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Donne a tavola: trasgressioni, conseguenze e strategie

Gli studi che hanno analizzato le conseguenze legate a un eccessivo consumo di cibo si sono focalizzati soprattutto sull’aspetto emotivo legato alla trasgressione alimentare. In particolare, gli studi mostrano che nelle donne, il consumo eccessivo di cibo induce emozioni negative, quali ad esempio imbarazzo, vergogna e senso di colpa (Sheikh, Botindari e White, 2013). Inoltre, le donne sperimentano tali emozioni negative anche dopo aver consumato cibi molto calorici. Macht, Gerer e Ellgring (2003) hanno chiesto a donne normopeso e sovrappeso di consumare cibi ritenuti poco calorici (un pezzo di carota), mediamente calorici (un pezzo di formaggio) o molto calorici (un pezzo di cioccolato). Successivamente dovevano valutare le caratteristiche (e.g., salubrità) e di esprimere le loro emozioni, sia positive (e.g., gioia) che negative (e.g., vergogna) legate a tali cibi. I risultati mostrano che all’aumentare dell’apporto calorico aumentava l’intensità delle emozioni negative, mentre diminuiva l’intensità di quelle positive. La variazione di tali emozioni era correlata alla percezione di salubrità del cibo: più il cibo era ritenuto poco sano e pericoloso per la salute più le emozioni negative aumentavano e quelle positive diminuivano. Inoltre, sembra che tale effetti fossero maggiori nelle donne sovrappeso.

Meno numerosi sono gli studi che indagano le strategie che le persone mettono in atto per arginare gli effetti negativi di una abbuffata. Dopo aver mangiato in modo eccessivo, è esperienza comune limitare il consumo calorico nei pasti successivi. Tuttavia, dato che per le donne il comportamento alimentare ha importanti ripercussioni sulla gestione della

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immagine di sé, è possibile immaginare che le strategie per limitare gli effetti negativi di un’abbuffata vadano oltre l’ambito strettamente alimentare.

A questo proposito, Sheikh et al. (2013) sottolineano la stretta relazione tra cibo e moralità. Le autrici mostrano quanto la tendenza a limitare l’assunzione di cibo sia una pratica consolidata tra le donne e quanto eccedere con il cibo sia percepito come una trasgressione a cui porre rimedio. In uno dei loro studi, infatti, il ricordo di un’abbuffata aumentava nelle donne l’accessibilità di parole relative alla pulizia. Tale effetto non si riscontrava negli uomini. In un secondo studio, eccedere con il cibo portava le partecipanti a preferire oggetti legati all’igiene personale (e.g., gel antibatterico) rispetto ad oggetti neutri (e.g., penna). È interessante notare che la relazione tra cibo e preferenza per oggetti legati all’igiene personale era mediata dalle emozioni negative suscitate dall’eccessivo consumo di cibo. In altre parole, all’aumentare del consumo di cibo aumentavano le emozioni negative che portavano le partecipanti a preferire oggetti, non collegati all’ambito alimentare, ma in grado di cancellare e lavare via le conseguenze negative di una trasgressione alimentare.

Sulla base di questi risultati, è possibile ipotizzare che mangiare eccessivamente possa anche essere percepito dalle donne come un’esperienza minacciosa, proprio perché rappresenta una violazione della norma sociale implicita secondo cui le donne dovrebbero limitare l’assunzione di cibo in pubblico per apparire femminili. Di conseguenza, allo scopo di contrastare gli effetti negativi dovuti alla trasgressione, le donne dovrebbero preferire un'attività tipicamente femminile.

A questo proposito abbiamo condotto uno studio volto a verificare se l’eccesso di cibo potesse influenzare le scelte femminili verso attività prettamente stereotipiche: in particolare l'attività che abbiamo preso in considerazione è guardare film romantici (Graziani, Cavazza e Guidetti, 2018).

Abbiamo ipotizzato che mangiare troppo, soprattutto in pubblico, rappresentasse per le donne un comportamento inappropriato in contrasto con le norme sociali secondo cui la femminilità è legata a un’assunzione limitata di cibo. Il riconoscimento di tale trasgressione aumenterebbe nelle donne il desiderio di vedere film stereotipici, presumibilmente allo scopo di sentirsi più femminili.

Ai partecipanti e alle partecipanti abbiamo chiesto di ricordare l'ultima volta che, cenando in un ristorante insieme ad altre persone, avevano mangiato una quantità eccessiva di cibo

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(vs. avevano mangiato una quantità di cibo adeguata per sentirsi sazi ma non appesantiti). Inoltre, veniva chiesto loro di ripensare alla cena e di indicare le emozioni che tale ricordo suscitava e di valutare l’adeguatezza del proprio comportamento. Infine, i/le partecipanti dovevano indicare il grado in cui avrebbero gradito vedere diversi generi di film: ossia film tipicamente femminili (i.e., film romantico), film tipicamente maschili (i.e., azione e avventura), film neutri (i.e., drammatico, commedia e thriller).

Confrontando i giudizi espressi sul comportamento adottato durante la cena, emerge che le partecipanti che avevano esagerato con il cibo sperimentavano emozioni più negative e valutavano il loro comportamento come meno adeguato, rispetto alle partecipanti che avevano esercitato un maggior controllo sulla quantità di cibo ingerita, mentre la stessa differenza non emergeva nel campione maschile. Questo risultato documenta ancora una volta gli effetti di una norma sociale implicita, quelle che diversi autori hanno definito eating lightly hypothesis, secondo cui le donne, soprattutto in situazioni sociali, dovrebbero mangiare poco. Al contrario, in linea con le ricerche precedenti (Chaiken e Pliner, 1987; Pliner e Chaiken, 1990), mangiare troppo non sembra essere un comportamento socialmente minaccioso per gli uomini.

La consapevolezza di essersi comportate in modo non conforme alle aspettative sociali e le emozioni negative legate alla trasgressione normativa, inoltre, inducevano le nostre partecipanti a esprimere una preferenza maggiore per i film tipicamente femminili, cioè i film romantici. Questa scelta è presumibilmente motivata dal desiderio di contrastare gli effetti della trasgressione normativa e di vedersi in un modo più femminile.

Un aspetto interessante di questo studio, è quello di aver considerato non solo studentesse, come nella maggior parte della letteratura, ma anche donne adulte. In linea con la letteratura che mostra che gli ideali di bellezza promossi dagli standard socioculturali non riguardano solo le donne più giovani ma anche le donne di età più matura (Lewis e Cachelin, 2001) i nostri risultati sembrano suggerire che mangiare troppo in pubblico sia per le donne una esperienza negativa in tutte le fasi della vita.

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3. Conclusioni

Un consolidato corpus di studi empirici conferma l’esistenza di stereotipi di genere legati al cibo e indica che essi sono molto più vincolanti per le donne rispetto agli uomini. Al fine di fare una buona impressione e di apparire più femminili, soprattutto di fronte a sconosciuti, alle donne è richiesto di limitare l’assunzione di cibo. È interessante notare che gli stereotipi che associano la femminilità al controllo alimentare non sono legati agli attuali ideali socio-culturali che tendono a equiparare la bellezza con la magrezza. Già in nel romanzo di formazione Piccole Donne (Alcott, 1868), la Signora March, madre delle protagoniste, redarguiva le figlie, invitate per la prima volta a un ballo, consigliando loro di «mangiare poco». Così come in Via col Vento la domestica faceva notare a Miss Rossella O'Hara che in pubblico una vera dama dovrebbe mangiare «poco come un uccellino» e non abbuffarsi «come un tacchino» (Mitchell, 1936).

Tuttavia, se la letteratura mostra l’esistenza di tali stereotipi, lo studio delle conseguenze psicologiche e comportamentali dovute alla violazione delle norme implicite che regolano l’assunzione di cibo sono ancora agli inizi.

Riteniamo, considerando il complesso rapporto che lega le donne con il cibo e il crescere dei comportamenti alimentari disfunzionali, soprattutto nelle nuove generazioni, che tali studi possano essere utili e possano avere implicazioni importanti anche in ambito applicativo, permettendo di individuare strategie utili in grado di evitare gli effetti negativi sull’immagine di sé che la trasgressione delle norme stereotipiche comportano.

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EFFECT

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UGUAGLIANZA SOCIALE DI GENERE E DEI COMPORTAMENTI STEREOTIPATI

Fridanna Maricchiolo, Ambra Brizi, Kuba Krys

Abstract

Gender (in)equality is well documented in the literature. In this paper, we aim to analyse some discriminatory aspects of gender perception, including the impact of social and behavioural factors, as well as cultural and societal aspects, throught a broad critical review of recent literature. Furthermore we synthetically present two studies that demonstrate the presence of the discriminatory effect called «Woman-are-Wonderful» (WAW, Eagly e Mladinic, 1994). This phenomenon, which suggests that women are evaluated more positively than men, is a kind of benevolent paternalistic sexism and reflects the bias that women are associated with nurturing characteristics. In our first study we asked participants to evaluate a set of pictures with smiling and non-smiling women and men. The results shown that smiling women are perceived as more competent and have a higher probability to be hired than smiling men, whereas non-smiling women are judged less sociable and moral, and have a lower probability to be hired than men. In the second study, conducted in 44 countries, we found that the WAW effect is stronger in less egalitarian cultures. In more egalitarian cultures, even if women are less discriminated in comparison with other societies, men are judged better than in societies with higher levels of gender inequality. We close with a discussion of the social and cultural implications of our findings.

Key words

Women-are-Wonderful effect (WAW); smiling; social perception; cross-cultural bias; gender stereotypes.

L’obiettivo di questo contributo è discutere l’influenza di fattori culturali e societari e di comportamenti stereotipati sulla discriminazione di genere nella percezione, nel giudizio sociale e nelle intenzioni comportamentali.

Le disuguaglianze sociali tra uomini e donne sono comuni e ben documentate. Indici oggettivi mostrano che gli uomini sono meglio posizionati delle donne nelle gerarchie sociali. Secondo il Gender Gap Report del World Economic Forum del 2014, non c’è paese al mondo che abbia completamente chiuso il divario di genere in tutti i domini della vita sociale: economico, educativo, sanitario, e politico.

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Tali gap sono dovuti alle discriminazioni di genere legate a dei forti e insormontabili stereotipi di genere diffusi in diverse società. Questi stereotipi influenzano molti processi sociali in modo discriminante. Uno tra questi è la percezione e il giudizio sociale e la formazione di impressioni interpersonali.

Nella ricerca sulla percezione sociale esiste un notevole consenso sulle dimensioni fondamentali che sottendono i giudizi sociali. Queste dimensioni di base hanno nomi diversi e significati leggermente differenti, e sono state studiate in diversi contesti di ricerca. Tuttavia, condividono un’essenza comune, mostrando che le persone basano le loro impressioni e valutazioni su due dimensioni principali, ovvero competenza e calore (competence, warmth) o anche chiamate agency e communion (es. Cuddy, Fiske e Glick, 2008). La dimensione di competenza o agency fa riferimento a tratti di intelligenza, competenza, energia, azione mentre il calore o communion, che comprende le dimensioni di socialità e moralità (Brambilla, Rusconi, Sacchi, e Cherubini, 2011), fa riferimento a caratteristiche di orientamento verso l’altro, calore, socievolezza, onestà e attendibilità. Secondo comuni credenze stereotipiche di genere legati ai ruoli sociali, agli uomini sarebbe maggiormente associata la dimensione di agency, mentre alle donne quella di

communion (Eagly, & Steffen, 1984): le donne sarebbero più communal (altruiste e

preoccupate degli altri) e meno agentic (self-oriented e motivate al comando) rispetto agli uomini.

Nel presente contributo viene analizzato quali possono essere alcuni aspetti societari, culturali e comportamentali che possono attenuare o rafforzare il legame tra stereotipo di genere e discriminazioni nelle valutazioni sociali di genere.