati. Conviene tracciare intanto il grafico dell’e-nergia potenziale, vedi la Figura 1.2. I punti critici dell’energia potenziale corrispondono a punti di equilibrio. In questo caso ne abbiamo due:

x =0 , x′′ = 3 b.

In corrispondenza di essi possiamo tracciare nel piano delle fasi due orbite degeneri (cioè due punti).

Le altre orbite si trovano fissando il corrispondente livello di energia E, in modo che l’intervallo ove −UE non sia vuoto, e quindi ricavandone il grafico mediante la (1.65). Nel nostro caso il livello minimo di energia ammissibile è E = min(−U), che corrisponde al punto critico x′′. Altre possibili scelte sono indicate in Figura1.2.

L’orbita corrispondente al livello E1 è chiusa e quindi periodica per i ri-sultati discussi sopra. In tal senso simili ad essa sono tutte le orbite con E0 < E < E2; questa proprietà geometrica implica che x′′ è di equilibrio stabile. Questo si può anche dedurre dal fatto che x′′ è un punto di mas-simo isolato per il potenziale.

Le orbite corrispondenti a E = E2 = 0 sono tre: il punto di equilibrio x = 0, e due orbite aperte, quella superiore che si allontana da esso per t crescente, e quella inferiore che invece tende a esso per t→ +(si ricordi l’Osservazione 1.37). Questo implica in particolare che x è di equilibrio instabile.

Infine tutte le orbite con E > E2 sono simili al caso E3, e corrispondono a

moti non periodici. 

Alcune proprietà cinematiche del moto sono esprimibili in termini delle proprietà geometriche delle orbite nel piano delle fasi. Per esempio vale il seguente risultato.

Teorema 1.39. Sia ϕ una soluzione di (1.62), tale che ˙ϕ > 0 nell’intervallo [t1, t2]. Allora, se ϕ(ti) =xi, vale

t2t1 =

x2

Z

x1

q 1

2 m

E+U(x) dx .

(1.66)

1.5. RAPPRESENTAZIONI NEL PIANO DELLE FASI 17

−U

x x′′

x

E0

E1

E3

p

x E1

E2

E2

E3

E0

Figura 1.2. Il caso dell’Esempio1.38. Il livello E2 =0 non è tracciato nella parte superiore della figura per motivi di leggibilità.

Si noti che in corrispondenza di questo livello esistono tre orbite: le due indicate nella parte inferiore, e il punto di equilibrio x =0, instabile.

L’altro punto di equilibrio in x′′ è stabile.

Dimostrazione. In un intervallo di tempi in cui ˙ϕ>0 la funzione ϕ(t)è invertibile, ossia si può scrivere

t=τ(x), con

dx(x) = 1

˙ϕ(τ(x)) = q 1

2 m

E+U(x) .

La (1.66) segue subito integrando su(x1, x2).  Nel caso ˙ϕ <0 vale un risultato simmetrico a (1.66). In particolare il perio-do relativo a un’orbita periodica (come quella con energia E1in Figura1.2)

18 DANIELE ANDREUCCI

sarà dato da

2

xZmax

xmin

q 1

2 m

E+U(x) dx ,

ove [xmin, xmax] è l’intervallo massimale su cui è definita l’orbita (intesa come funzione p(x)data dalla (1.65)).

Parte 2

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