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CAPITOLO V Udienza di discussione

2. Il divieto dello ius novorum nel giudizio di appello del rito del lavoro

2.1. Divieto di domande ed eccezioni nuove in appello

2.1.2. Divieto di nuove eccezion

Anche le eccezioni, come le domande, non possono essere proposte per la prima volta con l’atto di appello, indipendentemente dal fatto che la parte sia rimasta contumace in primo grado.447

È chiaro che se le eccezioni non hanno alcuna connessione di tipo logico con quanto prospettato in primo grado vanno a costituire una ragione di indagine che non trova giustificazione di alcun genere.448 Le Sezioni Unite449 precisano poi che l’improponibilità di nuove eccezioni nel giudizio di appello è da intendersi come limitata alle eccezioni proponibili, e tuttavia non proposte, nel giudizio di primo grado mentre sono consentite quelle con cui si facciano valere fatti sopravvenuti.

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Cass. civ., 9 marzo 1992, n. 2819, in <<Giust. civ. Mass.>>, 1993, 3.

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Cass. civ. SS. UU. 5 settembre 1986, n. 5430, in <<Giust. civ. Mass.>> , 1986, 8-9.

448 Cass. civ. sez. lav., 20 ottobre 1978, n. 4764, in <<Riv. dir. lav.>>, 1978, II, 460. 449

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La preclusione in appello relativamente all’eccezione nuova, concernete fatti modificativi, impeditivi o estintivi del diritto fatto valere in giudizio dall’attore, che non siano rilevabili d’ufficio, sussiste nel caso in cui la stessa, essendo fondata su elementi e circostanze non prospettati nel giudizio di primo grado, abbia introdotto nel grado di appello un nuova tema di indagine, con conseguente violazione del principio del doppio grado di giurisdizione.450

Pertanto si è ritenuta integrante il carattere della domanda nuova (in senso lato), e come tale inammissibile, l'eccezione introdotta solo in grado di appello incentrata sulla presunta natura agricola anziché stagionale dell'attività oggetto del contratto di lavoro. La novità dell'eccezione ha dato luogo ad un mutamento delle situazioni di fatto e di diritto prospettate in primo grado, tale da non ritenersi consentito.451 Per comprendere meglio la questione occorre analizzare nel dettaglio la sopra menzionata massima della sentenza. Nel caso in questione il datore di lavoro sostenne in primo grado che l'attività lavorativa di sfalcio dell’erba svolta dal lavoratore licenziato dopo tre giorni dall’espletamento di un periodo di prova fosse un’attività stagionale, consentita dalla Legge n. 230/1962, all'epoca in vigore. Ma il primo giudice evidenziò l'insufficienza dei riferimenti contrattuali necessari alla configurazione della ricorrenza di una delle ipotesi di cui all'art. 1 della suddetta legge. Conseguentemente ritenne illegittima l'apposizione del termine al contratto di lavoro, trasformando il rapporto a tempo indeterminato, con applicazione delle disposizioni normative in materia di licenziamento illegittimo. Tra i motivi di appello a sostegno della propria tesi, il datore di lavoro eccepì che l'attività di sfalcio dell'erba fosse assimilabile all'attività

450 Cass. civ. sez. III, 11 febbraio 2011, n. 3456, in <<Guida al diritto>>, 2011, 18, 43.

451 Cass. civ. sez. lav., 2 marzo 2012, n. 3297, in <<Diritto e Giustizia online>>, 2012,

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agricola, pertanto esclusa dalla previsione della Legge n. 230/1962. Ma tale eccezione, introdotta soltanto con l'atto di appello, è stata considerata dalla Corte di merito prima, e dalla Suprema Corte successivamente, con la sentenza in esame, rientrante nel novero di "domanda nuova”, inammissibile ai sensi dell'art. 437 c.p.c.

Che cosa è accaduto nel caso di specie? La novità dell'eccezione ha mutato la situazione di fatto prospettata in giudizio, spostando il thema probandum sulla legittimità dell'apposizione del termine, che in primo grado si era sviluppato sulla ricorrenza o meno della allegata ipotesi della stagionalità dell'attività oggetto del contratto, a sua volta prevista espressamente dall'art. 1 L. n. 230/1962 come possibile causa di ricorso alla tipologia dei contratti a termine, e non sull'attività agricola.452

Ecco che, considerato il motivo di impugnazione proposto quale nuova eccezione, vietata dunque in grado d’appello, la Corte di legittimità ha confermato quanto sancito dalla Corte territoriale sul punto, nel respingere il gravame, in quanto inammissibile. Decisione che è stata altresì ritenuta corretta anche dalla Corte di Cassazione, che evidenzia la novità dell'eccezione inammissibile, dichiarando infondato il motivo di censura.

In un’altra pronuncia la Suprema Corte ha sancito che la deduzione in grado di appello di nuovi profili di illegittimità del licenziamento disciplinare integrasse la proposizione di domande nuove, essendo queste fondate su precise causae petendi, implicanti l’esigenza di specifici accertamenti di fatto idonei a modificare il fatto costitutivo

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Sul punto si veda DULIO, No all’appello fondato su una nuova e diversa eccezione

circa la natura stagionale dell’attività oggetto del contratto, nota a Cass. civ. sez.

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dedotto in giudizio. Ne consegue che i relativi motivi d’appello, sono inammissibili incontrando il divieto di cui all’art. 437 c.p.c.

Nel caso analizzato il lavoratore aveva dedotto con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado l’illegittimità del proprio licenziamento disciplinare disposto ai sensi dell’art. 81 del regolamento per il personale del Banco di Napoli. Avendo prospettato nel giudizio di appello altri motivi di illegittimità a proprio sostegno, quali la pretesa tardività di contestazione degli addebiti e l’asserito intervento del direttore generale che aveva sostanzialmente preso la decisione senza tener conto del parere della commissione disciplinare, questi motivi di illegittimità poiché non avanzati in alcun modo in primo grado sono stati correttamente ritenuti integranti una domanda nuova e pertanto rientranti nella disciplina limitativa dello ius novorum in appello.453

Ancora, la qualificazione dei contratti di assunzione come contratti di formazione e lavoro che viene effettuata, per la prima volta, nelle note difensive depositate prima della discussione e della pronuncia della sentenza di primo grado, e la conseguente produzione della pertinente documentazione, si devono considerare inammissibili in quanto tardive, poiché volte ad introdurre un nuovo tema di indagine e di dibattito in contrasto con il sistema delle preclusioni,454 nella specie dell'esercizio del potere di contestazione. Ne consegue che le suindicate argomentazioni e produzioni tardive vanno valutate nel giudizio di appello, ai sensi dell'art. 437 comma 2 c.p.c.455

453 Cass. civ. sez. lav., 12 giugno 2008, n. 15795, in <<Giust. civ. Mass.>>, 2008, 6,

935.

454

Scaturenti dagli artt. 415, 416 e 420, comma 2 c.p.c.

455 Cass. civ. sez. lav., 8 ottobre 2013, n. 22866, in <<Diritto & Giustizia>>, 2013,

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La logica con la quale si è pervenuti a tale soluzione è la seguente: essendo il contratto di formazione e lavoro una specie del genus di contratto di lavoro a tempo determinato, di fatto è dotato di una propria autonomia funzionale e questo perché mentre il normale contratto a termine ha come finalità quella di soddisfare esigenze di tipo temporaneo ed improrogabili del datore di lavoro, il contratto di formazione e lavoro si caratterizza per l’avere una causa complessa comprensiva della finalità dell’acquisizione da parte del prestatore di lavoro della personalità necessaria per potersi immettere effettivamente nel mondo del lavoro e questo implica inevitabilmente una disciplina legislativa ed anche contrattuale differenziata per i lavoratori che sono assunti con contratto di formazione e lavoro. È chiaro che se il convenuto nella memoria di costituzione di primo grado imposta la propria difesa configurando le assunzioni dei lavoratori ricorrenti come avvenute con contratti a tempo determinato, dovrà fare altrettanto anche in grado di appello, mentre nel caso di specie ha cambiato la qualificazione dei contratti in oggetto in contratti di formazione e lavoro. In questo caso vi è stata dunque la deduzione in appello da parte del convenuto di censure fondate sulla inesatta lettura degli accordi collettivi riguardanti il personale assunto con contratti di formazione e lavoro che ha comporta la prospettazione di una questione nuova. Infatti nel rito del lavoro se il convenuto non contesta immediatamente ed in maniera specifica i fatti addotti dall’attore relativamente ai fatti costitutivi del diritto fatti valere da quest’ultimo in primo grado, non potrà introdurre nuove questioni nel grado di appello. In particolar modo la contestazione dei fatti costitutivi della domanda, effettuata dal convenuto solo nelle note difensive depositate in giudizio prima della discussione e della pronuncia della sentenza di primo grado, deve

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considerarsi tardiva e la relativa eccezione deve intendersi come irrilevante.

Secondo l’orientamento consolidato dei giudici di legittimità si deve ritenere una questione nuova qualsiasi prospettazione da parte del convenuto di un fatto impeditivo diverso da quelli che ha originariamente dedotto, il quale comporta l’inserimento nel giudizio di appello di un nuovo tema sia di indagine che di decisione e che in questo senso va a violare le preclusioni al potere di contestazione e si pone in contrasto con il divieto dello ius novorum ai sensi dell’art. 437 comma 2 c.p.c.456

L’inammissibilità di nuove eccezioni in grado di appello si estende a tutte le contestazioni e ai rilievi che si risolvono nella deduzione di elementi di fatto già conosciuti nel corso della fase istruttoria di primo grado e che non sono stati dedotti; infatti è assolutamente precluso all’appellante il potere di ampliare il tema del dibattito in relazione alle sue esigenze difensive.457

Contrariamente ai casi sopra menzionati non rientra nell’applicazione del divieto dello ius novorum in appello ai sensi dell’art. 437 c.p.c., la denuncia, con la motivazione di appello, dell’omesso esame di circostanze di fatto attinenti alla domanda originariamente non conosciute dal datore di lavoro e legittimamente emerse nel corso dell’istruttoria. Tale denuncia non è neppure soggetta alle decadenze di cui agli artt. 414, 416, 420 c.p.c.458

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MARINO, Il datore contesta tardivamente l'interpretazione del CCNL? Eccezione

inammissibile anche in appello, nota a Cass. civ. sez. lav., 08 ottobre 2013, n. 22866,

in <<Diritto e Giustizia>>, 2013, 1540.

457

Cass. civ. sez. lav., 10 giugno 2009, n. 13369, in <<Giust. civ. Mass.>>, 2009, 6, 896.

458 Cass. civ. sez. lav., 5 novembre 2008, n. 26592, in <<Giust. civ. Mass.>>, 2008, 11,

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2.1.3. Eccezioni in senso stretto, eccezioni in senso lato e