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La donna in India al tempo del Minotauro Indiano

Una vita dedicata a difendere la dignità e i diritti delle donne al di là dei confini e delle etnie

2.1. La donna in India al tempo del Minotauro Indiano

A dimostrazione di quanto gli uomini avessero in odio avere una bambina, si ricordi il detto: «è più difficile allevare una bambina che mantenere un elefante».26 Quando a nascere era infatti una figlia, venivano mandati via gli amici di famiglia che aspettavano la comunicazione della nascita del bambino, il padre dichiarava che un nulla era nato nella sua casa. Le donne vivevano nell’oppressione e vi erano tanto avezze che nella maggior parte dei casi erano convinte che fosse effettivamente il giusto corso delle cose. Così allevavano figlie sventurate che sarebbero state altrettanto oppresse e la catena non si sarebbe mai spezzata. Moltissimi furono i casi di infanticidio, e come fece notare Rathbone nel Minotauro, c’era un enorme dislivello tra il numero di spose e di sposi in India, di conseguenza il numero dei bambini era di gran lunga superiore rispetto a quello delle bambine. Dal 27

censimento del 1880 era emerso come le bambine fossero 5 milioni in meno rispetto ai bambini. Nonostante l’infanticidio fosse vietato per legge, veniva largamente praticato. Nel caso in cui non si avesse optato per la soppressione, bisognava 28

liberarsene il prima possibile facendole sposare. A peggiorare la situazione e ad aumentare il dislivello dei sessi era il fatto che le vedove, spesso bambine molto piccole, non potessero nella maggior parte dei casi risposarsi. 29

Le bambine che sopravvivevano, in particolar modo quelle delle caste superiori e braminiche, avevano anche il peso di dover mantenere la purezza della casta. La loro virtù era la garanzia del mantenimento del prestigio della casta stessa e da qui

Spartacus Educational, sito web: http://spartacus-educational.com/PRrathboneE.htm, ultimo accesso,

25

3-06-2018.

Bianchi Bruna, Eleanor Rathbone e l’etica della responsabilità. op. cit., p.99.

26

Rathbone, E. F., Child Marriage: The Indian Minotaur. An object-lesson from the past to the future. London: George

27

Allen and Unwin Ltd, 1934, pp.67-69.

Bianchi Bruna, Più numerose di tutte le croci del Fronte Occidentale, op. cit., p. 70; e Rathbone, op. cit. p. 66.

28

Rathbone, op. cit., p.69.

derivava l’ossessione per la verginità, il controllo della sessualità e del menarca delle ragazzine. Per le donne delle caste elevate esisteva un codice di condotta femminile 30

che veniva di poco modificato in base alla casta di appartenenza, ma che era sempre garante della conservazione della purezza di sangue e del sistema gerarchico all’interno della casta. Da tutte queste considerazioni emergeva la ricostruzione 31

dell’ideale della donna di classe media indiana garante della sua stessa purezza, ovvero il concetto della sua rispettabilità. Di conseguenza, la donna diventava 32

anche garante della ‘razza’, nozione che fu poi largamente utilizzata dai sempre più forti movimenti nazionalisti indiani e che andò a stringere ulteriormente la morsa sulle donne. Com’è risaputo, i movimenti nazionalisti contro le occupazioni 33

straniere tendono sempre a risaldare la stretta sulle tradizioni, avvalorandole e rendendole ancora più rigide, proprio per andare a sottolineare il divario tra ciò che è nazionale, autoctono e ciò che è imposto dall’esterno. Ovviamente questo caso non rappresenta un’eccezione alla regola, l’immagine della donna vittima fu sostituita da quella della donna pura, che praticava un sacrificio volontario intriso di spiritualità e castità e che la portava all’immolazione volontaria in nome della società e della tradizione. 34

Altro grande problema dell’avere una figlia femmina era senza dubbio il problema della dote, che doveva essere pagata dai genitori della ragazza e che causava spesso il disagio e l’apprensione da parte della piccola. Viste le condizioni di estrema povertà in cui viveva la maggior parte delle famiglie indiane, era certamente una situazione che veniva fatta pesare fin dalla nascita e in alcuni casi le ragazzine si suicidavano per non gravare ulteriormente sulle loro famiglie.

Infine, l’essere sopravvissuta al marito era vista come una colpa. Da allora in poi la vedova sarebbe stata vista come una iettatrice che non poteva toccare nessuno, neppure i suoi stessi figli, doveva indossare un sari bianco, tenere per tutta la vita i capelli rasati a zero, vivere segregata, mangiare non più di una volta al giorno e

Di cui si parlerà in seguito.

30

Kumari, J., M De Alvis (eds.) Embodied violence: Communalizing women’s sexuality in South Asia. 1996., p. 194.

31

Ivi, p. XII.

32

Ivi, pp. 204- 210.

33

Bianchi, Eleanor Rathbone e l’etica della responsabilità. op. cit., p. 107.

svolgere le più umili mansioni. Ancora una volta, la situazione era insostenibile e migliaia di vedove ricorrevano al suicidio. 35

Dalle precedenti considerazioni si può dedurre quindi la reale condizione della donna in India. Creatura che di per sé alla nascita era un nulla, nel caso in cui fosse sopravvissuta all’infanzia, sarebbe divenuta una proprietà di un marito molto più anziano di lei. Sarebbe stata poi subordinata alla famiglia di lui ed ai suoi stessi figli maschi. Qualora il marito fosse deceduto, sempre che la donna non venisse essa stessa soppressa, sarebbe diventata praticamente uno spettro sulla terra, meno di nulla.

Si può ora davvero intuire la condizione di frustrazione in cui Rathbone fu catapultata dalle rivelazioni di Mother India di Mayo. La femminista non si sarebbe mai aspettata che proprio sotto l’ala di una Gran Bretagna moderna e civilizzata, nonché una delle più grandi potenze mondiali dell’epoca, si potessero consumare invisibili le vite delle schiave indiane.

2.2. Child Marriage: The Indian Minotaur