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Documentando in maniera ampia e critica e con un unico linguaggio l’attività urbanistica in Italia e all’estero, diventa una sorta di “manuale implicito” comparativo e comunicativo della disciplina

Nel documento Le eredità di Giovanni Astengo (pagine 105-108)

urbanistica, della sua legittimazione come pratica pubblica nella società, ma soprattutto come

strumento di una elité di tecnici e specialisti insieme che non solo propongono un modello etico

di governo per città e per i territori, ma ne dimostrano la praticabilità concreta con strumenti e

con pratiche. Da allora «Urbanistica» ha tradotto uno dei primi obiettivi originari dell’Inu: quello

di promuovere e diffondere gli studi urbanistici, acquisendo un prestigio distintivo fra le riviste

di settore, e contribuendo in maniera determinante a dare alla cultura urbanistica italiana un

respiro europeo. Di questo obiettivo, Giovanni Astengo è stato l’indiscusso e autorevole interpre-

te, prima come caporedattore e poi come direttore. Come afferma Vera Quaranta «una cosa

importante a cui Astengo aveva pensato era introdurre un linguaggio comune per definire le

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destinazioni d’usoindicate nei piani regolatori, inseren- do come allegato (già dai primi numeri apparsi dopo il periodo bellico), dei fascicoletti esplicativi. Ho visto passare sui nostri tavoli degli elaborati assolutamente elementari: le indicazioni di zona erano semplicemente aree contornate con un segno nero, all’interno del quale vi era scritto a mo’ di fumetto, zona industriale, aree verdi, ecc. Poi incominciarono a giungere dei grafici in bianco e nero con le indicazioni raccolte in quelle prime pagine indicative: retini quadrettati per le zone industria- li, retini rigati di diverso spessore per le zone residenziali, puntinato per le aree verdi e via così; inoltre venivano apposti dei simboli puntuali per indicare chiese, ospedali, parcheggi ed altre infinità di categorie, sempre estratte da quei suggerimenti»137.

«Urbanistica», proprio attraverso il linguaggio, ha assun-

to un ruolo guida nella costruzione di una identità tecnica, ma anche di un’uniformità di metodi e di procedure per la disciplina urbanistica, in un Paese appena affacciato alla democrazia; e la pubblicazione di piani – apposi- tamente ridisegnati a colori per essere pubblicati, quindi comunicativamente “diversi” e “più belli” rispetto agli ori- ginali – assumono il ruolo di esempi, di “archetipi”, di fari cui guardare per trarre indicazioni, estrapolare contenuti, ricalcare la forma del piano.

È una “scuola” esplicita per corrispondenza con la pre- tesa, certo illuminista, di costruire, numero dopo numero, un comune sentire pratico con la presentazione di alcuni “casi esemplari”, nazionali e internazionali, che som- mandosi insieme potessero rappresentare un “manuale” implicito dell’urbanistica italiana; ma anche un ecceziona- le “strumento” di azione politica nazionale e locale, nato in ritardo rispetto alle necessità del Paese: «quattro anni

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distanziano la nascita, o meglio la rinascita, di questa rivista dal giorno in cui l’epilogo del conflitto schiudeva alle speranze l’animo di coloro che, nel rivolgimento dei lunghi anni di guerra, erano venuti maturando meditati propositi di un’organica preparazione della ricostruzio- ne del Paese. Pareva a costoro, forse nell’ebbrezza del momento, che la tesi di una preliminare pianificazione ur- banistica e di una ordinata programmazione delle opere edilizie sarebbe stata talmente evidente ed avvincente, da essere non solo prontamente assorbita e sostenuta dai politici, ma anche facilmente e largamente accettata dal pubblico, talché gli studi ad essa orientati avrebbero potuto prendere subitanea consistenza e concretezza»138.

Consistenza e concretezza saranno le linee guida che caratterizzeranno la rivista di Astengo. Ed è proprio con questi due termini che si misureranno i successivi Direttori quando, per problemi di natura soprattutto finanziaria, ma anche di impegno personale139 e di ricambio della

dirigenza nazionale dell’Inu che porta anche ad inno- vazioni nella linea culturale, Giovanni Astengo lascia la direzione della rivista con il numero 66 del 1977. A cominciare da Bruno Gabrielli e Marco Romano che dirigeranno, di fatto, la rivista fino al 1984140. Sono

proprio loro ad inaugurare il confronto tra la consistenza e la concretezza della “creatura” di Astengo e la loro direzione e a sottolinearlo anche quando lasceranno l’incarico.

Ma il vero momento di confronto serrato avviene con la Direzione di Bernardo Secchi, a partire dal n. 78 del 1985, quando al rivista cambia formato, veste grafica e progetto editoriale e, per la prima volta nella sua storia, edita all’esterno dell’Istituto, dall’editore Franco Ange- li di Milano. Pur non pubblicando più piani urbanistici

presentati come “casi esemplari” con appositi apparati grafici unificati, riflette sulle condizioni della disciplina fino a predisporre un vero e proprio programma per l’urbanistica italiana che proprio sui numeri della rivista prende forma e struttura. Ma va ad impattare con una delle numerose crisi gestionali dell’Inu e con la sua cronica mancanza di risorse finanziarie che porteranno nel dicembre 1990 alla sospensione delle pubblicazioni (l’ultimo numero è il 101) per un triennio.

Rinascerà ancora con la direzione di Patrizia Gabel- lini (dal n. 102/1994) che rivolge lo sguardo alla sua tradizione, ritorna ad essere pubblicata direttamente dall’Istituto, con un nuovo formato (30x24) che richiama quello storico, una nuova veste editoriale e, soprattutto, ritornando a pubblicare e a riflettere in maniera estesa (con ampio apparato di immagini) i piani e progetti urbanistici prodotti in Italia.

Si discosta, da questa nostra proposta di lettura, la dire- zione di Dino Borri (dal n. 112/1999) che, fin dal primo editoriale, tratta temi e argomenti scarsamente presenti nella tradizione disciplinare italiana e, quando presenti, inseriti nell’alveo della cosiddetta “cultura del piano pro- gettato”. Sarà una costante della direzione di Borri e che porterà ad un progressivo allontanamento della rivista dai temi della scuola italiana di urbanistica. Temi che sa- ranno ripresi e rilanciati da Paolo Avarello che assumerà la direzione della rivista con il n. 127 del 2005.

Abbiamo estrapolato dagli editoriali quei passaggi a nostro avviso più significativi di questo confronto “a di- stanza”, che spesso non è esplicitato nel primo editoriale ed alcune volte nemmeno richiamato in forma esplicita e diretta, ma chiaramente interpretabile leggendo tra le righe.

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1977-1978

direttori Bruno Gabrielli e Marco Romano

Nel documento Le eredità di Giovanni Astengo (pagine 105-108)

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